Elezioni ucraine: Poroshenko perde, il regime sopravvive
Chiunque abbia seguito sui media occidentali le elezioni presidenziali ucraine negli ultimi giorni ha dovuto compiere un complicato equilibrismo. In quale altro modo potreste spiegare la conclusione del presidente Poroshenko a un lettore fiducioso del New York Times o del Washington Post, nonostante il presidente fosse proclamato eroe negli Stati Uniti e nell’UE per il ruolo nella “rivoluzione” di Maidan del 2014? Poroshenko otteneva solo il 15,96% delle votazioni e molti elettori espressero apertamente dubbi sulla sua capacità di arrivare al secondo turno. Come poteva il comico televisivo Vladimir Zelenskij superare Poroshenko di quasi 15 punti percentuali (30,4%) dopo la presunta guerra “eroica” di Poroshenko contro “l’aggressione russa”? E come poteva Julija Tymoshenko, “imprigionata da quel truffatore filo-russo del presidente” Viktor Janukovych dal 2012 al 2014, finire terza con solo il 13,4%, dopo due anni di carcere e una lotta attiva contro ciò che chiama “aggressione russa” nell’est dell’Ucraina?

Il verdetto degli elettori
La verità è che mentre il risultato finale delle elezioni ucraine non è ancora stato reso pubblico, la bancarotta morale, politica ed economica del crudo regime nazionalista stabilitosi in Ucraina col golpe di Maidan del 2014, è chiara a tutti. Questo articolo dimostrerà che anche i media occidentali lo riconoscono indirettamente. Solo le fonti occidentali e ucraine saranno utilizzate per dimostrare due verità devastanti sulla violenta “rivoluzione della dignità” in piazza Maidan a Kiev, che Stati Uniti ed UE sostennero apertamente nel 2014. Ecco i fatti che anche la stampa occidentale riconosce. Prima di tutto, negli ultimi cinque anni di riforme guidate dal FMI, l’Ucraina è diventata la nazione più povera d’Europa (come riporta Der Spiegel ); in secondo luogo, Maidan dava origine alla “più sporca e vergognosa” corsa presidenziale nella storia dell’Ucraina indipendente (come Bloomberg fu costretta ad ammettere, dopo anni di lodi alla “rivoluzione della dignità”). In effetti, l’occidente stesso ha già “condannato” il regime di Petro Poroshenko. Stati Uniti ed UE non sono disposti ad ammettere la loro responsabilità sul disastro in corso, preferendo parlare di “aggressione” russa nel Donbas (la cui popolazione di lingua russa è stata descritta con affetto come “subumani” dal primo Premier post -Maidan ucraino Arsenij Jatsenjuk). Il secondo argomento preferito dei media occidentali è l’”occupazione” della Crimea (il cui status autonomo in Ucraina doveva essere eliminata dai membri di estrema destra del governo ucraino post-Maidan, subito dopo aver preso il potere nel 2014).

La nazione più povera in Europa
Il crollo economico dell’Ucraina è evidente a tutti. È così indiscutibile che il presidente Petro Poroshenko non osò nemmeno sollevare la questione dell’economia durante la sua campagna, preferendo concentrarsi sul suo confronto con la Russia. “La vera scelta che gli elettori devono fare è tra me e Putin”, disse Poroshenko al culmine della sua campagna, offrendo la scelta piuttosto sconcertante: “O Poroshenko o Putin”, uno slogan stampato in milioni di manifesti, pubblicità in TV e giornali. L’alternativa di Poroshenko era così assurda che persino Euronews decise di pubblicare un commento di Elena Bondarenko, giornalista anti-Maidan ed ex-deputata del parlamento ucraino (durante l’amministrazione del tanto caluniato Viktor Janukovych, il presidente estromesso da Maidan), citando Bondarenko su facebook: “Putin sa che andrà al governo a marzo?” Ma naturalmente Euronews si astenne dall’intervistare Bondarenko, le cui opinioni contrastano con la narrativa occidentale sull’Ucraina. Durante la breve visita a Mosca, Bondarenko condivise col sottoscritto le opinioni sulle ragioni dell’impoverimento economico dell’Ucraina. “L’economia ucraina viene distrutta non solo dalla corruzione, come riportano i media occidentali, ma anche dall’isolamento autoimposto di Kiev dal tradizionale mercato russo. Questa disgrazia si è autoinflitta, poiché è stata Kiev a dichiarare la Russia Paese ostile imponendo sanzioni prima, molto prima che la Russia reagisse”, aveva detto Bondarenko. “Contrariamente alle promesse di Poroshenko, l’accordo di associazione coll’UE non compensava il mercato russo perso per l’Ucraina. In effetti, le esportazioni ucraine verso l’UE sono diminuite del 36% nel primo anno dalla destituzione di Janukovich”. L’amara valutazione di Bondarenko sullo stato dell’economia ucraina è corroborata non solo dai dati del ministero dello Sviluppo economico ucraino, ma perfino dal Washington Post, giornale, una volta entusiasta di Maidan, che riferiva del crollo della valuta ucraina (hryvna) da 8,2 per dollaro (sotto il tanto criticato Janukovich) a 25,3 ad appena un anno dall’esposizione dell’Ucraina di Poroshenko ai “giovani riformatori”. Tale flessione rispecchiava la recessione dell’economia ucraina dopo che esseri “staccata” dalla Russia, facendo precipitare il PIL ucraino del 6,8% nel 2014 e del 9,8% nel 2015, secondo Reuters.

