toba60

Emanuel Swedenborg ”Un Genio che Esplorò l’Aldilà”

ALCUNE CONSIDERAZIONI SU SWEDENBORG

Licio Zuliani

Emanuel Swedenborg (Stoccolma 1688 – Londra 1772) fu scienziato tra i più noti della sua epoca e veggente ancor più famoso. Cristiano, è autore di una monumentale opera letteraria nella quale descrive le sue visioni celesti e fornisce un’interpretazione anagogica delle Sacre Scritture, purtroppo tradotta in italiano solo in minima parte.

Emanuel Swedenborg

Perché dunque riparlarne qui? Perché sia la recensione di Simone Battig che la presentazione di Paola Giovetti a Cielo e Inferno, pur entrambe di alto livello generale, non affrontano, o non intendono affrontare, l’interrogativo cardine di tutta la “questione Swedenborg”. Che è il seguente: se Swedenborg è stato personalità di alto profilo e di alta affidabilità, come la sua biografia è lì a testimoniare, e non uno psicopatico, come può la sua visione per tanti versi apparentemente così “terrestre” conciliarsi con le grandi architetture trascendentali elaborate dai maggiori metafisici e mistici appartenenti alle più svariate tradizioni? 

In altri termini, le visioni che Swedenborg assicura di aver ricevuto dall’Alto descrivono un aldilà nel quale il trapassato mantiene la sua identità personale, l’ambiente circostante è del tutto simile se non identico a quello manifestato in questo mondo, le relazioni interpersonali sono anch’esse simili a quelle umane e via di seguito. Se pensiamo che i grandi mistici e sapienti dell’oriente e dell’occidente hanno sempre parlato dell’annullamento dell’individualità egoica come condizione preliminare indispensabile per il conseguimento dei più elevati livelli di realizzazione spirituale, la contraddizione appare grande. E sembrerebbe proprio così, a dar retta a quanto dice René Guénon, che così liquida in poche righe il fenomeno Swedenborg:

«Maggiore fiducia si può concedere a quel che riferiscono i “veggenti” isolati e spontanei, che non appartengono cioè ad alcuna scuola e non si sono mai sottoposti ad allenamenti; ma anche in questo caso molte sono le cause di errori: prima di tutto l’inevitabile imperfezione del mezzo di espressione usato; poi le interpretazioni, che costoro frammischiano alle proprie visioni involontariamente e senza rendersene conto, poiché non è possibile che non soggiacciano ad almeno qualche vaga idea preconcetta; e infine bisogna aggiungere che i “veggenti” di questa sorta generalmente non possiedono dati di natura teorica e dottrinale che permetterebbero loro di raccapezzarsi impedendogli di deformare le cose con l’intervento dell’immaginazione, che sfortunatamente hanno spesso sviluppatissima.

Quando i “veggenti” sono mistici ortodossi, le loro naturali tendenze alla divagazione si trovano in qualche modo compresse e ridotte al minimo; in quasi tutti gli altri casi esse hanno libero sfogo e il risultato è spesso una confusione pressoché inestricabile. I “veggenti” più inoppugnabili e più celebri, come ad esempio Swedenborg, sono ben lontani dall’essere esenti da questo difetto, e non saranno mai troppe le precauzioni da prendere per sceverare quel che le loro opere possono contenere di realmente interessante; del resto, è sempre meglio ricorrere a fonti più pure, giacché in fondo non c’è niente nei loro scritti che non si possa trovare anche da altre parti, sotto forme meno caotiche e più intelligibili».

Non sarò io a contraddire Guénon, ma indubbiamente egli sottovaluta la preparazione dottrinale dello Swedenborg, che non era da poco; a parte il fatto che, a ben leggere, non di una stroncatura si tratta quanto di un’opportuna messa in guardia del lettore poco preparato e dai facili entusiasmi. Bene si fa invece a cercare di trovare una chiave di lettura non banale alle presunte “fantasie” di Swedenborg, cosa che sarebbe doveroso fare anche per altri autori, Dante in primis. Mi proverò anche ad evidenziare le molte analogie che intercorrono tra la “visione” di Swedenborg e le concezioni più tradizionali, pacificamente accettate anche dalle istituzioni religiose. Non potendo affrontare la tematica ad ampio spettro, mi limiterò, in questo caso, uno per tutti, ad un rapido riferimento all’opera di Dionigi Areopagita. 

