Siri: L’Inganno della Privacy
Tempo fa dovevo far visita ad una persona a me cara, ricoverata nel reparto oncologico presso una struttura ospedaliera, chiesi all’incaricato della portineria, dove potessi trovare la sua stanza e con il solito tono di chi si gode immensamente del potere delegato da una fatiscente e stupida burocrazia, mi risponde che la legge della privacy, non gli consente di darmi questa informazione.

Di idioti nel mondo ce ne sono molti, ma questo aveva superato se stesso, e’ la stessa logica che ha animato uno sparuto numero di Nazisti (L’obbedienza) a sterminare milioni di Ebrei, costui in barba al buon senso, aveva assecondato un ordine dettato da motivazioni che attualmente sembrano più’ una presa in giro, che un vero e proprio servizio al cittadino.
Ed ora vi voglio raccontare un po’ di storia passata, che appartiene alle mie prime esperienze in rete.
Il mio primo computer e’ stato un Commodore64. I più’ giovani forse, se lo vedessero ora, si metterebbero a ridere, ma credetemi a suo tempo, era come possedere uno ”Space Shuttle”, tutto a portata di mano.
I programmi che giravano spesso li dovevi digitare, lettera per lettera, su stampati che trovavi in riviste rigorosamente in Inglese (E se non lo parlavi eri uno ”sfigato” come me) e al debugging incrociavi le mani nella speranza che avessi scritto tutto nella giusta maniera (Praticamente Mai) erano tempi pionieristici dove tutto era difficile e straordinario nello stesso tempo.
Con l’avvento di Windows95 e Internet le cose sono diventate globali e la comunicazione e’ diventata capillare in ogni luogo del pianeta.
La cosa più’ divertente per chi passava 12 ore al computer era occuparsi dei fatti altrui, che in rete significa ”spiare i computer degli altri”.
Le tutele per chi entrava in rete erano praticamente nulle, ed era un gioco da ragazzi farlo.
Sono passati 25 anni da allora, pensate che la mia prima connessione in rete era di ”2400 baud” e la prima pagina web ”Mclink.it” riuscii a caricarla in 3 minuti.
Esistevano all’epoca software artigianali sviluppati per lo più’ da ”ragazzini smanettoni”, che consentivano di fare tutto ciò’ che si voleva, non esisteva computer che non si potesse violare.
La privacy era una parola praticamente inesistente nel vocabolario dell’epoca e nessuno se ne preoccupava, oggi invece e’ diventata di dominio pubblico, quasi una religione, ignari che con gli strumenti attuali, solo l’idiozia umana può’ arrivare al punto di pensare, che firmando un documento, come si fa negli uffici pubblici, o anche chiudendosi barricati in casa, si possa mantenere la tanto decantata Privacy?
Avete voluto il cellulare? La Smart Tv o l’ultima Generazione di Computer, o una bella Telecamera per difendersi dai Ladri?
Oggi I ladri (Quelli Veri) cari miei, non entrano più’ dentro casa, come potete pensare una cosa del genere? Siete voi che entrate direttamente a casa loro e come dei bravi ospiti offrite sempre loro un prezioso regalo , per non dare l’impressione di essere scortesi…….cosi Va il Mondo, ignari che il mondo siete Voi.
Toba60
l nostro iPhone ci spia? Magari lui direttamente no, ma quel che è certo è che le nostre conversazioni private non possono essere considerate al sicuro. Quello che temevamo, infatti, è stato confermato: tutto ciò che affidiamo al nostro smartphone finisce nei database – e quindi nelle orecchie – degli assistenti virtuali delle grandi aziende tecnologiche. Stiamo parlando del Siri di Apple, di Alexa per Amazon e di Google Assistant

