Shemsu Hor e Il Contatto Extraterrestre Avvenuto nell’Antico Egitto
Come può la gente essere cosi stupida da pensare che le piramidi possano essere state erette da gente che a malapena poteva costruire delle palafitte, siate seri per una volta e guardatevi allo specchio prima di dire certe cose e ripetetevi un paio di volte…….Sveglia!!!!
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Il contatto extraterrestre nell’Antico Egitto.
Le 10 migliori testimonianze della presenza di divinità stellari agli albori della civiltà del Nilo.
Una civiltà affascinante, se mai ce n’è stata una, quella degli Egizi, una delle più importanti della storia. Senza l’Antico Egitto, il nostro mondo non sarebbe come lo conosciamo oggi, tanto meno il regno del mistero e degli enigmi, dove la sua assenza lascerebbe un vuoto immenso e insostituibile.
A volte, in mezzo a tanta grandezza, è difficile notare i piccoli dettagli. Curiosamente, sono spesso questi ultimi a fare la differenza. Alcuni pezzi ancora conservati nei musei nascondono segreti impensabili. Sconosciuti che sono un vero affronto alla versione ufficiale. Pietre, scritti e raffigurazioni insistono continuamente su una trama che, se confermata, sarebbe davvero inquietante: le divinità egizie scesero dal cielo. Mi riferisco alle divinità insegnanti della terra del Nilo, gli Shemsu Hor o “Messaggeri di Horus”, portatori di ogni tipo di conoscenza.
Ciò sembra essere confermato da diversi documenti – che attribuiscono loro addirittura la progettazione dei piani dei templi più importanti – incisi su pelli di gazzella e poi nascosti sotto i tetti degli edifici stessi.
Certo, le allusioni a questi misteriosi personaggi sembrano un po’ vaghe o imprecise, ma il loro incontro diretto con gli Egizi deve essere avvenuto poco prima delle prime dinastie faraoniche. Gli egittologi e gli storici considerano generalmente queste entità come figure leggendarie prive di fondamento. Questo è un chiaro segno di quanto sia ristretta la visione attuale della scienza e dell’archeologia, tra dogmi e pregiudizi. Altri, invece, ritengono che abbiano avuto un ruolo preponderante sia nelle fasi iniziali che nello sviluppo della civiltà egizia. Secondo questo punto di vista, gli Shemsu Hor sarebbero una stirpe di esseri “semidivini” che sarebbero arrivati a governare l’Egitto addirittura prima dei faraoni stessi.
Come se non bastasse, varie iscrizioni geroglifiche si riferiscono a loro con appellativi suggestivi come “gli splendenti” o “gli splendenti”, un nome rivelatore – fin troppo comune in altre culture – per alludere a queste divinità istruttive scese dal cielo.
1 La pietra di Shemsu Hor
Il documento più antico in cui compaiono alcuni dei nomi di questi presunti re predinastici è la cosiddetta Pietra di Palermo, che riporta alcuni degli eventi che si svolsero nei vari regni dal periodo predinastico alla V dinastia, a cui appartiene. Si tratta di una piccola lastra di basalto che faceva parte di un blocco di circa 200 cm di lunghezza per 60 cm di altezza. Sono stati identificati in totale sette frammenti appartenenti alla lastra principale. Sono distribuiti in diversi musei del mondo, ma è il più grande di essi a dargli il nome, perché è visibile nel Museo Archeologico di Palermo.
La pietra contiene tre registri orizzontali di testo. Quello superiore riporta il nome del faraone di ogni periodo. Quello centrale riporta eventi importanti, come feste, conteggi del bestiame, ecc. Infine, la fascia inferiore indica il massimo livello annuale della piena del Nilo. Ma – considerati storici – e sotto la stessa etichetta – governanti d’Egitto – i registri dei re in carne e ossa appaiono accanto a personaggi di fantasia? Non ha molto senso… Nell’Antico Egitto, grandi personalità come Imhotep – studioso e sommo sacerdote di Eliopoli – venivano elevate al rango di divinità per il loro lavoro e la loro erudizione secoli e secoli dopo la loro morte, per sottolineare il loro valore. Nulla ci impedisce di pensare che qualcosa di simile sia accaduto con gli Shemsu Hor; cioè che, per l’importanza che rivestivano, sia stato loro conferito il titolo di re d’Egitto, il più alto della terra, a titolo onorifico. Il fatto che non si tratti di veri e propri re – il che è del tutto comprensibile perché non sono mai stati trovati resti sufficienti per sostenere questa tesi – non significa che si tratti di figure inventate, anzi. Il fatto che più volte ci si riferisca a queste entità come a qualcosa di fuori dal comune dimostra che non si tratta di una questione banale.
