Gli spazzini delle notizie sono dei falsi media alternativi e autentici parassiti che non illuminano ma succhiano energia
Phil BROQ da anni è un ospite fisso della nostra testata editoriale e ci troviamo spesso (Non sempre) in sintonia sugli argomenti trattati vivendo in prima persona una realtà parallela ai più sconosciuta da gran parte degli utenti che ci seguono (E grazie al cielo che lo fanno) perché senza di loro il nostro destino porterebbe ad un oblio legato strettamente ad una informazione che latita sempre più ogni giorno che passa.
Lavoro sino a 12 ore al dì, gestisco un portale che implica competenze che spesso esulano dalle mie capacità, ho scritto 4 libri e sono nel mezzo del 5 che spero possa essere pronto in primavera, la mattina quando mi alzo dico la mia su tematiche che possono variare in base agli argomenti all’ordine del giorno, rispondo ad ogni mail che ricevo e vivo nella consapevolezza di dover essere corretto sino in fondo nei confronti di chi accede sul sito e di non lasciarmi condizionare da una emotività intellettuale che non deve pregiudicare i fatti per quelli che sono.
Ogni intermediazione poi avviene sovente attraverso i social che sono un contenitore seriale spesso in balia di parassiti che da ogni notizia estrapolano il peggio di ogni suo contenuto e finiscono per condizionare e manipolare un utenza che da portavoce di una controtendenza sempre più di moda finisce per fare il gioco di chi da questa sta devastando il mondo intero.
E’ consuetudine che chi critica e contesta un servizio su questi contenitori sovente nemmeno lo ha letto, (Abbiamo delle postazioni apposite con cui monitoriamo ogni utente che entra) ma poggia ogni sua ragione di esprimere un opinione unicamente sulla base del contenuto del titolo in prima pagina, oltre il 90% degli utenti si fa un quadro della notizia dopo aver stazionato all’interno di un articolo non andando oltre 1700 caratteri del testo , senza considerare gli allegati i quali sono fondamentali per avere un quadro preciso del loro contenuto.
I gestori dei social i quali stabiliscono quello che va pubblicato raramente verifica quello che immette e confida nell’audience che deve essere alto in quanto il solo valore da prendere in considerazione è quello numerico che sommato ai Like decreta la riuscita di un qualcosa che con l’informazione in sé non ha nulla a che vedere.
L’utente finale si illude di conoscere tutto e finisce per essere in balia di una controinformazione con cui si indentifica in pieno sino a rifiutare a priori quanto non corrisponde alla linea editoriale di chi questa la gestisce e che pone innanzi a loro occhi tutti i santi giorni.
Ecco che un informazione curata nei minimi dettagli finisce nel dimenticatoio solo per il fatto che chi la pubblica non è in sintonia con il guru digitale di riferimento
I no-vax adesso si sono ora divisi tra Putiniani e Trumpiani, sulla politica gender o meno, sulla linea dura o morbida da parte delle istituzioni nei confronti degli immigrati, finendo per perdere il senso reale ed oggettivo su cui regge ogni argomento trattato che non va mai ricercato unicamente da ciò che viene posto innanzi a loro, ma da una presa di posizione che deve essere autonoma e sulla base di uno sforzo intellettuale che non deve mai essere delegato al caso o per conto terzi.
Prestate bene attenzione ora a questo atto introduttivo che merita di essere seriamente preso in considerazione, i fatti odierni slegati tra loro non fanno altro che confondere l’opinione pubblica e sviare dalla sola cosa che può incidere sul corso degli eventi, la cronaca attuale verte in questo momento sulla guerra in Palestina o in Ucraina e si focalizza ogni interesse su tutte quelle iniziative politiche che ruotano attorno a questi episodi e ci si dimentica che solo un ruolo attivo e mirato può cambiare l’ordine delle cose.
Manifestazioni oceaniche come quelle in corso attualmente servono a poco o nulla se non modificare in corso d’opera un progetto criminale che comunque vada seguirà sempre il suo corso, come si può pensare che basti premere un interruttore e dichiarare la pace dopo che i diretti interessati hanno perso figli, moglie o mariti, lavoro, casa, ed ogni bene di prima necessità unitamente ad una propria identità sociale priva oramai di ogni significato e per mano di chi ha messo in moto un genocidio annunciato quanto prevedibile da tempo ( Mettetevi per una volta al loro posto)
La causa di tutto questo siamo noi con la nostra indifferenza le nostre scelte sbagliate il nostro modo di intendere la vita, il mancato coraggio di perdere per una volta il privilegio di essere sempre un gradino sopra gli altri e di considerare le priorità che vanno eseguite per portare avanti un progetto che a giudicare da come le masse si comportano non hanno molto ben chiaro.
