toba60

Gustavo Adolfo Rol dal Profondo dell’Anima

Dopo i primi articoli introduttivi e’ giusto entrare nei dettagli su quanto ha fatto in vita Gustavo Rol, nei paesi Asiatici e nord Americani mi hanno chiesto qualcosa in piu’ su di lui, alcuni non lo conoscevano, altri ne avevano sentito parlare e la cosa che più’ mi ha fatto piacere e’ che il loro interesse e’ nato attraverso le pubblicazioni inserite all’interno del magazine.

E’ un articolo molto bello e spero possa essere a tutti gradito, essendo molto lungo (Ma il contenuto sono sicuro non vi farà‘ accorgere della cosa) l’ho aggraziato con delle immagini fantastiche, che potrete scaricare e inserire nel vostro desktop e che vi terranno compagnia nel vostro incedere nella lettura.

Ci sarà‘ qualche pubblicita’ e se qualcosa vi può’ interessare sappiate che comperando attraverso i banner, aiutate il magazine a mantenersi e se proprio non vi serve nulla, un caffè’ nelle donazioni e’ uno stimolo a proseguire nel mio lavoro ma non sentitatelo come un dovere, sono ugualmente contento della vostra visita e spero tanto sia a voi tutti Gradita.

Toba60

Gustavo Rol un nostro Grande Amico

Chi era veramente Gustavo Rol? Lo hanno definito sensitivo, medium, mago, indovino e molto altro ancora. Egli però rifiutava di essere incluso in una qualsiasi di queste categorie. 
Io sono una persona qualsiasi. Non ho niente a che vedere con i medium, i guaritori, gli spiritisti. Quello è un mondo lontano dalla mia mentalità.

I miei modesti esperimenti fanno parte della scienza. Sono cose che in un futuro tutti gli uomini potranno realizzare. Ho sempre protestato di non essere un sensitivo, un veggente, medium, taumaturgo o altro del genere. È tutto un mondo, quello della Parapsicologia, al quale non appartengoanche se vi ho incontrato persone veramente degne ed animate da intenzioni nobilissime. Non credo di essere un medium nel senso letterale della parola e neppure un sensitivo. Forse posseggo doti di una intuizione profonda ed istintiva, e di questo mi sono accorto fin da quando ero ragazzo”.

Gustavo Adolfo Rol è considerato il più grande “sensitivo” del XX secolo. Il termine però, come abbiamo visto, non è sufficiente a darne una definizione. E questo perchè nell’epoca attuale, perlomeno in occidente, manca completamente la figura del Maestro Spirituale, così come non è dato trovare, anche laddove Maestri Spirituali ve ne siano, qualcuno che tra essi abbia conseguito lo stato di Illuminazione o Risveglio. Gustavo Rol faceva parte di questa categoria di Uomini, estremamente rara a trovarsi in tutte le epoche e oggi probabilmente estinta. Forse Rol è stato uno tra gli ultimi “esemplari” che abbia messo piede sul pianeta terra…

Nel corso della sua lunga vita, durata 91 anni (1903-1994), è venuto in contatto con grandi personaggi della storia del Novecento: Einstein, Fermi, Fellini, De Gaulle, D’Annunzio, Mussolini, Reagan, Pio XII, Cocteau, Dalì, Agnelli, Einaudi, Kennedy e tanti altri. Il suo ruolo è stato quello di mostrare l’esistenza di “possibilità” (come lui chiamava questi “poteri” che di fatto corrispondono alle siddhi della Tradizione indù) che possono essere conseguite da ogni essere umano. In generale, le possibilità di Rol spaziavano dalla visione a distanza (lettura di libri chiusi, visione di cose che si trovano in un altro luogo o di ciò che accade in un altro luogo) ai viaggi nel tempo (con escursioni nel passato e nel futuro) sperimentati da parte dei presenti all’esperimento, dalla veggenza selettiva(osservazione dell’aura energetica che circonda il corpo umano, utile all’identificazione di malattie) all’endoscopia (la visione dell’interno del corpo umano).

Era in grado di agire dinamicamente sulla materia, cioé poteva spostare a distanza oggetti di qualsiasi genere ( telecinesi ), o materializzarli e smaterializzarli ( apporti / asporti ), sapeva prevedere gli eventi futuri ( precognizione) e conoscere il passato di una persona (chiaroveggenza ), leggeva nel pensiero (telepatia), era in grado di guarire persone ammalate anche molto distanti (tra i sistemi usati anche quello della pranoterapia) o trovarsi in due luoghi differenti nello stesso momento ( bilocazione ), poteva attraversare superfici solide (ad es. pareti) o far attraversare superfici solide a qualsiasi oggetto, così come poteva estendere o ridurre il corpo fisico a piacimento.

Durante i suoi esperimenti potevano verificarsi epifanie di spiriti, che contribuivano alla dinamica degli esperimenti. Questi spiriti non erano però quelli dei defunti, anzi Rol sosteneva fermamente che i defunti non fossero tra noi. Ciò che gli uomini chiamano spiriti, non sono altro che i residui psichici lasciati dai defunti al momento della morte. Infatti, così come viene lasciato un residuo organico alla morte del corpo, viene anche lasciato un residuo psichico. Questo residuo è stato chiamato da Rol “spirito intelligente”, ed ogni Tradizione Metafisica sa di cosa si tratta.

Per Rol ogni cosa ha uno spirito, però quello dell’uomo è uno spirito intelligente, per le superiori possibilità che la sua natura gli ha conferito. Il rapporto tra Rol e gli spiriti non aveva nulla a che vedere con questioni medianiche, si trattava invece di qualcosa non molto diverso da alcune pratiche egizie e sumero-babilonesi. Infine, Rol produceva altri due tipi di fenomeni particolari, e cioé la proiezione a distanza di figure o scritte(soprattutto a grafite) su ogni genere di superfice e la pittura a distanza (che potremmo chiamare telepittura) – dove pennelli e spatole si libravano per aria da soli e dipingevano in pochi minuti quadri di pregevole fattura con l’aiuto dello “spirito intelligente” di un pittore scomparso (Ravier, Picasso, Goya, etc.). 
Questi non sono che i fenomeni principali, essendovene molti altri (ce ne sono almeno 49), tra cui la levitazione, l’agilità, la traslazione, la glossolalia e l’azione post-mortem.

Dunque, chi era Rol? Era un Maestro Spirituale il cui risveglio della Luce interiore gli ha permesso di espandere le normali possibilità umane. Che ruolo ha avuto? Quello di confermare la presenza un’entità in un’epoca di grande materialismo e quello di incoraggiare ogni uomo ad intraprendere il suo stesso cammino al fine di dimostrare che il divino non è irraggiungibile e non è lontano dall’uomo, ma è alla sua portata quando egli desideri cercarlo. Ha inoltre indicato nella Scienza (la Scienza Sacra, quella dell’Armonia, sintesi di tutte le scienze) la Via da seguire: “È così che ho sperato che fosse proprio la Scienza ad aiutarmi a riconoscere e codificare queste mie sensazioni che sono certo ogni uomo possiede, e sarà la Scienza stessa a rivelare queste facoltà e promuoverle in tutti gli uomini…Ogni cosa ha il proprio spirito le cui caratteristiche stanno in rapporto alla funzione della cosa stessa. Quello dell’uomo però è uno “spirito intelligente” perché l’uomo sovrasta ed è in grado, per quanto lo riguarda, di regolare, se non di dominare, gli istinti che sospingono incessantemente tutto ciò che esiste e si forma. Questa prerogativa dell’uomo è sublime e tale la riconoscenel preciso istante che egli la percepisce. Ho definito coscienza sublime ogni impegno volto a raggiungere, sia pure attraverso la materia, dimensioni fuori della consuetudine. Ammesso che la genialità faccia ancor parte dell’istinto, i prodotti della genialità appartengono invece a quella libertà di creare che è prerogativa dello “spirito intelligente” dell’uomo, quindi ben oltre l’istinto stesso. Questa considerazione sarebbe sufficiente a comprendere l’esistenza dell’anima la quale si identifica poi in quell’armonia universale alla quale contribuisce e partecipa.

Così, con un piede da questa parte e l’altro poggiato sull’infinito, mi sembra quasi di essere un ponte gettato fra le due età e sotto di me scorre l’universo come fluida materia che seco travolge impetuosamente il ridicolo delirio dell’uomo di volersi imporre o sottrarre a decreti che lui stesso ignora. Ed a quanti mi chiedono di rivelare il mezzo col quale si manifestano tanti stupefacenti fenomeni, rispondo che la mia forza sta nel tenere i piedi ben saldi sulla terra. Ammettere e conoscere la realtà, predispone a possibilità le più insperate, le più incredibili, avendo qualsiasi realtà infiniti risvolti. La conoscenza della realtà, poi, è di grande aiuto nel reperire ed interpretare i preziosi simboli che ci stanno intorno e ci illuminano costantemente. Il mio desiderio è sempre stato quello di avere la Scienza collaboratrice per la necessità che ho di conoscere l’esistenza e valutare l’”assoluto” al fine di saper dirigere la ricerca nel paranormale. Chi non ha creduto in me senza conoscermi o, peggio ancora, chi mi avvicinò, col deliberato proposito di poi denigrarmi mettendomi nel fascio di tutto il paranormale di cui non si può o non si vuole ammettere l’esistenza, ha commesso un’azione delittuosa della quale dovrà rispondere ad un’entità che certamente ignora.

Fin da giovanissimo mi sentii portato ad un’osservazione profonda di ogni cosa, anche delle più insignificanti, trovandomi così a meditare su di esse, forse nell’istintiva ricerca del rapporto fra gli avvenimenti ed i fattori che li compongono e dei legami che intercorrono fra cosa e cosa proprio come le fibre dello stesso tessuto. Mi trovai così a conseguire un’abitudine mentale ove l’intuizione ed il ragionamento collaborano in stretta armonia nella ricerca di quella verità Unitaria alla quale mi sembrano tendere, in nobilissima gara, l’Etica, la Politica, le Arti e tutte le scienze in genere. Era quindi inevitabile che io mi spingessi oltre le norme consuetudinarie del vivere e mi adoprassi per una necessità inderogabile ad agevolare il mio cammino con mezzi che Lei definirebbe paranormali, mentre io li considero di natura strettamente ortodossa. Non esiste quindi un mio “incontro” col PN, termine che mi suona estraneo, in quanto io ritengo che a chiunque segua la strada da me percorsa vengano offerte le mie stesse possibilità.

È umano che tutto ciò che si distacca dalla realtà venga immediatamente tradotto sul piano delle nostre necessità, fisiche o spirituali che siano. Ed è più logico che ad un individuo che agisce contro le norme consuetudinarie del vivere, ad uno che riesca a vincere le leggi della gravità, che può sconvolgere la logica della matematica, che è in grado di annullare il tempo e lo spazio, si chieda poi di guarire un male incurabile, di conoscere il futuro, di mandare la pallina della roulette nel numero desiderato. Se non interessa di fermare la pallina della roulette su un numero, ci convinciamo però che è possibile irrobustirci nel carattere e trovare così i mezzi, con l’ausilio dello spirito immortale, appunto per questa sua prerogativa egli scopre di avere in sé i mezzi che lo rendono onnipotente. E questo è il principio per il quale il meraviglioso si giustifica nel divenire accessibile. Se poi vogliamo attribuire a Dio il verificarsi del miracolo, non è difficile ammetterlo:Dio è presente dappertutto, quindi anche in noi, e il miracolo diviene logico. Anche colui che non crede in Dio può essere incluso nel miracolo, poiché il miracolo avviene in virtù dello spirito che sta in quel ‘qualcuno’. Allo stesso modo il miracolo avviene con chi non ammettesse di possedere uno spirito, anche se le possibilità sono più scarse. Per coloro che sono credenti, questa è una prova della misericordia di Dio. Io credo che questo prorompere della verità segua proprio quello stato di graziache ha la prerogativa di un dono. Che cos’è che allora l’uomo percepisce? Che cosa gli viene rivelato in quell’attimo di profonda intuizione che sembra non aver fine, ove s’accorge di non essere più la creatura terrena legata a scelte che lo condizionano, ma un Essere della cui immortalità è divenuto improvvisamente cosciente?

Lo scetticismo che sovente cela intenzioni e altri sentimenti negativi non favorisce certamente quel misterioso processo costruttivo della cui ragione etica gli editori non si interessano. Essi ritengono che il grosso pubblico non ami una certa filosofia; quel che fa vendere il giornale o il libro è la presentazione di fatti che stupiscono, non di cose che creano problemi.
Mi sono definito”la grondaia che convoglia l’acqua che cade dal tetto”. Non é quindi la grondaia che va analizzata, bensì l’acqua e le ragioni per le quali “quella Pioggia” si manifesta. Non é studiando questi fenomeni a valle che si può giungere a stabilirne l’essenza, bensì più in alto dove ha sede lo ‘spirito intelligente’ che già fa parte di quel Meraviglioso che non é necessario identificare con Dio per riconoscerne l’esistenza.

Nel Meraviglioso c’è l’Armonia riassunta del Tutto e questa definizione é valida tanto per chi ammette quanto per chi nega Dio. Io ritengo che gli scienziati non abbiano alcun motivo di interessarsi a me perché conoscono o intuiscono la mia estraneità al campo delle loro ricerche. Dichiaro di non essere in grado di disporre a mio piacimento dei fenomeni che si manifestano attraverso di me nei limiti di una rigidissima morale e scevri da qualsiasi coercizione peculiarità. Per questo ogni controllo ne verrebbe frustrato.Sono rimasto stupito come in un libro di Piero Angelasiano state riferite su di me cose inesatte e falsificate, insinuando dubbi perfettamente gratuiti. Chi si atteggia a uomo di studio deve essere giusto e obbiettivo, ma se non lo fa è un grave rischio che non gli consiglio di correre perché la Verità, pur di imporsi, possiede mezzi implacabili e presto o tardi li usa.

