MAASTRICHT E LA PERDITA DI SOVRANITÀ MONETARIA
Luglio 1981 L’autonomia della sovranità monetaria affidata alla privata Banca Centrale d’Italia è stataintrodotta a partire dal luglio 1981, col divorzio tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro deciso dal Ministrodel Tesoro Beniamo Andreatta con una semplice lettera all’allora Governatore di Bankitalia Carlo AzeglioCiampi, in cui sollevava la Banca Centrale dall’obbligo di acquistare quei titoli di Stato che il Tesoro nonriusciva a collocare altrove sul mercato.

17 Febbraio 1986 Giulio Andreotti come Ministro degli Esteri del Governo Craxi, firma l’Atto UnicoEuropeo.
7 Febbraio 1992 Giulio Andreotti come Presidente del Consiglio assieme al Ministro degli Esteri Gianni deMichelis (Membro dell’Aspen Institute) e il Ministro del Tesoro Guido Carli (già governatore di Bankitalia) firmano il Trattato di Maastricht, il 7 febbraio 1992 per l’entrata nell’Unione Europea. Così facendo,l’autonomia delle banche centrale stava entrando in tutti gli ordinamenti giuridici dell’Unione Europea pereffetto del Trattato (articolo 107).
Articolo 107 del Trattato di Maastricht
Nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dal presente trattato e dallo Statuto del SEBC, né la BCE né una Banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettareistruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai Governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni egli organi comunitari nonché i Governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle Banche centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti.
Gli Stati aderenti rinunciano alla sovranità monetaria nazionale per trasferirla con l’articolo 105 alla BancaCentrale Europea (BCE).

Articolo 105A del Trattato di Maastricht
1. La BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della Comunità. La BCE e leBanche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla BCE e dalle Banchecentrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nella Comunità.
2. Gli Stati membri possono coniare monete metalliche con l’approvazione delle BCE per quanto riguarda ilvolume del conio.
7 Febbraio 1992 Lo stesso giorno l’autonomia della Banca Centrale si è perfezionata con la legge7.2.1992 numero 82 varata dal ministro del Tesoro Guido Carli (già governatore della Banca d’Italia), che ha attribuito alla Banca d’Italia la facoltà di variare il tasso ufficiale di sconto senza doverlo più concordare con il Tesoro.
Modifiche costituzionali
Gli ultimi atti della costruzione europea, dall’Atto Unico Europeo (AUE) del 1986 al Trattato di Maastrichtdel 1992, all’entrata vera e propria nel 1999, hanno imposto una trasformazione strutturale, che ha modificato la nostra Costituzione, sovrapponendole degli impegni internazionali. In particolare è stata approvata, senza che nessuno lo dicesse, una nuova costituzione economica, che svuotava diversi articolidella costituzione economica, che svuotava diversi articoli della Costituzione repubblicana e ne introduceva altri, cambiandoli radicalmente i poteri della Repubblica – per lo più cancellandoli – in materia di spesa, di Stato sociali, di proprietà pubblica delle imprese, di programmazione.

Sovranità monetaria oggi
Oggi la Sovranità Monetaria di circa 455 milioni di persone dell’Unione Europea è nelle mani di pochissime persone del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea (e dei veri controllori dei gruppi elitari ai quali appartengono):– Il presidente Jean-Claude Trichet:Membro del Club di Parigi, della Banca per i Regolamenti Internazionali, membro dell’Ordine nazionale della Legione d’Oro, già Governatore della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, ecc.;– Il vicepresidente Lucas D. Papademos Membro della Commissione Trilaterale e del Fondo Monetario;– Tommaso Padoa-Schioppa (sostituito dall’attuale Lorenzo Bini Smaghi): Membro dell’Aspen Institute,membro della Commissione Trilaterale, membro dei Bilderberg, ecc.)
La BCE, con sede a Francoforte (è nelle mani di pochissimi banchieri) è la Banca Centrale che gestisce e controlla tutta l’emissione delle banconote in Europa. I proprietari della BCE sono le seguenti Banche Centrali:


