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E la trappola si chiude…

“Il mondo è un posto pericoloso, non a causa di quelli che compiono azioni malvagie ma per quelli che osservano senza fare nulla.”

Albert Einstein

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E la trappola si chiude

In questo momento, i media propagandistici agitano davanti alle folle lo straccio rosso di una guerra persa in partenza contro la Russia, si brandisce la paura del fuoco nucleare in Medio Oriente, come si farebbe con uno spettacolo di cattivo gusto per distrarre il pubblico da una scena più importante. Tutto questo non è altro che una grossolana messinscena, un teatro mediatico, in cui si finge di preparare scontri titanici mentre in realtà mancano le finanze, le armi, gli uomini e l’industria, e nessuno ha la capacità né la volontà di affrontare un simile braccio di ferro.

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Queste minacce servono soprattutto a mascherare la vera guerra silenziosa, digitale e planetaria, condotta contro l’umanità, non con le bombe ma con codici QR e banche dati. È qui che si instaura un sistema di identità universale, bancario e medico, che riduce i popoli a righe di codice e profili predittivi.

E nel frattempo, le masse, saturate di schermi, intrattenimenti e piccole indignazioni calibrate, sonnecchiano. Non vedono la trappola che si sta chiudendo, perché è stato loro insegnato a guardare altrove. Si fa loro credere che il caos esterno sia il nemico, mentre il vero campo di battaglia è nelle loro tasche, nelle loro carte di credito, nelle loro cartelle cliniche e nelle loro impronte digitali, che sono già dematerializzate. È lì che si gioca il futuro! Non nelle bombe che ci promettono, ma nella tranquilla, graduale, high-tech schiavitù che ci viene presentata come progresso.

Non si tratta più di congetture, né tantomeno di speculazioni paranoiche da liquidare con un gesto di condiscendenza. I pezzi del puzzle sono lì, visibili, incastrati con logica implacabile, perfettamente oliati e già pienamente operativi. Ciò che si sta dispiegando sotto i nostri occhi, nell’indifferenza generale o nel comodo rifugio dell’intrattenimento di massa, è l’architettura clinica e glaciale di una tirannia digitale mondiale. Una prigione senza sbarre, senza carcerieri visibili, costruita pietra dopo pietra a partire dalle nostre stesse concessioni con un clic qui, un’autorizzazione là, una condivisione “innocente” di dati e una dipendenza sempre più profonda dal tutto-connesso.

La tecnocrazia algoritmica non colpisce con stivali militari, ma con notifiche, raccomandazioni personalizzate e interfacce eleganti dal design accattivante. E mentre l’edificio si erge, metodico, incrollabile, noi lo applaudiamo, complici ciechi della nostra stessa prigionia. È sulle rovine delle nostre libertà, volontariamente abbandonate, che si costruisce questo nuovo ordine digitale, totale, silenzioso e tanto più terrificante.

La cosiddetta “rete” digitale non è mai stata così azzeccata, perché è una vera e propria ragnatela, pazientemente tessuta dai giganti del digitale, dove ogni utente, ipnotizzato dal freddo bagliore del proprio smartphone, si dibatte come un insetto già condannato. Con il pretesto dell’intrattenimento, dell’istantaneità e della connessione, questa trappola moderna aspira, lentamente ma inesorabilmente, ogni forma di libertà. Non facciamo altro che nutrire questi ragni moderni, queste multinazionali voraci, offrendo loro i nostri dati, la nostra attenzione, persino i nostri pensieri, mentre tessono fili sempre più stretti attorno alle nostre esistenze.

Lo smartphone è diventato il freno del XXI secolo, così integrato nelle nostre vite che per alcuni è ormai inconcepibile separarsene. La prova definitiva del successo di questo controllo insidioso. E mentre le masse scorrono, mettono like e condividono all’infinito, credendo di godere di una libertà digitale, sprofondano sempre più nell’illusione di un mondo creato per distrarle mentre vengono private della loro sovranità mentale, fisica, monetaria e medica. E la cosa peggiore è che nessuno vuole più aprire gli occhi sulla realtà di questo mondo. Perché è più comodo rimanere prigionieri, cullati dal ronzio rassicurante delle notifiche, piuttosto che riconoscere di essersi volontariamente gettati nella trappola.

