Il nuovo tempio dei mercanti di morte: la legittimità delle leggi rende la morte un diritto, il suicidio una scelta e lo sterminio la soluzione
Coloro che si ritengono saggi dicono che per disporre di una vita piena si deve almeno una volta morire prima del tempo…… direi che di questi tempi ce la stanno mettendo proprio tutta per adempire a questa strampalata presa di posizione. 🙁
Toba60
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Il nuovo tempio dei mercanti di morte
La vita umana è ora ufficialmente svalutata a favore della redditività e del controllo, e la cosiddetta “medicina moderna” si sta trasformando in una macchina fredda e disumanizzata, pronta a somministrare la morte sotto la falsa veste della benevolenza e del progresso. E come sempre, dipingo un quadro desolante del modo in cui le società contemporanee, apparentemente illuminate, si stanno avviando sulla strada della barbarie sistematizzata, mascherata da progresso scientifico e sociale. Il sacrificio degli innocenti, un tempo proibito e reso pubblico sotto forma di sanguinosi rituali d’altri tempi, viene ora eseguito nella segretezza dei reparti ospedalieri e sotto la legittimità delle leggi, rendendo la morte un diritto, il suicidio una scelta e lo sterminio la soluzione.

Duemila anni fa, nei cortili del tempio di Gerusalemme, tutti gli animali venivano dissanguati in nome del sacro. Oggi gli esseri umani vengono dissanguati ovunque in nome del progresso. Abbiamo chiuso il cerchio. La barbarie ha sostituito i coltelli con le siringhe, i sacerdoti sanguinari con medici zelanti, i rituali grotteschi con protocolli “umanisti”. Le menzogne sono diventate più sofisticate, la crudeltà più medicalizzata, ma la sostanza rimane la stessa, e la stessa casta di impostori sacrifica la vita per consolidare il proprio potere.
Dietro i sorrisi gentili dei colossi farmaceutici sionisti si nasconde una macchina implacabile, abilmente orchestrata da un’élite sfuggente, impunita eppure ben nota, le cui motivazioni hanno più a che fare con il dogma talmudista che con la scienza. Con il pretesto del progresso medico, questa industria è diventata il braccio armato di un’ideologia tanto fredda quanto arcaica, in cui l’essere umano non è più un paziente ma una variabile da eliminare se si discosta dai criteri di utilità gestiti dagli algoritmi. La cura, un tempo atto di compassione, sta tornando a essere uno strumento di selezione, controllo e persino di eliminazione, come lo era sotto la mano del medico nazista Mengele.
Quindi il diritto alla vita deve davvero essere bilanciato dal diritto di morire sotto prescrizione medica? A che punto abbiamo deciso che il suicidio assistito è una soluzione, non un fallimento? A che punto dobbiamo odiare la vita per fare della morte un servizio pubblico? Questo mondo non si preoccupa più, smista. Non ascolta più, accorcia. Non capisce più la sofferenza, la esegue. Non tende più la mano, ma la siringa.
E quando istituzioni sovranazionali come l’Unione Europea, sotto la docile penna di personaggi come Ursula Von der “la Iena”, stendono spudoratamente il tappeto rosso per queste pratiche, sostituendo la storia europea con quella dei rabbini della sinagoga ribelle, la patina democratica si sgretola per rivelare un programma sottilmente velato di turpe ingegneria sociale. Il fallimento delle controverse campagne vaccinali non li ha rallentati, li ha solo spinti a raddoppiare il loro cinismo e la loro crudeltà. Ora non curiamo più, selezioniamo, sopprimiamo, “razionalizziamo” la sofferenza in nome di un futuro asettico che solo i “degni” avranno il diritto di abitare.