La logica conseguenza è che la BCE è una banca privata! Per tanto la Sovranità Monetaria in Europa è oggi nelle mani di un manipolo di banche private, e quindi è
nelle mani di pochissimi banchieri che
controllano queste banche!
La massoneria governa l’Europa
Francia, il Gran Maestro alza il velo sui retroscena della potente lobby Di dubbi ne avevamo veramente pochi, ora anche quei residui scrupoli culturali che restavano sono stati spazzati via. La massoneria non solo esiste ed è attivissima, ma non fa nemmeno più mistero del potere di intervento di cui gode nell’ambito.
A confermare tutto, alla faccia di chi vede nella lotta alla massoneria soltanto l’esercizio di stile un po’ paranoico di estremisti o amanti del complottismo, ci ha pensato Alain Bauer, grande maestro del Grande Oriente di Francia (GODF), in una lunga intervista pubblicata sul numero del 12 dicembre scorso delsettimanale Le Nouvel Observateur. Il lungo botta e risposta, una sorta di manifesto per la massoneria in epoca di globalizzazione, non lasciava spazio agli interrogativi nemmeno nel titolo scelto: “Ecco chi siamo veramente”. E vediamolo, quindi, chi sono e cosa vogliono questi attivissimi grembiulini francesi.
Dopo aver definito Chirac «un uomo piuttosto filo-massone, nonostante mantenga tutte le contraddizioni dell’individuo», Bauer getta la maschera e svela gli ultimi interventi di cui la massoneria si è resa protagonista in ambito politico internazionale.
Alla domanda su come valutasse la nuova Europa e la nascita della Costituzione europea, Bauer risponde candidamente: «Se all’interno dei testi riguardanti l’Unione europea non si pone più la questione di introdurre il concetto di eredità cristiana questo non è un caso, poiché i massoni fanno quel che c’è da fare.
La massoneria a per vocazione la tendenza ad intervenire su un certo numero di argomenti: ecco la nostra posizione, voi fate come volete ma questa è la nostra posizione! Anche in bioetica è così: noi siamo per la libertà assoluta per la ricerca scientifica, contro tutti i divieti morali».

Ecco dunque l’ammissione della presenza, in sede di politica comunitaria, di un potente lobby massonica in grado di influenzare ad altissimo livello le decisioni degli organismi di vigilanza e di indirizzo.
A Bruxelles comandano i grembiulini, a quanto sembra con buona pace di Prodi e di tutti gli eurocrati intenti a gonfiare il petto di fronte alla grandezza e all’autonomia del progetto europeo. Bauer prosegue mettendo in evidenza che «le riflessioni della loggia sono determinanti sulle decisioni politiche» e lanciando un altro segnale di chiarezza cristallina. «La massoneria è favorevole all’ingresso della Turchia nell’Unione Europea anche per la massoneria considera da sempre la Turchia come Europa»: l’intervista è stata pubblicata il 12 dicembre, quindi prima del vertice di Copenhagen e dello slittamento al 2004 dell’avvio dei colloqui con Ankara, ma ugualmente appare inquietante come i poteri occulti avessero già deciso il loro piano d’azione. Prepariamoci, quindi, a qualche colpo di coda da qui al maggio 2004. Il lungo testo pubblicato dall’Observatour è un pozzo di conoscenza: si scopre, ad esempio, che «molte associazione che lottano contro la globalizzazione come Attac (gli amici d’Oltralpe di Casarini e soci) o la Confédération paysanne di José Bovè vedono al loro interno molti nostri fratelli»: giudicate voi, se ancora avevate deidubbi, la bontà della spirito anti-mondialista del cosiddetto “movimento dei movimenti”.

Di più: «Bernard Cassen (fondatore e leader di Attac) è regolarmente invitato dalle loggie del GrandeOriente, da noi è sempre il benvenuto. Molti nostri fratelli stanno con José Bové: certamente non persmontare i Mc Donald’s!». Servi dei poteri forti e dei massoni, altro che rivoluzionari: burattini di cui ilpotere si serve per creare paura nella gente – spingendola inconsciamente a ritenere la globalizzazione ilmale minore – e contemporaneamente agenti di legittimazione democratica del modello di sviluppo impostoda grembiulini e banchieri.
L’esistenza dei no-global, il loro poter sfilare e parlare (oltre che distruggere e saccheggiare), dimostra infatti al circo mediatico come l’attuale assetto politico sia foriero di tutele democratiche e dirappresentanza per tutti.
I grembiulini stanno costruendo sopra le nostre teste un continente a misura di massone: laicismoestremizzato volto a svuotare d’ogni senso morale la persona, distruzione di qualsiasi eredità religiosa, libertà di ricerca finalizzata alla creazione artificiale della vita umana, derubricazione di ogni sovranitàpopolare in nome di un mondo governato dagli “illuminati”. Il tutto con la complicità appassionata dei “no global”.
I soci privati delle Banche Centrali (private)
I SOCI DELLA BANCA D’ITALIA