Così, l’identità digitale, abilmente mascherata da semplice strumento di modernizzazione amministrativa, da innocuo progresso verso una presunta “semplificazione” della vita civile, non è altro che un cavallo di Troia, introdotto nelle nostre vite con il sorriso tecnocratico di coloro che pretendono di servirci. Dietro questa facciata liscia si nasconde una macchina di controllo totale, un’infrastruttura di sorveglianza senza precedenti, tessuta nell’ombra, interconnessa su scala transnazionale e già fusa con i sistemi fiscali, sanitari, bancari e migratori.

Tutto ruota attorno alla compatibilità, all’interoperabilità e alla centralizzazione. Tre parole che suonano come prodezze tecniche, ma che in realtà costituiscono i pilastri di un meccanismo di asservimento globale. Quella che ci viene venduta come innovazione è in realtà la spina dorsale di un credito sociale planetario, una versione camuffata del modello cinese, ma applicata a tutta l’umanità con il pretesto dell’efficienza. La trappola è elegante, quasi indolore (per ora) ed è proprio questo che la rende così temibile.

E questa volta le catene non saranno di ferro, ma intessute di dati biometrici, gettoni digitali, codici QR onnipresenti e profili comportamentali analizzati in tempo reale. Questa trappola non scatta con fragore, ma si chiude silenziosamente, tra gli applausi di una popolazione troppo ipnotizzata per vedere l’orrore che si profila all’orizzonte. Perché questa nuova gabbia non si presenta come un vincolo, ma come una promessa.

Quella di una società fluida, sicura, razionale… in una parola, docile! Tuttavia, dietro questa vetrina asettica si nasconde una dittatura algoritmica implacabile, in cui l’individuo non sarà altro che un flusso di dati condizionato a dimostrare, in modo permanente, il proprio diritto di esistere. Lavorare, viaggiare, acquistare, curarsi, amare… Molto presto, ogni atto della vita sarà filtrato, condizionato, autorizzato o rifiutato da una griglia tecnologica invisibile ma assoluta. Non è più un futuro distopico, è un presente in fase di sviluppo che avanza mascherato, avvolto nel freddo linguaggio dell’innovazione e della sicurezza.

Il passo successivo è già stato avviato, senza clamore, ma con efficienza chirurgica: la scomparsa programmata del contante, quella moneta fisica, libera, anonima, sfuggente e quindi intollerabile per gli architetti del Nuovo Ordine Finanziario. Infatti, proprio perché sfugge alla tracciabilità, alla programmazione e alla censura automatizzata, il contante rappresenta un’eresia in un mondo in cui ogni transazione deve essere monitorata, condizionata e convalidata.

Prima bisognava screditarlo: missione compiuta. Il contante è stato abilmente associato alla frode, alla criminalità, al terrorismo, fino a diventare sospetto anche nelle mani dei cittadini onesti. Poi bisognava limitarlo, renderlo raro, marginale, quasi vergognoso. E così è stato. Quella che viene presentata come un’evoluzione “pratica” verso una società senza contanti è in realtà solo un ulteriore passo verso un sistema monetario programmabile, in cui ogni centesimo sarà tracciabile, ogni spesa analizzata, ogni comportamento finanziario valutato, premiato o punito. Un’economia in cui il denaro non ti appartiene più, ma ti tollera, a condizione che tu rimanga nei binari.

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Ora la moneta si sta trasformando in uno strumento di servitù con la MNBC (moneta digitale della banca centrale) e si presenta sotto le rassicuranti spoglie della modernità, ma non è altro che un dispositivo di controllo programmabile, personalizzabile e totalmente tracciabile. Immaginare di accettare che un pezzo di codice decida la durata di validità del nostro stipendio, la geolocalizzazione dei nostri acquisti o la possibilità stessa di risparmiare, significa rinunciare all’essenza della libertà economica. Basterà un clic per congelare i vostri fondi, un algoritmo per degradare il vostro accesso ai servizi, un “punteggio” per escludervi dalla vita sociale e professionale.