Meglio rimanere ignorato da una Scienza ufficiale che non è in grado, per ora, di comprendermi, piuttosto che venire meno a quei principi ai quali mi sono sempre ispirato e con i risultati che tutti conoscono. Certamente un rapporto tra spirito e materia esiste: la Scienza non lo conosce, io appena lo intuisco e lo posso dimostrare, ma non come lo voglio e come mi si chiede di farlo. Una collaborazione con la scienza io la invoco, senza quel presupposto di sfiducia che non offende la mia trascurabile persona bensì la conoscenza che ho raggiunta e che è già patrimonio della Scienza di Domani. Questo mio modo di vivere mi lasciò, in un primo momento, il timore di rimanere solo, isolato. Poi, invece, intravvidi un futuro dove altri uomini seguiranno con me la strada che vado tracciando per una evoluzione la cui meta è un’Umanità liberata da ogni male.”

Esperimenti e prodigi

La fenomenologia di Gustavo Rol si divide essenzialmente in due categorie: da un lato quelli che lui chiamava esperimenti, dall’altro una vasta antologia di prodigi di ogni tipo. Gli esperimenti venivano svolti attorno ad un tavolo, a casa sua o a casa di altre persone. Il numero dei presenti andava, di norma, tra le cinque e le dieci persone. Gli “strumenti di lavoro” erano generalmente costituiti da fogli bianchi extra strong e da comuni mazzi di carte da gioco. Sia i fogli che le carte spesso erano ancora nuovi, ancora impacchettati nei rispettivi involucri. Talvolta era qualcuno dei presenti (spesso uno scettico) che portava da casa, o comprati nuovi, suoi mazzi o suoi fogli. Attraverso questi due soli strumenti, di cui si servivano tutti i presenti in modo casuale a seconda degli argomenti di cui si parlava, Rol metteva in atto numerose varianti su di uno schema di fondo prestabilito, così come può fare un jazzista che improvvisa un motivo inedito ma che ha come base l’inconfondibile ritmo jazz. Maggiore era l’armonia tra i presenti, migliore era la “musica” suonata…

Remo Lugli, autore di Gustavo Rol. “Una vita di prodigi”, è stato testimone di molti incontri e dà una fedele descrizione della tipica serata da esperimenti:

«Le serate si dividevano di solito in due parti: prima una chiacchierata, poi gli esperimenti. Si discorreva almeno per un’ora; ed era soprattutto Rol che impostava la conversazione affrontando un tema o filosofico o di attualità. Oppure ricordava gli anni della gioventù… (…) Ma c’erano anche serate in cui gli piaceva scherzare, dimenticava i discorsi seri e si metteva a raccontare barzellette. E sapeva essere molto divertente. A un certo punto, in genere verso le 23, finiva la prima parte della serata. Rol proponeva di lasciare le poltrone e si passava al tavolo, che era sempre coperto da un panno verde, il suo colore preferito, quello che gli aveva dato ispirazione nei suoi primi esperimenti. (…)

L’atmosfera, diciamo paranormale, si scaldava con le carte. Davanti a lui erano allineati non meno di otto mazzi da poker, ognuno con il dorso di colore e disegno diverso, quasi sempre nuovissimi perché l’intenso uso li deteriorava facilmente, oppure erano da conservare perché diventati “testimoni” di un particolare esperimento con una o più scritture apparse tra i semi senza il diretto intervento suo. Poteva capitare che, di fronte a un mazzo ancora avvolto nel cellophane, avesse l’estro di far partire la serata proprio da quello: stabilita una carta, sulla omologa racchiusa faceva comparire un proprio segno di matita lasciando l’involucro intatto e senza toccarlo. (…) I mazzi li maneggiava poco, li faceva sempre mescolare e alzare ai presenti. (…) Gli esperimenti di Rol con le carte da gioco – erano esperimenti e non «giochi», questo bisognava ben rammentarlo – venivano fatti a volte in sequenza rapida come una esplosione pirotecnica. Bellissimi, eleganti, a vederli si restava stupiti ma al tempo stesso con la sensazione che fosse una cosa naturale, facile. Ad esempio: faceva mescolare sette mazzi di carte e da un ottavo mazzo faceva scegliere una carta, poniamo il sette di picche. Passava una mano sul dorso dei sette mazzi allineati e poi scopriva di ognuno la prima carta:

erano tutte sette di picche! Oppure: posava sul tavolo un mazzo aperto a ventaglio con il dorso in alto e il suo indice gli scorreva sopra, ad arco, come una lancetta d’orologio. “Datemi l’alt” diceva. Allo stop, il dito si abbassava sulla carta sottostante che veniva estratta. Era, poniamo, il tre di fiori. Davanti a lui erano allineati sette mazzi tutti preventivamente mischiati, tutti con le figure coperte. Ne prendeva uno e con un gesto rapido lo lanciava sul piano del tavolo in modo che le carte si distendessero allineate lungo una retta. Risultavano tutte col dorso, eccetto una che presentava la figura: ed era il tre di fiori. Non si erano ancora spente le esclamazioni di meraviglia dei presenti, che Rol lanciava ad uno ad uno gli altri sei mazzi e tutte le file si allineavano mettendo in mostra ognuna una carta girata: il tre di fiori.»

Il primo libro dove si parla diffusamente di Gustavo Rol è Gusto per il Mistero,dello scrittore Dino Segre, in arte Pitigrilli. Ecco alcuni degli esperimenti da lui visti:

«Intanto avevo promesso ad amici romani di presentare loro il dottor Rol. La prima reazione di questo stranissimo uomo è rispondere no. Ma poi, per non dispiacere a un amico, rettifica la sua decisione: “Che però non mi chiedano esperimenti”.
“Non ti chiederanno esperimenti”.
Conviene preparare l’ambiente: raccomandazione indispensabile: Non chiedetegli esperimenti.


Linea di condotta da seguire: Dottor Rol, non le chiediamo di presentarci i suoi esperimenti. Ci spieghi di che si tratta.
“Che cosa volete che vi spieghi? Mandate a comperare alcuni mazzi di carte”.
[Il fattorino dell’Hotel si precipita ad acquistare i mazzi. Al suo ritorno i presenti assistono ad alcuni esperimenti. Rol dice ad uno di loro:] “Lei si metta in tasca un mazzo; quello che crede. Si abbottoni la tasca. Apra l’altro, scelga una carta qualunque. La guardi. E ora, col suo lapis o con la sua penna, disegni nell’aria una parola, o la sua firma, o una cifra. Sulla carta ancora chiusa nel pacco, abbottonata nella tasca, e corrispondente a quella che ha scelto, troverà la parola che lei ha scritto nell’aria con la sua penna o con il suo lapis”. La persona che si presta scieglie una carta, il quattro di fiori, per esempio, disegna nell’aria una firma; apre il pacco; cerca il quattro di fiori; la firma, eseguita con quel lapis, attraversa la carta».

«Una sera eravamo in casa del giornalista pittore Enrico Gianeri-Gec. (…) Dopo alcuni esperimenti Rol disse:”Gec, lei mi è simpatico; finora ha visto esperimenti di primo e secondo grado. Le offro qualcosa di più. Prenda un mazzo di carte qualunque, lo tenga stretto tra le sue mani. Ripeta la seguenti parole” (e gli recitò una formula che non trascrivo). Il giornalista ripeté la formula e tutte le carte del mazzo furono proiettate a ventaglio come se contenessero esplosivo.
“Ora raccolga una carta qualunque: che è?”
“Dieci di picche”, rispose Gec.
“In quale carta vuole che io la trasformi?”, chiese Rol.
“In asso di cuori”, rispose il giornalista.


“La fissi e dica queste parole”, e Rol pronunciò una frase. Gec ripeté, impallidì, dovette sedersi. La carta che teneva tra le mani si scolorì, diventò grigia, una pallida macchia rosea si delineò al centro, si fece rossa, un cuore si disegnò. Chiamammo gli amici che nella sala accanto giocavano a bridge e la padrona di casa che, nella sua camera da letto mostrava a un’amica i suoi ultimi acquisti. Nessuno sapeva dell’esperimento, ma tutti alla domanda “che carta è’?” furono concordi nell’affermare che si trattava di un asso di cuori; esattamente come l’asso di cuori che era presente nella serie».

«Una sera, nello studio dell’avvocatessa Lina Furlan, Rol invitò il professor Marco Treves, docente d’università e direttore del manicomio di Torino. “In questa scatola” disse Rol “io pongo un foglio di carta piegato in quattro e un pezzo di grafite di lapis (mostrò la carta bianca e la grafite). Chiudo la scatola. Tutti voi appoggiate le vostre mani. E ora lei, professore, mi dica una frase qualunque”. Il professore citò un verso di Dante: “Amor che a nullo amato amar perdona”. “Sollevate le mani, aprite la scatola e leggete”, disse Rol. Sul foglio era scritto il verso di Dante».

Una buona descrizione di esperimenti con le carte la troviamo nel periodico Quaderni di Parapsicologia del 26 gennaio 1970, diretto dai Dottori Piero Cassoli e Massimo Inardi del Centro Studi Parapsicologici di Bologna. Qui di seguito alcuni esperimenti commentati dal Dr. Cassoli: «Rol mi fa scegliere, mescolare e tagliare un mazzo che rimane davanti a me. Egli è distante da me più di un metro; fa prendere da un mazzo una carta al fratello del Dr. B. “La getti in aria e la lasci cadere!” gli dice. La carta cade con la faccia coperta. “La metta sul tavolo come sta”. “Ne prenda un’altra e la getti in aria”. Questa ricade a terra con il seme visibile: è il dieci di cuori. Rol a me: “Getti le sue carte sul tavolo, forza, via, come stanno!” Le getto facendole scorrere una sull’altra. Tutte sono coperte. Nel bel mezzo del mazzo una carta sola appare scoperta e visibile: il dieci di cuori».

«Rol mi dà un mazzo da mescolare e tagliare. Lo pongo davanti a me. Con altro mazzo e con tecnica varia viene indicato il quattro di cuori. Rol mi dice di porre la mia mano sul mio mazzo, di chiudere gli occhi, di cercare di vedere, di visualizzare un quattro verde e di pronunciare ‘Hamma Hemma’. Fatto ciò mi dice: “Tagli il mazzo”. Apro gli occhi e taglio.

Taglio proprio esattamente dove c’è il quattro di cuori rovesciato, cioé con la carta a seme visibile, mentre tutte le altre sono regolarmente volte con la faccia in basso».
«Mi fa scegliere un mazzo di carte, me lo fa mescolare e tagliare, poi mi fa dire un numero, per esempio 20. Mi fa togliere 20 carte dall’alto del mazzo, poi mi fa fare alcuni mazzetti colle carte rimanenti. Fa scegliere ad un altro uno dei mazzetti (lui non tocca mai le carte, che d’altra parte sono lontane da lui). Mi dice: “Dica un numero!” “Dico 8” – “scelga le prime otto carte del mazzetto indicato” – Eseguo – “Ora disponga una carta nel centro e quattro attorno” – Eseguo – “Metta una mano sulla carta di centro” – Eseguo – “Chiuda gli occhi” e pensi intensamente al verde… Dica con me Hamma Hemma (ed altre parole che non ricordo)… Raccolga ora le quattro carte in cerchio” – Raccolgo – “Ora le faccia vedere”. Sono un bellissimo poker d’assi».

«Rol chiede due libri alla padrona di casa a sua scelta. Gli vengono portati: “Cesare Pavese: Lettere 1924-1944” e, sempre dello stesso autore: “La bella estate” Edizioni Einaudi. Dapprima egli sembra poco convinto della possibile riuscita dell’esperimento; sfoglia un libro, il primo, come per prenderne “possesso”, il tutto per pochissimi minuti; poi mi chiede di esprimere un pensiero, quello che voglio, o un desiderio. Io dico ad alta voce “Desidererei di tornare a Torino”. Rol allora prende un mazzo, lo distende sul tavolo sgranato coi semi delle carte in alto, ben visibili. Poi da sinistra coll’indice teso comincia a scorrere verso destra abbastanza celermente, dopo aver chiesto alla signora B di fermarlo quando ella vorrà. Per tre volte si ripete la corsa del dito sulle carte e per tre volte l’alt della signora fa fermare il dito sulle carte quattro, otto, quattro. Rol allora dice: “Guardate a pagina 484”.

Io eseguo e leggo ad alta voce la prima pagina indicata: “Voi abbiate desiderio di tornare a Torino” !! (la frase completa, dalla pagina precedente era: “Mi meraviglia molto, mi stupisce che voi abbiate desiderio di tornare a Torino!”). Poco dopo, si stava chiaccierando, durante una brevissima pausa e il Dott. Inardi stava dicendo “Sono le tre ed io devo partire per Bologna alle sei, è inutile che io vada a dormire, altrimenti non riuscirò a svegliarmi in tempo per la partenza. Preferisco passare tre ore in stazione”. Rol dice: “Proviamo con una parola detta ora, per esempio “dormire”. “Vediamo se questa parola c’è nell’altro libro di Pavese (ed indica il secondo, “La bella estate”). Solita tecnica come per l’esperimento precedente, con cifre uscite dal mazzo nell’ordine asso, due, asso (1 – 2 – 1). A pagina 121 del libro, prima riga si leggeva: “-tevano dormire” (nella pagina precedente vi era “non po-tevano dormire”».