I personaggi qui sotto possedevano banche che a loro volta possedevano azioni della FED. Le banche
elencate hanno un controllo significativo sul New York FED District, che controlla gli altri 11 FED Districts.
Queste banche sono in parte possedute da stranieri e controllano la New York FED District Bank

Come lo Stato può guadagnare dal signoraggio In soldoni, è il caso di dirlo, come eliminare le Tasse al Cittadino.
Lo Stato Italiano (e gran parte degli altri Stati Sovrani nel Mondo) ha abdicato alla propria Sovranità Monetaria a favore della Banca Centrale (prima Banca d’Italia, ora Banca Centrale Europea).
Questi “Fantasmi Giuridici” sono privati, appartengono a Banche Private di Banchieri Privati, e quindirispetto al Cittadino (ignaro, ignorante, indifeso e spesso indifferente) adoperano la logica del ‘servirsi’ e non del ‘servire’, unico comportamento etico (v. Giacinto Auriti). Come tutte le Corporation, le Banche non sono orientate all’Etica ma al Profitto (v. Domenico De Simone). I politici sono “camerieri dei banchieri” per quei personaggi che hanno saputo ‘vedere’ al di là della cortina di fumo e menzogna che cela la vera realtà del sistema bancario e finanziario dell’Italia e di tutto il Mondo e che si chiama Usurocrazia (v. Ezra Pound). Se lo Stato stampasse la propria moneta, come conia le proprie monetine, si estinguerebbe di colpo il mostruoso Debito Pubblico che grava su tutti Noi, i Nostri Figli e quindi il Nostro Futuro. Si spezza così la catena della schiavitù della moneta-bancaria, catena forgiata dalla creazione dal nulla della monetadebito (‘ex nihilo’ – v. Maurice Allais). Il Popolo, di nuovo padrone della propria Sovranità Monetaria,tornerebbe a Vivere.

Lo Stato tipografo
Facciamo un esempio: lo Stato paga un Dipendente Pubblico 1.400 euro, che in contanti equivale ad un mazzetto di 14 banconote da 100 euro nominali (valore nominale = di facciata, quanto stampato sulla carta-moneta). Attualmente ogni banconota costa allo Stato 100 euro, più gli interessi (mettiamo che il Tasso di Sconto, che è il costo del denaro tra Banca Centrale e Banche Locali, è al 2,5% e che si applichi anche allo Stato).
Al Banchiere la stessa Banconota costa 3 centesimi di euro (3 eurocent = 0,03 euro = valore intrinseco = costo di produzione = costo medio della carta, inchiostro, tecniche anticontraffazione ecc…).
Il Banchiere ricava 1.435 euro (100 x 2,5% x 14). Il Banchiere spende 0,42 euro (14 x 0,03).
Il Banchiere guadagna 1.434,58 euro (1.435 – 0,42) e questo è il signoraggio sullo stipendio di un singolo dipendente.
Quanti sono i Dipendenti Pubblici? 3 milioni? Quant’è lo stipendio medio? Quello indicato? Un po’ meno, un po’ di più? Fate voi gli aggiustamenti… Uno stipendio di 1.400 euro ‘costa’ allo Stato 1.435euro.
Lo stesso meccanismo per una strada, un ospedale, un ponte, un carroarmato, un telefono…
E queste spese dello Stato vanno saldate, con le Tasse.
Calcoliamo, da Bar dello Sport, la Tassa che tutti i cittadini devono pagare per saldare 1.435 euro x 3 milioni di dipendenti pubblici.
Non facciamoci distrarre e lasciamo ai politici giocare sul fatto se i Dipendenti pubblici sono tanti o pochi o il giusto, e se i ponti servono o non servono, se gli Ospedali e le scuole vanno privatizzate o no. Noi ormai abbiamo capito che anche UN SOLO dipendente costerà sempre più di quanto il poverino intasca.
Facciamo due conti: 1.435 x 3.000.000 = 4.305.000.000 euro ! 4,3 miliardi di euro al mese ! e poi ci sono le strade, gli Ospedali ecc…