Una moneta che si sta dissolvendo, assegnata e condizionata, trasforma il cittadino in un beneficiario precario dipendente da un’autorizzazione sistemica, niente più accumulo di ricchezza, niente più riserve, niente più rifugio finanziario per la dissidenza. Ricordiamo senza mezzi termini che la Resistenza ha sempre resistito grazie al denaro contante. Perché senza contanti non ci sono finanziamenti nascosti per retribuire gli informatori, gli operatori dissidenti, non c’è sostegno materiale e quindi non è possibile alcuna insurrezione. Questo è l’obiettivo finale che si profila per neutralizzare ogni dissidenza rendendola finanziariamente impossibile e trasformando l’economia in una rete che impedisce ogni azione, ma registra e giudica ogni singolo gesto.

Il tentativo di trascinare i popoli occidentali in una guerra aperta contro la Russia non è una semplice reazione geopolitica, ma una manovra di ingegneria sociale ed economica, destinata a precipitare le nazioni verso la sottomissione totale. Le leggi di emergenza sono già in vigore, con il pretesto dell’urgenza, della sicurezza e della lotta alla propaganda. Le sanzioni, il controllo dei flussi finanziari, il congelamento dei beni e il razionamento energetico sono stati messi in atto non per difendere i popoli, ma per abituarli allo stato di emergenza permanente.

Il crollo metodico delle industrie europee, soffocate dalla perdita dell’energia russa a basso costo, non è un incidente di percorso, ma una strategia. Distruggere la competitività, indebolire la produzione, disorganizzare le catene di approvvigionamento significa rendere i popoli dipendenti da soluzioni esogene, siano esse americane, tecnocratiche o digitali. Si distrugge l’autonomia materiale per imporre la dipendenza digitale.

La guerra diventa così un formidabile strumento di propaganda e disciplina collettiva, che giustifica il razionamento, la sorveglianza, il credito sociale di carbonio e l’allineamento forzato alle nuove infrastrutture finanziarie e identitarie. Il racket è già totale con le tasse, l’inflazione e, naturalmente, il debito pubblico artificiale; mancava solo la paura di un nemico esterno per chiudere la gabbia. La guerra contro la Russia non è quindi solo militare; è psico-politica, un’operazione di condizionamento per far accettare all’opinione pubblica ciò che non avrebbe mai tollerato in tempo di pace.

Questo sistema di dominio è stato messo alla prova su larga scala durante la pandemia di Covid. Questa crisi non è stata solo sanitaria, ma anche sperimentale. Ha dimostrato ciò che le élite già sapevano: il popolo è docile, manipolabile, terrorizzato. Si può imporgli qualsiasi cosa: confinamento, coprifuoco, pass sanitario, tracciamento, codici QR… Basta agitare la paura e promettere un ritorno alla normalità. Allora perché fermarsi qui? Il popolo ha ingoiato le prime catene, accetterà anche le prossime. La moneta che si svaluta? Applaudirà. L’identità digitale? La richiederà. Il credito sociale? Si sottometterà, se potrà continuare a consumare schermi, serie TV e hamburger. I giovani, totalmente sradicati politicamente, ottusi da TikTok e dai videogiochi, saranno i primi a tuffarsi. Lo Stato offrirà loro app, buoni acquisto, sconti in criptovalute sociali. Nel frattempo, la rete si stringerà.

Quello che sta prendendo forma, paese dopo paese, continente dopo continente, non è una serie di coincidenze. È un piano. Una rifondazione mondiale, sotto l’egida di istituzioni sovranazionali, think tank privati e multinazionali finanziarie. Il Regno Unito vuole imporre un’identità digitale per avere il diritto di lavorare. L’UE sta preparando il suo portafoglio digitale per il 2026. India, Cina, Estonia, Sud-Est asiatico… Tutti stanno avanzando verso un sistema unico, integrato, centralizzato e controllabile.