Ho detto in apertura che Swedenborg ha approfondito l’esame delle sacre Scritture ricercandone un’interpretazione anagogica. È mio convincimento che anche l’opera dello stesso Swedenborg vada sottoposta ad un’interpretazione dello stesso tipo. Ma cosa si intende con tale termine? Letteralmente per “anagogia” si intende l’interpretazione in senso spirituale di un testo, soprattutto della Bibbia, e per “senso anagogico” quello spirituale, che sotto figurazioni allegoriche contiene ed esprime valori e verità trascendenti (Devoto-Oli), allo scopo di elevare alla contemplazione.

Infatti la lettura di Swedenborg, se affrontata in questo spirito, è altamente edificante. Se, al di là delle sue figurazioni antropomorfiche, si pone attenzione ai contenuti di alta valenza spirituale, ci si rende ben presto conto che ogni altra considerazione perde di forza in vista dello scopo, che non è quello di soddisfare la nostra curiosità (morbosa?) sui particolari del mondo à côté, bensì quello di elevare lo spirito a più spirabil aere. È lo stesso Swedenborg che, per la verità, spesso ci pone sulla giusta via sottolineando come la chiave di lettura stia nella corretta comprensione della tematica delle “corrispondenze”, centrale nella sua opera: ciò che vediamo nell’altro mondo non è materiale, noi vediamo delle “corrispondenze” d’altro ordine a ciò che in questo mondo naturale, come dice Swedenborg, è materia.

Chi vuole capirla, deve poter elevare il suo pensiero e allontanarlo dal corpo, finché giunge accanto agli angeli. Dato che io appunto in questo modo ho sperimentato la pace del Cielo, posso descriverla – però non come essa è, perché le parole umane non sono sufficienti, ma soltanto attraverso il confronto con la pace spirituale di coloro di cui si dice che sono lieti in Dio» (Cielo e Inferno, n. 284).

Quanto all’amore, termine quant’altri mai idoneo a un uso a dir poco improprio, ecco quanto dice, e sono parole che da sole varrebbero la lettura dell’intero libro anche se non ci fosse altro (che però c’è):

«Nel Cielo si distinguono due tipi di amore: l’amore per il Signore e l’amore per il prossimo. Nel terzo Cielo, il Cielo più profondo, regna l’amore per il Signore; nel secondo, o Cielo intermedio, quello per il prossimo. Entrambi provengono dal Signore, e entrambi formano il Cielo. Il modo in cui questi due tipi d’amore si distinguono e al tempo stesso si fondono, è cosa che in Cielo risulta chiarissima, mentre sulla terra è oscura. In Cielo quando si dice “amare il Signore”, non si intende amarlo come persona, ma amare il bene che da lui deriva.

Amare il bene significa però volere e fare il bene per amore. E con “amare il prossimo” non si intende in Cielo amare il compagno come persona, ma amare il vero che è nella parola. Amare il vero significa però volere e fare ciò che è vero. È quindi chiaro che questi due tipi d’amore si distinguono come sono distinti il bene e il vero, ma sono anche uniti così come sono uniti il bene e il vero. L’uomo però fatica a comprendere queste cose, perché non sa cos’è l’amore, cos’è il bene e neppure chi è il prossimo». (Cielo e Inferno, n. 15)

In ogni caso le sue visioni provenivano sicuramente da quel mondo intermedio di ardua definizione e di grande diversificazione, quel mundus imaginalis – per dirla con Henry Corbin – nel quale egli traspone il nostro mondo terrestre “naturale” per mezzo del suo sistema delle “corrispondenze”. In questo nulla di nuovo, si tratta solo di intendersi: se a “corrispondenze” si sostituisce il criterio di analogia quale compare nella Tavola di Smeraldo tutto torna al suo posto. D’altronde, non è forse scritto: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza»?