Giovani riformatori e vecchia politica estera
Immediatamente prima delle elezioni, alcuni media occidentali tentavano disperatamente di riabilitare i “giovani riformatori” del governo di Arsenij Jatsenjuk (la maggior parte dei quali non erano cittadini ucraini e furono licenziati da Poroshenko dopo le lotte per la corruzione nel 2015-2017). Bloomberg strombazzò l’inclusione dell’ex-ministro dell’economia di Jatsenjuk, il banchiere lituano Aivaras Abromavicius, come parte della squadra del candidato Vladimir Zelenskij, vedendo in questo un segnale che Zelenskij avrebbe combattuto il presunto “vecchio sistema”. Zelenskij, un commediante ucraino di lingua russa , ha sopravvanzato Poroshenko nei sondaggi iniziando ad ottenere buona stampa negli Stati Uniti e nell’UE dopo aver promesso lealtà totale a Washington e Bruxelles diverse settimane prima delle elezioni. Ora Zelenskij è visto da Politico (per esempio) come valida alternativa a Poroshenko, semplicemente perché Zelensky (a differenza di Poroshenko) non si vergogna a parlare in pubblico in russo, lingua madre del 36-40% della popolazione ucraina. Il fatto che Zelenskij non abbia nemmeno promesso di cambiare la disastrosa politica anti-russa del regime post-Maidan è generalmente trascurato dai giornali di Stati Uniti ed UE. Tuttavia, senza abbandonare la posa di Poroshenko per l’adesione a NATO ed altre alleanze anti-russe, semplicemente non sarà possibile porre fine a ciò che Kiev chiama “guerra con la Russia”: l’operazione militare quinquennale dell’Ucraina nelle regioni ribelli di Donetsk e Lugansk, generalmente note come “regioni di lingua russa del Donbas”. (La Russia non considera questa azione militare una guerra coll’Ucraina, chiamandola invece guerra civile ucraina attribuendo al colpo di stato di Maidan l’escalation delle divisioni politiche tra Ucraina orientale e occidentale, precedentemente risolta dalle elezioni, con un bagno di sangue tra persone che andavano a scuola insieme e cittadini dello stesso Paese). Quindi, Zelensky non suggerisce realmente una soluzione al “problema della guerra”. La fine delle ostilità nel Donbass è vista come massima priorità dalla maggioranza dell’elettorato ucraino, come conferma Reuters negli articoli dalle aree devastate dalla guerra in Ucraina. Quindi, le speranze di pace degli ucraini saranno molto probabilmente deluse anche dal candidato Zelenskij.