Gli odierni mercanti di morte, come i mercanti del tempio, hanno scambiato le corna per i feti, gli olocausti tribali per le guerre interminabili, l’incenso per i pesticidi, i riti sanguinosi per le iniezioni fredde e silenziose, i direttori di laboratorio per i patent killer. Non sacrificano nemmeno più per un dio, ma semplicemente per il loro ombelico, per la loro ideologia totalitaria, per la loro ossessione di controllare le masse, per il loro desiderio di profitto che non potrà mai essere soddisfatto. Non hanno anima, ma solo interessi. Le loro mani non tremano, eseguono. Il moderno Ippocrate non è altro che un mercenario del globalismo. Cura alla sola condizione di non disturbare il sistema e, soprattutto, di farlo ingrassare. Se è necessario uccidere per rispettare gli standard, lui uccide. La chiama persino compassione.
D’ora in poi, i loro crimini si vestiranno di candore, scivolando in discorsi rotondi, sorrisi falsi e linguaggio asettico. L’eutanasia, l’aborto tardivo, l’assistenza medica in fin di vita, le cure palliative attive, ecc. sono tutti ottimi modi per cancellare la vita senza assumersene la responsabilità. E osiamo ancora parlare di “progresso”? No, questo non è progresso, è il ritorno della barbarie. Questa è la morte, organizzata metodicamente, confezionata eticamente e venduta con il timbro dello Stato. È l’eugenetica ridenominata, commercializzata e sponsorizzata da una medicina della morte che pretende di offrire conforto.
È una versione moderna dello sterminio di massa, vestita con una facciata di progresso e benevolenza, ma che in realtà seleziona ed elimina coloro che sono considerati “inutili” o “devianti”. La medicina, un tempo dedicata alla guarigione, è stata trasformata in uno strumento avido, freddo e calcolatore, che somministra morte con il pretesto di alleviare, liberare e rispettare le scelte “personali”. Questo sistema, basato sulla perversione e ormai istituzionalizzato, trasforma la vita umana in una merce da gestire, mascherando l’omicidio sotto la maschera del benessere e della dignità.

L’eugenetica del Terzo Reich non è morta, è stata riabilitata e resa redditizia. È persino finanziata, come nel caso dei battaglioni nazisti in Ucraina e dei loro biolaboratori americani. Ha indossato una cravatta, un colletto bianco, un gergo asettico, un atteggiamento benevolo sostenuto da una massiccia propaganda. Non urla più, sussurra, persuade, infantilizza. Ma l’obiettivo di base è lo stesso: selezionare, eliminare e purificare gli esseri viventi, rimuovere gli indesiderabili dal file. Chi è troppo vecchio è diventato inutile. Quelli troppo malati sono diventati troppo costosi. I bambini imperfetti sono diventati irredimibili. E gli sfortunati, quelli che non si adattano a questo mondo senza vita, ora devono essere aiutati a morire per “rispettare la loro scelta”.
Perché tutto questo viene fatto in nome del Bene. Il bene degli azionisti, il bene degli eredi degenerati, dei decadenti politicizzati. Questa è la parte più oscena. Non è più nemmeno una barbarie vergognosa, è diventata una barbarie trionfante. Si ostenta, si congratula, si copre di premi e medaglie. Chiama le sue vittime beneficiari e celebra la propria capacità di eliminare chi si rifiuta di sostenere. Questo mondo non celebra più la vita. La gestisce, la corregge e la cancella. Tradisce i bambini, la natura, la cura e il sacro. Distrugge l’umanità e fabbrica individui come produce prodotti. E quando il prodotto disturba, lo distruggiamo. Quando le persone soffrono, le sopprimiamo. Quando la vita grida, la soffochiamo sotto un cuscino di argomenti sanitari.