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E quando gli Stati Uniti si metteranno all’opera, lo faranno in nome della sicurezza, della lotta alla disinformazione, della giustizia sociale. Tutte le parole vuote del progressismo saranno mobilitate per far accettare l’amara pillola del totalitarismo digitale. Ma attenzione, perché rifiutarsi non sarà libertà. Sarà esclusione. Non sarete rinchiusi in prigione, sarete disattivati. Niente più conto in banca. Niente più prestazioni. Niente più lavoro. Niente più trasporti. Niente più esistenza.

Mentre l’infrastruttura di controllo viene messa in atto, la massa viene metodicamente svuotata della sua forza vitale, del suo pensiero, della sua lucidità. Tutto concorre a questo generale abbattimento: l’inflazione come strumento di lento dissanguamento economico, la sovrattassa sui prodotti di base come strumento di vessazione quotidiana, il crollo del potere d’acquisto come stratagemma di esaurimento psichico. Si affamano i corpi, si sterilizzano le menti. E mentre le famiglie contano i centesimi al supermercato, si lanciano loro pane e giochi, TikTok, Netflix, calcio, pornografia, festival sponsorizzati, tante distrazioni lobotomizzanti concepite per disinnescare ogni rivolta, ogni pensiero strutturato, ogni coscienza politica.

Non è più una società, è un ospedale psichiatrico a cielo aperto, dove l’ottundimento volontario ha sostituito la legittima rabbia. Da più di cinque anni si accumulano umiliazioni, bugie, tradimenti. E cosa fa la folla? Scorre. Accetta. E quasi ringrazia. Peggio ancora, si adatta alla sua gabbia. La rassegnazione è diventata una norma sociale. La sottomissione una posizione morale. La capacità di resistenza è stata soppressa non con la forza, ma con la stanchezza, la distrazione e l’avvelenamento intellettuale. Un popolo esausto, reso idiota, dipendente, è un popolo che viene condotto al macello digitale senza nemmeno opporre resistenza.

Dietro la facciata razionale e benevola del progresso si nasconde un’ideologia messianica, fredda, meccanicistica e antiumana con il transumanesimo. L’uomo, ormai considerato fallibile, inquinatore, emotivo, imprevedibile, deve essere potenziato, assistito, corretto dalla macchina. Il sogno prometeico delle élite attuali non è più quello della libertà, ma quello di un essere umano senza asperità, numericamente governabile, biologicamente gestibile, psicologicamente prevedibile. Ciò che la politica non è più in grado di fare, unire, ispirare, stimolare il dibattito, la tecno-scienza pretende di sostituirlo. E coloro che rifiutano questa governance algoritmica, coloro che dubitano di questa modernità tossica, sono già etichettati come oscurantisti, refrattari, persino minacce. Il progresso diventa totalitario quando smette di essere un’opzione per diventare un obbligo. Ora è un dogma, non un’evoluzione.

Ciò che sta prendendo forma non riguarda solo gli Stati nazionali. Le multinazionali del digitale, con in testa le GAFAM, sono gli architetti silenziosi della gabbia digitale. Amazon gestisce la logistica, Google i dati, Microsoft le infrastrutture, Meta i profili psicologici, Apple gli identificativi biometrici. Il tutto con la benedizione di Stati in via di disintegrazione sovrana. La governance mondiale è ormai ibrida, transnazionale, privata, sfuggente a ogni responsabilità democratica. Le élite politiche non governano più, gestiscono la transizione verso l’estinzione della politica. Stiamo assistendo alla nascita di una casta di ingegneri sociali, tecnocrati privati e fondazioni filantropico-capitalistiche che fissano le norme, controllano le narrazioni e definiscono i comportamenti accettabili. E tutto questo senza che nessuno abbia mai votato per loro.