Nel 1966 esce un libro che raccoglie episodi e personaggi relativi a vari fenomeni paranormali. È Universo proibito, (SugarCo editore) di Leo Talamonti, che racconta qualche episodio del suo incontro con Rol: «Fu nel marzo 1961 che incontrai per la prima volta il dr. G. Rol. Gli avevo telefonato da Milano nel pomeriggio di un mercoledì, e si era rimasti d’accordo che ci saremmo incontrati in casa sua due giorni dopo, cioé il venerdì successivo, alle 21,30. Ma io anticipai la partenza e giunsi a Torino nelle prime ore pomeridiane del giovedì.

Ero appena sceso in un alberghetto scelto a caso tra i numerosi della zona di Porta Susa, quando fui raggiunto da una sua telefonata assolutamente inattesa: “Ho cambiato idea: venga pure questa sera, alla stessa ora che avevamo fissato per domani”.
“Ma lei come fa a sapere che sono già arrivato e che mi trovo in questo albergo?”
“Stavo disegnando a carboncino e la mano ha scritto automaticamente il suo nome, aggiungendo l’indicazione: albergo P., stanza 91”.
Elementi, nella normalità, ignoti al sensitivo. Quando mi presentai a casa sua… avevo con me una delle solite cartelle di cuoio con vari incartamenti… mi apostrofò con queste parole: “Vedo che la sua cartella contiene due articoli sulla telepatia, già pronti ma non ancora pubblicati. Argomento interessante”. “Era vero, ma come faceva a saperlo? Senza darmi il tempo di proseguire, disse: “L’avverto però che l’episodio riguardante Napoleone, di cui lei parla nel secondo articolo, contiene una inesattezza. Posso dargliene la prova”». E infatti Rol gliene dette la prova mostrandogli alcuni testi di storia e documenti specifici.

Nel 1975 Talamonti pubblica Gente di Frontiera, Mondadori, con un capitolo intero dedicato a Rol. Qui racconta di quando nel 1961 andò a trovarlo per fare il servizio giornalistico accompagnato da un fotografo: «Il mio improvvisato collaboratore non sapeva nulla dell’enigmatico signore che andavamo a intervistare; immaginarsi dunque come sgranò gli occhi quando il dottor Rol si rivolse a lui con queste domande, dopo averci introdotti nel suo studio: “Lei è sposato da pochi mesi, vero? E la sua mogliettina è bruna, con occhi neri?”. “Sì, ma come diavolo…” ” Aspetti. Come mai si sente sempre mezzo addormentato? Come ora, ad esempio. Lei soffre di astenia, e lo sa perché? Glielo dico io. I motivi sono parecchi, ma in primo luogo c’è l’appendicite cronica di cui soffre: non è vero, forse?”. “Sì, ma lei come fa a sapere tutte queste cose? Mi ha fatto spiare?”. (…) Ora mi dica: è vero che lei ha vinto 37.000 lire al totocalcio? Però ha perso molto di più, se tiene conto di tutte le somme che ha giocato in parecchi anni. Mi creda: non è il caso di insistere.”

Stavolta lo stupore aveva addirittura bloccato le facoltà di reazione verbale del giovanotto, il quale volgeva non più a Rol, ma a me, i suoi occhi spalancati, pieni di inespresse domande». L’episodio con il fotografo continua in “Universo Proibito”: «…dopo di che ci condusse nella sua ben fornita biblioteca, e ci pregò di scegliere a nostro piacere quanti libri volessimo, per un certo esperimento. Prendemmo a caso dei volumi in varie lingue, poi lo seguimmo in una stanza più grande, dove il nostro ospite si pose a sette-otto metri da noi; e qui si verificarono alcune cose che nessuno spirito positivista potrà mai credere. Io indicavo a caso – col dito, senza precisare il titolo – qualcuno dei libri che il giovanotto reggeva ben chiusi sotto il braccio, pregando al tempo stesso il nostro ospite di “leggere” alla tale pagina e al tal rigo; e la stessa cosa faceva a suo turno il fotografo, nei riguardi dei libri che avevo portato con me. Ad ogni richiesta, il dottor Rol, con sicurezza e precisione, leggeva nel punto indicato del libro ben chiuso, e subito dopo noi controllavamo l’esattezza della lettura. Non riuscimmo mai a prenderlo in fallo. Per evitare la possibilità che egli ci imponesse mentalmente la scelta delle pagine, ne stabilimmo i numeri sulla base del valore di certe carte scelte a caso da mazzi ben mescolati.

Ci alternammo nella scelta dei testi; ripetemmo l’esperienza fino a stancarci; infine ci arrendemmo all’evidenza». E così si conclude di nuovo in “Gente di Frontiera“: «Poco prima che ci congedassimo dal nostro ospite, questi sedette un momento alla scrivania, scarabocchiò qualcosa su un foglio e coperse lo scritto con la mano; subito chiamò accanto a sé il fotografo e lo pregò di dire un numero qualsiasi. “Di quante cifre?” chiese il fotografo. “Come preferisce”, disse Rol. “Allora facciamo 753”, decise il giovanotto. “Strano: lo avevo già scritto”, rispose Rol mostrandogli il foglio. Era vero».

Il primo libro dedicato esclusivamente a Gustavo Rol, e l’unico uscito quando era in vita, è quello del giornalista Renzo Allegri, Rol l’incredibile (poiRol il mistero), Musumeci editore, del 1986. Eccone alcuni stralci:

«Un giorno invitai a casa mia Rol per fargli vedere un quadro che avevo appena acquistato. So che non ama certa pittura contemporanea, ma, poiché è un grande intenditore d’arte tenevo molto al suo giudizio. Accompagnandolo in salotto gli dissi: Ecco il quadro. “Non mi piace” disse subito Rol e aggiunse: “Te lo scarabocchio”. Estrasse la sua famosa matita e la puntò contro il quadro tracciando dei segni nell’aria. Per carità non farlo, gridai io. Mi è costato un sacco di soldi. Corsi verso il quadro per vedere se Rol me lo avesse rovinato, ma non notai nessun segno. Meno male che non hai combinato disastri, esclamai sollevato. “Prova a togliere quel quadro”, disse ancora.”Lo tolsi e sul muro c’era un vasto scarabocchio a matita. Rol aveva risparmiato il mio quadro; ma aveva manifestato il suo dissenso scrivendo sul muro sotto il quadro».

«A volte Rol ‘scrive’ anche sui tovaglioli delle persone che stanno ai tavoli vicini. Lo fa solo quando è sollecitato dagli amici, che vogliono divertirsi. Mi hanno riferito che uno di questi è Federico Fellini. Quando si trova a Torino, il riferito regista va sempre a salutare Rol. Poi lo invita a pranzo e infallibilmente gli chiede di ‘scrivere’ a distanza, sui tovaglioli di certi commensali. Rol si rifiuta, dice che non riesce a fare qualcosa che altri vorrebbero, ma poi finisce per cedere. Fellini sceglie certi signori corpulenti, che pranzano con il tovagliolo puntato sul petto sporgente. “Scrivigli qualche epiteto spiritoso”, suggerisce a Rol. Il sensitivo traccia dei segni per aria e sul tovagliolo bianco del tranquillo commensale appaiono le frasi più strane, spesso pungenti. 


Quando il ‘bersagliato’ se ne accorge protesta con i proprietari del ristorante. Qualcuno si arrabbia, minaccia e Fellini si diverte un mondo. Un medico mi mostrò una tovaglia con una rosa disegnata sopra, una rosa in un vasetto di vetro. “Rol disegnò la rosa”, mi disse il medico “che era sul nostro tavolo, e mi donò la tovaglia’ aggiunse. Gli feci osservare che mancava il vasetto. “Sei proprio incontentabile”, disse Rol “Tieni bene sollevata la tovaglia” aggiunse. Così a un metro di distanza, sotto gli occhi delle persone che erano al tavolo con noi, il vasetto venne tracciato per aria e apparve immediatamente sulla tovaglia, completando il disegno».

«Un tale mi mostrò un quadro e mi disse: “Me lo regalò Rol. Qui, nell’angolo, c’era una dedica, che io mostravo con orgoglio a tutti i miei amici. Un giorno io e Rol ci bisticciammo per telefono. Lui si arrabbiò parecchio e dopo avermi aspramente rimproverato mi disse: “Mi sono sbagliato su di te. Quello che ho scritto nella dedica sul quadro non è più vero, perciò lo ritiro”. Pensavo che con quelle parole intendesse semplicemente ripudiare il contenuto della dedica; invece come al solito parlava in senso realistico. Terminata la turbolenta conversazione telefonica, passai davanti al quadro e con enorme meraviglia constatai che la dedica di Rol era sparita. Non era rimasta neppure la traccia di quella scritta”».

In casa della signora V., amica di Rol: «Rol era particolarmente euforico. Passando vicino a un tavolo, vide che c’erano le cartelle della tombola. Prese il sacchettino di stoffa contenente le pedine numerate, ci mise dentro la mano e, rivolto a me, disse: “Mi dica un numero”. “Venticinque”, risposi. Estrasse un numero, ed era il venticinque. “Un altro numero”, disse ancora Rol. “Sette”, risposi. E Rol estrasse il sette. Si continuò così per sette, otto numeri, senza che ne sbagliasse uno. Poi rivolto al fotografo, disse: “Proviamo con lei”. E ripeté anche con il fotografo lo stesso gioco cinque sei volte senza sbagliare. “Oggi sono in forma”, disse e ripose il sacchetto dei numeri della tombola».


Allegri racconta la dinamica di uno degli esperimenti più tipici di Gustavo Rol: «Distribuì dei fogli di carta perfettamente bianchi. Li osservai attentamente: erano comuni fogli di carta, tolti da una risma intonsa. Ci invitò a piegarli alcune volte e a riporli al centro del tavolo. Uno di quei fogli isolato, contrassegnato e consegnato a me con l’invito di mettermelo in tasca. Lo controllai ed eseguii. A questo punto Rol chiese ai presenti di indicare un argomento. Ci consultammo e decidemmo di parlare di arte. “Sta bene” aggiunse Rol. “Parliamo pure di arte”. Si cominciò col dire che l’arte proviene dal pensiero, che è possibile dividerla in arte antica e arte moderna, arte classica e arte astratta. Rol chiese che gli dessimo una definizione di arte classica e arte astratta. Una signora disse: “L’arte classica proviene dall’espressione del pensiero”. “È una definizione non proprio ortodossa” disse Rol, “comunque va bene. Ora chiediamo all’Enciclopedia Treccani una definizione dell’arte astratta. Attraverso le carte, in modo che sia il caso a decidere, sceglieremo due numeri di due cifre ciascuno: il primo indicherà il volume dell’enciclopedia, e il secondo la pagina di quel volume. Ebbene, la prima riga della pagina che indicheranno i numeri scelti a caso, dovrà iniziare con una frase che sia una risposta logica alla domanda: ‘Da dove proviene l’arte astratta?’”. La prima carta estratta era un 2 e la seconda un 3: il primo numero quindi era il 23; il secondo risultò essere il 22. “Allora”, disse Rol “dobbiamo controllare il volume ventitreesimo a pagina 22”. Fu portato il ventitreesimo volume della Treccani: alla prima riga della pagina 22 leggemmo: ‘dalla metafisica del pensiero’. “È una buona definizione”, disse Rol. “L’arte astratta proviene dalla metafisica del pensiero. È un concetto che non mi dispiace. Mi faccia vedere il foglio che ha in tasca”, disse rivolto a me. Me ne ero dimenticato. Lo presi, e al centro a matita c’era scritto: ‘dalla metafisica del pensiero’: la stessa frase indicata nell’enciclopedia dai numeri scelti a caso. Rol sorrise guardando il mio stupore. Poi volle firmarmi il foglio a ricordo di quell’esperimento».


In un’altra occasione, Allegri è accompagnato da un suo collega giornalista, molto scettico, che riceverà una bella lezione: «Con il solito procedimento, Rol fece scegliere uno dei fogli bianchi che avevamo piegato e posto sul tavolo, ne prese uno e lo diede al mio collega dicendogli di metterselo nel portafogli. Il mio amico lo prese, lo osservò bene e poi disse: “Al posto di questo foglio, potrei mettere quest’altro?”, e mostrò un foglio di carta intestata del nostro giornale Gente. Rol sorrise. “Lei non si fida di me” disse. “La risma di carta da cui abbiamo tolto i fogli è stata comperata oggi in un supermercato di Torino. Non c’è nessun trucco. Comunque metta pure in tasca il foglio che lei ha portato dal giornale”. L’esperimento continuò più o meno con lo schema di quelli che ho già riferito. Giunti al momento in cui Rol alza la matita di bambù e traccia dei segni nell’aria, ci fu un attimo di pausa. Rol ebbe come un ripensamento. 
“Venga qui da me” disse al mio collega. Gli mise la penna in mano e fece il gesto di tracciare dei segni nell’aria guidando la mano del mio collega. Poi lo rimandò al suo posto. “Prenda il foglio che ha in tasca e lo esamini”, disse Rol. Quel mio amico aveva sul volto un sorriso pieno di soddisfazione. Era certissimo che su “quel” foglio, quella sera, non sarebbe apparsa nessuna scritta. Tolse il portafogli dalla tasca. Estrasse il foglio piegato. Lo esaminò per rendersi conto che fosse ancora piegato come quando lo aveva riposto. Lo aprì, lo osservò e impallidì tremendamente. “Cosa c’è?”, chiesi preoccupato. Quasi balbettando, il mio collega disse: “Ma questa è la mia scrittura”. Al centro del foglio, che era quello autentico, di carta intestata del giornale, appariva la frase pronunciata dallo ‘spirito intelligente’ che, poco prima durante la seduta, si era manifestato a Rol. La frase era scritta con la grafia inconfondibile del mio collega».