Ma ancora: è lecito ficcare il naso nelle cose dell’altro mondo? È una pratica che la Chiesa ha sempre sconsigliato ed a ragione. Primo, nostro compito principale è quello di condurre un’esistenza retta, qui ed ora, «il resto vi sarà dato in sovrappiù», e questo dovrebbe spegnere ogni insana curiosità. Secondo, avventurarsi in ambienti sconosciuti è sempre un rischio e tanto più è pericoloso tentare di penetrare in quello che correttamente si denomina il mondo intermedio, se non si possiedono qualità e preparazione adeguate; e poiché su ciò (qualità e preparazione) i pareri e le diatribe tra gli “addetti ai lavori” sono infiniti, meglio lasciar perdere ed affidarsi a Colui che ci ha rivelato con ineffabile chiarezza le linee guida indiscutibili. 

CONVERSAZIONI-CON-GLI-ANGELI-E.-Swedenborg-1996-1_organized

Il fatto è che Swedenborg vi applica i concetti base del Cristianesimo con una convinzione e, direi, una passione trascinanti. È in ciò che consiste la alta positività del suo messaggio e il fatto che la sua lettura sia consigliabile a cuor leggero. Tanto più che se poi andiamo a raffrontare la sua visione con quella illustrata da Dionigi Areopagita nelle Gerarchia Celeste riscontriamo analogie non marginali.

Ciò che scrive Dionigi Areopagita nella Gerarchia Celeste è in effetti assai interessante. Vale la pena di sfidare la stoica pazienza dell’intemerato lettore riportandone un tratto significativo. Scrive dunque Dionigi:

«Poiché non è affatto possibile che la nostra mente ci elevi verso quell’immateriale imitazione e contemplazione delle gerarchie celesti senza l’uso di una guida materiale alla sua portata, se pensa che le bellezze visibili sono immagine della bellezza invisibile, i profumi sensibili figure della diffusione intelligibile, le luci materiali immagine di un’immateriale elargizione di luce, le sacre discipline discorsive sono immagine della pienezza contemplativa dell’intelligenza e i gradi degli ordini terreni tracce dell’ordine organizzato e che si confà alle cose divine, la recezione della divinissima eucaristia è immagine della partecipazione a Gesù e così per tutte le altre cose che sono state tramandate a noi simbolicamente, ma in maniera sopramondana alle sostanze celesti.

Dunque, per questa deificazione proporzionata a noi, il Principio amante degli uomini che inizia al mistero ci manifesta le gerarchie celesti e istituisce la nostra gerarchia in modo che sia associata al ministero di quelle per la somiglianza, secondo la nostra possibilità, con il loro ministero deiforme. Perciò ha descritto con immagini sensibili le intelligenze sovracelesti nei libri sacrosanti delle Scritture per elevarci attraverso le cose sensibili alle cose intelligibili e dai simboli sacri verso le semplici sommità delle celesti gerarchie»

«Invero, [è] senz’inganno certo e verissimo, [che] ciò che è inferiore è siccome ciò che è superiore, e ciò che è superiore è siccome ciò che è inferiore: per adempiere i miracoli della cosa unica. E siccome tutte le cose presero esistenza dall’uno, per la meditazione dell’uno; così tutte le cose generate presero esistenza da questa unica cosa, per adattamento. Padre suo è il sole, madre sua la luna; portò ciò il vento nel ventre suo: nutrice sua è la terra. Il padre di ogni perfezione di tutto il mondo è qui. La potenza sua è integra.

Se sarà stata versata nella terra, separerai la terra dal fuoco, il sottile dallo spesso, dolcemente con grande ingegno. Ascende dalla terra nel cielo, e di nuovo discende nella terra, e riceve la potenza dei superiori e degli inferiori. Così avrai la gloria di tutto il mondo. Perciò fugga da te ogni oscurità. Qui è la forza forte di tutta la forza; perché vincerà ogni cosa sottile, ed ogni solida penetrerà. Così fu creato il mondo. Di qui prenderanno esistenza adattamenti mirabili, la cui misura è qui. Perciò fui chiamato Ermete Trismegisto, possessore delle tre parti della filosofia di tutto il mondo. È stato compiuto ciò che dissi sull’operazione del sole». 