La sanità era solo un pretesto temporaneo. È diventata un’infrastruttura permanente di controllo sociale. Dopo il pass vaccinale, ecco i passaporti biomedici, le cartelle cliniche centralizzate, gli allarmi comportamentali per la “salute pubblica a rischio”. Il corpo non è più uno spazio privato, poiché è l’ultima frontiera del controllo. Le vostre scelte alimentari, il vostro ritmo di sonno, i vostri spostamenti, i vostri acquisti sono già utilizzati per alimentare modelli predittivi. L’individuo non è più che un paziente in sospeso, un portatore di rischi, un potenziale pericolo. La salute diventa uno strumento di obbedienza, una moneta sociale, una condizione per accedere alla normalità. E coloro che si discostano dalle norme mediche imposte saranno esclusi come un tempo i appestati. La medicina diventa la polizia dell’anima.

Questo sistema non potrebbe funzionare senza la totale repressione del libero pensiero. La censura non è più brutale, ma è dolce, sottile, invisibile, con il dereferencing, lo shadow banning, la demonetizzazione, il nudging comportamentale. L’algoritmo decide ora ciò che avete il diritto di vedere, leggere, ascoltare. Qualsiasi contenuto deviante viene relegato ai margini o soppresso in nome della sicurezza, della salute o della “convivenza”. Le nuove leggi sulla disinformazione conferiscono ai governi e alle piattaforme il potere assoluto di definire ciò che è vero. Il dibattito è morto, il dubbio è un’eresia, la sfumatura è un reato. Non è più l’Inquisizione, è peggio perché è un’inquisizione automatizzata, che si adatta, impara, si ottimizza. La libertà di espressione non è stata soppressa, è stata resa obsoleta.

Quella che viene definita “città intelligente” è in realtà solo una prigione intelligente, dove ogni strada, ogni cartello, ogni panchina pubblica è un sensore, un tracciatore, un agente di controllo. I vostri spostamenti saranno analizzati, i vostri comportamenti classificati, i vostri consumi ottimizzati, per il vostro bene, ovviamente. La Smart City è la materializzazione fisica della servitù digitale. Non servono più muri, non servono più filo spinato, basta impedirvi di aprire una porta, di salire su un autobus, di comprare una bottiglia d’acqua. Lo spazio pubblico diventa condizionale, poiché potete accedervi solo se siete cittadini conformi. L’urbanistica diventa comportamentale, punitiva, morale. Non è più una città, è un circuito chiuso.

Il totalitarismo digitale non si limita a controllare il futuro, ma cancella anche il passato. La storia viene riscritta, i riferimenti culturali vengono distrutti, le tradizioni vengono derise, le religioni vengono svuotate della loro sostanza, le lingue vengono uniformate. Il cittadino globale ideale è senza memoria, senza radici, senza identità reale, intercambiabile, programmabile, sradicato. Non si vogliono più contadini radicati, famiglie forti, comunità stabili. Si vogliono consumatori connessi, docili, perennemente insoddisfatti, mobili. La memoria è un pericolo, perché ricorda cos’è la vera libertà. Il mondo antico viene demolito, non per modernizzarlo, ma per renderlo irreversibile. Non è un progresso, è una cancellazione sistematica di tutto ciò che rende l’uomo libero, singolare, radicato, pericoloso per il sistema.

E voi, cosa avete fatto per impedirlo? E cosa avete fatto ai vostri figli? Avete dato loro uno smartphone come si dà un osso a un cane, senza riflettere, senza opporre resistenza, come avete offerto loro siringhe sperimentali, convinti di fare la cosa giusta, perché ve l’ha detto uno schermo o un medico in camice bianco. I vostri figli sono ormai prigionieri, mentalmente lobotomizzati da algoritmi più potenti di qualsiasi dittatura militare.

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E questa “generazione Z” non si ribella, scorre, mette like, si riprende mentre annega. Non costruirà nulla, non salverà nulla, perché le avete tolto la fiamma. Avete ceduto su tutto, dalla libertà alla verità, ma soprattutto sull’umanità stessa. E ora che il mondo sta crollando nel silenzio blu delle notifiche, sperate ancora che un miracolo vi salvi? Non è un sistema che vi sta distruggendo, è la vostra codardia nel dirgli di no.