Dino Buzzati ha scritto in diverse occasioni di Rol sul Corriere della Sera. Il 2 agosto 1964, in un articolo intitolato L’albergo salvato dal mago, ci racconta una storia legata all’Hotel du Cap, ad Antibes in Costa Azzurra, dove Rol era ospite: «Monsieur André mi fece entrare nel suo studio degno di un vecchio ammiraglio. Ecco gli album coi ricordi dell’Hotel du Cap. Le facce e i nomi più famosi d’Europa. Sfogliando, a un certo punto André Sella fermò il dito sul volto di un bellissimo uomo nel fiore della vita. “Giorgio Cini – disse -. Si ricorda? Settembre 1949… E questo qui è il dottor Rol, il mago di Torino, lei ne avrà sentito parlare”. “Infatti”. “A lui devo la vita. Giorgio Cini era qui all’albergo con Merle Oberon, sua fidanzata, doveva partire il giorno dopo per Venezia. Ma la sera, a pranzo, Rol mi toccò un braccio e mi disse: ‘Quel Cini ha la morte molto vicina’. Niente di più; ma io sapevo chi fosse il dottor Rol. Ho avuto paura. Ho trovato un pretesto per non partire… La mattina dopo ho accompagnato Cini all’aeroporto di Nizza. Lo aspettava il pilota personale. Decollaggio perfetto. Mentre mi avviavo all’uscita seguivo l’aereo con gli occhi, così, per istinto. E pochi istanti dopo non vedo staccarsi netta un’ala e l’apparecchio venire giù a piombo? Quando sono arrivato sul posto, era un orrore, nessuno lo avrebbe potuto riconoscere. Poi le scene, lei può immaginare, Merle Oberon come pazza. E io salvo”».

Il 6 agosto 1965, in un altro articolo sul Corriere della Sera, porta alcune testimonianze di Federico Fellini. Quella che segue ricorda quella già sperimentata da Gec: «Per aver disobbedito, Fellini stette male, per due giorni non riuscì né a mangiare né a dormire. “Mi fa scegliere una carta da un mazzo. Era, mi ricordo, il 6 di fiori. ‘Prendila in mano’, mi dice, ‘tienila stretta sul tuo petto e non guardarla: ora in che carta vuoi che la trasformi?’. Io scelgo a caso. Nel 10 di cuori gli dico. ‘Mi raccomando’, ripete lui ‘tienila bene stretta e non guardarla’. Lo vedo concentrarsi, fissare con intensità spasmodica la mia mano che tiene la carta. Intanto io penso: perché mai non devo guardare? Sì, me lo ha proibito, ma il tono non era tanto severo. Che me lo abbia detto apposta per indurmi a trasgredire? Insomma, non resisto alla tentazione. Stacco un po’ la carta dal petto e guardo. E allora ho visto… ho visto una cosa orrenda che le parole non possono dire… la materia che si disgregava, una poltiglia giallastra e acquosa che si decomponeva palpitando, un amalgama ributtante in cui i segni neri dei fiori si disfacevano e venivano su delle venature rosse… A questo punto ho sentito una mano che mi prendeva lo stomaco e me lo rovesciava come un guanto. Una inesprimibile nausea… E poi mi sono trovato nella mano il 10 di cuori”».


E poi: «Ed eccoli al parco del Valentino, Rol e Fellini, in un pomeriggio sonnolento. Contrariamente al solito, Rol è malinconico, parla poco, insegue certi suoi sconosciuti pensieri. Si siedono in silenzio su una panchina. Più in là, seduta a un’altra panchina, una “nurse” dormicchia con dinanzi la carrozzella del bambino. Sopra la carrozzella si mette a girare un grosso calabrone. “Guarda là” dice Fellini “bisogna andare a cacciare via quella bestiaccia”. “No, non occorre” risponde Rol, e tende la mano destra in direzione dell’insetto. Uno schiocco di dita, e il calabrone cade a piombo, fulminato secco. “Ah, mi dispiace”, deplora l’uomo misterioso e affascinante. “Mi dispiace. Questo non dovevo fartelo vedere!».

Il prof. Diego de Castro, ex-direttore dell’Istituto di Statistica dell’Università di Torino in un articolo su La Stampa del 20.08.1978: «Rol, in piena luce, verso le 13, fece questo esperimento in casa di mio suocero dove era stato invitato a colazione. Non a casa sua. Preso da me, a caso, un libro tra una trentina di volumi ugualmente rilegati: scelte da me tre carte da un mazzo ch’era in casa, per determinare il numero della pagina, mi fece mettere il libro sul petto e intonare una specie di nenia (oh, oh, oh) per alcuni secondi. 

Non toccò mai il libro che risultò poi essere di Victor Hugo. Disse in francese (traduco): “I valentinesi dormivano con i loro orsi”. Il primo verso della pagina scelta con le carte diceva: “I valentinesi dormenti con i loro orsi”. Il libro non era mai uscito dalle mie mani, la sua scelta e la scelta della pagina erano casuali: ignoravo che libro fosse. Trucco? Chiedo la spiegazione, anche perché ripetemmo l’esperimento con un libro tedesco e uno italiano con gli stessi risultati».

Jader Jacobelli, giornalista, su La Stampa del 19 ottobre 1994, (La magia e la forza di Dio): «Frequento da trent’anni la Valle d’Aosta e Saint Vincent in particolare. Il dottor Gustavo Rol (…) trascorreva le sue vacanze d’agosto al Grand Hotel Billia con la sorella. Si era quindi stabilita una certa amicizia pluriennale, ma sempre un po distaccata perché non amava i giornalisti. Ho assistito, quindi, a tutta la straordinaria serie di esperimenti con mazzi di carte intonsi che si faceva dare dal barman. “Preferisco le carte – diceva – perché non pongono problemi, dato che voi credete che ci sia il trucco, anche se non si vede”. Uno di questi esperimenti, a cui ho assistito più di una volta, era piuttosto inquietante. Senza aprire il mazzo di carte si faceva dire un numero da 1 a 40. Poi poneva la sua mano sul mazzo che sembrava avere un fremito. Consegnava poi il mazzo ad uno dei pochi presenti perché l’aprisse e mostrasse la carta corrispondente al numero indicato. La carta appariva bucata di fresco da un punteruolo».

Il noto scrittore cattolico Vittorio Messori sullo speciale Sette del Corriere della Sera, ottobre 1994, racconta: «Si conversava, un giorno (era con me Giuditta Dembech) nel grande salone stile Impero, in attesa di trasferirci nell’ambiente attiguo per gli “esperimenti”. Si venne a parlare di quel Cottolengo dove Rol (mi dicono) era una presenza abituale e benefica e che, come si sa, non vive che di ciò che, giorno per giorno offre la Provvidenza. Sapevo bene che non aveva mai voluto approfittare per sé delle sue capacità inspiegabili. Ma per qual motivo non per gli altri? “Dottor Rol”, gli chiesi dunque, “perché, con questa sua possibilità, mille volte provata, di ‘prevedere’ ciò che uscirà da un mazzo di carte o da una roulette, non sbanca un casinò? Perché non sottrarre qualche miliardo a quegli speculatori per dirottarli verso chi ne ha bisogno?”. Sorrise e lasciò cadere la domanda. 


Poco dopo, ci sedemmo attorno al gran tavolo antico. Lui era a un capo, io a un altro, a notevole distanza uno dall’altro. La luce nell’ambiente era piena: non era ancora del tutto buio e i lampadari di cristallo erano accesi. Dopo qualche incredibile quanto consueto – per lui – “esperimento” con le carte, mi si rivolse all’improvviso: “Caro amico, voglio rispondere alla sua domanda. Si alzi, nel cassetto di quel tavolino troverà una risma di fogli bianchi. Ne prenda alcuni, li esamini uno ad uno, ne controlli la filigrana in controluce. Poi li ripieghi in quattro e li infili nella tasca interna della sua giacca. E chiuda bene il bottone!”. Eseguii, ritornai al mio posto. Rol non si era mosso dal suo, non ci si era sfiorati. Per un attimo piegò la testa all’indietro, “scrisse” nell’aria con una sua matita – famosa tra i suoi frequentatori – rivestita di bambù. Subito dopo mi disse di estrarre dalla giacca i fogli bianchi che avevo controllato a uno a uno e che io solo avevo toccato. Sul foglio più interno stava scritta, a matita, la risposta alla mia domanda: “Sarebbe una beneficienza fatta senza sacrificio, quindi non avrebbe valore alcuno (qui, una parola indecifrabile, n.d.r.) dello spirito di Rol”. Volle che gli consegnassi il foglio: con la stessa matita (anche se in carattere più marcato) e con la stessa calligrafia – era inconfondibilmente sua quella “apparsa” di colpo nella mia tasca, quasi che la grafite si fosse depositata venendo dall’aria – scrisse: “Proprietà del dottor Vittorio Messori, 11 aprile 1989. R”. Lo arrotolò e me lo consegnò “per ricordo”».

Nel 1993 Giuditta Dembech pubblica il secondo volume di Torino Città Magica, edizioni l’Ariete. Un ampio capitolo è dedicato a Gustavo Rol. Eccone un estratto:

Sta parlando Rol: «È venuto da me Tullio Regge, era accompagnato dalla moglie, da un professore di medicina, molto famoso e da un’altra persona. Hanno portato loro delle carte, non si è mai utilizzato nulla di mio. Durante lo svolgersi dell’esperimento mi hanno fatto stare con le mani dietro allo schienale della mia sedia. Non ho mai toccato nulla. Regge mescolava le carte tenendole nascoste sotto al tavolo. Io gli ho detto: “Pensi ad una carta. La pensi soltanto, non la cerchi”.
“L’ho pensata”
“Allora metta il suo mazzo sul tavolo”
“Posso cambiare la carta che ho già pensato? sceglierne un’altra?”
“Certamente, la cambi pure…”
“Allora va bene, ne ho scelta un’altra”
“Mescoli ancora le sue carte”. Io avevo sempre le mani dietro allo schienale della sedia.
“Ora posi le carte sul tavolo e tagli pure nel punto che preferisce…” Salta fuori l’asso di fiori.”È quella che ho pensato in un secondo momento… Lo rifaccia!”
“Non posso rifarlo, io non sono Dio che può ripetere all’infinito. L’esperimento è venuto ma io non posso rifarlo…”
“Ma io non posso ammetterlo. Bisognerebbe che si facesse esaminare da un prestigiatore, essere certi che noi non siamo tutti stati suggestionati, o che lei abbia fatto qualcosa di cui non ci siamo accorti… Scientificamente io non posso ammettere una cosa simile…».

Commenta la Dembech: «Se c’è qualcosa che irrita profondamente Rol, è proprio chiedergli di essere affiancato da un prestigiatore, è un argomento che lo manda fuori dai gangheri. Qualunque esperimento esca dalle sue mani, è ottenuto attraverso l’intervento dello Spirito, di una forza superiore extra umana; perché trovarsi di fronte dei professionisti del trucco e dell’illusione? Cosa potrebbero conoscere se non trucchi ed inganni? Diversi anni fa, Silvan lanciò attraverso un popolare programma televisivo una sfida a Rol: “venga pure qui, siamo in grado di rifare col trucco ciascuno dei suoi esperimenti…”. Qualche tempo prima invece, in privato, lo stesso Silvan aveva telefonato a Rol pregandolo di rivelargli il segreto per produrre i suoi fenomeni con i soli poteri dello spirito. Forse si è sentito piccato dalla risposta?»

Nel 1995, l’anno successivo alla morte di Rol, esce il già citato libro del giornalista Remo Lugli, il più completo ed esauriente per ricchezza di dati e aneddoti, e per la fedeltà con cui sono riprodotti un gran numero di esperimenti. Eccone alcuni:

[A.P.] (Al casinò di Mentone) «… attraversando le sale sostavamo qualche momento ai vari tavoli per assistere almeno a una giocata e mentre il croupier stava facendo girare la ruota, Gustavo scriveva un numero su un foglietto che mi metteva in mano: “Aspetta un momento” diceva. E quando la pallina era entrata nella sua casella, io guardavo il foglietto: invariabilmente la previsione coincideva. “Non sbaglio perché non gioco” commentava».

[prof. Ferruccio Fin] «Eravamo in sei, nel mio appartamento di C.so Matteotti. Abbiamo messo nelle mani di Rol un rametto preso da un vaso e lui lo ha gettato contro la parete: il ramo non è caduto, è scomparso. Siamo andati nella stanza accanto, al di là del muro: il ramo era finito su un armadio che era contro la parete».

[prof. Guasta] «Una sera negli anni Ottanta, Rol venne a casa mia, in collina a Torino. Eravamo lui, io e Marisa. Prese un mazzo di carte e disse:” Guardate: adesso lo vedrete gonfiarsi perché voglio che una carta sì e una no, si giri”. Controllammo il mazzo: erano tutte girate nello stesso senso. Lo mescolammo, lo posammo sul tavolo e Rol ci passò sopra una mano, senza toccarlo. Il mazzo si gonfiò, alzandosi più di un centimetro e poi a poco a poco si riabbassò. Lo ricontrollammo e una carta sì e una no era girata. Rifece l’esperimento diverse volte, infine disse: “Facciamo questa prova: ci mettiamo sopra una bottiglia in modo che non si possa gonfiare”. Così fece: il mazzo rimase compresso, ma alla fine al controllo constatammo che le carte che si dovevano girare si erano ugualmente girate”».

Dice Lugli: «Negli anni Ottanta, quando Guasta aveva lo studio dentistico a Torino, in corso Fiume, (distante meno di un kilometro in linea d’aria dall’abitazione di Rol), a volte Gustavo di pomeriggio gli telefonava per chiacchierare. Lui, magari, aveva in sala d’aspetto parecchi clienti, ma il piacere di parlare con l’amico era tale da non fargli rifiutare il colloquio. “E dalle chiacchiere” dice Guasta, “era facile che Rol proponesse di passare agli esperimenti. Mi diceva di prendere un mazzo di carte e di provare a lanciarlo come era solito fare lui, in maniera che tutte le carte si distribuissero su un’unica linea. “Vuoi che una carta sia girata? Dimmi quale”. Io dicevo, per esempio, il cinque di quadri che appariva in vista. Era un’emozione stupenda. Ma non potevo illudermi: io facevo solo il gesto, quello che comandava era lui, attraverso il nostro collegamento telefonico e non sbagliava un colpo”».