2 Il papá degli dei Extraterrestri Egiziani.
Un’altra valida traccia della presenza dello Shemshu Hor nell’Antico Egitto è il Canone Reale di Torino, noto anche come Papiro Reale di Torino. Come suggerisce il nome, si tratta di un papiro con testi in scrittura ieratica, conservato nel Museo Egizio di Torino, in Italia. Si tratta di una delle più importanti liste reali ancora oggi conservate. Questo tipo di lista contiene iscrizioni che forniscono un resoconto, talvolta frammentario, dei faraoni d’Egitto. Anche se potrebbe essere più tarda, è stata datata all’epoca di Ramesse II. Contiene riferimenti e nomi di coloro che hanno governato l’Egitto, sia faraoni che altri leader che li hanno preceduti: dei, semidei e più tardi gli Shemsu Hor. È quantomeno curioso che la lista contenga anche i nomi di re minori e persino di usurpatori.
Ma chi erano questi dei che vagavano per l’Egitto prima della prima dinastia? Da un lato, il Papiro di Torino presenta un registro di persone e istituzioni, e quella che sembra essere una stima dei tributi. L’altro lato, tuttavia, attira maggiormente l’attenzione, poiché presenta un intero catalogo di divinità, semidei, spiriti, re mitici ed esseri umani che hanno governato l’Egitto – compreso lo Shemsu Hor – presumibilmente dall’inizio dei tempi fino al momento della composizione del documento. Qui sta il problema principale per gli studiosi, in quanto egittologi e archeologi sostengono che si tratta di pura mitologia e attribuiscono validità cronologica solo ai regni a partire dalla prima dinastia. Ma al di là del fatto che gli dèi abbiano governato o meno l’Egitto in passato, perché gli archeologi non danno il minimo cenno di realtà a personaggi così importanti, citati più volte in vari documenti? Logicamente, nessuno nel mondo accademico mette in dubbio la reale esistenza di “esseri divini” nell’Antico Egitto.
Secondo il manoscritto, all’inizio dei tempi regnava in Egitto un gruppo di esseri semidivini – per metà uomini e per metà “qualcos’altro” – che il Canone di Torino chiama Shemsu Hor e che regnò per 11.000 anni. Una cifra che supera di gran lunga i limiti della storia accettata. Tuttavia, questa cronologia è coerente con altre fonti, come la Pietra di Palermo e alcune liste reali. Alcune di queste, come quella incisa sulle pareti del tempio di Seti I o la stessa Storia d’Egitto di Manetone, saranno discusse di seguito.
3 Le incisioni di Seti I
Uno degli scopi principali della costruzione del Tempio di Seti I era il culto, attraverso le incisioni sulle sue pareti, di tutti i faraoni che avevano regnato fino a quel momento e delle principali divinità egizie sotto forma di una grande cappella funeraria. Sempre in queste rappresentazioni troviamo un’altra delle più famose liste reali, che enumera 77 re d’Egitto: da Menes, della I dinastia, allo stesso faraone Seti. Questa lista comprende anche lo Shemsu Hor. Non c’è dubbio: per l’Antica società egizia, i loro dèi governavano la terra del Nilo molto prima che i faraoni salissero al trono. I loro nomi sono registrati come autentici sovrani in diversi documenti di questo tipo, con cronologie impossibili che includono lunghi periodi attribuiti agli dèi, arrivando fino a ben 9.000 anni in un solo regno. Se questi esseri sono esistiti davvero, bisogna porsi diverse domande: da dove sono venuti, quando se ne sono andati, quando torneranno?