Avete barattato la trasmissione con la sottomissione, l’educazione con lo schermo, il legame con il Wi-Fi. Avete cresciuto i vostri figli nel comfort anestetizzante dell’immediatezza, privandoli di ogni verticalità, di ogni memoria, di ogni coscienza. Al minimo allarme, siete corsi a obbedire, a scansionare, a iniettare, a isolare, a denunciare e avete chiamato tutto questo “solidarietà”. Ma ciò che avete realmente trasmesso è una sottomissione pavloviana, una paura programmata, un’annullamento dell’anima. Il mondo brucia, i punti di riferimento svaniscono, la carne diventa un dato biometrico, il pensiero diventa un reato, e voi continuate a guardare Netflix. Non è un’élite che vi tiranneggia, sono le vostre rinunce accumulate, il vostro rifiuto di vedere, il vostro bisogno morboso di evitare lo sforzo, il conflitto, la responsabilità.

Se questo movimento non verrà fermato, presto non rimarrà più nulla da difendere. L’essere umano sarà ridefinito, non più come un essere pensante, libero, incarnato, ma come una variabile in un sistema di controllo globale. I bambini non avranno più ricordi del passato, non parleranno più di libertà, perché sarà stato loro insegnato a temerla come un virus. Come uccelli nati in gabbia che pensano che volare sia una malattia.

Il mondo che conoscete, con le sue lotte, le sue contraddizioni, i suoi corpi, i suoi libri, i suoi silenzi, sarà sostituito da un’interfaccia. La realtà diventerà obsoleta. E voi lo accetterete, perché vi eviterà di soffrire, di avere paura e di lottare. Ecco la fine di un’umanità disincarnata, governata non dagli uomini, ma da protocolli, tabelloni, intelligenze “superiori”, tutti dettati dall’imperativo dell’ordine, del rendimento, della sicurezza. Non sarà Orwell, né Huxley, sarà molto peggio. Sarà una distopia che nessuno avrà previsto, perché voi l’avrete desiderata, acquistata, scaricata.

C’è ancora tempo. Ma bisogna smetterla di mendicare briciole di libertà da coloro che hanno come unico obiettivo quello di rendervi inutili. Bisogna ritrovare la verticalità perduta, la capacità di dire no, di resistere senza permesso, di pensare senza rete. Si comincia con gesti semplici ma radicali, come riprendere in mano l’educazione dei propri figli, rifiutare la digitalizzazione totale della propria vita, disobbedire a ingiunzioni assurde, riaccendere lo spirito critico dove era stato spento. Non si tratta di tornare indietro, ma di rifiutare questo avanzamento verso l’abisso. Ritrovare la carne, la parola, il vero. Staccare la spina, rialzarsi, guardare negli occhi chi mente e smettere di collaborare per comodità.

Perché la rivoluzione che sta arrivando non sarà politica. Sarà interiore, intima, esistenziale. Sarà condotta senza armi, ma con lucidità. Coloro che resisteranno in questo caos saranno pochi, ma saranno la brace sotto la cenere, la memoria di un mondo che ha rifiutato di morire senza lottare. Non cercate un salvatore. Siate l’ultimo baluardo. Siate l’insurrezione della coscienza, o siate il ricordo di un’umanità che si è arresa senza combattere.

La vera moneta è quella che si tiene in mano, non quella che uno Stato o una banca possono cancellare con un clic. La vera libertà è quella che si vive fuori dalla rete, con i piedi per terra, non quella condizionata da codici QR e applicazioni. Ogni banconota scambiata in contanti è un atto di resistenza. Ogni conversazione senza schermo, ogni incontro reale, ogni disconnessione volontaria è una ribellione contro l’ordine digitale che si impone.

Hanno già il potere, ora vogliono il potere eterno. Sta a noi opporci alla realtà. Sta a noi smentire Milgram, non domani, ma oggi.

Phil BROQ.

Fonte: Jevousauraisprevenu.blogspot.com

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