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In Africa non è Tutto Nero

Come sapete la vita ci mette spesso di fronte ad eventi, situazioni e fatti assai imprevedibili e le nostre scelte successive poi inevitabilmente condizionano il corso della nostra esistenza.

Salvatore Fabrizio detto ”Popi”

Ho conosciuto Salvatore, l’autore di questa meravigliosa testimonianza diretta in Africa praticamente per caso, interagire in rete è assai superficiale come sapete, ma la sensazione di trovarmi di fronte ad una persona speciale esula da ogni mia interpretazione plausibile la quale possa in qualche maniera trovare una sua precisa spiegazione.

In un mondo dove le apparenze hanno preso il sopravvento, ecco un limpido esempio di come solo i fatti e le azioni concrete, le cui radici affondano in quella che è l’essenza dell’uomo, rappresentano il solo punto di riferimento necessario per realizzare un mondo migliore il quale non ha nulla a che vedere con ciò che è sotto gli occhi di tutti in questo momento.

”Popi”

Potete contribuire pure voi attivamente al progetto Lakaribu attraverso l’accesso alla fondazione che vede ”Popi” protagonista di una storia che la sua tenacia, determinazione e amore per il prossimo ambisce essere infinita.

Africa un Salotto Ricco di Tutto ciò che è Necessario, poi sono arrivati gli “occidentali

Madre Natura ha fatto dell’Africa il suo salotto buono. Non ha badato a spese e lo ha reso il più ricco possibile di suoni, profumi, colori, quadri di paesaggi, emozioni forti, vita rigogliosa.

Lo ha fatto gigantesco, ogni cosa è maestosamente bella con l’avvertenza, però, di trattare tutto con il massimo rispetto  perché molto spesso la bellezza è piena di insidie per chi non sa ed una sola mossa sbagliata è sufficiente per morire, soffocati dalla malia di tanta bellezza. In Africa è tutto grande, anche le conseguenze di un banale errore. Questa è la prima regola per chi vuole vivere nell’assoluta serenità in Africa.

Madre Natura ha fatto questo salotto ricco di tutto ciò che è necessario per la vita di uomini e animali, perché abbiano di che nutrirsi e perché possano arricchirlo con le loro opere o semplicemente per mantenerlo pulito e in ordine, essenziale,  anche per la crescita dello spirito.

Per milioni di anni è stato così poi sono arrivati gli “occidentali” mai sazi, mai contenti, mai umani e con la loro barbarie hanno spento la luce nel salotto. Ma non sono riusciti a distruggerlo perché è impossibile, Madre Natura ha fatto tutto per bene; stanno solo tentando di costruirne uno loro, moderno e adeguato alle loro esigenze, come fosse la loro seconda casa, quella delle vacanze, data in gestione a insignificanti esseri neri per mantenerla in ordine e pronta per quando arrivano i padroni.

Perché gli “occidentali” amano essere padroni ovunque, gli altri sono solo e semplicemente servi o schiavi e non sempre a stipendio fisso.

Oggi posso dire che non sono stato io a volere l’Africa ma è stata lei a volermi ed io le sono profondamente grato e contento per  essere stato chiamato.

In Africa Non è tutto Nero

Riflessioni di un giorno di Agosto 2018.

Per sfatare e demolire tutto ciò che di sbagliato è stato detto e si continua a dire a proposito dell’Africa e degli africani, ho pensato di offrire a chiunque interessi la mia esperienza in Africa, parlando dell’Africa e degli africani che conosco e che sono tutti miei grandi amici, anche se inevitabilmente più o meno interessati.

Io ho dato un taglio netto alla mia vita nel 2008 quando, dopo un viaggio in Madagascar, ho deciso di impegnare tutto il mio tempo e le mie risorse future ad aiutare la gente povera, soprattutto prendermi cura dei bambini. Ho creato la mia Associazione e sono partito per il Kenya perché ho sempre pensato che la via migliore per aiutare questa gente fosse proprio farlo insieme a loro laggiù dove loro nascono, crescono e muoiono, senza tante fantasie perché per loro è scontato che sia così.

Non mi mancavano il coraggio, la passione, l’energia e una discreta somma da investire, i miei risparmi. Ma nulla avrei potuto fare senza la Fede e la Divina Provvidenza.