Se non vuoi la guerra devi fare terra briciata su chi la desidera senza tanto ascoltare le voci di chi si preoccupa tanto delle sue conseguenze, (Come se un conflitto mondiale fosse meno traumatico) chi legifera nei rispettivi governi sono responsabili diretti e vanno estirpati dal ruolo di carnefici che hanno consolidato negli anni, poi si deve inevitabilmente uscire da quella istituzione criminale chiamata unione europea e la sua scellerata congrega di strutture economiche e finanziarie che stanno strozzando il pianeta.
E’ inutile girarci attorno, sono li, hanno un nome ed un cognome e fanno tutto quello che vogliono perché noi siamo tutti concentrati su un conflitto che fa dimenticare quello che abbiamo sotto casa, in Congo nel silenzio totale più assoluto sono morte negli ultimi 30 anni oltre 10 milioni di persone (Sterminio che continua ancora adesso) una guerra necessaria per usufruire del Coltan delle loro miniere, componente necessario per costruire quel coso in plastica e silicio che il mondo intero tiene in mano e fa apparire il genocidio in Palestina alla stregua di una lite condominiale e che dire degli Auguri che non è una pubblicità natalizia, ma un popolo di 19 milioni di persone che in Cina è in massa internato presso campi di concentramento dove le esecuzioni capitali sono all’ordine del giorno e che in confronto le camere a gas naziste erano un vero toccasana e potrei andare avanti giorni per porre alla vostra attenzione tutte le lotte armate che accadono nel mondo.
Il significato del testo sottostante è tutto concentrato in una semplice equazione che non è propriamente matematica ma verte sulla sola cosa che da decenni si è affievolita sino a scomparire del tutto, ed è il superamento di quella barriera che sembra di questi tempi invalicabile la quale separa coloro che fanno qualcosa di concreto con una sua ragione di essere e quelli che si limitano solo a protestare.
Toba60
Siamo tra i più ricercati portali al mondo nel settore del giornalismo investigativo capillare ed affidabile e rischiamo la vita per quello che facciamo, ognuno di voi può verificare in prima persona ogni suo contenuto consultando i molti allegati (E tanto altro!) Abbiamo oltre 200 paesi da tutto il mondo che ci seguono, la nostre sedi sono in Italia ed in Argentina, fate in modo che possiamo lavorare con tranquillità attraverso un supporto economico che ci dia la possibilità di poter proseguire in quello che è un progetto il quale mira ad un mondo migliore!
Gli spazzini delle notizie sono dei falsi media alternativi e autentici parassiti
Bisogna porre fine a questa farsa grottesca, a questo carnevale di pseudo-resistenza mediatica in cui si agita, travestita da paladina della verità, una coorte di avvoltoi digitali. Avvolti nei panni dell’«alternativo», questi siti proliferano come muffa sul pane raffermo, gridando contro la propaganda dei media mainstream mentre praticano, senza la minima vergogna, la più cinica delle truffe intellettuali. Questi falsi media non sono voci, sono specchi deformanti, dispositivi per sottrarre la luce agli altri. Il loro modello si basa sul furto di attenzione, questa nuova moneta del web che raccolgono come broker di influenza.

È quindi necessario comprendere che gli autori indipendenti hanno più che mai bisogno di vetrine sane, rispettose e trasparenti per diffondere i loro messaggi al di là della ristretta cerchia degli addetti ai lavori. E queste piattaforme dovrebbero essere spazi di scambio autentici, dove il libero pensiero possa circolare senza distorsioni né sfruttamento. Tuttavia, in questo panorama minato, sono rare quelle che osano riconoscere il giusto valore del lavoro di scrittura.
La maggior parte di loro retribuisce in modo minimo quando lo fa questo lavoro di fondo, questa lotta quotidiana contro l’indifferenza e la precarietà. Gli autori si ritrovano spesso a cedere il loro sapere a prezzi irrisori, se non addirittura gratuitamente, sacrificando la loro sopravvivenza economica a favore di una visibilità illusoria. Senza un quadro equo, senza un giusto compenso, questa precarietà uccide la creatività, riduce il pensiero a una fragile moneta di scambio e condanna lo scambio intellettuale a essere solo un teatro delle ombre.