«[Un giorno] Gustavo mi ha detto: “Tu adesso ti tieni pronto per lanciare il mazzo di carte e pensi una carta, ma non mi dici che carta é. Quando hai scelto, fai il lancio”. Ho pensato all’asso di cuori e poi ho lanciato e l’asso di cuori è venuto girato. Rol dall’altro capo del filo era contento, rideva. Poi, dopo che abbiamo finito la telefonata, naturalmente mi sono a lungo accanito a provare altri lanci pensando che una carta si girasse, ma invano».

Sempre nel 1995 esce Rol oltre il prodigio, Gribaudo editore, di Maria Luisa Giordano, sua amica per diversi anni. Così racconta di quando, il giorno di Natale 1978 andò a trovarlo, in compagnia di sua mamma e della sorella di Rol, Maria:

«Dopo aver conversato un po’ mi chiese se volevo un cioccolatino, risposi di no, allora mi disse “Gradiresti due ciliege?”. Mi misi a ridere, non era la stagione. Rimasi però senza parole: dopo che Rol si era concentrato per un attimo solo, sul tavolino erano apparse due ciliege freschissime, anche buone. Nello stesso momento davanti a sua sorella Maria erano comparse noci e nocciole. Fu poi chiamato al telefono da amici che erano in Costarica e che volevano fargli gli auguri, quando lo sentii dire “Mandatemi delle banane”. All’improvviso sul tavolino davanti a mia madre comparvero due banane. Quando Rol terminò la telefonata e ritornò in salotto rimase stupito quanto noi, aveva un’espressione divertita».

«Era luglio, faceva molto caldo. Ci trovavamo all’ospedalino Koelliker da un paziente: i medici curanti diedero a Rol una ricetta da leggere. Purtroppo Gustavo aveva dimenticato a casa gli occhiali: “Li vedo – disse – li vedo, sono sul mio comò ‘retour d’Egypte’, nel mio studio”. La finestra della camera era aperta e all’improvviso non solo io ma tutti gli altri medici vedemmo arrivare i suoi occhiali che, vibrandosi nell’aria, si deposero sulle sua ginocchia. Senza dar peso alla cosa, con molta disinvoltura li prese e si mise a leggere la ricetta e noi stavamo tutti a guardarlo attoniti».

«Un’altra volta ci recammo con Gustavo in una trattoria in cui non eravamo mai andati. Appena varcata la soglia chiese alla padrona del locale che era affaccendata a servire i clienti: “Dove ha trascorso le ferie l’estate scorsa?”. La signora non gli rispose perché aveva troppo da fare, anzi ebbe un gesto d’impazienza. “Glielo dirò io, allora – disse Rol – apra il tovagliolo che ha sul braccio”. Essa prese il tovagliolo, lo aprì: all’interno c’era scritto il luogo e la data delle vacanze della signora. “Ma lei chi è, mi fa paura” esclamò spaventata».

Nel 1996 esce il libro del prof. Giorgio di Simone, Oltre l’umano. Gustavo Adolfo Rol, Reverdito edizioni.

Ecco qualche esperimento: «Come sempre Gustavo non toccava le carte. Ad un certo momento ognuno di noi – (ed eravamo in undici!) mescolò accuratamente un proprio mazzo di carte dopo che il sensitivo ci ebbe fatto scegliere di comune accordo la carta bersaglio: quella volta concordammo per il 9 di quadri. Tagliati gli undici mazzi, essi furono posti sul tappeto verde, davanti a Rol che non fece altro che coprirli col bordo del tappeto stesso, in modo che verso di lui il tappeto fosse chiuso mentre rimaneva ovviamente aperto e ripiegato sulle carte, verso di noi. E qui avvenne uno dei fenomeni più stupefacenti della serie, un fenomeno che, a quanto pare, pochi hanno visto, almeno in maniera così chiara ed evidente, sotto la piena luce di un grande lampadario: Gustavo passò le sue mani sugli undici mazzi coperti dal tappeto verde, ma senza che venisse minimamente toccato. Le sue mani si muovevano a 3/4 centimetri al disopra del tappeto e dopo alcuni secondi ci accorgemmo tutti che sotto il tappeto anche i mazzi di carte si animavano. I passi (magnetici?) di Rol durarono pochissimo e la linea formata dagli undici mazzi coperti sembrava viva, si muoveva come se fosse percorsa da un’onda invisibile. Cessato il dinamismo delle carte e rialzato il lembo di tappeto che lo ricopriva, noi stessi constatammo che il 9 di quadri si era effettivamente e «obbedientemente» trasferito in cima ad ogni mazzo, come prima carta (…). Non sono stato invece testimone di un fenomeno simile avvenuto, pare, nell’ambito della Curia arcivescovile napoletana, quando furono addirittura 111 (centoundici!) i mazzi di carte che si ritrovarono alla fine con la stessa prima carta».

Così racconta uno dei presenti ad una serata di esperimenti: «Poiché dovevo tirar fuori da ogni mazzo una carta di un certo valore e seme (non ricordo più quale), fra il mio stupore e smarrimento vidi che le carte saltellavano da sole fuori dal mazzo, così (fa il gesto) una dietro l’altra, e naturalmente si muovevano solo quelle ricercate e richieste, e si disponevano come desiderato da Rol!!…»

Racconta Di Simone: «Mi disse di tenere, dopo averli mescolati io, due mazzi di carte col dorso in su, uno per mano. Mi fece scegliere mentalmente una carta e io scelsi l’asso di cuori (scelta piuttosto banale, ma esteticamente piacevole). Mi disse quindi di lanciare a fascio le carte dei due mazzi, in modo tale da formare una X. Eseguii: ne venne fuori l’ennesima meraviglia: all’incrocio di quella X, mentre tutte le altre carte erano rimaste coperte, i due assi di cuori apparivano bene in vista!»

Nel 1999 Maria Luisa Giordano pubblica Rol mi parla ancora, dedicato sopratutto agli insegnamenti di Gustavo Rol, e nel 2000 il suo terzo libro, intitolato Rol e l’altra dimensione, della Sonzogno, dove riporta numerose testimonianze inedite. Eccone alcune:

«Una sera (Rol) ci comunicò che avrebbe voluto scrivere una lettera di fuoco a una persona che lo aveva offeso. Ma, mentre stavamo parlando, agitato mi invitò a dire un numero qualunque. “Ventotto” risposi. Allora mi pregò di andare a prendere un volume qualsiasi e di aprirlo alla pagina corrispondente: la prima parola era “Perdono”. Naturalmente non scrisse più la lettera».

«Una amica di mia madre, moglie di un noto medico, durante un esperimento vide apparire il vecchio bidello della scuola frequentata dai suoi figli, che era deceduto qualche anno prima. In preda al terrore si alzò, corse ad accendere la luce e fuggì verso la porta d’ingresso».

Maria Luisa Giordano riporta alcune testimonianze di Arturo Bergandi, uomo di fiducia e factotum in casa Rol per diversi anni:

«Quante cose succedevano in quella casa! Talvolta, mentre il dottore era intento a dipingere, vedevo correre sul pavimento delle varie stanze delle grosse biglie d’acciaio che saltavano e scendevano anche da divani e poltrone. Ormai ero abituato a tutto, ma questo mi spaventava. Correvo a chiedere aiuto al dottore, che imperturbabile, continuava a dipingere: “Ah sì”, mi diceva, “non è niente, Bergandi, significa che non siamo soli, non abbia timore”. E allora tutto ritornava poi alla normalità».

« …mi trovavo sul balcone con un fabbro che stava eseguendo dei lavori con in mano una mazzetta. In quel momento arrivò il dottore. Scherzando dissi al fabbro: “Lo sa che il dottore potrebbe far passare la cassetta dei ferri attraverso la parete?” Il fabbro sorrise incuriosito e incredulo. Allora Rol si fece dare la mazzetta e fece il gesto di gettarla contro il muro. La mazzeta scomparve, ci recammo nell’ingresso, era finita sulla poltrona vicino alla statua di Napoleone: era passata attraverso tre pareti».

«Una sera, dovetti aiutare il dottore a portare un quadro sulla macchina di una signora che era venuta a trovarlo e che voleva poi dargli un passaggio. Li accompagnai alla Topolino della signora, che era posteggiata sul corso. La signora era imbarazzata e gli disse: “Mi dispiace, la mia macchina è troppo piccola, può andar bene per il professor Valletta, lei non riesce ad entrare”. “Non si preoccupi signora”, le rispose il dottor Rol, “si risolverà tutto”. All’improvviso diventò piccolo e minuto, e potè sedersi in macchina con disinvoltura. Ero allibito, le gambe mi tremavano».

«Un’altra volta, dovevo recarmi a comperare delle lampadine in un negozio all’ingrosso. Il dottore mi disse di prendere il tram numero 16: “Però”, si raccomandò, “non prenda il primo che passa perché avrà le porte che non si possono aprire”. Mi recai alla fermata e feci come mi aveva detto: il tram numero 16 infatti arrivò carico di passeggeri che inveivano e battevano sui vetri perché le porte erano bloccate».

Continua la Giordano: «La principessa Maria Beatrice di Savoia riporta questa interessante testimonianza: “Negli anni trenta [si tratta del ’38] mia madre [Maria José] mise alla prova Rol per ritrovare una parure di diamanti scomparsa dal forziere del Quirinale. Lo chiamò al telefono e lui, in pochi minuti, risolse il giallo: ‘È finita nel terzo cassetto a sinistra dello scrittoio nella sua anticamera’. “Era la verità: qualcuno, dopo che mamma era rientrata da una visita in Vaticano, aveva riposto lì la parure, con l’intenzione di rimetterla a posto l’indomani. Poi se ne era dimenticato”».

Nel 2002 esce un altro libro su Rol. Si tratta di Gustavo Rol. L’uomo, la vita, il mistero, edizioni Età dell’Acquario, del giornalista Maurizio Ternavasio. L’autore è il primo a scrivere una biografia su Rol senza averlo conosciuto. Questo libro è una discreta sintesi di quanto già detto in precedenza. Purtroppo vi sono molti errori e imprecisioni, e mancano molti dei riferimenti bibliografici delle citazioni. Raccoglie comunque alcune testimonianze inedite di sicuro valore documentale. Tra queste, in particolare, si segnala quella del dr. Carlo Buffa di Perrero, un professionista che, tra le altre cose, è anche un prestigiatore. Così lo introduce Ternavasio:

[Carlo Buffa di Perrero] «è stato, insieme al padre, uno dei fondatori del circolo Amici della Magia, nonché amico di famiglia di Gustavo: le rispettive case di campagna, entrambe situate nella provincia torinese, distavano pochi chilometri l’una dall’altra. Tra le metà degli anni ’60 e ’70 capitava spesso che i due nuclei si ritrovassero a Cavour in casa Buffa o a San Secondo, in casa Rol, oppure nell’appartamento della sorella Maria, che abitava in corso Galileo Ferraris a Torino, per dare libero sfogo alle rispettive capacità, che pure avevano una base profondamente diversa».

[Dice Buffa:] «”Una sera da Maria, Gustavo chiese: ‘Cosa vorresti che facessi a questo mazzo di carte?’. E io, di rimando, dopo averci pensato non poco, risposi: ‘Desidero che tutte le carte risultino strappate’. È infatti risaputo che, al pari di una risma di carta, non è assolutamente possibile ridurre in tale stato un intero mazzo con un unico movimento, per di più in una frazione di secondo. Allora, dopo qualche istante, Gustavo ha preso il mazzo sigillato che aveva davanti a sé e me lo ha consegnato ancora chiuso all’interno della sua scatola originale affinché lo aprissi: ebbene, tutte le carte erano strappate a metà. Conoscendo a fondo i trucchi di questo tipo di giochi, sono certo che non si è trattato di un’illusione prodotta da un prestigiatore:nessuna tecnica di prestidigitazione può spiegare, avvalorare o rendere conto di un fenomeno del genere. Se da giovane ero un po’ scettico su quello che si diceva sul suo conto, da allora mi sono completamente ricreduto».

Citiamo ancora il seguente passo del Buffa (ce ne sono anche altri), di modo che gli scettici ne prendano nota…

«”al cospetto di Gustavo, la mia attenzione era sempre ai massimi livelli, pronta a focalizzarsi su ogni più piccolo particolare. Tra l’altro in più di un’occasione sono stato incaricato, dal circolo magico di cui faccio parte, di smascherare chi dichiarava di avere poteri occulti, mentre invece era un semplice illusionista. E ovviamente questo non era il caso di Rol”».