E se lo Stato stampasse i propri soldi?
Stampare un mazzetto di banconote che valgano 1.400 euro costa 0,42 euro, ricordiamolo…0,42 x 3.000.000 = 1.260.000 euro !
Il Pubblico Impiego allo Stato costerebbe 1,6 milioni di euro al mese ! E’ assurdo?!?! 4,3 miliardi di euro contro 1,6 milioni di euro?
Quanti contribuenti ci sono in Italia ? Facciamo pagare anche i gatti? Diciamo 30 milioni?
Trovate Voi i dati precisi. .. 4,3 miliardi di euro / 30 milioni di tassati = 143 euro!
1,6 milioni di euro / 30 milioni di tassati = 0,05 euro!
Con il signoraggio del Banchiere, il Pubblico Impiego costa al Contribuente (attualmente) 143 euro al mese, senza signoraggio invece, solo 0,05 euro al mese.
E gli impiegati non perderebbero Potere d’Acquisto perché le banconote sarebbero garantite dallo Stato, quindi dalla comunità tutta, per semplice convenzione, perché la banconota avrebbe il valore che tale convenzione ‘induce’ nella carta.
E’ il Popolo che accettando la carta-moneta (per convenzione tra i Cittadini stessi di una Società) ne crea il valore, con il principio dell’induzione, scoperto dal Prof. G. Auriti. Non serve neanche la riserva aurea (in ogni caso e difatto già assente dal 1971, con la fine degli accordi di Bretton Woods, per volere di Nixon e la chiusura della Gold Window).
Stesso discorso per le strade, pensionati, ospedali… Lo Stato pagherebbe le Ditte che fanno le Grand iOpere con moneta propria, non carica di Usura Bancaria.

La realizzazione di Servizi e Lavori Pubblici saranno discussioni squisitamente politiche e non economiche.
Sarà il consenso popolare a determinareinvestimenti, senza dipendere da Usurai. Se il Popolo ritiene necessario un ponte, lo Stato stampa i soldi necessari per fare quel ponte. Così non si avrà inflazione perché, a costo zero (spese tipografiche), si crea il bene-moneta per realizzare il ponte, ossia il suo equivalente Bene Reale (concetto base del Credito Sociale. v. L’Isola dei Naufraghi, di Louis Even). Da qui si può partire per creare il Reddito di Cittadinanza, perno concettuale e pratico per slegare il Popolo dalle angherie e ricatti dei Detentori del Potere di Emettere Moneta.
Il segreto del capitale
Avete accumulato un piccolo o grande risparmio: 50 mila euro, 100 mila. Anche 500 mila, se siete un dentista o un bottegaio. La propaganda del capitalismo terminale vi invita, anzi vi spinge, vi obbliga a farlo fruttare: nel futuro, vi dice la sirena seduttrice, vi ritroverete con una bella somma, ben accresciuta, che renderà serena la vostra vecchiaia. Voi, perciò, affidate i vostri risparmi a un fondo d’investimento, a un fondo pensione. Se i risparmi sono alti, a una società di gestione dei patrimoni. Ogni fondo ha un gestore: un esperto, uno che sa – diversamente da voi – come far fruttare i vostri soldi. Li impiega in azioni e obbligazioni, da esperto qual è: i titoli più lucrosi, nel mix più sapiente.
La realtà è un po’ diversa. La prima cosa che fa’ il gestore, appena ricevuti i vostri soldi, è: comprarsi la Mercedes più grossa sul mercato, aggiungervi una Porsche per i suoi week-end, accaparrarsi un attico di lusso. Per vivere da ricco. La Mercedes nuova del gestore dovrebbe suscitare qualche sospetto. Si sta occupando davvero di far diventare ricchi noi? La Mercedes l’ha comprata coi soldi nostri; fossero stati suoi, magari, avrebbe scelto un modello più economico. Speriamo almeno che accresca il nostro risparmio, il nostro modesto capitale.
In realtà, i gestori dei fondi, in media, non riescono quasi mai a battere l’indice. Lo hanno provato studi seri: perdono soldi più o meno come avreste fatto voi, se aveste giocato in Borsa personalmente.