Originario di Sebennitos, Manetone fu un sacerdote e storico egiziano di epoca greca o tolemaica, vissuto per la maggior parte della sua vita nella prima metà del III secolo a.C. Manetone scrisse la storia del suo popolo per il mondo alessandrino, un’opera unica nel suo genere che costituisce il principale riferimento per gli egittologi per determinare i nomi dei faraoni e la durata dei loro regni. Lo storico conosceva bene i geroglifici ed era persino in grado di decifrare il simbolismo presente nelle opere architettoniche e nelle sculture. Era il più grande studioso del suo tempo. Per questo motivo, il fatto che la sua opera inizi con le stesse dinastie di dèi e altri sovrani semidivini del Papiro di Torino la rende ancora più rilevante. Per Manetone, come per i suoi antenati, gli Shemsu Hor erano una realtà evidente. Ancora una volta ci imbattiamo nelle tracce di una tradizione millenaria, quella degli Shemsu Hor, che erano già presenti in Egitto prima della prima dinastia e la cui memoria rimase viva fino al declino di questa civiltà.
4 Il libro della mucca celeste
Gli Shemsu Hor non erano una divinità qualsiasi. I saggi dell’antico Egitto lo sapevano e hanno lasciato traccia dell’esistenza di questi esseri con i quali i loro antenati predinastici avrebbero vissuto. Chi o cosa erano costoro per lasciare un segno così profondo, le cui tracce possono essere rintracciate per più di 3.000 anni? Un’intera rivelazione sull’oscura origine dei messaggeri di Horus si trova nel cosiddetto Libro della Mucca Celeste o Libro della Mucca Sacra. Diverse rappresentazioni si trovano sulle pareti delle tombe di Seti I, Ramesse II, Ramesse III e Ramesse VI, oltre che su una delle bare di Tutankhamon. Le sue radici risalgono agli albori dei testi piramidali. Quel libro racconta che gli dei egizi venivano dal cielo. Semplicemente. Migliaia di anni fa, gli dei scesero in Egitto dall’alto per creare il mondo come lo intendiamo oggi.
Questi esseri non solo sono scesi dall’alto, ma la tradizione li collega alla luce e alla brillantezza, come gli apkallus, Ahura Mazda e altre divinità istruttrici del passato in diverse culture e luoghi del mondo. Il loro stesso nome li rivela: i compagni, i seguaci o i messaggeri di Horus. Da tutti i punti di vista, messaggeri è un’etichetta attribuibile alla conoscenza che hanno lasciato in eredità agli abitanti della terra del Nilo. Ma che dire di Horus? Era un dio con cui tutti i faraoni si identificavano. Un faraone poteva mostrare maggiore simpatia verso un particolare dio: Set, Maat, Thoth… Tuttavia, ognuno dei re d’Egitto era considerato la personificazione vivente di Horus.
Anche se molti non lo riconoscono, l’origine di questa divinità è un vero rompicapo per gli egittologi. Fin dagli inizi della civiltà piramidale, la grande triade divina di Iside, Osiride e Horus era legata a stelle molto specifiche. Iside è la personificazione di Sirio e Osiride quella di Orione. Per quanto riguarda Horus, si tratta di tre quarti dello stesso. Horus corrisponde a una stella, anche se questa non è stata ancora identificata dagli studiosi, che per questo lo relegano allo status di dio primitivo dei cieli. Sono molte le iscrizioni che rivelano l’originaria natura stellare di Horus, in particolare quelle che si riferiscono alla figura di Horus del Duat. La Duat era una regione del cielo molto particolare, composta da stelle come Sirio o le costellazioni di Orione e dell’Orsa Maggiore e alcune altre che le circondavano.
Horus “comanda” o presiede la Duat. Altre denominazioni attestano questo aspetto: Horus è “la stella alla testa del cielo”, “la stella alla testa degli astri imperituri”, “la stella del mattino”, “la stella solitaria”, “la stella nascente”, secondo vari testi risalenti all’Antico Impero. Si ripete sempre la stessa cosa: “Horus è la stella che…”, quindi deve essere riconosciuto come tale. Horus corrisponde a una stella, un corpo celeste che non è ancora stato identificato. Tuttavia, non c’è dubbio che gli Shemsu Hor siano sbarcati in Egitto da questa enclave celeste. Sembra chiaro che non erano nativi del nostro pianeta e, quindi, la loro origine era extraterrestre.
5 la “Stella” Assassina. Antichi Alieni in Egitto
La stele di Gebel Barkal (sopra) è una lastra oggi conservata nel Museo di Khartoum, in Sudan. È stata trovata tra le macerie di uno dei cortili del grande tempio di Amon. È alta quasi due metri e il suo contenuto è più che intrigante. La stele descrive diverse campagne militari di Thutmose III (a destra), tra cui una svoltasi in Nubia. A causa dell’erosione della pietra, alcune iscrizioni si sono deteriorate. Tuttavia, le righe 33, 34, 35 e 36 del testo descrivono con dovizia di particolari l’apparizione di una stella luminosa che apparve senza preavviso sul campo di battaglia. La misteriosa luce attaccò i nemici del faraone, i nubiani, e infine scomparve all’orizzonte.