Un breve inciso su Dionigi Areopagita. L’autore del corpus dionisiano, composto da quattro trattati (Gerarchia Celeste, Gerarchia ecclesiastica, Nomi divini, Teologia mistica), fu identificato per lungo tempo, in particolare nel corso dell’intero Medioevo, con il Dionigi giudice dell’Areopago e discepolo di san Paolo. Ora la moderna filologia lo esclude, ponendo come pregiudiziale negativa a tale identificazione la convergenza ideale con i ben posteriori neoplatonici del V-VI secolo d.C. Può darsi, anche se non ne sarei così certo. Innanzitutto l’autore si dichiara discepolo di san Paolo, scrive una lettera all’apostolo Giovanni, afferma di aver assistito all’eclisse di sole seguita alla morte di Gesù e di aver assistito con gli apostoli Pietro e Giacomo alla morte della Vergine Maria. Mi sembrano argomenti forti e una loro confutazione mi parrebbe lesiva verso la buona fede dell’autore stesso. Ma poi, se la verità è una, ha molto senso l’obbligatorietà filologica di certi abbinamenti storico-temporali? 

Un Genio che Esplorò l’Aldilà

Quando i ricercatori dell’Università di Stanford hanno tentato di calcolare il quoziente intellettivo delle più grandi menti della storia applicando il Terman Standard Intelligence Test a un enorme database di materiale storico, solo tre persone hanno ottenuto un punteggio superiore a 200: Emanuel Swedenborg, Johann Wolfgang von Goethe e John Stuart Mill. Sotto di loro c’erano luminari come Pascal, Galileo, Cartesio, Kant, Kovalevskaya, Darwin e Mozart.

Se oggi si facesse un sondaggio chiedendo agli intervistati di identificare questi luminari del passato, è probabile che il nome di Swedenborg sarebbe uno dei meno riconoscibili, almeno negli Stati Uniti. Chi era dunque questo grande genio? E perché oggi non viene ricordato meglio?

Nato il 29 gennaio 1688, Swedenborg è stato uno scienziato, matematico, inventore, statista, autore e mistico svedese. Gli si attribuiscono importanti scoperte in astronomia, anatomia, magnetismo, meccanica, chimica e geologia. Inventò un sottomarino per una sola persona e un aliante, quest’ultimo dopo aver calcolato il rapporto peso-dimensioni necessario per una “macchina per volare nell’aria”. Progettò una tromba per le orecchie migliorata, una stufa a tenuta d’aria, una mitragliatrice, una pompa d’aria mercuriale, vari macchinari per l’estrazione mineraria e contribuì alla progettazione del più grande bacino di carenaggio d’Europa nel sud della Svezia. Conosceva sei lingue e nove, tra cui l’ebraico, l’arabo, il greco e il latino, ed era anche un abile musicista e orticoltore. Dal 1720 al 1745 circa, fece parte del consiglio nazionale che supervisionava l’industria mineraria svedese e pubblicò studi sulla metallurgia.

All’età di 55 anni, Swedenborg ebbe una serie di visioni chiaroveggenti che, a suo dire, gli diedero la capacità di sperimentare le dimensioni spirituali. In una di queste visioni, vide un tempio con le parole Nunc Licet sopra la porta, che interpretò come “Ora è permesso entrare con comprensione nei misteri della fede”. Circa un anno dopo queste prime visioni, Swedenborg abbandonò ogni altra attività e si dedicò alla meditazione spirituale e alle trance medianiche, durante le quali esplorò il mondo degli spiriti. Sosteneva di aver conversato con profeti biblici, apostoli, Aristotele, Socrate e Cesare, oltre che con numerosi amici e conoscenti defunti e spiriti di altri pianeti.

“Devo impiegare il tempo che mi resta per scrivere di argomenti più elevati e non di cose mondane, che sono molto al di sotto…”, scrisse in un diario personale. “Che Dio sia così benevolo da illuminarmi sul mio dovere”.

Cresciuto nella Chiesa luterana, Swedenborg si interessò alle questioni spirituali fin da giovane. In una lettera al dottor Barriel A. Beyer, scritta all’età di 81 anni, Swedenborg racconta di aver riflettuto su Dio, sulla salvezza e sulle malattie spirituali degli uomini fin dal quarto anno di vita. “… più volte ho rivelato cose di cui mio padre e mia madre si sono meravigliati, dicendo che gli angeli dovevano parlare attraverso di me. Dal sesto al dodicesimo anno mi dilettavo a conversare con gli ecclesiastici sulla fede, dicendo che la vita della fede è l’amore, e che l’amore che dà vita è l’amore per il prossimo…”.