Almeno vi sareste rovinati da soli, senza pagare commissioni. Perché questo è il punto: perda o vinca, per il gestore è lo stesso. Lui, guadagna sempre: si fa pagare per gestire i vostri risparmi. In anticipo. Grasse commissioni. Il capitale, del resto, mica è suo: è vostro. Suo è il lucro. Ancor peggio, se vi consigliano di mettere i soldi in azioni. Dicono in America: sulla porta di Wall Street (laBorsa) c’è una scritta: Caveat Emptor, stia attento il compratore. Ma questa scritta la vedono solo gli esperti, gli speculatori professionali. E, loro, non hanno nessun interesse ad aprirvi gli occhi, perché lavediate anche voi. Anzitutto, non vi avvertono che la Borsa è come la caccia alla volpe: un gioco per grandi abbienti. Anche negli Stati Uniti, dove tutti hanno qualcosa in azioni, il 10 per cento delle famiglie detiene l’86 per cento dei titoli. Uno degli scopi primari (e il meno confessato) della Borsa è di fabbricare capital gains (profitti sul capitale) per consentire ai miliardari di evitare le tasse: il prelievo fiscale sui redditi di lavoro è aggressivamente progressivo, sui capital gains o è zero, o è a percentuale piatta (non aumenta col reddito). Ma la Borsa serve anche per fabbricare perdite, in modo da compensare profitti: sempre per consentire ai signori di sfuggire al fisco. Tuttavia, la Borsa ha bisogno dei piccoli risparmiatori. Altrimenti, essendo un gioco a somma zero, chi potrebbero spogliare i professionisti dell’azzardo? Da qui l’invito generale, nei tempi del capitalismo ultimo, a diventare tutti azionisti. Lo chiamano capitalismo democratico: senza dire che esso presenta per il padronato alcuni vantaggi collaterali. Per esempio, se un’azienda paga i suoi lavoratori, in parte, con proprie azioni (come avviene in Usa, e si vorrebbe cominciare a fare in Europa), su quell’emolumento non deve sborsare i contributi previdenziali. Cercano di stimolare persino il vostro patriottismo: mettendo i risparmi in Borsa, finanziate le aziende italiane (non è vero: le imprese si finanziano sul mercato dei titoli solo in percentuale marginale; per lo più s’indebitano con le banche, emettono bond od obbligazioni, o presso merchant bank). Sempre più seducente, si ripete l’urgente invito a investire i risparmi nei fondi, anche per assicurarsi la pensione: tra vent’anni, il vostro pacchetto di azioni avrà preso un bel valore, e potrete cominciare a realizzarlo.

E’ una frode: le azioni, fra vent’anni, saranno quasi sicuramente ribassate. Per il solo fatto che allora ci saranno meno italiani di oggi, e quindi la domanda di azioni sarà più debole. Negli anni ’70, un analista americano di nome Gelvin Stevenson provò a confrontare le performances borsistiche secondo le varie classi di reddito: scoprì che chi ha redditi alti vince, e chi ha redditi bassi, tendenzialmente, perde. E che perde tanto più, quanto più il suo reddito è basso.
Fino a pochi anni fa, gli agenti di Borsa – mediatori necessari, se volete acquistare azioni – erano una casta chiusa, un monopolio. Questi sacerdoti del mercato e del rischio, stranamente, si erano protetti da ogni rischio, e dalla concorrenza sui prezzi. Si facevano pagare in commissioni fisse. Ancor oggi, che vincano o perdano (coi soldi vostri), ha poca importanza: loro incassano per ogni transazione che operano a vostro nome. A volte comprano e acquistano coi soldi vostri, solo per accrescere il loro onorario.
Diversi anni fa, a New York, un povero risparmiatore di nome Guy R. Pierce affidò il suo modesto gruzzolo, 3 mila dollari, agli agenti Richard, Ellis & Co. Nel giro di un mese, Pierce ritrovò il proprio patrimonio ridotto a 110,98 dollari in liquidità e 50 dollari in azioni. Come scoprì il giudice a cui il malcapitato si rivolse, il suo agente era giunto ad operare sul conto del cliente, in un mese, “fino a 15 acquisti di un solo titolo per complessivi 31 mila dollari, e altrettante vendite di quel solo titolo per oltre 26 mila dollari. In un caso il broker vendette allo scoperto un titolo per ricomprarlo lo stesso giorno, perdendo in entrambe le transazioni”. Per questa splendida performance, la Richard, Ellis & Co. addebitò a Pierce commissioni per 1022 dollari. Il capitalismo terminale, finanziario, come tende a retribuire il minimo possibile il lavoro, così tende a non retribuire il risparmio. In ogni caso, la sua vittima predestinata è il lavoratore-produttore, colpito da due parti: da salariato, e da risparmiatore. Il risparmio è una sciagura, di questi tempi. Come Pinocchio, incauto, mostra al Gatto e alla Volpe i suoi zecchini d’oro, così accade a voi risparmiatori quando mettete il denaro risparmiato in banca. In tal modo, il Gatto e la Volpe sono al corrente di quanto avete.