Volodymyr Zelenskiy
Guerra sancita da leggi
Anche se Poroshenko lascia la carica, la sua eredità impedirà all’Ucraina di porre fine alla guerra, frutto dell’espansione verso est della NATO lanciata da Washington e Bruxelles a metà degli anni ’90, senza il consenso di Mosca, come giustamente ammette Counterpunch. E durante il mandato di Poroshenko, il percorso dell’Ucraina verso l’adesione ad UE e NATO fu sancito nella sua costituzione, nonostante la Russia non abbia fatto mistero della posizione secondo cui l’ingresso dell’Ucraina nella NATO sarebbe la “linea rossa” per Mosca. Quindi, anche se adottiamo l’opinione occidentale secondo cui la guerra è in realtà tra Ucraina e Russia, Poroshenko ha fatto di tutto per farla durare il più a lungo. Nel 2018, il parlamento ucraino, guidato dalla fazione di Poroshenko, adottò quella che è nota come legge sulla disoccupazione del Donbas, che indica la Russia come “aggressore” e rende impossibile all’Ucraina rispettare gli accordi di pace firmati da Poroshenko e dai rappresentanti del Donbass resi pubblici a Minsk nel febbraio 2015 (e chiamati “Accordi di Minsk”). Quindi perché, dopo aver adottato tale legge, l’Ucraina non può onorare i propri impegni nel quadro degli accordi di Minsk? Perché la nuova legge sulla disoccupazione rende l’amnistia ai ribelli e lo status speciale per il Donbas impossibili, nonostante costituissero il nucleo degli accordi di Minsk nel 2015. The Economist osservava che la legge sulla disoccupazione faceva “infuriare” la Russia. Ovviamente, se qualcosa “fa infuriare” una parte in un conflitto e tu sei intermediario o benevolo osservatore del conflitto, dovresti respingere tale “qualcosa”. Non così per l’Economist: in realtà elogiò la legge, dicendo che “chiamava un bullo col suo nome”. Questo particolare evento espone il problema: l’Economist e la stragrande maggioranza dei media occidentali non sono osservatori benevoli. Erano dalla parte di Kiev fin dall’inizio del regime post-Maidan, e non per amore per l’Ucraina, ma piuttosto per odio di qualche entità malvagia che chiamano “Russia di Putin”, ma che in realtà è solo la Russia, pura e semplice.

Copertura occidentale: i fatti smentiscono la narrativa
Ora, mentre l’elezione ucraina mostra tutta la portata dell’impoverimento dell’Ucraina e il degrado delle sue istituzioni politiche, le incongruenze appaiono nella narrativa della stampa occidentale sull’Ucraina. In effetti, i lettori attenti dei media occidentali sull’Ucraina potrebbero provare lo stesso shock di quelli vissuti dai credenti al “russiagate” dopo aver letto le conclusioni del rapporto Mueller. Era solo bugia, come giustamente affermava American Conservative. I fatti (impoverimento e corruzione dell’Ucraina, elezioni presidenziali sporche e antidemocratiche, riluttanza di Kiev a volere la pace nel Donbas e provocazioni contro la Russia), sono semplicemente incompatibili con la narrativa dei media occidentali sui simpatici giovani riformatori che combattono contro il “vecchio sistema”, che è in qualche modo costantemente rinvigorito dalla Russia. Dopo il primo turno elettorale in Ucraina, i buchi della narrativa occidentale sono ora semplicemente impossibili da nascondere. Fu la paura di Poroshenko del “tradimento” occidentale che rivelò, per esempio, i collegamenti sconvenienti tra élite ucraina post-Maidan e l’ambasciata statunitense, ancora guidata dalla nominata di Obama Marie Yovanovitch, e dallo scandalo che ne conseguì. In un’intervista con Hill, il procuratore generale dell’Ucraina Jurij Lutsenko rivelò che durante un incontro personale, Yovanovitch gli diede una lista di persone della dirigenza ucraina che viste dagli Stati Uniti come alleati e che non dovevano essere perseguite in alcuna circostanza. Ecco una citazione di The Hill: “Sfortunatamente, dal primo incontro coll’ambasciatrice statunitense a Kiev Yovanovitch mi diede una lista di persone che non dovremo perseguire. La mia risposta fu: è inammissibile. Nessuno in questo Paese, né il nostro presidente né il nostro parlamento né il nostro ambasciatore, mi impediranno di perseguire un crimine”, aveva detto Lutsenko nell’intervista a The Hill!. Il dipartimento di Stato degli Stati Uniti definì l’affermazione di Lutsenko di aver ricevuto la lista di intoccabili “pure invenzione”, ma il gatto era fuori dal sacco.

L’influenza degli Stati Uniti sul regime post-Maidan era da tempo sospettata e, per la maggior parte degli ucraini, la dichiarazione di Lutsenko era la “rivelazione” di un “segreto” di Pulcinella. Quindi, come il think tank polacco Nowa Europa Wschodnia chiede recentemente, qual era lo scopo di Maidan, che l’Ucraina fosse più povera e corrotta che non con Janukovich? La risposta è semplice: il suo obiettivo era rendere l’Ucraina ostile alla Russia, in uno stato di costante confronto e coinvolta in un conflitto latente con una gran parte della propria popolazione. Tale obiettivo fu raggiunto grazie agli sforzi congiunti di Stati Uniti, Unione europea ed ultra-nazionalisti ucraini. E questa elezione non offre alcuna speranza di cambiare la situazione presto. L’elezione ha semplicemente esposto tale terribile stato di cose, perfino ai media occidentali.
Fonte: Aurorasito