Facebook: Un Magnifico Esperimento di Censura Privatizzata
La parola censura e’ un termine, splesso inflazionato, lo si sente in ogni contesto, più’ un termine viene ripetuto e più’ si finisce per non consideralo nemmeno
La frase, di impatto immediato, finisce per essere percepita spesso, come un fatto a se’, e vengono spesso trascurati i dettagli inerenti alla parola, un po’ come vedere il dito e trascurare la luna, quello che dovrebbe essere uno strumento che deve allertare le persone, finisce per sorbire l’effetto opposto e fare invece da deterrente ai fatti ed alla realtà’.
Tutto questo non significa eliminare il termine censura, dal vocabolario di chi scrive, pubblica in rete e nei giornali o comunica in televisione, ma, come ha fatto molto bene Roberto Pecchioli in questo bellissimo articolo, dare le giuste e dettagliate informazioni su quanto c’è’ di veramente importante dietro una semplice parola.
Toba60
Facebook: La censura privatizzata
La società aperta è sempre più chiusa. La democrazia cede il passo a un sinistro totalitarismo morbido. Facebook e Instagram hanno chiuso le pagine di Casapound, di Forza Nuova e decine di profili personali di esponenti di quei partiti.
Su Facebook il movimento della tartaruga frecciata conta ben 280 mila seguaci. Un’azienda privata ha privatizzato la censura. Siamo al punto in cui la libertà è in pericolo non per un colpo di Stato o per comportamenti dittatoriali delle istituzioni pubbliche, ma per la scelta di una singolo, potentissima azienda privata straniera.
Sul piano giuridico, vale l’obiezione delle vittime, ovvero che Facebook è uno strumento sostanzialmente pubblico, soggetto dunque alle leggi dello Stato. I fatti dimostrano il contrario. La legge, ovvero la censura che significa cancellazione dallo spazio pubblico la fa un giovin signore americano in maglietta grigia, Mark Zuckerberg. Tempo fa sostenevamo che erano in vista tempi durissimi per chiunque avesse osato sfidare il pensiero unico, la narrazione liberal liberista di orientamento progressista che domina il mondo, i cui alfieri, guarda caso, sono i giganti tecnologici di Silicon Valley. Quei tempi sono arrivati; le lamentele sono tardive, lo stupore è degli ingenui.
Zuckerberg infatti, oltre a diffondere, nel 2018, un manifesto politico assai preciso, di stampo liberal e mondialista, ha chiaramente affermato la volontà dell’azienda di monitorare ogni messaggio degli utenti, “censurare il giornalismo indipendente e utilizzare l’intelligenza artificiale (A.I.) per denunciare gli utenti alla polizia e alle agenzie di intelligence.” (fonte: controinformazione.info). Le dichiarazioni di Zuckerberg, intrise del consueto messianismo amerikano, furono agghiaccianti rispetto alla necessità di colpire il giornalismo indipendente, accusato di diffondere false notizie e messaggi di odio. “Noi abbiamo la responsabilità di amplificare il bene (!!!) e di prevenire i danni”, aggiungendo che stava lavorando a “nuove tecnologie di intelligenza artificiale per segnalare comportamenti sospetti attorno alle elezioni in tempo reale e rimuovere i contenuti terroristici.”
Le informazioni ammesse dall’insindacabile giudizio del privato, ma potentissimo cittadino americano Mark Zuckerberg sono quelle provenienti “da fonti ampiamente affidabili e di alta qualità, al fine di contrastare la disinformazione e la polarizzazione”. Traduzione: pubblicheranno soltanto ciò che proviene dalle grandi agenzie di stampa, dalle televisioni e dai giornali mainstream, guarda caso, posseduti al 95 per cento dai colossi multinazionali. Essi divulgano la verità ufficiale ad uso del popolo bue e consumatore, non diversamente dalla Pravda di sovietica memoria.
Facebook e il suo creatore hanno quindi ammesso, come Google, altro gigante della rete, di lavorare in stretta collaborazione con il sistema di intelligence di alcuni governi, innanzitutto di quello americano. Se fino a ieri FB e la rete avevano permesso a milioni di utenti di accedere a notizie e punti di vista ignorati dai media ufficiali, da oggi non è più così. Vale esclusivamente la narrativa di lorsignori e le piattaforme tecnologiche si rivelano per quello che solo alcuni – prontamente tacciati di paranoia e complottismo – avevano intuito: i più potenti, sofisticati, perfezionati mezzi di controllo, censura e repressione della storia umana.
La rete, sviluppatasi come formidabile strumento di apertura, liberazione e conoscenza, si sta convertendo in un meccanismo di polizia e capillare controllo sociale. In Italia, il giro di vite è arrivato, significativamente, nei giorni in cui un’operazione di palazzo volta alla restaurazione del potere delle oligarchie ha riportato al governo il Partito Democratico, il cui nome è il più grottesco ossimoro della politica nazionale.