Da quel momento, hanno un solo pensiero: portarvi via i soldi. Già il bancario allo sportello, ben istruito, vi fa’ notare che tenete cifre troppo grosse sul conto corrente, che non rende niente (ma non è la banca a fare in modo che non renda niente?). Mettetelo nei nostri fondi, il vostro capitale. Che rendono il 3, il 5.
Detratte, come ovvio, spese e commissioni. A Pinocchio, il Gatto e la Volpe parlarono di un favoloso orto, dove gli zecchini, seminati, avrebbero generato alberi di zecchini, con frutti d’oro.
Voi risparmiatori venite convinti, né più né meno di Pinocchio, che quel campo dei miracoli esiste.
E dove sia, lo sa solo il gestore. Invece, se proprio le cose vanno bene – se la Borsa sale, una situazione in cui anche gli inesperti guadagnano – il gestore sì farà fruttare il vostro risparmio il 7, anche il 18%; ma a voi, fateci caso, sarà attribuito il 4, o il 14%. Il resto, arricchisce i gestori.Se le cose vanno male in Borsa e il gestore (come sareste capace di fare anche voi) perde, il danno è tutto vostro.
Non rivedrete più il vostro capitale. Ve ne daranno due o tre motivi. Primo: “non le conviene uscire adesso”. Secondo: “il suo capitale, in questo momento, non è liquido” (i titoli non sono realmente liquidi, ossia vendibili in tempi di crisi, di calo rapido dei corsi: nessuno li compra). Fino al terminale argomento: “il suo capitale è perduto. Non sapeva di averlo impiegato in un investimento a rischio?”.
E’ il metodo del Gatto e della Volpe. Il vostro capitale, per loro, è un fastidioso passivo: perché devono pagarvi qualcosa, un interesse, un frutto, sborsandolo di tasca loro.
L’attivo, per loro, non è il vostro capitale, sono i frutti che loro possono introitare, moltiplicati, dal vostro risparmio. Quelli, se li tengono loro quanti più possono. Ma allora che fare? Lasciare i soldi in banca, su conto corrente che non rende niente? Perché almeno sono liquidi, cioè li potete ritirare in ogni momento?
Ah, poveri imperdonabili Pinocchi: voi ignorate tutto della banca, ignorate i trucchi del credito, ignorate gli impegni che avete assunto quando avete messo i soldi in banca. E’ appunto sulla vostra ignoranza che ingrassano i finanzieri, gli speculatori, i banchieri. Il trucco comincia lì, proprio nella banca.
La banca vi fa’ credere che presta il vostro denaro ad attività produttive. Se avete messo 100.000 euro in deposito, essa presta – vi fa’ credere – i 100.000 euro a un imprenditore che chiede un fido. Così spiega la forbice fra il tasso passivo che paga a voi – l’1 per cento d’interesse, che con l’addebito delle spese diventa lo 0 per cento, o addirittura un interesse negativo (e voi già ci perdete, per il solo fatto di aver affidato i soldi alla banca) – e il tasso attivo che fa’ pagare all’imprenditore, indebitandolo: il 7%, magari il 12 o più.