Il filosofo Immanuel Kant raccontò la storia di un incendio a Stoccolma che Swedenborg vide da 300 miglia di distanza, a Gőteborg. Mentre cenava con altri a casa del signor William Castel a Gőteborg, Swedenborg riferì che un pericoloso incendio era appena scoppiato a Stoccolma e che si stava diffondendo rapidamente. Fece il nome di un amico la cui casa era appena bruciata e disse che anche la sua era in pericolo. Due ore dopo, disse che l’incendio era stato spento e si estendeva fino a due porte da casa sua. Tutti i fatti descritti da Swedenborg furono in seguito confermati.

Un’altra storia che attesta la chiaroveggenza di Swedenborg riguarda Louis de Marteville, ambasciatore dei Paesi Bassi in Svezia. Alcuni mesi dopo la morte di Marteville, avvenuta nel 1760, la sua vedova non riusciva a trovare una ricevuta che attestasse il pagamento di alcuni argenti di valore per i quali un orafo chiedeva il pagamento. Avendo sentito parlare delle capacità chiaroveggenti di Swedenborg, la vedova gli chiese se poteva comunicare con il marito defunto e determinare dove si trovasse la ricevuta. Tre giorni dopo, Swedenborg si rivolse a Madame Marteville, che aveva ospiti a casa sua, e le disse che aveva parlato con il marito e che la ricevuta si trovava in uno scrittoio nella stanza al piano superiore. Madame Marteville rispose dicendo che aveva già cercato in quello scrittoio. Swedenborg le parlò allora di uno scomparto segreto nello scrittoio, come descritto dal defunto marito. Accompagnata dai suoi ospiti, Madame Marteville andò allo scrittoio, trovò lo scomparto segreto, di cui non era a conoscenza, e anche lì trovò la ricevuta.

Un’altra storia che coinvolge la chiaroveggenza di Swedenborg, o in questo caso la chiaroveggenza, è stata riportata dalla Regina vedova di Svezia, che decise di mettere alla prova Swedenborg chiedendogli quali fossero state le ultime parole che le aveva rivolto il suo defunto fratello, il Principe Reale di Prussia. Alcuni giorni dopo, Swedenborg tornò, descrisse le circostanze della visita con il fratello e poi le disse le esatte parole pronunciate dal fratello.

In realtà, Kant verificò tutti e tre i racconti parlando personalmente con i testimoni. Alcuni anni dopo, nel 1770, Swedenborg sarebbe stato premiato a una cena organizzata dal fabbricante Bolander di Göteborg. Durante la cena, Swedenborg si rivolse al signor Bolander e gli disse che doveva recarsi subito alle sue fabbriche di tessuti. Bolander lo fece e al suo arrivo trovò che un grosso pezzo di stoffa era caduto vicino alla fornace e stava iniziando a bruciare. Conclude che se fosse arrivato pochi minuti dopo, la sua proprietà sarebbe stata in cenere.

de-ultimo-judicio

Negli ultimi 27 anni della sua vita, Swedenborg produsse 30 libri, tutti in latino, che riportavano le sue esplorazioni del mondo degli spiriti, comprese le sue conversazioni con molte anime dall’altra parte del velo. All’inizio della sua prima grande opera, Arcana Caelestia, affrontò la questione della vita dopo la morte scrivendo: “Affinché potessi sapere che l’uomo vive dopo la morte, mi è stato concesso di parlare e conversare con diverse persone che avevo conosciuto durante la loro vita nel corpo, e questo non solo per un giorno o una settimana, ma per mesi, e in alcuni casi per quasi un anno, come ero abituato a fare qui sulla terra. Erano molto sorpresi del fatto che loro stessi, durante la loro vita nel corpo, avessero vissuto, e che molti altri vivano ancora, in un tale stato di incredulità riguardo a una vita futura, quando tuttavia non c’è che uno spazio di pochi giorni tra la morte del corpo e il loro ingresso in un altro mondo – perché la morte è una continuazione della vita”.

A proposito della storia di Adamo ed Eva, Swedenborg ha riferito che tutto nella storia è simbolico, Adamo rappresenta il lato intellettuale dell’uomo ed Eva quello emotivo. Il grande diluvio, disse, non fu un diluvio fisico, ma un’inondazione di mali mostruosi che travolse i popoli nei tempi antichi. Noè e la sua famiglia rappresentavano coloro che non avevano ceduto alle immoralità del tempo. Molte altre storie dell’Antico Testamento, almeno prima di Abramo, erano similmente allegoriche, informava Swedenborg durante le sue trance.