Il 2003 è stato l’anno più prolifico di biografie su Rol. In occasione del centenario dalla nascita, ricorso il 20 giugno di quell’anno, scrittori ed editori hanno approfittato della ricorrenza per pubblicare nuovi testi. Renzo Allegri ha pubblicato Rol il grande veggente, Mondadori, versione aggiornata del suo precedente testo del 1986. Tra le novità interessanti di questo testo, vi sono alcuni prodigi inediti raccontati da Giuditta Miscioscia, persona che ha conosciuto e frequentato Rol a partire dagli anni ’70, e che oggi come allora manifesta alcune possibilità nella sfera medianica (ma di diverso tipo rispetto a quelle di Rol – e dicendo “sfera medianica” intendiamo identificarne la tipologia. Rol era un Maestro Spirituale, non un medium):

«Tornavamo da Savona verso Torino, in macchina, sull’autostrada. Arrivati sul passo del Turchino ci fermammo all’autogrill a pranzare. Al tavolo accanto al nostro c’era una coppia. Lei, grossa, enorme. Erano già al gelato. Dovevano aver mangiato molto e la signora sorbiva il gelato lentamente, con difficoltà, perché era troppo sazia, ma si capiva che il gelato le piaceva molto. Rol la sbirciava da lontano e i suoi occhi scintillavano. Capii che voleva divertirsi. Quando la signora ebbe finito il gelato, piegò la testa sulla spalla del marito e mormorò sfinita ma soddisfatta: “Ce l’ho proprio fatta, l’ho mangiato tutto”. “Facciamogliene mangiare un altro”, mi sussurrò Rol. “No, per carità, la fai morire”, supplicai, ma era tardi: Rol era già intervenuto, la coppa del gelato della signora era di nuovo misteriosamente colma. Il marito della donna, dopo aver sentito la frase “Ce l’ho proprio fatta”, aveva guardato la coppa che non era affatto vuota, ma piena e disse alla moglie: “E quello?”.

Lei guardò e sbiancò. “Chi lo ha portato?”, chiese con un filo di voce. “È il tuo”, rispose il marito. ” Impossibile, l’ho appena finito”, mormorò lei. “Ti sembrava di averlo finito”, disse l’uomo ridendo. La signora era smarrita. Si guardava intorno pallida. Riprese a mangiare adagio adagio, con fatica. Quando finalmente ebbe finito, sospirò verso il consorte tenendosi le mani sullo stomaco: “Non ne posso proprio più”. “Ancora, ancora”, ripeté sottovoce Rol come se desse ordini a una presenza invisibile, e la coppa del gelato della signora apparve di nuovo piena. Questa volta fu il marito a imbiancare. “Non è possibile”, lo sentii mormorare desolato e si guardava intorno sospettoso. Poi prese la coppa di gelato e cominciò a ispezionarla attentamente. Alla fine disse alla moglie: “Questo te lo mangio io”. Sorbì il gelato in silenzio. era nervoso. Appena finito scattò in piedi, ma Rol velocissimo aveva di nuovo ripetuto “Ancora, ancora” e la coppa era di nuovo piena. “Andiamo via, qui ci sono cose che non vanno”, e spinse la moglie verso la cassa del ristorante. Rol rideva a crepapelle, come un ragazzino».

«Eravamo a Rapallo. Ci fermammo in un negozio per comperare della frutta. In cima a un mucchio di pere, ce n’era una grossa, il doppio delle altre, gialla come il miele. “Che bella”, disse Rol indicandola. “Sì, è magnifica”, rispose la fruttivendola. “Me la può dare?”, chiese Rol con una vocina timida da bambino. “Certamente”, rispose la signora. Prese la pera e la mise sulla bilancia. Io intanto stavo guardandomi in giro per scegliere dell’altra frutta e dopo qualche attimo sentii di nuovo Rol ripetere con quella vocina strana: “Che bella quella pera, me la può dare?”. “Glielo già messa sulla bilancia”, disse la signora. “No, no, eccola là, fece Rol. Infatti la grossa pera era ancora al suo posto in cima al mucchio. La signora la prese e stava ponendola sulla bilancia ma rimase interdetta, perché la pera era già sulla bilancia. Guardò verso il mucchio e poi ancora sulla bilancia. Scrollò la testa e disse: “Credevo di averne una sola di così grossa, invece ce n’erano due”. “E quella, me la può dare?”, disse ancora Rol indicando il mucchio. La signora guardò, e la pera grossa e gialla come il miele era là che troneggiava in cima al mucchio. La fruttivendola rimase muta e immobile. Lanciava occhiate sospettose al mucchio di pere e poi alla bilancia. Alla fine prese la terza pera e la pose accanto alle altre due sulla bilancia. “E quella?”, disse Rol indicando ancora il mucchio. “Vorrei anche quella”. Io ridevo, mi divertivo un mondo vedendo Rol così felice, ma capivo anche l’imbarazzo della signora. Quella donna ora era spaventata. Aveva preso subito la pera e l’aveva collocata sul piatto della bilancia. Ma Rol ne aveva immediatamente indicata un’altra. “Basta”, intervenni, “cinque pere sono sufficienti. Sono così grosse che non riuscirai a mangiarle” e chiesi il conto. Ma la fruttivendola non capiva più niente, aveva le mani che le tremavano, stava per svenire».

«Eravamo invitati in una casa molto chic. Gente notissima a Torino e anche un po’ snob. Rol non aveva voglia di andarci e fui io a insistere perchè desideravano tanto averlo come ospite. Ma fin dall’inizio mi accorsi che non era un ambiente dove lui potesse sentirsi a suo agio. Troppa etichetta, troppa riservatezza, troppo manierismo. Rol era sì molto elegante e signorile, ma anche semplice e cordialone. Mi accorsi che era nervoso perché tamburellava con le dita sulla tavola e parlava a monosillabi. All’improvviso mi bisbigliò in un orecchio: “Ma quanto bevono in questa casa”. “Stai buono”, gli dissi, intuendo che stava per combinarne una delle sue. La padrona di casa, che aveva avvertito il disagio di Rol, cercava di conversare, ma lui rispondeva evasivamente. Dopo un po’, di nuovo, mi disse nell’orecchio: “Ma quanto bevono in questa casa”. “Non è vero”, ribattei. “Guarda, sulla tavola non c’è niente di alcolico”. Rol mi fulminò con una delle sue terribili occhiate. Aveva un mazzo di carte in mano, si alzò di scatto dalla sedia. “Ti ho detto che qui bevono”, disse forte e lanciò le carte contro la parete. Nella stanza vicina si sentì un urlo. La padrona di casa accorse; arrivai anch’io insieme con gli altri ospiti. Le carte che Rol aveva lanciato verso la parete avevano attraversato il muro ed erano cadute addosso alla cameriera, che era seduta su un divano con una bottiglia di vino in mano e se la stava scolando. Era tutta spaventata e piangeva. Tornammo nel salone e Rol sorridente mi disse: “Ti avevo detto che qui bevono”. Ma la scena non era piaciuta e poco dopo ce ne andammo».

«Una volta Rol si arrabbiò qui, a casa mia. La stavamo ancora ristrutturando e c’erano i muratori. Tra essi, un giovane molto bravo, ma piuttosto antipatico. Tutti sapevano chi era Rol e avevano una grande deferenza per lui, tranne quel giovane. “Rol è solo un imbroglione”, diceva ai suoi compagni di lavoro. “A me non mi incanta, io non credo a niente di quello che fa, è tutto un trucco, una presa in giro”. Non so per quale ragione fosse tanto astioso e cattivo contro Rol, mentre Rol invece aveva per lui una grande stima e una viva simpatia. “Come è bravo quel ragazzo”, diceva, osservandolo mentre lavorava. “È un giovane veramente in gamba”. A me dispiaceva che stimasse tanto quella persona, che era invece così prevenuta contro di lui e un giorno gli dissi: “Certo che è bravo nel suo lavoro, ma quello ti prende sempre in giro, non crede per niente a quello che fai e parla male di te”. Rol non rispose. Ma le mie parole l’avevano colpito. Qualche giorno dopo, venuto qui per farmi visita, non vedendo il giovane muratore, mi chiese: “Dov’è quel ragazzo così bravo?”. “Credo stia lavorando al piano di sotto, nella tavernetta”, risposi. “Quello sì che è bravo e svelto”, disse Rol. “Tu lo stimi e lui ti prende in giro”, ribattei. “Ma è bravo”, isistette Rol e camminava nervoso per la stanza. poi si fermò in quel punto preciso, dove c’è la sedia. “È qui sotto i miei piedi”, disse serio. Poi, guardandosi intorno, disse: “Dammi quel mattone che c’è sulla finestra”. Presi il mattone e glielo diedi. Fissò intensamente il pavimento e poi lanciò con forza il mattone per terra. Sentimmo un botto e il mattone scomparve. Dalla tavernetta arrivò un grido. Scendemmo. Il giovane era a terra spaventato. Aveva accanto il mattone lanciato da Rol, e guardava il soffitto da dove il mattone era arrivato: non c’era nessun segno, neppure un graffio nell’intonaco. “Poteva uccidermi”, disse il giovane con rabbia, e non volle più venire a lavorare da noi».

«Ero a casa sua, con alcune amiche mie. Rol era un po’ triste, credo avesse avuto discussioni con una persona cui era affezionato. Cominciò a parlare della tristezza delle cose che finiscono, dei rapporti che si interrompono, degli amori che svaniscono. Diceva che assomigliano a un ramo spezzato, un ramo che resta quasi come una ferita insanabile nel paesaggio. Prese una tela vergine, incollata su cartoncino. La fece vedere a me e alle altre persone presenti perché potessimo esaminarla e constatare che era vergine. Poi la mise sul cavalletto. Davanti alla tela, su un tavolinetto, pose la tavolozza dei colori, alcuni pennelli, la spatola, il vasetto con l’acqua, insomma tutto quello che serve ad un pittore. Poi si allontanò e chiese a noi di non muoverci dai nostri posti.

Era mezzogiorno, quindi piena luce nella stanza. S’avvicinò alla cucina dove stava preparandosi da mangiare. Scherzava, diceva frasi divertenti, chiedeva se volevamo mangiare anche noi la minestrina. Era dalla parte opposta di dove si trovava il cavalletto con la tela. Noi guardavamo lui e la tela. Io sapevo che stava per accadere qualche cosa di straordinario, e non perdevo d’occhio niente. A un certo momento ecco il prodigio. I pennelli cominciarono a muoversi da soli: si alzavano dalla tavolozza, si intingevano nei colori, nell’acqua, volavano sulla tela, avevano i tipici movimenti come se fossero nelle mani di un artista invisibile. Il lavoro si svolgeva frenetico, si sentiva anche il rumore che facevano i pennelli sulla tela. Rol rideva e continuava a scherzare. Il fenomeno durò 5, forse 6 minuti. Poi i pennelli tornarono al loro posto, inerti. Il quadro era finito. Rol disse che potevamo guardarlo bene. Ci alzammo e andammo a vederlo da vicino. I colori erano freschi e la scena rispecchiava il suo ragionamento».

«Una sera eravamo qui, con un quadro, dove, al centro di un paesaggio invernale, pieno di neve, si vede il capitello della Madonna di San Secondo. “Gustavo, chissà che freddo aveva la Madonna con tutta quella neve”, dissi. Lui cominciò a guardarmi fisso, ripetendo: “Freddo? Freddo? Freddo? La Madonna non ha freddo”. E in quel momento una lingua di fuoco uscì dal quadro, una lingua che sembrava la fiamma accecante di un saldatore elettrico. Corsi a vedere, ma sul quadro non era rimasto alcun segno».

Infine un libro importante che si focalizza proprio sugli esperimenti è il secondo testo su Rol scritto da Maurizio Ternavasio, intitolato Rol. Esperimenti e Testimonianze, edizioni L’Eta’ dell’Acquario, uscito alla fine del 2003. Ternavasio ha condotto una vasta indagine tra le persone che hanno conosciuto Rol, raccogliendo un gran numero di prodigi di ogni genere, alcuni davvero sorprendenti. Ne proponiamo qui una breve selezione:

[Roberto S.] «Sorprendentemente lasciava che facessi tutto io: lui non maneggiava mai le carte, anzi se ne stava a debita distanza, e per giunta si trattava sempre di mazzi intonsi che toccava ad altri aprire. Uno dei giochi più clamorosi è avvenuto allorchè, avendo in mano tutte le carte, Rol mi ha chiesto di annunciare ad alta voce quella che avrei scelto. Ciò detto, mi ha invitato a sbattere il mazzo nella sua interezza contro il tavolo, in modo da assestargli un colpo deciso ma non violento. Ebbene, si è girata esclusivamente la carta che avevo individuato. La cosa più sorprendente è che ho ripetuto almeno una ventina di volte quel movimento cambiando ogni volta obiettivo, e in altrettante occasioni è sempre e soltanto venuta fuori proprio la carta che volevo».

«Davanti a numerose persone, ammantando il tutto con un po’ di teatralità, chiedeva:”In che ordine desiderate che si sistemino?”. Qualunque fosse la risposta, per colore, per seme, una girata in un senso e quella seguente nell’altro, in ordine crescente o decrescente, l’esperimento riusciva alla perfezione. E lui, lo ripeto per l’ennesima volta perchè era la cosa più strabiliante e inspiegabile, pur non toccando mai le carte le comandava a bacchetta, ne disponeva a suo piacimento».

«Un bel giorno papà, che aveva un’azienda che si occupava di progettazione, riceve la gradita visita di Rol, e allora chiama il suo collaboratore di fiducia per fargli conoscere quello straordinario personaggio. Non appena questi gli si presenta davanti, il sensitivo inizia a raccontare un gran numero di episodi relativi alla sua vita privata. “Ma lei come fa a sapere tutte queste cose?”, gli chiede il collega di mio padre. E Rol, senza minimamente scomporsi: “E’ semplice: lei ha in tasca un foglietto su cui sono riportati tutti i fatti che le ho appena riferito”. E ovviamente era proprio così».

[V.G.] [A casa di un conoscente, che voleva metterlo alla prova] «…Rol iniziò a indicare una serie di libri scelti a caso nella ricca biblioteca dell’alloggio, e di ogni libro seppe dire le parole scritte in qualsiasi pagina venisse scelta».

[A.B.] «…Rol mi invitava a prendere dalla sua ricchissima biblioteca un libro a mia scelta, a leggere ad alta voce una riga qualsiasi, a riporlo al suo posto e a infilarmi una mano in tasca, dove trovavo un biglietto con la sua scrittura riportante proprio il brano che avevo appena letto».