Voi credete che questo sia il lucro della banca: 7 meno 1, 12 meno uno. In percentuale su quei 100 mila euro, fa’ un guadagno di 7mila o 12mila. Un po’ eccessivo, ma insomma la banca corre dei rischi: l’imprenditore può diventare insolvente, la banca ha delle spese. Il lucro è legittimo. Così credete voi.
Ma la banca, sul vostro deposito, in realtà lucra non il 7 ma il 28%, non il 12 ma il 48%. La banca ha davvero scoperto il campo moltiplicatore degli zecchini; solo, non ve ne fa partecipi. A voi, riconosce solo l’1 per cento. Come avviene?
Dov’è il trucco? Il trucco è: quando voi depositate in banca 100 euro, la banca può creare fra i 10 e i 20 prestiti da 100 euro ciascuno: ossia “crea” moneta per mille o duemila euro. Nei paradisi fiscali, dove non si richiedono riserve obbligatorie, anche di più, fino a 10 mila euro. E su tutto quel denaro inventato e dato a prestito la banca lucra gli interessi.
Ma come fa’ la banca, obietta Pinocchio, a prestare denaro che non ha in cassa? Può perché sa che i depositanti non ritireranno tutti insieme la totalità dei loro depositi, né i debitori realizzeranno di colpo i loro fidi. Lo faranno a poco a poco, secondo necessità; lo faranno per lo più emettendo assegni, non ritirando contanti. Basterà il flusso di cassa (il debitore paga gli interessi con denaro vero) per consentire alla banca di pagare contanti ai depositanti, relativamente pochi, che chiedono soldi veri.
Per mantenere il pubblico nell’illusione che la banca è solvente, che i soldi li ha. Ma quei soldi, non sono altro che scritture contabili. Tra l’85 e il 95% del denaro circolante è creato dalle banche. Attraverso l’apertura di credito. Moneta-credito. Moneta scritturale, come si dice nel gergo della banca. O anche, in America: moneta creata dall’aria, fiat money. O come dice Maurice Allais, l’unico economista Nobel affidabile: moneta creata ex nihilo. “Ex nihilo”: può essere più chiaro? Ezra Pound, che aveva compreso il trucco, ne era diventato quasi pazzo nello sforzo di avvertirne il pubblico, di gridarlo in versi ruggenti, di svegliare Pinocchio, l’ingannato, dalla sua auto-illusione. Citava di continuo la definizione che l’Enciclopedia Britannica, monumento del pensiero politicamente corretto, dava della banca: “la banca lucra gli interessi dal denaro che crea dal nulla”. Ogni banca, avendo in cassa depositi per cento euro, paga per quel deposito l’1 per cento; poi ne presta almeno 400 al 7%, lucrando 28 euro di interessi. Si può essere più chiari di così? Ma Pinocchio continua a dormire: noi, voi. Pound sapeva anche questo, e citava una frase che il primo lord Rotschild avrebbe pronunciato nel 1861: “pochissimi capiranno il sistema, e quelli che lo capiranno saranno occupati a far soldi. Il pubblico probabilmente non capirà che è contro il suo interesse”. E’ così. Talora, in certi momenti roventi della storia economica, specie in Usa, le banche hanno creato denaro dal nulla in percentuali enormi, senza il più flebile rapporto coi depositi di cui avevano l’affidamento. In quei rari momenti, tragici crack che rovinavano milioni di uomini e donne, il loro bluff è stato rivelato: troppi depositanti si sono precipitati allo sportello per riprendersi i soldi, e si è visto che la banca, quei soldi, non li aveva. Ma da tempo hanno imparato la quota di espansione della moneta falsa che non inquieta i gabbati risparmiatori.