Forse la scoperta più significativa di Swedenborg fu il “mondo degli spiriti”, una regione intermedia tra il paradiso e l’inferno della teologia protestante, ma diversa dal purgatorio del cattolicesimo, che era molto simile all’inferno. Le condizioni del mondo degli spiriti che Swedenborg esplorò erano molto simili a quelle della terra, tanto che a molte anime appena arrivate dovette essere detto che non erano più sul piano terrestre. È in questo mondo degli spiriti che le anime appena arrivate si ritrovano.

“Quando l’anima si separa in questo modo, viene accolta dagli spiriti buoni, che le fanno tutti gli onori del caso mentre è in compagnia di loro”, scriveva. “Se però la sua vita nel mondo è stata tale da non permetterle di rimanere associata ai buoni, cerca di separarsi anche da loro, e questa separazione si ripete sempre, finché non si associa a coloro il cui stato concorda interamente con quello della sua precedente vita nel mondo, tra i quali trova, per così dire, la sua stessa vita. A quel punto, meraviglioso a dirsi, vivono insieme una vita di qualità simile a quella che aveva costituito la loro gioia principale quando erano nel corpo…”.

Emanuel Swedenborg (Stoccolma 1688 – Londra 1772)

Swedenborg, la cui fede nella divinità di Cristo rimase salda, respinse la dottrina dell’espiazione, affermando che non vi era alcuna sostituzione dell’innocente con il colpevole. Le opere dell’uomo, non la sua fede, regolano il suo posto iniziale nel mondo degli spiriti. “L’uomo di chiesa di oggi crede che chiunque possa essere accolto in cielo ed essere eternamente felice semplicemente grazie alla misericordia [del Signore], indipendentemente da come sia stata la sua vita”, scriveva. “Pensa che sia semplicemente una questione di ammissione. Ma si sbaglia. Nessuno viene portato in cielo e ammesso senza vita spirituale…”.

Sebbene lo Spiritualismo moderno abbia iniziato a svilupparsi solo nel 1848, Swedenborg viene talvolta indicato come il primo spiritista. Tuttavia, a differenza di molti spiritisti, Swedenborg non riteneva saggio che la persona media entrasse in comunione con gli spiriti, a causa del rischio di essere influenzati negativamente da spiriti di basso livello.

Sembra che Swedenborg abbia continuato il suo lavoro anche dopo la sua morte terrena, avvenuta all’età di 84 anni. William Stainton Moses, uno dei più noti medium del XIX secolo, è stato informato da comunicatori spiritici che Swedenborg e Benjamin Franklin, lavorando insieme nell’aldilà, avevano capito come comunicare con il regno terrestre attraverso i colpetti, i colpi e le inclinazioni del tavolo che diedero il via all’epidemia di spiritismo nel 1848. Si dice che Swedenborg sia apparso ad Andrew Jackson Davis, noto come il “veggente di Poughkeepsie”, contribuendo alla sua illuminazione, e che abbia comunicato con il ricercatore francese Allan Kardec. Collaborò inoltre con Francis Bacon nel comunicare molte cose sull’aldilà attraverso la medianità del dottor George T. Dexter nei primi anni Cinquanta del XIX secolo.

E allora perché Swedenborg non è ricordato meglio oggi? Forse Swedenborg era troppo avanti e il mondo non l’ha ancora raggiunto. Quando, nel 1852, comunicò attraverso il dottor Dexter, a Swedenborg fu chiesto perché ci fosse così tanto mistero legato alla vita e all’aldilà, e lui rispose: “Quale sarebbe il beneficio conferito all’uomo aprendo alla sua comprensione tutti i misteri della vita spirituale e tutte le bellezze delle sfere – rivelando le verità che appartengono alla sua natura materiale e spirituale, se non fossimo in grado di insegnargli come dovrebbe essere diretta la vita sulla terra; come governare le sue passioni, come progredire, come vivere affinché la sua morte sia produttiva di vita eterna nella felicità?”.

Licio Zuliani

Fonte: whitecrowbooks.com

Comments: 0

Your email address will not be published. Required fields are marked with *