Il frammento recita: “Conoscete il miracolo di Amon Ra, alla presenza delle Due Terre. Qualcosa che non è mai stato visto… Le guardie stavano arrivando per fare il regolare cambio della guardia di notte. C’erano due guardie sedute una di fronte all’altra. Una stella si avvicinò da sud. Un evento del genere non era mai accaduto prima. La stella si fermò sopra di loro e nessuno dei due riuscì a stare lì… La stella si trasformò come se non fossero mai esistiti, e poi caddero sul loro sangue. Ora la stella era dietro di loro, illuminando i loro volti con il fuoco; non un uomo tra loro poteva difendersi…”. In conclusione, la stele di Gebel Barkal contiene un intero X-File dell’Antico Egitto. Un vero e proprio incontro mortale con gli UFO, come altri descritti nell’abbondante documentazione ufologica moderna.
6 Un Ufo Davanti ad Akhnaton
Nella lunga storia dell’Egitto faraonico ci furono molti sovrani, ma uno di loro si distinse dagli altri. Ci riferiamo al faraone Akhnaton, figlio e successore di Amenofi III, vissuto tra il 1380 e il 1362 a.C. Regnante dalla personalità rivoluzionaria, riuscì a creare un nuovo culto all’interno di un impero molto restio ai cambiamenti, e la maggior parte dei suoi abitanti iniziò a venerare il dio sole Aten.
All’età di 18 anni salì al trono, accompagnato dalla bellissima Nefertiti come moglie reale. È notevole vedere i risultati raggiunti in giovane età, come l’istituzione di una nuova religione. Trasferì anche la capitale dell’impero in una nuova città nella regione di Amarna, che chiamò con il suo nome: Akhetaton. Oggi della città rimane ben poco, poiché fu abbandonata alcuni anni dopo. Amarna si trovava a metà strada tra Memphis e Tebe, le due città più importanti dell’Egitto dell’epoca. Akhnaton stesso scelse la zona per la sua costruzione, lontana dalle grandi metropoli e dalle rotte commerciali. Non fu certo una decisione pratica.
Il motivo di questa scelta apparentemente illogica è un episodio misterioso che oggi non esiteremmo a descrivere come un incontro ravvicinato con un UFO, e che lasciò una profonda impressione sul faraone. Uno strano oggetto luminoso rivelò ad Akhnaton quella che sarebbe stata la nuova religione dell’Egitto. Accadde nel bel mezzo di una battuta di caccia, quando il faraone ebbe un incontro con un “disco solare incandescente” appollaiato su una roccia. Egli interpretò l’incidente come soprannaturale, poiché il disco brillava come oro e porpora in pieno giorno. Lo stesso Akhnaton lo raccontò nel suo Canto IV al dio Aten, dove l’evento fu registrato. Il giovane sovrano spiegò anche che “batteva” come il cuore del faraone. Dopo questa esperienza, il leader rimase affascinato e decise che doveva iniziare una nuova era per l’impero della terra del Nilo.
Il faraone si chiamava in realtà Amen-Hotep, ma cambiò il suo nome in Akhnaton dopo l’incontro con l’UFO luminoso. Come spiega Nacho Ares nel suo libro Egitto insolito (Corona Borealis, 1999), il nome Akhnaton è illuminante, perché significa letteralmente “l’orizzonte del disco solare”. Probabilmente decise di chiamarsi così in onore della sua strana visione. L’ideogramma per “orizzonte” nell’antico egizio è rappresentato dal disegno di un disco sopra le montagne. Sembra chiaro che i cieli egiziani non sfuggissero alla presenza di quelli che oggi chiamiamo UFO.
7 I testi piramidali
I Testi delle Piramidi sono una raccolta di testi religiosi incisi sulle pareti delle piramidi di re e regine a partire dalla V dinastia. Sono il più antico insieme di scritti religiosi finora scoperti e ci forniscono informazioni su rituali funerari, cerimonie religiose, offerte, formule magiche e, in generale, su tutto ciò che poteva garantire il benessere del re morto e facilitare la sua nuova esistenza nell’aldilà. Furono realizzati durante le dinastie dalla V alla VIII e i più antichi furono scoperti nella piramide di Unas, l’ultimo faraone della V dinastia. Si trovano anche nelle piramidi di Teti, Pepi I, Merenra, Pepi II e Aba, e in quelle delle mogli di Pepi II: Neit, Iput e Udyebten, tutte situate nella necropoli di Saqqara.