Fu infatti la Divina Provvidenza a scegliere cosa fare, dove,quando e come e fu così che mi ritrovai nel mezzo della savana, nella zona di nome Chakama, Kilifi County.

Chakama, dunque. Un piccolo paradiso, adagiato sulle rive del fiume Galana. Solo capanne sparse qua e là, fatte di fango e terra con tetto di foglie di palma (il famoso Makuti) oppure di lamiera (Mabati),un paio di piccoli negozi aperti giusto dove c’è la fermata di capolinea della corriera che fa la spola con MALINDI, che dista circa 65 km e pieni di tutte le cose che possono servire a chi vive fuori da tutto.

Intorno è solo savana e una natura meravigliosa ed estasiante che la fa da padrona.

Il nulla insomma, però per me era il tutto, proprio quello che io stavo disperatamente cercando. E fu  perdutamente amore.

Con la Comunità di Chakama riunita nel nostro primo incontro non mi persi in chiacchiere, dissi solo: “Io sono venuto per aiutarvi, di che cosa avete bisogno per prima cosa?”

Come da loro usanza quando si tratta di prendere grandi decisioni, si formano 4 gruppi secondo l’età, i gruppi erano giovani, uomini, donne ed anziani, divisi in zone diverse dal luogo di riunione (un albero con rami lunghissimi e pieni di fronde disposte a raggio, proprio come un ombrello che copre e ripara, in questo caso soprattutto dal sole). Così disposti, ogni gruppo discute e alla fine stila una lista di cose urgenti da fare con in cima la priorità assoluta. Con mio grande stupore tutti i gruppi misero al primo posto dell’elenco la scuola, all’unanimità.

E fu così che iniziai…..e ancora continuo.

Oggi posso dire che,sebbene non sia mai stata una passeggiata e non lo sarà mai,questa è l’esperienza più straordinaria della mia vita. Senz’altro la più nutriente per lo spirito e la più completa per il mio modo di concepire la vita.

Allora,vi racconto:

La povertà laggiù è vissuta senza paura in quanto è la normale condizione di vita proprio perché tutti sono poveri ma a nessuno manca qualcosa perché quel qualcosa è sempre a disposizione, tra i parenti,tra gli amici,tra qualche persona di passaggio, nella natura che li circonda.

Basta sapersi accontentare, basta l’essenziale, lì.

Certamente servirebbero più cure mediche, più possibilità di lavoro, più istruzione ma in questo è proprio lo Stato che manca, che non li assiste come ci sarebbe bisogno, di conseguenza loro si arrangiano come meglio possono. Lo Stato si ricorda di loro solo in tempo di elezioni quando arrivano in pompa magna, promettono mare e monti, distribuicono caramelle ai bimbi e non si vedono più fino al giro successivo. Ma questa è una pratica che conosciamo benissimo anche noi.

La vita per loro non è mai cambiata, né con il colonialismo né con l’indipendenza.

Vivono senza domande e senza idee che non siano connesse alle necessità fondamentali e, come a Chakama, è così anche nel resto del paese,si va avanti così,come per inerzia,ci si arrangia affidati al caso,come quando una palla rotola per un ripido crinale, non si sa che direzione prenderà, però è sicuro che arriverà in un punto dove si fermerà, laddove tutto si appiattisce fino a sparire. Nessuno ha mai spiegato niente a loro, soprattutto cosa sia lo spirito di iniziativa.

In questo sistema io mi sono inserito per cercare di colmare proprio alcune di queste carenze, cominciando dall’istruzione, così come mi è stato chiesto, ma ho dovuto comunque superare molti ostacoli dovuti alla diffidenza femminile, alla lingua ma soprattutto al loro modo di pensare comune e mi sono dovuto impegnare parecchio prima di capirlo, ho dovuto anche adeguarmi ma spiegando loro che esistono tanti modi diversi da sperimentare per migliorare le cose.

Non si fidano, di natura. Loro sono ancora molto primordiali, cioè semplici concettualmente, tribali. Sono felici se li aiuti ma solo fino a quando li aiuti, non ti sono amici, tranne rarissimi casi.