L’arte del saccheggio mascherato
Smettiamola una volta per tutte di chiamarli “media alternativi”. Perché non sono altro che aggregatori, riciclatori, venditori di informazioni. Non producono nulla, non indagano su nulla, non analizzano nulla. Non c’è traccia di pensiero personale, né il minimo sforzo di sintesi, né il più piccolo filo conduttore nelle loro colonne. Non illuminano, ma succhiano energia.
I loro contenuti sono articoli di altri, di autori reali, di persone che corrono dei rischi, che approfondiscono, che scrivono, ma che vengono saccheggiati, copiati, ritagliati, a volte appena parafrasati grazie all’intelligenza artificiale, e soprattutto ripubblicati come un buffet freddo servito a lettori creduloni, in cambio di un’offerta, un abbonamento o la sempiterna elemosina digitale basata su “Sostienici” o “Finanzia l’informazione libera”, osano dire. Libera? Non liberata, ma piuttosto usurpata. Perché questi siti cosiddetti di “ri-informazione” saccheggiano con l’ascia i flussi RSS, rigurgitano interi paragrafi senza nemmeno leggerne il significato, distorcono le parole chiave, sabotano l’indicizzazione dell’autore originale. In questo sistema, il parassitismo diventa algoritmico, meccanico e perfettamente rodato.
La distruzione di ciò che sfruttano
E nel frattempo, che ne è degli autori? Questi scrittori indipendenti, spesso isolati, che dopo settimane di ricerca, analisi e scrittura pubblicano in fretta e furia, senza rete di sicurezza né sostegno, con l’illusione che un lavoro onesto finirà sempre per trovare il suo pubblico. Ma questo pubblico non lo raggiungono, perché viene catturato, risucchiato, dirottato da queste piattaforme rapaci. Per mancanza di tempo, per mancanza di mezzi per rilanciare, diffondere, mantenere il legame con i loro lettori, gli autori vengono emarginati dallo stesso sistema che alimentano. E il risultato è tanto crudele quanto assurdo, poiché sono i siti aggregatori, sterili ma onnipresenti, a raccogliere il riconoscimento, le donazioni, gli abbonamenti, mentre coloro che producono la materia prima, le idee, le analisi, muoiono nell’ombra, invisibili e rovinati.
Questi siti si fanno un nome, una reputazione, a volte persino una reputazione di autorità critica, sulle spalle di coloro che sfruttano. Centralizzano i flussi di attenzione e li incanalano verso le proprie casse, privando gli autori di qualsiasi forma di retribuzione diretta. Peggio ancora, li rinchiudono in un circolo vizioso di invisibilità, dove l’autore non è altro che un fornitore di materia grigia a basso costo, se non addirittura gratuito, il cui nome svanisce sotto il logo del sito che lo parassita. Sfruttano la generosità dei lettori come borseggiatori di coscienza, perché sanno perfettamente che il cittadino disilluso vuole sostenere un giornalismo coraggioso, quindi tendono il cappello al suo posto, con un logo contestatario e tre articoli aspirati dal sito dell’autore senza alcuna forma di consenso e tanto meno di ringraziamento.
L’ipocrisia militante
Questi pseudo-resistenti del web hanno un solo obiettivo: il loro! Quello del loro portafoglio. Con il pretesto di combattere l’egemonia mediatica, ne costruiscono una loro, come un piccolo impero sulle rovine dell’etica giornalistica. Non vivono delle loro idee, vivono delle vostre, delle nostre. Della nostra penna, delle nostre analisi, delle nostre indagini, che rattoppano con un “copia e incolla”. E osano, con un’arroganza degna dei peggiori “editocrati” che pretendono di denunciare, porsi come difensori della verità. E mentre questi falsari incassano i profitti, le penne che li nutrono chiudono i loro taccuini, abbandonano i loro blog, riprendono un lavoro alimentare per mancanza di donazioni o di sostegno finanziario, ad esempio acquistando i loro libri. E il vero contenuto muore alla fonte, sostituito da rumore riciclato.