Alcuni di questi passaggi furono poi incisi sulle tombe dei nobili nel Medio e Nuovo Regno e nel Tardo Periodo. In seguito, nuove formule furono aggiunte in accordo con l’evoluzione delle forme religiose, dando origine ai cosiddetti Testi Sarcofagi nel Medio Regno e, più tardi, al Libro dei Morti. Sebbene i testi scritti più antichi risalgano alla fine della V dinastia, essi rappresentano concezioni molto più arcaiche emerse all’inizio della civiltà egizia. Alcuni passaggi riflettono eventi narrati su stele e mastabe delle prime due dinastie, una circostanza che dimostra, senza alcun dubbio, l’importanza di questi testi molto prima che venissero scalpellati sulle pareti delle piramidi.
Diversi passaggi dei Testi delle Piramidi raccontano come il faraone, imitando la stella degli dei, nasca in Orione e, dopo aver attraversato il tortuoso canale, finisca per raggiungere le stelle nella parte più settentrionale del cielo. Si tratta di una vera e propria guida per attraversare il firmamento. Ma non in un modo qualsiasi, bensì nello stesso modo della stella da cui prendono il nome gli Shemsu Hor. Il re morto diventa una stella che sorge con Orione, cioè nelle sue vicinanze. In breve, il faraone si pone implicitamente alla pari di Horus, il figlio di Sirio e Orione o di Iside e Osiride: “Anubi prenderà il tuo braccio e Nut ti darà il tuo cuore. Che tu possa volare alto come un falco, che tu possa librarti in alto come un airone, che tu possa viaggiare verso occidente… Vivi, sii vivo! Sii giovane, sii giovane al fianco di tuo padre, al fianco di Orione in cielo” (TP 2178-2180).
Nel testo sopra riportato si ordina al re di vivere e di essere giovane al fianco di Orione, suo padre; un chiaro parallelo con la seguente affermazione: “O re, tu sei quella grande stella, compagna di Orione, che attraversa il cielo con Orione, che naviga nella Duat con Osiride; tu sali dal lato orientale del cielo, che si rinnova a tempo debito e ringiovanisce a tempo debito. Il cielo ti ha partorito con Orione…” (TP 882-883). Pertanto, una volta scomparso, il faraone sarà una stella, una grande stella – per la sua importanza – che è nata in Orione.
Ufo, alieni antichi, estraterrestri ufologi, governi, militari, scettici e teorici false flag…
5th-Edition.-OF-UFOS-ANCIENT-ALIENS-EXTRATERRESTRIALS-Ufologists-Governments-Military-Skeptics-And-Theorists-False.-Maximillien-de-Lafayette-Z-Library_organizedIn un altro testo leggiamo: “Salgo al cielo tra le Stelle Imperiture, mia sorella è Sirio, mia guida la Stella del Mattino, ed esse stringono la mia mano nel campo delle offerte” (TP 1123). Il re sale al cielo per stare tra gli imperituri dell’emisfero boreale. Sua sorella è Iside-Sirio, poiché il faraone morto è identificato con Osiride, il dio dei defunti, e la sua guida è Horus della Duat: “Passerò da quella parte in cui si trovano le Stelle Imperiture, per essere tra loro” (TP 1222). Ancora: “Che tu (il re) possa ascendere come Horus della Duat, che è a capo delle Stelle Imperiture…” (TP 1301). Se c’è qualcosa che risulta chiaro dai testi citati, è che il faraone ascende alle costellazioni boreali a imitazione di Horus della Duat. Quindi la realtà della stella degli dei è più che dimostrata. Sirio e Orione compaiono più volte nel discorso, e sempre in relazione ad esso. Se queste due stelle non sono un’invenzione, perché certamente esistono, perché dovrebbe esserlo la stella di Horus, che è ancora più importante? È chiaro che gli Egizi identificavano la stella degli dei. Tuttavia, né gli astronomi né gli egittologi hanno fatto luce sulla vera identità celeste di Horus di Duat. Forse si tratta di un pianeta sconosciuto in qualche angolo inesplorato del sistema solare. Il pianeta dello Shemsu Hor…
8 Mappa stellare di Guiza
A soli otto chilometri dal Cairo si trova uno dei complessi archeologici più emblematici dell’Egitto: la favolosa necropoli di Giza, che sorge sull’omonimo altopiano. È la più grande dell’Antico Egitto, con sepolture che risalgono alle prime dinastie, anche se raggiunse il suo massimo splendore nella quarta dinastia, quando furono erette le grandi piramidi che la caratterizzano. Nonostante la sua fama mondiale, si conosce solo un decimo dei tesori e delle costruzioni che ospita. Lì, nella piana, tre giganti si ergono eretti e immobili secolo dopo secolo, beffandosi del passare del tempo: Cheope, Chefren e Micerino, le piramidi costruite da questi faraoni. Oltre a queste massicce strutture in pietra, vi sono numerose piramidi sussidiarie di dimensioni minori, sempre inferiori alle loro sorelle, oltre a templi funerari, pontili, strade rialzate cerimoniali, la famosa Sfinge, e così via.