Siamo quindi noi che dobbiamo capire loro e trovare il modo giusto per trasferire loro concetti più complessi se vogliamo aiutarli. Ma è difficile per loro sostenere un discorso lungo, ci sono troppi passaggi da fare e dopo un po si perdono, gli viene il mal di testa!.

Purtroppo, poi, io non parlo swahili, uso l’inglese ma il loro inglese è molto naïf, per cui si fa una grande fatica mentale per arrivare al punto focale di un argomento.

Ma dovevo farlo, nel mio caso soprattutto, perché io dovevo convivere con loro e quindi sarei stato come un pesce fuor d’acqua e spesso loro non ti aiutano, anzi ne approfittano.

L’unica cosa che capiscono bene e di cui parlano volentieri è il denaro. Quando si tratta di chiedere, soprattutto. Insomma ci vuole tanta, tanta pazienza ed una grandissima dose di amore.

In ogni modo, alla fine, si trova un modo ideale di comunicare e vivere per essere attivi ed agire, insieme, in grande serenità e con grande passione! Nel mio caso ci sono voluti 2 anni!!!

Ad oggi ci sono l’asilo(3 classi) e la Primary (8 classi) e 500 bambini che frequentano le scuole senza pagare uno scellino.

Siamo l’unica scuola certificata, tra privato e pubblico in Kenya, ufficialmente riconosciuta dal Governo del Kenya che non si fa pagare, l’accesso è gratuito.

Abbiamo portato l’acqua, prima aspirandola dal fiume con una pompa e poi trasportandola sempre con una pompa attraverso una conduttura fino al nostro centro per distribuirla, gratis e depurata, alla Comunità e poi, 4 anni fa, ho firmato il contratto per l’allacciamento alla nuova stazione della conduttura di acqua potabile che viene da MALINDI.

Serve ai bambini durante le lezioni, ai maestri, a chi lavora per mantenere pulite e sicure le nostre scuole, per curare i campi dove abbiamo piantato alberi da frutta e ortaggi, a chi serve; poi c’è il pollaio e poi c’è la luce, la prima lampadina di sempre nella storia di questa zona è stata accesa in un’aula delle nostre scuole nel gennaio del 2009 grazie ad un grande generatore, sostituito pochi anni dopo da un impianto a pannelli solari.

Ancora oggi però,al di fuori del nostro centro scolastico, non esiste la corrente elettrica, se non quella dei generatori; per vedere di notte nelle capanne si usano lampade a kerosene o semplicemente il fuoco, utile anche per cucinare.

Di sicuro quando avremo ultimato le strutture rimanenti, inizierà una nuova era, con lo sviluppo di una piccola economia locale grazie al lavoro assicurato, alle piccole aziende agricole in espansione, all’istruzione costante e di ottimo livello che diplomerà tecnici specializzati in grado di estendere il loro raggio d’azione professionale anche fuori area.

Naturalmente non mancano, né mancheranno mai ,i problemi visto che apparteniamo sempre a culture diverse,io da una parte e tutti loro dall’altra. Ma abbiamo imparato a parlarne tutti insieme e con molta pazienza si sistema tutto. La Pazienza in Africa è fondamentale per vivere. È una loro dote naturale, un arte e se tu non lo capisci non vai molto lontano. Alla fine è il regalo più bello che mi ha fatto l’Africa.

L’area Chakama, dopo 14 anni, ha visto crescere la propria popolazione, ci sono più costruzioni in muratura, specialmente adibite a pensione.

C’è anche un bar con antenna satellitare dove si ritrovano i ragazzi che, oltre ad ascoltare musica, bere birra o soda e assistere alle partite del campionato di calcio di Inghilterra e della Champions League, parlano sempre più spesso di un futuro migliore che non è più utopia ma una vera possibilità.

Qui nessuno pensa di andare via, di espatriare. È impossibile perché nessuno ne sente il bisogno e, se anche lo sentisse, non avrebbe i soldi necessari per fare simili viaggi. Giusto un salto a Malindi,con la corriera, ma solo per cose urgenti e gravi. C’è chi non è mai uscito da qui, questo è il mondo che conosce ed ama.

Raramente qualcuno riesce a frequentare l’Università. È per questo motivo che ho pensato di inserire anche una scuola tecnica nel progetto, una scuola che dia subito a questi ragazzi un lavoro immediato, un salario sicuro.