Nei paesi europei, questa quota è fra quattro e sei volte i depositi. Da noi per esempio, con una riserva obbligatoria del 15%, le banche possono, su depositi ammontanti a 2 milioni di euro, fare crediti per 11.333.333 milioni: quasi il sestuplo. E sulla differenza, 9.333.333, la banca estrae gli interessi.
E’ denaro falso. E’ denaro vuoto. Ma il denaro, anche falso, comanda il lavoro: l’imprenditore che ha ottenuto un fido fa’ sgobbare gli operai e funzionare i macchinari, per guadagnare tanto da restituire i ratei del capitale con gli interessi. Così il denaro vuoto si riempie con la vera fonte della ricchezza, che è il lavoro e il sudore degli uomini. Ma così, la banca preleva continuamente un tributo occulto su tutte le attività produttive dell’uomo. Ogni lavoratore, ogni imprenditore, è suo schiavo. Basta che la banca espanda il credito (crei pseudo-capitale) e vedrete i lavoratori accelerare il ritmo, sudare e affannarsi come burattini impazziti per pagare gli interessi sul debito, su quel denaro falso; basta che restringa il credito, e i lavoratori saranno licenziati a migliaia.
Anche se noi, personalmente, non prendiamo a prestito denaro dalle banche, tuttavia paghiamo degli interessi, senza saperlo, come consumatori. Infatti ogni prezzo che paghiamo, ogni merce o servizio che compriamo, contiene un certo ammontare di interessi. Margrit Kennedy, una economista del centro-studi Hermann Institut Deutschland, ha provato a determinare la quota d’interessi che paghiamo (alle banche) per alcuni servizi pubblici in Germania. Per la raccolta dei rifiuti (un’attività che impiega poche macchine e molta manodopera), tale quota è il 12% del prezzo. Per l’acqua potabile, il 38%. Per l’edilizia popolare, il 77%. In media, su tutti i beni e i servizi, paghiamo il 50% di interessi. Nei tempi medievali, i sudditi pagavano al signore feudale, o alla Chiesa, “la decima”, ossia solo il 10% dei loro introiti. Oggi paghiamo cinque volte la decima ai prestatori di capitale. Il feudalesimo non è tramontato; s’é rafforzato, sotto altra forma. La sola salvezza sarebbe non stare al gioco. Ridurre l’indebitamento delle famiglie e delle industrie, e degli Stati. Ma le banche non lo consentono: esse vogliono indebitare il mondo, perché il mondo lavori per esse. Ecco perché Ezra Pound scrisse quella frase strana, per avvertirci: “un popolo che non s’indebita fa’ rabbia agli usurai”. Perché sarebbe ben possibile allo Stato emettere moneta libera da interessi, moneta liberatrice dalla schiavitù delle banche e dalla necessità d lavorare per le banche.
Ma questa prerogativa è, in Europa, positivamente vietata dal Trattato di Maastricht, nell’articolo 104.
Perché le banche indebitano, in modo primario ed essenziale, i governi. Gli Stati. Questi non possono stampare moneta; devono emettere Buoni del Tesoro, titoli in cui riconoscono il loro debito, e consegnarli alla Banca Centrale, che emette moneta per un valore pari ai titoli emessi. In tal modo, anche sulla moneta della nazione la banca – perché la Banca Centrale è dovunque proprietà privata delle banche – preleva un interesse, i frutti dei Buoni.

Solo pochi statisti hanno osato stampare moneta di Stato, non gravata da interessi. Quei pochi, pochissimi, hanno provato sul loro corpo la rabbia degli usurai. Nessuno di loro è morto tranquillo nel suo letto. Alla fine del 1862 Abramo Lincoln ebbe bisogno di 449 milioni di dollari di allora per finanziare la guerra di secessione, in pieno corso. Le banche si offrirono di creare quella moneta con il solito metodo: ma chiesero il 30% d’interesse, per via dei rischi della guerra che rendevano lo Stato debitore a rischio d’insolvenza. Lincoln allora ricorse al potere che gli veniva dalla costituzione americana, articolo 1: sottopose al Congresso, che l’approvò, la proposte di emissione di banconote di Stato (greenback), prestito che il popolo può fare a se stesso, senza pagare gli interessi. In piena guerra, si videro l’agricoltura e l’industria nordiste tornare a fiorire. Il lavoro umano, comandato da denaro abbondante, riempì quei biglietti di ricchezza reale. Nel 1864 Lincoln si ricandidò alla presidenza, dichiarando pubblicamente la sua intenzione di continuare ad emettere moneta di Stato, invece che acquistarla ai banchieri di Londra.
Secondo una tradizione difficile da controllare, il superbanchiere londinese sir Goschen (ebreo) disse ai suoi pari: “se questa insana politica finanziaria perdurasse, quel governo fornirà la propria moneta a costo zero. Non avrà alcun debito. Avrà tutto il denaro necessario per i suoi commerci. Questo governo dev’essere distrutto, o distruggerà ogni monarchia del mondo”. Era l’inizio del 1865. Il 14 aprile dello stesso anno, Lincoln cadeva sotto le revolverate di un sicario.
Era accaduto già ad Alexander Hamilton, il segretario al Tesoro di George Washington, fondatore della banca nazionale americana, emettitrice di banconote di Stato: fu ucciso in duello, non ancora cinquantenne, da uno spadaccino professionale. Sarebbe accaduto anche a Hitler, colpevole di aver ridotto al minimo le transazioni valutarie nei commerci internazionali, sostituendolo con un sistema di scambio di merci fisiche.
Anche su Ezra Pound, come sappiamo, calò la vendetta degli usurai. Egli aveva cercato di proclamare al mondo il trucco del capitale: i soldati americani lo esposero in una gabbia nella Pisa liberata. Poi, per 13 anni, fu recluso in manicomio. Il più grande poeta americano.
Fonte: “Il Potere del denaro svuota le democrazie”, di Giano Accame, ed. Settimo Sigillo