I giganti della tecnologia controllano molte delle nostre conversazioni grazie a degli impiegati che hanno il compito di ascoltare e revisionare ciò che noi diciamo agli assistenti virtuali per migliorarne il rendimento. Le ultime novità, in tal senso, arrivano da una pubblicazione del The Guardian, che ha svelato come funziona esattamente il centro di controllo qualità di Siri e gli altri. Il giornalista Alex Hern ha contattato un impiegato di un’azienda a cui Apple ha subappaltato il lavoro.
Dalle sue parole emerge una grande preoccupazione dovuta alla tendenza adottata da Siri a selezionare informazioni specialmente delicate e confidenziali. Quando a Siri viene posta una domanda come: “Come sarà il tempo domani?” o “Qual è il prossimo impegno nel mio calendario?” il nome dell’utente e la sua richiesta vengono inviati al server di riconoscimento vocale di Apple in modo che Siri possa personalizzare la sua risposta. Apple estrae queste informazioni dalla scheda di contatto nelle impostazioni Siri & Search ed è protetta da protocolli crittografati quando viene inviata ai server Apple.

Tuttavia ciò non significa che Apple possa dire chi è a porre la domanda a Siri. La richiesta e le informazioni dalla scheda di contatto sono legate a un identificatore casuale generato dal dispositivo. Quell’identificatore può anche essere ripristinato in qualsiasi momento disattivando la dettatura di Siri e ripristinando la cronologia, proprio come Apple spiega nella sezione del proprio sito dedicata alla alla privacy. Gli addetti di imprese esterne al controllo delle funzionalità di questi servizi spesso ascoltano registrazioni che, alle volte, includono conversazioni tra medico e pazienti, trattative tra imprenditori, traffici di droga e addirittura rapporti sessuali. Ciò avviene perché chi si occupa di verificare le conversazioni tra gli utenti e l’assistente virtuale, ha l’obbligo di farlo anche quando l’attivazione è accidentale perché, in ogni caso, bisogna capire e valutare se la risposta data da Siri è utile per l’utente.

Cosa dice Apple.
Tuttavia, chi ha provato a contattare Apple per avere chiarimenti in merito a queste informazioni ma senza avere una risposta. Le uniche informazioni lasciate trapelare da Cupertino sono quelle pubblicate dal The Guardian: secondo l’azienda fondata da Steve Jobs, le conversazioni realmente ascoltate dopo l’attivazione – volontaria e involontaria – di Siri è inferiore all’1%. Inoltre Apple ci ha tenuto a precisare che tutto ciò che viene analizzato non viene associato a un ID, proprio per proteggere la privacy dell’utente. Tutte le registrazioni sono accompagnate dalla posizione, dai dettagli del contatto e da altre informazioni personali che potrebbero diventare sempre più approfondite dopo aver consultato l’assistente vocale.
L’impiegato contattato dal quotidiano britannico ha confermato che, in merito, non c’è una politica chiara da parte di Apple rispetto all’uso delle informazioni ottenute dalle registrazioni: “Non c’è molta comunicazione tra chi è in possesso dei dati e, inoltre, il volume delle informazioni alle quali abbiamo a accesso è molto ampio. Identificare la persona della registrazione non è poi così complicato soprattutto nel caso di un’attivazione accidentale, considerando che nella propria registrazione vengono inclusi nomi, posizioni e altri dati sensibili. Non viene data molta attenzione alla riservatezza delle informazioni degli utenti”. Eppure, nonostante queste dichiarazioni, Apple ci tiene a precisare che tutte le registrazioni vocali effettuate attraverso Siri vengono conservate per sei mesi e, successivamente, viene salvata un’altra versione della stessa senza dati personale che rimane in archivio per altri due anni, con il fine di migliorare il rendimento dell’assistente virtuale. Nonostante questa non sia una una pratica esclusiva di Apple, l’azienda di Cupertino – al contrario di Amazon e Google – non permette agli utente di decidere in merito alle registrazioni vocali indirizzate all’assistente vocale della Mela e tanto meno a disattivarle, a meno che il dispositivo non venga completamente disconnesso. La società salva anche un piccolo sottoinsieme di registrazioni, trascrizioni e dati associati oltre quel periodo di due anni per migliorare Siri e tali dati possono passare attraverso un processo di classificazione che coinvolge revisori umani. Ma tutti i dati inviati per la classificazione sono randomizzati e privati del suo identificatore.
Fonte: https://it.insideover.com
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