Non era previsto nel mio progetto ma ho capito che era da inserire subito.

Così ora anche il mio progetto, pensato in italiano, ha una nuova visione, più logica, più attinente alle esigenze locali, più africana. Non ne avrei mai capito l’infinita differenza se non fossi venuto fin qui.

Noi studiamo la teoria, qui si fa la pratica.

Amo il mio progetto e lo amano tutti qui, non solo a Chakama.

L’ho voluto a tutti i costi,l’ho difeso con tutte le mie forze soprattutto dai miei connazionali, ci credo con tutto me stesso dal momento in cui l’ho partorito in tempi in cui il fenomeno “migranti” non era nemmeno nelle menti più fantasiose e creative.

Per questo ho voluto parlarne ora non per mettermi in mostra, per essere elogiato, assolutamente no, non ne sento il bisogno, io sto facendo semplicemente il mio dovere da buon cattolico.

Ho voluto parlarne perché oggi il 90% di chi parla e straparla di africani, di accoglienza, di buonismo o non buonismo non sa nulla di questo meraviglioso continente e della sua gente e ne parla a sproposito. Pensa che gli africani siano quelli che arrivano da noi.

Non è per nulla così.

Io ho voluto semplicemente raccontare la mia esperienza ,una verità in più sull’argomento Africa, una verità che nasce dal campo e non è fatta di teorie o supposizioni,nasce da un campo dove ho versato sudore, sangue e lacrime, specialmente per tutte le volte che mi sono ritrovato impotente di fronte alla morte che non ho saputo fermare, io che ero lì proprio per impedirlo; un campo dove comunque continuerò imperterrito ad aiutare questi bambini e questa gente che oggi sono diventati la mia famiglia, sperduta in questo immenso continente offeso, deturpato, svuotato e annichilito dalla nostra civiltà, che ha fatto di questo territorio terra di conquista e della sua gente carne da macello.

In mezzo a questa gente io ho imparato molto, mi hanno insegnato ad essere paziente, mi hanno insegnato che a tutto c’è rimedio e che la morte è come un tramonto, un animale feroce che arriva improvvisamente, un fiume che straripa e distrugge ma poi fa rinascere, cioè è un evento naturale. Non ne hanno paura, la morte fa parte della vita.

Purtroppo non sono espansivi, affettuosi, non ci si deve aspettare riconoscenza. Hanno sofferto per troppo tempo la presenza degli stranieri prima di imparare ad amarli. Quello che noi facciamo per loro è quasi un dovere perché noi siamo tutti ricchi e dobbiamo aiutarli, è scritto, come per rimediare a tutto il male che abbiamo fatto a loro.

Noi dobbiamo cominciare ad essere loro amici e decideranno loro quando questo avverrà.

Questo è il mio obbiettivo: spiegare come sia davvero semplice aiutare seriamente gli africani, anche quelli che hanno invaso l’Italia e l’Europa.

Desidero soprattutto che si capisca quanto potrebbero fare gli Stati ricchi e potenti di tutto il mondo, le Fondazioni, le multinazionali e via discorrendo.

Se ci sto riuscendo io, con le mie sole forze e l’aiuto appassionato e commovente di una cinquantina di amici vecchi e nuovi che mi sostengono sin dall’inizio, cosa si potrebbe fare se solo le grandi potenze finanziarie lo volessero?

Ma più passa il tempo più mi accorgo che la mia è purtroppo solo utopia. Alcuni Potenti hanno deciso esattamente il contrario e il Male sta dando l’assalto più potente di sempre all’Uomo, figlio di Dio. Ma non ci riusciranno, lo so.

Da parte mia io continuerò a spendere tutto me stesso in quello che credo sia il mio primo dovere cristiano.

Gli africani veri, contrariamente a quelli che partono sui barconi, rimangono in Africa, perché poveri e senza prospettive,sono impauriti come gli animali, sono grandi bambini cresciuti troppo in fretta e completamente al buio generale che li circonda e li copre da secoli, perché non vedano cosa c’è fuori dove c’è luce.

È così da quando li abbiamo scoperti cioè da quando erano completamente liberi e di sicuro molto più felici; purtroppo non ritorneranno mai più liberi. Non ne sono capaci.

Per ora…almeno

”Popi” Salvatore Fabrizio

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