Ma non facciamoci ingannare, perché queste persone, questi gestori di siti cosiddetti “alternativi”, non valgono più di quelli che accusano. Peggio ancora, tradiscono consapevolmente sia i loro ascoltatori che i loro autori. Tradiscono la causa stessa che rivendicano. Perché mentre loro incassano, i veri giornalisti, gli autori integri, i guardiani del pensiero, non ricevono assolutamente nulla dei dividendi recuperati grazie al loro lavoro. Neanche un centesimo. Neanche un riconoscimento. Solo silenzio, oblio o disprezzo. E spesso l’amara certezza di aver nutrito la bestia che li divora.
La loro retorica è calibrata sull’antisistema, l’antisemantica, l’anti-tutto! Tuttavia, essi imitano la critica, ma non producono mai alcun pensiero. Ripetono a pappagallo l’indignazione degli altri e si credono pensatori. Sono come pappagalli travestiti da profeti.

Quindi no, non sono media alternativi, sono parassiti. Editori senza scrupoli, travestiti da risvegliatori di coscienza. E la loro proliferazione non è segno di una nuova vitalità mediatica, ma sintomo di una corruzione strisciante, di un cinico opportunismo che si arricchisce sulle rovine della verità, mentre le voci autentiche si spengono, soffocate dal frastuono.
La lotta per un’informazione libera, critica ed esigente merita di meglio di questi venditori di fumo. Merita che gli impostori siano chiamati con il loro vero nome. Merita che si smetta di confondere l’alternatività con la contraffazione. È ora di chiudere loro i rubinetti. Di non tollerare più che la scrittura sia sfruttata come una materia prima senza valore. È ora che gli autori esigano riconoscimento e compenso per il loro lavoro. Ma è anche ora che i lettori imparino a distinguere la fonte della simulazione, perché la verità non nasce dal plagio.
La compiacenza alimenta la bestia
Perché ovviamente questo meccanismo non esisterebbe senza la tacita compiacenza del pubblico. Ed è proprio il lettore che, troppo spesso distratto o di fretta, clicca, condivide e si abbona, a volte anche con fervore e buona coscienza, senza mai interrogarsi sulla fonte, senza mai chiedersi da dove provenga realmente ciò che legge, né a chi offre la sua attenzione, il suo denaro e la sua fiducia. Rifiutandosi di cercare l’autore, scegliendo la copia comoda piuttosto che l’originale impegnativo, il lettore diventa quindi un anello attivo di questo saccheggio. Non subisce il sistema, lo convalida, lo alimenta e lo diffonde. Perché ogni clic concesso a questi falsari è un soffio strappato a una voce autentica. Ogni euro versato a queste piattaforme è una moneta rubata all’autore che esse sfruttano. Ogni condivisione meccanica, ogni “like” impulsivo è un’altra palata gettata sulla tomba dei veri pensatori di questo mondo.
Sostenere l’informazione libera non significa finanziare ciò che è più visibile, più rumoroso, più algoritmico. Significa innanzitutto fare uno sforzo di discernimento, rifiutare l’illusione dell’alternativa fabbricata e andare a cercare il pensiero là dove nasce, non là dove viene sfruttato, masticato e risputato per alimentare l’ingranaggio mediatico. E se l’autenticità va meritata, la verità va cercata… Ma la libertà non si consuma, si difende!
Rompere la catena dell’usurpazione
È giunto il momento di riprendere possesso del territorio del pensiero dissidente. Di porre fine a questo sinistro banchetto in cui i parassiti del saccheggio organizzato si ingrassano senza vergogna. Gli autori devono finalmente alzarsi in piedi e rivendicare a gran voce il loro diritto di essere citati, riconosciuti e soprattutto retribuiti. Che rifiutino la cancellazione dei loro nomi, la vergognosa diluizione del loro lavoro nella massa informe di questi siti che vivono di donazioni mensili senza mai pagare la merce che vendono. È ora che denuncino, nominalmente e pubblicamente, questi ladri di contenuti, senza più alcuna compiacenza e senza mezze misure. I lettori hanno il diritto di sapere chi pagano e perché.
Perché questa battaglia non potrà essere vinta senza che i lettori stessi si assumano le proprie responsabilità. Che imparino nuovamente a cercare la fonte, a leggere alla radice, a sostenere direttamente le voci che meritano davvero di essere ascoltate. Che valorizzino il tempo lungo, il pensiero esigente, l’analisi rigorosa, la libertà di parola, perché questa ricchezza rara e costosa non si può acquistare a buon mercato.