A questi monumenti reali sono associate numerose mastabe di membri della famiglia reale, altre concesse dal faraone a funzionari e sacerdoti e varie costruzioni di epoca successiva legate al culto degli antenati. Gli antichi egizi consideravano questo spazio come il territorio di Osiride, motivo per cui contiene anche il suo cenotafio. Robert Bauval e Adrian Gilbert hanno ricordato al mondo questa relazione quando hanno pubblicato la loro opera Il mistero di Orione (Edaf, 2007). Hanno svelato la presunta corrispondenza cielo-terra tra le tre grandi piramidi di Giza e le tre stelle della cintura di Orione. Cheope, Chefren e Micerino sarebbero quindi equivalenti ad Al Nitak, Al Nilam e Mintaka. Dico presunto, perché non tutti gli egittologi e gli archeoastronomi hanno le idee chiare al riguardo.
8 La Mappa Stellare di Guiza
Per il momento, l’unica cosa che è stata dimostrata con certezza è che il complesso fu eretto in allineamento con Eliopoli, la città del dio Sole. Andiamo quindi lì. La leggendaria città di Annu o Eliopoli era la sede di un potente clero e del grande tempio di Ra. In quanto custodi del culto ufficiale, i suoi sacerdoti esercitavano un’enorme influenza. Infatti, ai tempi di Alessandro la sua scuola di saggezza era ancora famosa. Ma oggi è stata inghiottita dal Cairo e poco rimane del suo glorioso passato. Eliopoli è considerata il nucleo dell’antica civiltà egizia, anche se la storia non è stata troppo gentile con lei.
Questa città esisteva prima dell’epoca delle piramidi, costruzioni la cui forma sembra essere stata ispirata da una misteriosa reliquia che vi era custodita: il ben-ben. Su una grande piattaforma si trovava il tempio di Ra, che gli antichi egizi chiamavano Hut aat, “il grande santuario” o santuario principale della terra. All’interno si trovava una colonna primitiva su cui poggiava il ben-ben. Il nome stesso di Annu sembra significare “la città della colonna” (un supporto per il ben-ben). Sebbene i suoi resti non siano stati ritrovati – a causa delle enormi difficoltà di scavo – il complesso del culto solare conteneva un importante elemento femminile: un tempio dedicato alla dea Hathor.
Inoltre, su un pannello di limonite rinvenuto nel tempio principale, si può leggere un decreto del faraone Nebimes per la revisione del tempio, che fa riferimento al luogo sacro della dea. In altri documenti viene riconosciuta come “padrona di Annu”. Di conseguenza, il complesso rappresenta sia Ra che la dea. Ma Hathor, come Iside, non è forse uno dei volti di Sirio? Per gli Egizi, sì. Annu non è quindi solo l’immagine del Sole sulla Terra, ma anche di Sirio. Pertanto, Orione raffigurato sull’altopiano di Giza avrebbe la sua controparte con Sirio a Eliopoli. Entrambi i luoghi rifletterebbero Sirio e la cintura di Orione in modo simbolico. È questo legame stellare tra Sirio e Orione che spiega l’allineamento dei due siti. Ora non resta che individuare Horus – il corpo celeste da cui proviene lo Shemsu Hor per completare la triade.