[A. Bergandi]«Eravamo insieme sull’ascensore di casa, non ricordo se stavamo salendo o scendendo. A un certo punto mi dice: “Bergandone, vuole vedere che in un attimo riesco a diventare grande?”. Un istante dopo toccava con la testa la plafoniera della cabina, poi in pochi secondi tornava normale. Non ho mai capito come facesse: di certo non si metteva in punta di piedi, anche perchè si allungava tutto in modo strano, incomprensibile».

…Graziella, con il consorte Gianni e con Gustavo, si trova al ristorante Firenze di via San Francesco da Paola. «Più o meno a metà della cena fa’ il suo ingresso nel locale un’amica, che prima di raggiungere il suo si ferma per qualche minuto al nostro tavolo. Appena se ne allontana, Gianni, per scherzare, dice:” E’ una bella donna, però ha la faccia un po equina”. Gustavo fa cenno di essere d’accordo, poi si mette a scrivere in aria con la sua matita, quindi chiede a mio marito di controllare il tovagliolo che aveva in grembo: al suo interno era riportata la frase “Ha la faccia un po’ equina”. Quale migliore dimostrazione che non ci potesse essere nulla di precostituito?».

[Il giornalista di Stampa Sera Nevio Boni] «Ci trovavamo a casa della pittrice Carol Rama. Dopo aver mostrato ai presenti alcuni giochini di carte con i quali ogni tanto mi divertivo a intrattenere i bambini, Rol in maniera simpatica mi ha gettaato il guanto in segno di sfida. “Lei è proprio bravo. Ma è capace a fare anche questo?” E ha iniziato ad adoperarsi mentalmente in modo che le carte di un mazzo, precedentemente mischiate da un terzo, si sistemassero perfettamente in ordine senza che lui le toccasse. Poi si è lasciato andare a uno sfogo con il sottoscritto: “Perchè Piero Angela ce l’ha tanto con me? Nonostante abbia assistito a casa mia a prove inaudite, va a dire in giro che dietro ciò che faccio c’è sempre il trucco”. Quindi mi ha raccontato per filo e per segno come si era sviluppato quel famoso incontro. “Mi ha chiesto di dargli una dimostrazione di lettura a distanza: ha chiamato telefonicamente un amico che stava a Boston, gli ha detto di aprire un libro qualsiasi, io ne ho letto a voce alta il contenuto in modo che Angela potesse a sua volta riportarlo a chi era dall’altra parte del filo per ottenerne il riscontro. Per giunta la chiamata intercontinentale mi è costata un sacco di soldi”, ha chiosato trovando un motivo di ilarità in mezzo a tanta amarezza, per poi aggiungere: “Chissà che faccia avrà però fatto Angela, una volta rientrato a casa, nello scoprire che tutte le carte del mazzo che aveva in tasca riportavano la mia firma, così come gli assegni del libretto che teneva nel portafoglio”».

[Maria Vittoria T., campionessa italiana di salto in lungo] «Un pomeriggio mi accolse con il grembiule da pittore, in quanto stava ultimando una tela raffigurante un vaso di fiori i cui petali cadevano sul tavolino, poi mi invitò a sedermi al suo fianco. Gustavo, infatti, evitava accuratamente di avere di fronte a sè l’ospite di turno, affinchè costui non si sentisse condizionato o suggestionato dai suoi occhi penetranti. “C’è qualcosa nel dipinto che non mi convince in pieno. Non credi che quel petalo abbia un’ombra poco reale? Cosa ne dici se facessi una piccola modifica?” “Forse hai ragione”, gli risposi, “anche se non sono la persona più adatta per dare un giudizio pertinente”.

Il cavalletto con il relativo portapennelli si trovava a circa due metri da noi, a poca distanza dalla finestra. A un certo punto, nella piena luce del sole che illuminava lo studio, vidi il pennello sollevarsi e compiere la modifica cui Gustavo aveva accennato. Ancora adesso, a raccontare quell’episodio, mi vengono i brividi. Eppure sono sempre stata una persona razionale, distaccata e per natura piuttosto diffidente. Ciò che faceva Rol mi raggelava il sangue: dopo aver assistito a fenomeni come quello, non ero assolutamente più in grado di sostenere un discorso. Ascoltavo e basta, rispondevo a monosillabi, rimanevo a lungo scossa, quasi sconvolta da ciò che avevo visto realizzarsi sotto i miei occhi increduli».

[R:S.] «Stavamo osservando un dipinto raffigurante un vaso di rose, Gustavo era seduto a un paio di metri di distanza dal cavalletto: a un certo punto tutti noi ci siamo accorti che il pennello si muoveva da solo e andava ad aggiungere sulla tela alcuni particolari importanti».

«…a un certo punto, senza che Rol avesse detto o fatto alcunchè, ho visto con assoluta certezza un tappo di sughero viaggiarre in aria dalla cucina al salotto, dove eravamo riuniti: siamo rimasti tutti letteralmente di sasso».

[Pasquale P. – pasticcere] «Vicino al bancone c’era un ragazzo che teneva il proprio orologio da polso in mano, e lui, standogli a debita distanza, ha fatto in modo che questo scomparisse di colpo, poi lo ha invitato a rovistare con il cucchiaino in una zucccheriera. Costui, bianco come un cencio, senza dire una parola, lo ha poi ritrovato al fondo, sotto una spessa coltre di zucchero».

[Chiara B. – a ristorante] «Gli ero seduta accanto, Gustavo aveva davanti a sè un piatto di insalata, gli mancavano i condimenti: ha schioccato le dita in maniera discreta e poco rumorosa, un attimo dopo ho visto una saliera muoversi nell’aria e arrivare sul nostro tavolo».

«Era seduto al solito tavolo del ristorante, dalla mia posizione vedevo Rol di coltello. A un certo punto ha fatto passare l’arto superiore attraverso il muro: da una parte scorgevo mano e avanbraccio sino all’altezza del gomito, dall’altra il braccio e tutto il resto».

[Giovanni P. – artigiano] «Un giorno Rol venne in negozio, afferrò un frammento di cornice lungo circa sette-otto centimetri e disse al lavorante che si trovava nella stanza più distante da quella in cui ci trovavamo di fare attenzione, perché gli avrebbe fatto arrivare il legnetto che aveva in mano. Così fece, gettando con forza in quella direzione il pezzo di cornice che scomparve misteriosamente senza fare rumore. Mi spostai subito nell’altro locale, e vidi per terra ciò che aveva tirato poco prima».

[Vittoria S.] «In un’occasione nella penombra ho scorto nitidamente il pennello muoversi da solo nei pressi della tela, mentre Gustavo se ne stava a tre-quattro metri di distanza…In un’altra non ho potuto fare a meno di urlare. Una precisazione: mio marito almeno nei primi tempi era piuttosto diffidente, e non amava partecipare alle riunioni nel corso delle quali Rol produceva i suoi esperimenti. Quella volta, quasi in segno di sfida, Gustavo gli dice: “Adesso provo a sdoppiarti, in modo che tu possa vedere il tuo sosia”. Ci trovavamo nel suo studio, in parte rischiarato da alcune fioche luci. A un certo punto mi sono accorta che una testa uguale a quella di mio marito si spostava sui muri, quasi fosse una maschera priva del corpo che la sorreggesse. Ho gridato di accendere le luci, così è stato, e il volto è scomparso. Sono assolutamente certa che non si sia tratato di un’allucinazione, anche perchè mio marito, che quella notte non è riuscito a chiudere occhio, ha visto ciò che ho visto io. Anzi, ha poi riferito che nel momento in cui il suo viso si è dileguato ha avvvertito una specie di shock, come quando si riceve un forte schiaffo in faccia».

[G.M.] «Doveva essere il 1993, mi ero appena trasferito a Torino per motivi di lavoro. Un venerdì sera in pieno inverno, mio padre ed io veniamo invitati a una piccola festa che si teneva in un ampio ed elegante appartamento della Crocetta. Le circa venti persone presenti, tutte ben più anziane del sottoscritto, facevano capannello attorno a un signore di una certa età piuttosto alto e molto distinto che aveva l’aspetto di un importante dirigente d’azienda. Qualcuno lo chiamava maestro, molti avevano attenzioni soltanto per lui. Mi siedo da solo su un divano per bere qualcosa, quell’individuo si piazza davanti a me, su un piccolo divanetto che si trovava a una distanza di un paio di metri, e comincia a guardarmi. Sbatto le palpebre, e lui scompare: era in piedi, nell’angolo opposto dell’ampio salone. Qualche secondo dopo, tempo di socchiudere per un attimo gli occhi, si trovava nuovamente lì, di fronte a me, sistemato sul solito divano. Mi sono spaventato, ho pensato di soffrire di allucinazioni o di aver bevuto qualcosa che mi aveva fatto male, in realtà sono astemio e si trattava di una semplice coca cola con una fetta di limone. Mi sono alzato, ho salutato mio padre e il proprietario dell’appartamento, e ho preferito tornarmene a casa di gran fretta. Soltanto qualche tempo dopo ho capito chi era quello strano tipo».

Nel 2005, a maggio, esce un libro fotografico di M.L. Giordano, Gustavo Rol, una vita per immagini, Ed. Età dell’Acquario, che contiene anche nuove testimonianze;

[Franco Zeffirelli – regista] «…stavamo parlando e il posacenere che era davanti a me si sollevò dal tavolino, attraversò il muro, finì nell’altra stanza e rientrò dalla porta ritornando davanti a noi. Stupefacente!»Sono sicuro che nel caso di Rol fosse tutto vero. Ne ho avute infinite prove.»
«Un giorno riuscì addirittura a mandarmi con la forza del pensiero un mazzo di chiavi: le vidi materializzarsi nella mia mano» [testimonianza tratta da un periodico]

«Quando [Rol] spirò, la caposala presente osservò una luce sprigionarsi dalle sue spoglie mortali (…), una luce che resterà per lei un ricordo indelebile».

Nel giugno dello stesso anno lo scrittore Mario Pincherle, che incontrò Rol una volta (nel 1982), pubblica Il segreto di Rol, ed. EIFIS, dove tenta di dare una spiegazione del “caso Rol” sulla base dei suoi studi. Riporta anche alcuni esperimenti da lui vissuti, come i due seguenti:

«[Rol disse] “Bene, cominciamo! Faremo i nostri giochi in piena luce e voi, di volta in volta, sceglierete il mazzo e lo mescolerete alla perfezione”.
Si alzò ancora e prese dall’altra consolle il grosso e pesante coperchio di porcellana di una fiamminga. Lo controllai. Doveva pesare circa due o tre chili. La bellissima signorina bruna si chiamava Paola ed ebbe il compito di scegliere e mescolare il mazzo. Poi dovette dividere quel mazzo in quattro mazzetti più piccoli, non perfettamente uguali. Questi erano posti rovesciati sul tavolo. Allora Rol chiese a Rossella: “Che segno preferisce?”
“Cuori”
“E quale dei mucchietti preferisce?”
“Quello!”
Allora Rol pose sul mucchietto, che Rossella aveva scelto, il pesante coperchio della fiamminga. Alzò le mani verso il soffitto e pronunciò, questa volta a bassa voce, una frase che però io udii:
“Sono il numero cinque. Sono il numero cinque. Sono il numero cinque. Aiutatemi! Voglio tutti cuori!”
Col volto raggiante, Rol disse a Paola di sollevare la fiamminga e di rovesciare il mazzetto. Così vedemmo, con un certo brivido, che in quel piccolo mucchio si erano misteriosamente concentrati tutti i cuori del mazzo grande. Rol chiese:
“Un altro bel gioco? Scegli tu, Mario, un mazzo! Vedi? Ci sono molti mazzi sigillati. Hanno il retro blu, rosso, nero, verde”.
Io scelsi il mazzo col retro verde.


“Aprilo per bene, sparpaglia tutte le carte così rovesciate sul lato verde e poi ponigli sopra il grosso coperchio della fiamminga. Dimmi un seme:”
“Cuori!”
“Dimmi un numero”
“Tre!”
“E ora alza il coperchio”
Lo alzai. Tutte le carte rimanevano rovesciate sul lato verde, meno una. Naturalmente era il tre di cuori.
(…) A questo punto iniziò un vero e proprio fuoco artificiale di giochi che non erano giochi, di fenomeni che non erano fenomeni, di cose talmente strane che facevano scendere brividi di freddo giù per la schiena. Trasformazioni, smaterializzazioni, strane combinazioni, cambiamenti di seme, fenomeni di psicocinesi…»

La giornalista e scrittrice Giuditta Dembech pubblica a novembre 2005 Gustavo Adolfo Rol. Il grande precursore, ed. Ariete. Ecco un fenomeno significativo da lei vissuto:

«Un pomeriggio mi trovavo a casa sua, da lui c’erano due ragazze di cui non ricordo il nome. Al momento di congedarci Rol chiese di dargli un passaggio fino a Porta Nuova. Io non avevo ancora la patente e chiese di accompagnare anche me per non farmi prendere il taxi. Le ragazze avevano una microscopica Fiat Cinquecento, lui era alto un metro e novanta; ridendo, obiettarono che in quattro saremmo stati molto stretti. Da parte mia rinunciai al passaggio. Non così Rol:
“Di cosa vi preoccupate? Io posso diventare grande o anche piccolissimo! Non ci credete? Ecco qua…”

Eravamo in piedi all’ingresso, pronte per uscire, si infilò i pollici sotto alle bretelle elastiche e le tirò estendendole verso l’esterno. Un gesto normalissimo e un po’ gigione, ma…Sotto ai nostri occhi divertiti tutto il suo torace si era… espanso, gonfiato a dismisura… Estese le bretelle verso l’alto ed ecco che si era allungato anche in altezza oltre che in larghezza! Era diventato enorme come l’omone della Michelin! Toccava quasi il soffitto, dovevamo alzare la testa per guardarlo! Era buffissimo… ridevamo come pazze!
“Eh, che ne dite? Ma posso anche diventare piccolo piccolo…”
Sempre ridendo, lasciò andare con uno schiocco le bretelle elastiche sul torace, e lo vedemmo come “sgonfiarsi”, si ritirò tutto su se stesso, come se si fosse accartocciato, divenne piccolo e magro, più piccolo di me che sono alta 1,65… Giusto il tempo di farci un’altra risata divertita e, non saprei dire come, era tornato normale… Ma la cosa che oggi ritengo più incredibile è che noi tre, anziché rimanere esterefatte, magari anche impressionate, ridevamo, come fossimo al circo…»

A dicembre dello stesso anno viene prodotto il primo documentario su Gustavo Rol, curato da Maurizio Bonfiglio. Si intitola Rol. L’uomo, il mistero, la vita, dove alcuni testimoni oculari raccontano ciò che hanno visto e vissuto con Gustavo Rol. Tra questi, anche l’opinione di due prestigiatori che hanno conosciuto Rol.
Giuseppe Vercelli, psicoterapeuta (tra i suoi clienti anche Giorgio Rocca, campione di coppa del mondo di sci), esperto di ipnosi e prestigiatore dilettante, dice:

«Per quanto riguarda gli esperimenti io non dissi mai a Rol che facevo parte del Circolo Amici della Magia di Torino. Mi dilettavo nella prestidigitazione. E lui faceva spesso degli esperimenti di carte. La cosa curiosa è che lui non toccava queste carte. E questo è assolutamente certo, anche perché io in quel momento avevo un occhio critico. Quindi la cosa che mi ricordo di più, che più era evidente, che mi sorprendeva, mi divertiva… era proprio che queste carte venivano spesso trovate girate al contrario, pur lui non toccandole, e io di questo sono assolutamente certo».