Questi lettori avidi, sempre pronti a commentare con condiscendenza, a correggere una virgola o a decretare ciò che è “scritto male”, sono i primi a non produrre nulla, a non sostenere nulla e, soprattutto, a non acquistare mai un solo libro. Con il pretesto di essersi abbonati, pensano di aver “fatto la loro parte”… Hanno messo “mi piace” e alcuni hanno persino speso meno di 5 € al mese! Il che li assolve da ogni altra forma di impegno.

La verità è che stanno sfruttando un ecosistema fragile, basato sulla passione, sul sudore e spesso sulla precarietà di coloro che ancora scrivono liberamente. Anche loro vogliono essere “consapevoli, critici, dissidenti”, ma sono solo consumatori passivi, a volte persino sprezzanti, che si servono senza mai costruire nulla. Come parassiti travestiti da sostenitori.
Chiedetevi ora: che interesse ha un autore a continuare ad alimentare queste piattaforme che si riempiono di contenuti senza mai restituire nulla? Che pubblicano per lettori avari, ingrati, pronti a criticare ma incapaci di spendere 20 euro per un libro! È davvero necessario continuare ad arricchire siti diventati discariche di clic per consumatori passivi e arroganti?
Per riassumere
Continuando a gettare perle a questi maiali digitali, l’autore si esaurisce mentre i parassiti se ne vanno in giro a pavoneggiarsi. Perché mentre i clic si accumulano e le donazioni affluiscono, non sono i creatori ad essere sostenuti, ma questi intermediari di contenuti, questi sfruttatori del pensiero altrui, che si nutrono dell’intelligenza senza mai contribuire ad essa. È un’economia del furto mascherata da dissidenza.
Un sito di “controinformazione” che si limita ad aggregare articoli raccolti altrove senza nemmeno essere in grado di produrre un editoriale quotidiano, di presentare i propri autori, di offrire una sintesi chiara delle questioni in gioco o di assumere una linea editoriale esplicita, non è altro che una frode. Senza una voce propria, senza una direzione, senza responsabilità editoriale, non è altro che un distributore automatico di contenuti parassitari, una simulazione di impegno il cui unico motore è l’illusione dell’alternativa e, a volte, siamo lucidi, la semplice ricerca di monetizzazione. Pretendere di essere un “media” senza scrivere, senza firmare, senza pensare, significa usurpare un posto che spetta ai veri artigiani dell’informazione!
E tutte queste condivisioni sfrenate su X, Facebook, Telegram e altri pantheon digitali alimentano solo le piattaforme stesse, gonfiando i loro database, affinando i loro algoritmi e monetizzando anche la più piccola emozione condivisa, ma mai, mai, vanno a beneficio delle penne che, nell’ombra, forniscono la materia prima di questo banchetto digitale. Sono aggregatori ideologici da quattro soldi, che si nutrono di un attivismo low-cost mentre i creatori di contenuti si ammazzano di lavoro senza mai vedere il minimo ritorno dalla loro fatica.
È quindi necessario rompere questo circolo vizioso. Deindicizzare questi falsari del digitale. Boicottare i venditori di illusioni. Rifiutarsi finalmente di confondere la contraffazione con l’alternativa. Perché la libertà di informare non si mendica tra due articoli rubati, né tra due pubblicità mascherate. Si conquista con l’integrità, si trasmette con il rigore e si protegge con la fedeltà verso coloro che, nell’ombra, continuano nonostante tutto il loro instancabile sforzo di pensare, scrivere e pubblicare.
È giunto il momento di scegliere! Poiché “i nostri acquisti sono i nostri posti di lavoro”, il nostro sostegno è le nostre radici. E da queste radici nascerà, o meno, il fragile albero della vera libertà intellettuale. Se volete vedere crescere il pensiero libero, smettete di innaffiare le piante artificiali. Sostenete gli autori, non gli aggregatori. Sostenete l’originale, non la copia! Perché ogni clic è un voto economico. Ogni donazione è un atto politico. E ogni silenzio è un abbandono.
Senza il vostro sostegno, senza il vostro riconoscimento, senza il vostro contributo finanziario, i pensatori si arrendono, gli scrittori tacciono, i giornalisti indipendenti scompaiono… Non è solo una professione che muore, è la luce nella mente. Sono secoli di conquiste intellettuali che crollano, per non essere stati sostenuti in tempo. Quindi, se questo sistema persiste, entreremo in un mondo senza pensiero e in un secolo senza pensatori.
Phil BROQ. & Toba60
Fonte: /jevousauraisprevenu.blogspot.com & toba60.com
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