9 Un Volto Alieno: la Grande Sfinge
Uno dei monumenti colossali dell’Egitto che ha fatto scorrere fiumi di inchiostro è la Grande Sfinge, la più grande di tutte le sculture e parte del complesso di Giza. È una tappa obbligata per qualsiasi turista. È stata scavata in un cumulo di roccia calcarea che sporgeva leggermente dall’altopiano. Il suo corpo ha la forma di un leone, è alto circa 20 metri e il suo volto è alto più di cinque metri. La sua lunghezza è di 57 metri. La maggior parte degli egittologi ritiene che la sua testa possa rappresentare il faraone Chefren, al quale si attribuisce la sua costruzione. Nell’antichità era dipinta con colori vivaci: rosso per il corpo e il volto e strisce gialle e blu per il nemes (copricapo egizio) che copre la testa. La sfinge ha sempre goduto di una venerazione e di un culto particolari tra gli Egizi, che sono proseguiti anche dopo il declino dell’impero faraonico. Era identificata con il dio egizio Horus come Hor-em-Ajet o Harmakis: “Horus all’orizzonte”. In altre parole, la sfinge rappresenta un aspetto di Horus. Tuttavia, la sua forma di cane o sciacallo non può essere ignorata in questa storia perché, come sottolinea lo studioso e scrittore Robert Temple, nei Testi delle Piramidi è citata come tale e diventa un indizio cruciale sul suo scopo.
Vediamo un frammento dei testi citati: “Le porte del cielo si apriranno per te, perché tu ne esca come Horus e come sciacallo accanto a colui che nasconde le sue sembianze ai nemici, (perché) non c’è padre tra gli uomini che possa generarti, perché non c’è madre tra gli uomini che possa darti alla luce” (TP 659). In breve, le porte del cielo si apriranno perché il re emerga come Horus – una stella, ricordiamo, nata in Orione – sotto forma di sciacallo, la cui identità “horusina” è sconosciuta ai nemici dell’Egitto. Né uomini né donne possono generarlo perché la sua natura non è umana. Alla luce di ciò, mi pongo la seguente domanda: la Sfinge non avrebbe avuto in origine l’aspetto di uno sciacallo? Abbiamo appena visto che Sirio e Orione avevano le loro controparti in terra egizia, rispettivamente Annu e Guiza. Se sappiamo che Horus era il più importante di questa triade, sembra ovvio che anche lui doveva avere il suo “riflesso” nella terra del Nilo.
È incomprensibile che gli Egizi abbiano costruito monumenti alle stelle sotto forma di mappa celeste e abbiano dimenticato di erigerne uno per il più importante di tutti: Horus, membro indispensabile della triade divina, senza il quale nulla aveva senso nella terra dei faraoni. Poiché la sfinge che rappresenta Horus si trova nel dominio di Osiride-Orione (l’altopiano di Giza) e i Testi delle Piramidi riportano che Horus sotto forma di stella apparve in Orione, penso di non sbagliare nel concludere che la sfinge segna la posizione della stella Horus quando nacque, facendo la sua comparsa vicino a Orione. Forse con questa forma canina la sfinge proteggeva simbolicamente il padre Osiride/Orione, come instancabilmente indicato nei Testi delle Piramidi. Ma non è solo la faccia da sciacallo della sfinge a sostenere questa nuova ipotesi. Passiamo ora al nome arabo della Sfinge: Abu el-Hol, qualcosa come “il padre del terrore”.
Perché l’origine della parola discende probabilmente secondo Robert Temple – dall’egiziano bw Hwr: “il luogo di Horus”. Inoltre, molto prima dell’occupazione araba, ancora nel Nuovo Impero, il nome della sfinge era Harmakis Hor-em-Ajet, che significa “Horus è all’orizzonte”. Tenendo presente che Horus è una stella, il significato di questo appellativo assume una dimensione reale, poiché si riferisce chiaramente a una stella che nasce o appare nel firmamento. Questo è il significato di “essere all’orizzonte” applicato a qualsiasi stella. Gli antichi egizi chiamavano le sfingi shesep-anj, che significa “immagine vivente”. Pertanto, la Grande Sfinge di Giza è l’immagine vivente di Horus, il volto nascosto di un corpo planetario del sistema solare non ancora scoperto, la patria degli Shemsu Hor, gli dei extraterrestri predinastici.
