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15 Maggio: Nakba, il Genocidio Ignorato

La gente tende ad ignorare spesso gli eventi scomodi del passato e preferisce chiedere un occhio su tutto quello che lo obbliga a riflettere sul vero significato della vita, anche perché a quella degli altri non gli importa nulla e su quella propria stende un velo pietoso perché la ritiene una gran perdita di tempo.

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Dalla Shoah alla Nakba: genocidi ricordati e quelli ignorati

Innanzitutto, una precisazione.

Questo scritto non nasce  come atto di accusa contro un popolo intero, quello israeliano e quindi gli ebrei, ma assurge a dito accusatore puntato su di una parte di esso, il ramo sionista.

La questione palestinese si trascina da anni, mietendo vittime, spesso innocenti, da ambo le parti, al punto tale che le colpe degli uni si confondono in quelle degli altri e le ragioni non hanno confini definibili.

Non basteranno poche righe a narrarla, ma un minimo di storia è necessaria allo sviluppo dell’argomento.

Il  sionismo è un movimento politico internazionale, nato tra il 1880 e il 1896, tra gli ebrei residenti in Europa, il cui fine è l’affermazione del diritto all’autodeterminazione del popolo ebraico attraverso la costituzione di uno stato proprio: Israele.

Quindi bisogna incominciare capendo che il piano di pulizia etnica sionista a spese del popolo palestinese, che incominciò nei primi anni 20 per poi acuirsi nel primo dopoguerra, non fu effetto della Shoah ma trasse ulteriore forza da essa in quanto fornì una sorta di “giustificazione” a ciò che veniva fatto in una terra da secoli oggetto di dominio senza fisso padrone. In pratica, al di là dello sterminio nazista degli ebrei, il destino dei palestinesi era già segnato!

D’altronde le prime violenze e sopraffazioni vengono compiute sotto l’ultimo periodo di protettorato inglese, alla fine degli anni 20, in un  periodo in cui la maggior parte della popolazione è palestinese.
Parliamo di numeri importanti poiché su una popolazione di 4 milioni di abitanti il 90% era arabo e solo 80mila persone erano ebree. Il che fa decadere automaticamente la tesi sionista che in quei territori era sempre stata forte la presenza ebraica.

D’altronde alle potenze vincitrici non parve vero poter riconciliarsi l’anima su quanto non si era riuscito/voluto  impedire con lo sterminio nei campi di concentramento e quale miglior occasione che quella di chiudere non uno ma entrambi gli occhi su ciò che dal 1947 in poi è successo in Palestina.

Altro errore che non si deve compiere, nell’analisi del fenomeno,è ricondurre il tutto al fondamentalismo islamico che, invero, è semplicemente un becero vampiro che si nutre del sangue delle vittime, d’ambo i lati, per fomentare un odio che invece,per secoli, in quella terra, non è esistito, giacché ebrei e palestinesi vivevano fianco a fianco.

Per aver un quadro storico preciso dei fatti in questione si potrebbero leggere gli scritti di uno storico ebreo, tale Ilian Pappe, oppure,per arrivare alla cronaca più attuale, i dolorosi riscontri di una vittima tutta italiana, Vittorio Arrigoni,giovane attivista per i diritti umani, che ha vissuto e operato nell’inferno di Gaza e che è morto assassinato,nel 2011, in circostanze tutte da appurare.

Ma cosa denunciano, spesso inascoltati dalla massa indirizzata erroneamente dall’informazione, scrittori, storici, artisti, attivisti,politici  come Pappe, Arrigoni, Moni Ovadia e tanti altri?

L’urlo che si leva da Gaza oggi e dalla Palestina in generale è un urlo di orrore, un immensa richiesta d’aiuto che da anni rimane inascoltata come i massacri in Ruanda, la pulizia etnica in Serbia, come ciclicamente è successo ai nativi americani, agli indios dell’Amazzonia, agli aborigeni australiani.

La storia non scritta di questo immenso olocausto parla di un popolo non-popolo (perché mai dichiaratosi tale),quello palestinese, cacciato sistematicamente dalle sue case, considerato stirpe inferiore dai sionisti, espropriato delle proprietà, con massacri,stupri,deportazioni e ogni sorte di violenza partendo dagli anni’30 e con il culmine nel periodo 1946-48.