A livello legislativo, le norme repressive esistono e non c’è dubbio che verranno utilizzate senza risparmio Le false notizie (fake news) attribuite ai dissidenti sono già usate con sovrana disinvoltura dalla stampa di sistema. Il titolo di Repubblica sulla manifestazione di Montecitorio degli oppositori del governo PD- M5S è significativo: Rabbia nera contro il Conte bis. Sono state pubblicate senza vergogna vecchie foto di persone che fanno il saluto romano. Insomma, chi è contro il regime, chi non crede al pensiero unico, è fascista, quindi escluso non solo dallo spazio pubblico, ma tout court dal consorzio umano Colpirlo, censurarlo, processarlo è dunque un atto di civiltà, di democrazia, di difesa della società aperta, tollerante, progressista.
Non osiamo pensare a quali reazioni avrebbe scatenato la nomina di un prefetto (la dottoressa Lamorgese) a ministro dell’Interno in un governo di segno diverso. Avrebbero, per una volta, detto il vero: siamo entrati in uno Stato di polizia Il suo nemico è la maggioranza del popolo italiano. Dall’alto, da Silicon Valley, è arrivato un “aiutino”, con l’oscuramento di Casapound e Forza Nuova.
Un magnifico esperimento di repressione totalitaria in corpore vili. Chi, infatti, difenderebbe la libertà di quei piccoli sgradevoli movimenti di ultradestra? La libertà, tuttavia, non si perde in un colpo solo. E’ un processo a fuoco lento, come la bollitura della rana, che si avvede del pericolo quando è troppo tardi. Che dicono della censura privata di Mark Zuckerberg i progressisti di sempre, quelli che con la mano sul cuore e il ciglio bagnato affermano di difendere ogni libertà e diversità? Accetteranno di buon grado, fregandosi le mani, la censura imposta all’avversario. In fondo la meritava, penseranno, invocheranno ragioni “morali” in un tempo che è insieme immorale e amorale, inviteranno a distinguere, infine troveranno riparo nel solito antifascismo.
Il problema è che fascista è ormai un’accusa che può raggiungere chiunque per un motivo qualsiasi. Sta diventando sinonimo di dissidente, oppositore del sistema. Troppa grazia. Del resto, non risulta che la censura di Facebook colpisca contenuti carichi di odio, di violenza e di minaccia provenienti dall’estremo opposto dell’arco politico. Nessuno stupore. Il nemico non sta da quella parte, ma da quella di chi esprime principi realmente incompatibili con la vulgata liberal progressista.
Che fare, dunque? Esclusa l’opzione di abbandonare il campo, occorre resistere, resistere, resistere. Innanzitutto mostrando coraggio e determinazione, poi utilizzando un linguaggio scevro da esagerazioni ed esasperazioni, evitando attacchi personali e ovviamente insulti. I finti leoni da tastiera, convinti di essere protetti dall’anonimato, sappiano che ogni post è registrato, elaborato e, se è il caso, segnalato. Riferiamoci sempre alla protezione che la Costituzione assegna al libero pensiero. Privilegiamo la forza dei contenuti e la logica delle argomentazioni. Non basterà, probabilmente.
Presto forse dovremo abbandonare la rete, non più strumento di libertà, per tornare ai samizdat come nell’URSS, i fogli affidati alle mani di amici coraggiosi, o alle riunioni clandestine. Del resto, Zuckerberg è stato chiaro: la sua missione è diffondere “il bene”, dunque noi e molti altri siamo il Male e, si sa, contro il male ogni mezzo è ammesso. Nulla di nuovo, comunque. Fu Karl Popper, il gran teorico della società aperta, ad affermare che ai suoi avversari doveva essere negata quella libertà che è l’orgoglioso simbolo del sistema.
Premesso che consigliamo di chiudere con Facebook, Instagram e con gli altri social media– abbiamo vissuto senza problemi in loro assenza – ci sentiamo di dare un avvertimento a coloro che si sentissero al sicuro. Oggi tocca a Casapound e Forza Nuova: comincia sempre così, colpendo chi è debole e antipatico, ma il meccanismo non si arresterà. State in guardia, reagite: se non domani, dopodomani toccherà anche a voi. Siete ostaggi del signor Zuckerberg e di pochi altri. La complicità delle istituzioni pubbliche farà il resto. Sappiatelo: la macchina della censura, nella sua inedita forma tecnologica e privatizzata avanzerà inumana, indifferente, a colpi di algoritmi. Colpirà, travolgerà, schiaccerà. Anche tu che leggi, non sei affatto al sicuro. Ma tutto è a fin di Bene: lo ha detto Mark Zuckerberg.
Roberto Pecchioli
Fonte: https://www.ariannaeditrice.it/