10 Lo zodiaco di dendera e il ritorno degli dei
Uno dei templi meglio conservati di tutto l’Egitto, di singolare bellezza e non meno popolare, si erge orgoglioso a Dendera: il tempio della dea Hathor. Come gran parte del complesso di templi egiziani, è costruito sui resti di un tempio precedente. Alcuni documenti fanno risalire l’antichità di Dendera all’epoca di Cheope, ed è probabile che vi fosse già un piccolo santuario che non è sopravvissuto. La costruzione del tempio di Hathor è tardiva. Si pensa che sia iniziata durante il regno di Tolomeo VIII o Tolomeo IX, nel II secolo a.C., ma conserva comunque il fascino dei suoi omologhi faraonici. Tuttavia, alcune iscrizioni suggeriscono che una parte importante dei lavori sia iniziata il 16 luglio 54 a.C., in coincidenza con l’ortolano ellenistico di Sirio, con cui è allineato. Sembra inoltre orientata verso Alkaid – Eta Ursae Majoris – seguendo l’asse nord-sud nell’orto dello stesso anno. La sua costruzione fu completata 34 anni dopo, nel nono anno di regno di Augusto, cioè tra il 21 e il 20 a.C..
All’interno del tempio, le pareti contengono descrizioni delle cerimonie e delle processioni che vi si svolgevano, nonché dei profumi e degli unguenti utilizzati in queste cerimonie. La data del ritorno degli dei extraterrestri è codificata nella cappella orientale n. 2, dedicata alla resurrezione di Osiride. Fino al 1821, il soffitto recava lo zodiaco di Dendera, un pezzo squisito e ammaliante in egual misura. In quell’anno fu trasferito a Parigi, ma oggi i visitatori possono ammirare una replica in gesso al suo posto. A mio avviso, lo zodiaco di Dendera nasconde un messaggio “divino” di straordinaria importanza. Per cominciare, dobbiamo notare che in una parte del disco è integrata un’incisione con il nome dell’imperatore romano Caligola, che non lascia dubbi sulla data di fabbricazione. Lo zodiaco di Dendera risale quindi al periodo compreso tra il 37 e il 49 d.C., quindi non ha ancora compiuto 2.000 anni. Il disco stesso è una rappresentazione del cielo: la dea Nut all’interno di una sorta di diagramma circolare contenente costellazioni, pianeti e simboli correlati.
Come ogni opera d’arte, questo singolare zodiaco è espressione di chi l’ha concepito, il cui scopo era quello di trasmettere qualche messaggio agli osservatori. Dopo un’analisi approfondita, sono riuscito a scoprire ogni elemento presente in questo misterioso zodiaco. Tutti i dettagli sono stati rivelati in decine di pagine dei miei libri precedenti, quindi la mia ricerca supera di gran lunga lo spazio assegnato a questa relazione. La mia conclusione è che lo zodiaco di Dendera rappresenta alcuni concetti astronomici e le loro ripercussioni immediate, molto lontane dal momento della sua creazione. Il contenuto del disco non è distribuito in modo casuale, ma è una mappa del cielo che punta direttamente a momenti specifici del passato e del futuro, alcuni dei quali addirittura precedenti alla stesura dei Testi delle Piramidi. Così, le varie posizioni dei “sette pianeti” (Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno) conosciuti all’epoca appaiono sul planisfero come segni temporali. Alcuni di essi indicano l’ultima apparizione di “Horus della Duat” o “la stella degli dei”, proprio all’inizio della civiltà egizia, quando lo Shemsu Hor e altre divinità istruttrici contattarono i nostri antenati.
Ma a noi interessa uno di questi segni temporali in particolare, perché fa riferimento a un evento che deve ancora venire: la prossima manifestazione della stella degli dei e, quindi, del ritorno degli dei. La trama è intessuta attorno alla figura della costellazione dell’Acquario, dove tutta la simbologia che l’accompagna allude al più grande segreto – di natura extraterrestre – che gli Egizi custodivano. Il frutto delle mie ricerche indica che lo zodiaco di Dendera predice il momento preciso in cui la stella degli dei farà nuovamente la sua comparsa nel cielo notturno. Ciò avverrà in prossimità dell’anno 3855 d.C.. Una nuova stella apparirà nel cielo e allora si verificheranno nuovamente episodi di contatto con divinità extraterrestri, simili a quelli descritti dai Dogon, dai Sumeri, dagli Egizi e da altre antiche civiltà.
Samuel García Barrajón y Rosa Gómez Uribe
Fonte: investigacionymisterio.com & DeepWeb
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