Oggi assistiamo alla lenta agonia di Gaza, così come si è assistito negli anni 80 a massacri come Sabra e Shatila, con la stessa indifferenza con cui si segue un reality.

Eppure, nell’epoca della globalizzazione, è necessario parlare di un popolo soggetto all’apartheid sionista, con limitazioni su molteplici diritti, come il lavoro, l’istruzione, la proprietà, insomma il diritto alla vita, di esecuzioni sommarie ai check point, di bambini tradotti in prigione, di famiglie distrutte.

E’ doveroso narrare di mura altissime alzate a dividere due popoli che sino agli inizi del XX secolo vivevano pacificamente insieme. Si parli di lacrime di madri e padri che cercano i loro figli fra le macerie di un bombardamento. Del silenzio di bambini che hanno smesso di cercare oramai da tempo qualsiasi cosa. Di come le regole della Convenzione di Ginevra vengano ignorate.

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Si racconti di come i palestinesi vengono ricacciati costantemente nelle parti piu aride mentre, dove prima erano le loro città, ora ci sono località turistiche con nomi nuovi. È Necessario capire come due popoli vivano in costante terrore, di come i bambini ebrei siano invitati dai militari a scrivere il loro nome sulle bombe che verranno sganciate sulle scuole ed ospedali di Gaza.

Si conosca l’orrore di minorenni palestinesi che si fanno saltare in aria carichi di tritolo, facili prede di chi dal loro orrore trae profitto per la propria ideologia. Si tenga conto come quelli indicati come statisti e uomini politici siano stati, invero,mercanti di morte attraverso crimini verso l’umanità.

Si denunci come l’uso di armi non convenzionali sia stato largamente profuso in una guerra che vede il secondo esercito del mondo contrapposto all’intifada palestinese fatta di bastoni e pietre.

E’, ironia della sorte, la riedizione triste del racconto biblico tra il Davide palestinese e il Golia sionista, ma stavolta non c’è fionda che tenga, perché Davide soccombe sempre.

Solo se consideriamo le righe sopra scritte come fondamentali chiavi di lettura e capiamo il significato di esse riusciamo a capire come il tanto famigerato terrorismo palestinese non sia altro che la reazione disperata, ancorché errata, di un popolo seviziato, martoriato, prono nella speranza, distrutto nei sogni.

Vittima tre volte, dell’ingiustizia sionista e della sopraffazione ideologica islamica ma ancor di più dal silenzio dell’Occidente. E così all’ingiustizia sionista si aggiunge l’odio palestinese,in un circolo vizioso di morte e sopraffazione, paura e ipocrisia ,dove vittima e carnefice arrivano a scambiarsi  i ruoli, in un sadico gioco al massacro dove a pagare il prezzo maggiore sono i più deboli, donne, vecchi, bambini.

Il tutto sotto gli occhi indifferenti di USA e Europa e ONU e terreno fertile per il fondamentalismo islamico. Sempre più’ sprezzante Israele, ancora oggi, nonostante deboli contestazioni dell’UE e degli Usa,si accinge a costruire altri villaggi in terra palestinese e con la forza di chi sa di essere impunibile, chiama a rapporto i governi di quei paesi che hanno criticato tale scelta.

Ma dopotutto, si potrebbe pensare, cosa importa al resto del mondo di un non-popolo e del suo antagonista?

E’ il terzo errore che potremmo commettere, quello più grave, poiché ciò che accade da quasi un secolo a questa parte in quella parte del mondo, al di là dall’essere un‘immane tragedia di ingiustizia e violenza, è la peggior minaccia alla pace nel mondo, da quando cadde il Muro di  Berlino e con esso finì la Guerra Fredda.

La genesi di questo conflitto va raccontata senza perifrasi, anche laddove la verità è piu cruda e difficile da digerire. Perché Israele il suo diritto ad esistere l’ha ormai acquisito in forma pragmatica  e indietro non si può tornare, ma ha dalla sua il torto marcio di chi l’ha ottenuto con la violenza e la sopraffazione.

E ci vorranno decenni per ristabilire una sorta di giustizia, elemento essenziale affinché due popoli, quello palestinese e quello ebraico,in pari misura, trovino la pace,recuperino la conoscenza della vita. Percorso necessario, essenziale perché la storia dimostra che spesso non c’è miglior carnefice di chi è stato vittima.

E la storia è ciclica.

Fonte: pensolibero.it

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