La vera medicina, che allevia e guarisce, è morta. Ciò che rimane è un meccanismo di gestione degli esseri umani come prodotti di scarto di un produttivismo esacerbato. Questi burocrati della dolce morte, trasformati in funzionari dell’eliminazione, non auscultano più, ma registrano. Non decidono più con la loro coscienza, ma con fogli di calcolo Excel e direttive di agenzia. E se c’è ancora un soffio di vita, si assicureranno che venga spento in modo rapido, pulito ed efficiente, ma non certo con dignità. E guai a chi rifiuta questo abominio chiamato progressismo. Il medico che ancora cura con fede, che ancora crede nel valore di ogni respiro, sarà cacciato come un eretico. Oggi la verità è diventata un crimine in questo impero della menzogna. L’umanità è vista come un arcaismo e la disobbedienza è percepita come un pericolo per questa casta degenerata.
Quindi sì, diciamolo senza mezzi termini: questo mondo è diventato un tempio rovesciato, una religione di morte. E i suoi moderni sacerdoti, in camice o in giacca e cravatta, sono molto peggio di quelli di ieri, perché sanno quello che fanno e lo fanno con orgoglio. Perché quello che chiamiamo “progresso” è solo un camuffamento. Una patina liscia e lucida su fondamenta marce.
La loro visione del progresso, nella sua forma più perversa, non è più una leva per elevare l’umanità, ma uno strumento per diminuirla, riducendola a criteri utilitaristici. Ciò che resta della vita umana è ora misurato in termini di efficienza, redditività e produttività. Gli individui sono diventati variabili di un’equazione economica, elementi intercambiabili di una macchina sempre più disumana. Non si vive più, si sopravvive! E la sopravvivenza viene venduta come un’opzione, iniettando il veleno della scelta, annientando il libero arbitrio divino, come se l’essere umano dovesse essere etichettato sulla scala del mercato.
La sacralità della vita è stata definitivamente stravolta da un piccolo gruppo di arroganti malfattori che sguazzano nell’impunità delle loro leggi. Tutto è diventato una transazione. La sofferenza può essere solo un costo da ridurre. Una vita può essere solo un numero da ottimizzare. L’aborto, un tempo visto come un tragico atto di omicidio, è ora celebrato come un “diritto” indiscutibile.
La scelta di uccidere un bambino non ancora nato viene glorificata sotto le spoglie della libertà e della liberazione. L’eutanasia, pur ammantata di promesse di compassione, viene trasformata in una soluzione legale e “razionale”, come se la morte potesse essere razionale. Ogni nuovo atto che distrugge la vita viene ammantato di innocenza e chiunque si opponga a questa logica è ora un “arcaico”, un “regressivo”, un “reazionario”, un antisemita… Questo mondo è diventato un inferno silenzioso dove i demoni indossano camici bianchi e distribuiscono la morte con un sorriso educato.
Ma la loro perversione va ben oltre, perché la medicina non è più una vocazione. È diventata un’industria senza legge che si nutre solo della sofferenza umana. È diventata un’economia di morte in continua espansione. Coloro che un tempo cercavano di curare l’anima e il corpo sono ora semplici tecnici della biopolitica, addestrati a gestire la vita come si gestiscono le azioni.
Non è più l’individuo che conta, ma la macchina del denaro. Gli ospedali, un tempo luoghi di conforto e speranza, sono diventati fabbriche in cui le vite vengono trasformate in costi e le morti in statistiche. Lo scopo del trattamento non è più quello di curare, ma di “fare soldi”, di “stabilizzare”, di “razionalizzare” il destino dei pazienti in scatole che non tengono conto della dignità umana o del desiderio di vivere.

Il confine tra uomo e macchina diventa sempre più labile. Non si tratta più di trattare l’essere umano nella sua interezza, ma di trasformarlo in un ingranaggio attivo di un sistema più ampio da schiacciare. Prevediamo, calcoliamo, ottimizziamo. E quando gli esseri umani si dimostrano troppo fragili, troppo complessi, troppo incerti, vengono infantilizzati, screditati e poi eliminati, con l’arroganza di chi sa cosa è “buono” per loro. Perché in fin dei conti la vita umana, per come la vedono loro, è solo un altro dato da manipolare. Diventa un prodotto come un altro, usa e getta, sostituibile, programmabile, come ha detto Harari ai leader del WEF. La scelta dei vivi, degli ultimi esseri umani, dei portatori di anima e di coscienza, non trova spazio in questo mondo oscuro. Conta solo il sistema, quello che trasforma la carne in una risorsa e la coscienza in una funzione.