Diventa a questo punto ancor più significativa l’affermazione di Alexander, illusionista di fama internazionale che conobbe Rol, anche se non vide esperimenti:

«Come era la situazione quando Rol li faceva? Quando senti però come avveniva in certe cose di Rol, tipo l’esperimento in cui lui non prendeva un mazzo di carte, cioè tu lo compravi – anche Mariannini mi ha raccontato questo – cioè l’ha comprato lui, l’ha portato da Rol:
«Dimmi una carta»
«3 di picche»
«Apri il mazzo – io non l’ho mai toccato – che hai comprato»
l’unica carta capovolta è il tre di picche…Se la situazione è come sto dicendo io adesso, sfido qualunque collega a riprodurlo»

Garantiamo ad Alexander che la situazione è proprio così, sia perchè lo scrivente può confermarlo personalmente, sia perchè sono innumerevoli le testimonianze di persone che dicono tutte esattamente la stessa cosa: ROL NON TOCCAVA LE CARTE.
Chiudiamo queste citazioni dal documentario di Bonfiglio con quanto dice il prof. Luigi Giordano, medico chirurgo, marito di Maria Luisa:

«Una sera in casa di amici… quando io gli ho chiesto: “Ma tu come fai a fare le diagnosi in un modo così brillante e veloce? Noi per fare una diagnosi del genere dobbiamo fare delle ricerche, ci mettiamo del tempo”. E allora lui m’ha detto: “Guarda…guarda quella persona lì…quella signora seduta sul sofa. Guarda cosa emana dalla sua persona”. E io – l’unica volta nella mia vita – ho visto emanare da questa persona come dei raggi, di colori diversi. Lui mi spiegava che a ogni colore corrisponde un apparato…Polmoni, apparato digerente, fegato, cuore. E siccome c’erano due colori che non erano brillanti, ma che erano piuttosto opachi e non lampeggiavano bene come gli altri, lui mi fa: “Vedi? Questa signora soffre di cuore e di fegato”»

A febbraio 2006 esce Il Mistero e la Fede. Gustavo Rol e Padre Pio da Pietrelcina, ed. Segno, testo in cui vengono messe a confronto le vite intimamente simili di questi due grandi uomini spirituali. Nell’ambito di una appendice da noi scritta a contributo del testo, citiamo, tra gli altri, un fenomeno di levitazione che ci è stato raccontanto da Chiara B.:

«Rol e mia nonna si trovavano in un appartamento. Ad un certo punto ha visto Rol alzare un piede come se dovesse scavalcare un piccolo ostacolo. Invece Rol ha lasciato il piede sospeso nell’aria, a circa 20 centimetri dal suolo. Ha quindi tirato su l’altro piede, portandolo un po’ più in alto del primo, che era rimasto sospeso là dove si era fermato. Rol ha iniziato a salire dei gradini invisibili, camminava nell’aria»

Per terminare, un accenno ad un’altra delle molteplici possibilità di Rol. Molti medici lo interpellavano. Durante operazioni chirurgiche complesse, chiedevano la sua assistenza, in molti casi determinante. Sono molte anche le testimonianze di guarigioni ed interventi terapeutici per suo tramite. Remo Lugli, in Rol una vita di prodigi, riporta la testimonianza della signora V.:

«Nel ’76 andai con Rol all’ospedale di Pinerolo a far visita da un mio zio, Gioachino Cirino, di 60 anni, che era stato ricoverato per un ictus. Era in coma da tre giorni, i medici dicevano che non c’erano speranze. Rol rimase un po’ al suo capezzale, gli posò due dita sulle fronte e gli ripeté alcune volte: “Domani starà meglio”. Tornammo a Torino e alla stessa sera la figlia, mia cugina, mi telefonò dicendomi che un’ora dopo la nostra partenza il padre aveva ripreso conoscenza e detto qualcosa che riguardava un assegno che aveva in tasca. Poi aveva mangiato una minestrina. Guarì e visse altri dieci anni».

«Una notte mia figlia Manuela, allora di dieci anni, piange, rimette. Al mattino chiamo Rol e glielo dico. Ma non faccio in tempo a finire il discorso e lui quasi mi grida: “Non la muova, la faccia ricoverare subito: Manuela ha la peritonite”. Era come se l’avesse sentito dalla mia voce, non dalle parole che avevo detto. Erano le nove. Il medico che ho chiamato ha tardato a venire e la bambina è entrata in ospedale quasi a mezzogiorno. All’una era in camera operatoria. Era vero: peritonite. E il chirurgo ha poi detto: “Se avessimo tardato l’intervento ancora mezz’ora, sua figlia sarebbe diventata un angelo”».

Renzo Allegri, in Rol il mistero, riporta la testimonianza del dottor Alfredo Gaito, medico personale di Rol per diversi anni e un tempo vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Torino: «Un giorno tornai a casa e il mio bambino aveva la febbre altissima, più di quaranta. Chiamai il pediatra che ordinò delle cure. La febbre, però, non scendeva e continuò per tutta la notte e per tutto il giorno seguente. Quando rientrai la sera dopo, trovai mia moglie preoccupata perché il bambino aveva ancora quaranta di febbre e vaneggiava. Andai a vederlo. Era tutto rosso, scottava: aveva un febbrone tremendo. Sono molto amico del dottor Rol e decisi di telefonargli. Andai nel mio studio e lo chiamai. Gli dissi: “Ho il bambino con un febbrone da cavallo e non si riesce a farglielo passare”. “Metti giù, ci penso io”, rispose. Rol attaccò. Pensavo fosse stato così sbrigativo e brusco perché aveva da fare. Tornai in camera del bambino per riferire a mia moglie della telefonata e mi accorsi che il volto di mio figlio non era più rosso come mezzo minuto prima. Gli toccai la fronte e non scottava più. Misurai la temperatura e la trovai normale: meno di 37».

Maria Luisa Giordano, in Rol e l’altra dimensione : «Mi telefonò da Bergamo il nipote di una signora in coma profondo e irreversibile da molti giorni, purtroppo con prognosi infausta. Mi supplicava di metterlo in contatto con Rol. Si parlarono solo telefonicamente e Rol non si sbilanciò, gli disse che era sicuro di una cosa sola, che a mezzanotte dello stesso giorno la zia avrebbe riaperto gli occhi. Per il resto, assicurava di fare tutto il possibile e di pregare, concludendo poi: “Siamo nelle mani di Dio”. A mezzanotte la signora aprì gli occhi e riprese conoscenza, non solo, ma in brevissimo tempo si ristabilì del tutto. I medici erano sbigottiti».

Sempre nello stesso testo la testimonianza della dottoressa Barbieri: «Un altro episodio di cui sono stata testimone, sempre al ristorante ‘La Pace’, riguarda una straordinaria guarigione di un tracheotomizzato. Rol cenava due tavoli oltre il mio, nel suo consueto tavolo rotondo d’angolo. Era con dei medici che io conoscevo di vista e tra di loro c’era un signore tracheotomizzato. Rol mise le mani sulla sua gola e quell’uomo si alzò di scatto urlando: erano sparite tutte le bende e le ferite. Rol si accorse in quel momento che, tra la folla del ristorante, c’era qualcuno che lo aveva visto in quel preciso istante. Si voltò verso di me e mise l’indice di fronte alla bocca per impormi di non dire niente. Io feci esattamente come mi aveva detto. La sera successiva lo incontrai al ristorante e, come se nulla fosse, gli dissi (riferendomi al miracolo che avevo visto la sera prima): ‘Ma dottore, lei che può guarire tutti perché non lo fa?’ Lui sorrise e mi disse: ‘Perchénon è nel karma di tutti essere guariti. Dio si serve della malattia per farci capire tante cose. Quel signore poteva essere guarito e così è stato’».

Maurizio Ternavasio, in Rol. Esperimenti e Testimonianze, contribusce anche su questo aspetto ad aggiungere una importante documentazione:
[Bergandi – al ritorno da una commissione fatta per conto di Rol] «…tornai da lui zoppicando per via di un’infezione estesa a tutta una gamba che mi stava tormentando da qualche tempo. Circa una settimana prima, infatti, per eliminare un callo che mi dava fastidio, ero andato troppo a fondo con il rasoio. Rol se ne accorse, mi chiese che cosa avessi e mi disse di levarmi il calzino. Mi ha sfiorato con una mano, ho avvertito una vampata di calore seguita da un’ondata di freddo. Morale: dopo neanche mezz’ora il gonfiore iniziava ad andarsene, così come il dolore che sin lì m’intorpidiva l’arto».

[Sandro R.] «Correva l’autunno 1981…Mia nonna, che allora aveva 74 anni, soffriva le pene dell’inferno per una terribile nevralgia al trigemino che nessun medico era riuscito a curare nonostante i numerosi consulti richiesti. Un giorno Rol e papà [Beppe Rho, dirigente Comau] si parlano al telefono: “Ti sento preoccupato”, dice il primo. “In effetti è così”, mia suocera è ormai alla fine, due punture di morfina al giorno non le danno più alcun giovamento”. “Non ti preoccupare”, ribatte il sensitivo, “dì a tuo figlio di venirmi a prendere subito e vediamo cosa si può fare”.

Parto immediatamente, una volta arrivato in via Silvio Pellico…scopro un uomo simpatico e di grande carisma che però non riuscivo a guardare negli occhi, tanto penetrante era il suo sguardo. Arriviamo…a casa di mia nonna, e per una mezz’ora si discute di tutto un po’. A un certo momento, mentre vestito di tutto punto parlava con mia madre stando comodamente seduto sulla poltrona, afferra il suo piede destro e come se niente fosse se lo porta dietro la testa. Poi, dopo aver amabilmente intrattenuto l’infermiera facendole molti complimenti, dice: “Adesso sono pronto, possiamo cominciare”. A mia madre chiede di afferrare con la mano destra il pollice sinistro della nonna, lui fa altrettanto con il pollice sinistro di mia madre, poi si mette a soffiare per almeno cinque minuti sul pollice destro della nonna per chiudere il cerchio. Io intanto lo guardo: è spossato, bianco, sudato. Quel giorno non fu necessaria la seconda dose di morfina, dopo una decina di trattamenti analoghi mia nonna si è ripresa completamente, tanto che sarebbe morta soltanto dieci anni più tardi di un altro male».


[Elena B.] «Gustavo mi guarda e mi dice: “Lei ha un rene più basso dell’altro, ma ciò non le darà mai particolari fastidi”. Lì per lì rimango molto stupita: non avevo mai avuto il minimo problema, e neppure in occasione dei recenti parti era venuta fuori qualche anomalia. Sette anni più tardi avverto una forte colica renale: durante le cure del caso, si scopre che in effetti il rene sinistro era ptosico dalla nascita, ossia decisamente più basso dell’altro».

Corrado M. è un medico dentista il quale, dopo aver conosciuto Rol, ebbe un gravissimo infortunio a un occhio, dovuto allo sganciamento di un tirante del portapacchi dell’auto. «In considerazione della gravità della lesione, i medici avevano programmato l’intervento per l’enucleazione del bulbo oculare. Gustavo veniva a trovarmi in ospedale con una certa regolarità: mi passava la mano vicino alla parte malata, io avvertivo un fluido benefico e dopo ogni visita mi sentivo progressivamente un po’ meglio, sino a che l’ipotesi dell’asportazione è stata accantonata per sempre. Un paio di anni più tardi sono stato sottoposto al trapianto del cristallino a Lione, e ho definitavamente risolto così ogni problema. Sono sicuro che senza l’intervento di Rol le cose si sarebbero messe molto male».

Ciò che è stato riportato in questo articolo è una sintesi, peraltro già molto estesa, delle molteplici possibilità di Gustavo Rol.

Fonte: http://2000-2013.gustavorol.org .

Gustavo Rol - Il mio Primo Maestro Voto medio su 3 recensioni: Da non perdere
€ 15,00

Gustavo Rol - Esperimenti e TestimonianzeVoto medio su 1 recensioni: Da non perdere
€ 17,00

Comments: 0

Your email address will not be published. Required fields are marked with *