Peggio ancora, l’industria della morte non si nasconde più, si glorifica. La fine della vita umana, l’omicidio in tutte le sue forme, non è più un atto nascosto e vergognoso, ma un “diritto” sancito dalla legge, celebrato come un progresso sociale. Il suicidio assistito è ora legale, l’eutanasia è diventata un programma, l’aborto è stato costituzionalizzato. Ciò che un tempo era moralmente riprovevole è ora sancito nel marmo di questa società decadente, come se la morte potesse davvero essere un’opzione, una scelta legittima in un mondo in cui si finge di ignorare la disumanizzazione dilagante che accompagna questo “diritto di morire”. I bambini, quegli innocenti, sono ormai contratti, prodotti da comprare, avvelenare, progettare, modellare e smaltire a piacimento. La vita non ha valore in questa tragica indifferenza in cui tutto è permutabile.
Viviamo in un mondo in cui il significato stesso della vita è stato diluito, sostituito da una logica di opportunità, potere e profitto. La sofferenza non è più un grido da ascoltare, ma una situazione da regolare. Gli esseri umani non sono più soggetti, ma oggetti di cui disfarsi quando il loro valore di mercato è scaduto. Il rispetto per la vita, quella nozione fondamentale che per lungo tempo ha incarnato l’essenza stessa della nostra umanità, è ora una vestigia, un’idea antiquata che dovrebbe essere sradicata per far posto a una società più “efficiente”, più “razionale”, più disumana. In questo modello, l’empatia e la compassione sono diventate variabili trascurabili, sacrificate sull’altare della redditività, perché ciò che conta è soprattutto l’efficienza, il profitto e l’eliminazione dei costi umani non necessari. Questa è la razionalità del mercato, della redditività, della mancanza di cuore.
È giunto il momento di sollevare il velo su questa cosiddetta “civiltà” che pretendiamo di aver costruito. L’industria farmaceutica, alleata con i poteri politici, si sta trasformando in un mostro insaziabile, un dio disumanizzato il cui unico culto è la redditività. La medicina, un tempo atto di guarigione, ora non è altro che uno strumento di selezione, una fredda burocrazia che giudica, classifica ed elimina. Sotto la maschera della benevolenza, si amministra la morte, si schiaccia l’individualità e si sostituisce l’umanità con gli algoritmi. Coloro che sostengono la sacralità della vita sono ormai anacronismi, intrusi in un mondo in cui siamo noi a decidere chi merita di vivere e chi deve morire.
Questo non è progresso, è regresso. Non è libertà, è dittatura sotto mentite spoglie. La barbarie è stata perfezionata: non grida più, sorride. È la barbarie 2.0, smaterializzata, igienizzata, ma altrettanto assassina e ancora più cinica. L’umanità non si è evoluta, si è pervertita. Questo mondo non ci eleva più, ci schiaccia. La cosiddetta luce del progresso non è altro che un velo di oscurità, dove tutto ciò che respira, tutto ciò che ama, tutto ciò che cerca ancora di vivere, è condannato a conformarsi, a sottomettersi o a scomparire. Siamo a un bivio: o riprendiamo le redini della nostra umanità o sprofondiamo irrimediabilmente nell’abisso della disumanizzazione totale. Resta quindi da chiedersi se vogliamo vivere o semplicemente esistere in un mondo impazzito, dove la morte è ormai celebrata come una liberazione.
Phil BROQ.
Fonte: jevousauraisprevenu.blogspot.com
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