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Propaganda, guerra cognitiva e il percorso dell’Europa verso l’autodistruzione

Pro Trump, pro Putin, Si Vax, No Vax, Pro Palestina, Pro Israele, a me sorge un dubbio atroce….ma il popolo non ha altro da pensare che a Fare un tifo da stadio per ogni questione che gli si pone davanti? 🙁

Staff Toba60

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L’Europa verso l’autodistruzione

Narrazioni mediatiche, un complesso di superiorità e battaglie psicologiche stanno plasmando il futuro dell’Europa. L’immagine che l’Europa ha di sé come un “giardino” la rende cieca alle realtà globali e le narrazioni irrazionali sulla guerra rischiano di accelerarne il declino.

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Jowett e O’Donnell (2012), studiosi nel campo della comunicazione politica e degli studi sulla propaganda, definiscono la propaganda come “il tentativo deliberato e sistematico di plasmare le percezioni, manipolare le cognizioni e dirigere il comportamento per ottenere una risposta che favorisca l’intento desiderato dal propagandista”.

La propaganda è sempre stata un’arma di guerra, ma nell’Europa di oggi, e in particolare in Germania, ha raggiunto nuovi livelli di sofisticazione. Ciò che un tempo era diretto contro gli avversari stranieri, ora è sempre più rivolto contro la popolazione nazionale.

Sostenuta dai media tradizionali, dalle strategie della NATO e dal consenso delle élite, la propaganda in Europa ha iniziato a concentrarsi sempre meno sull’informazione dei cittadini e sempre più sulla definizione del loro ambiente cognitivo.

Lo studioso tedesco Dr. Jonas Tögel chiama questo fenomeno “guerra cognitiva”, un tentativo deliberato di influenzare i pensieri, le emozioni e persino gli istinti di intere popolazioni.

In questo articolo intendo esaminare lo stato attuale della propaganda in Germania e in Europa, i suoi obiettivi e la sua traiettoria autodistruttiva, il ruolo della NATO nella militarizzazione della cognizione e la mentalità culturale che porta gli europei a considerarsi un “giardino” circondato dalla “giungla”.

Attingendo alle opinioni del dottor Tögel, dell’intervistatore e studioso Pascal Lottaz dell’Istituto per gli studi sulla neutralità dell’Università di Kyoto e del filosofo tedesco Hans-Georg Moeller, cerco di capire dove questa propaganda sta portando l’Europa e se c’è spazio per l’ottimismo.

L’analisi del dottor Jonas Tögel dimostra che oggi i media tedeschi sono più propagandistici che mai dal periodo della Guerra Fredda. Nel suo studio su Tagesschau, il telegiornale serale più seguito in Germania, ha riscontrato un framing sistematico: si parte da un’informazione apparentemente neutrale, per poi guidare sottilmente gli spettatori verso conclusioni unilaterali. I crimini di guerra russi vengono enfatizzati, quelli ucraini ignorati, e le richieste della Russia vengono descritte come irrazionali, mentre quelle dell’Ucraina come legittime.

Questo non è casuale. Tögel sottolinea che la Germania spende oltre 100 milioni di euro all’anno in “pubbliche relazioni”, un eufemismo per indicare la propaganda finanziata dallo Stato. I servizi di intelligence monitorano le narrazioni che circolano nei media e mettono in atto rapide contromisure quando opinioni alternative guadagnano terreno.

La stessa NATO ha istituito dei “centri di eccellenza” dedicati alla guerra narrativa, mentre le leggi europee, come il Digital Services Act, creano l’infrastruttura legale per controllare il dissenso online, secondo lo studioso.

In breve, la propaganda nella Germania odierna non è solo informazione di parte, ma una campagna coordinata, professionale e ben finanziata che confonde i confini tra informazione e operazioni psicologiche.

Tradizionalmente, la propaganda era rivolta ai nemici stranieri. Oggi, la NATO descrive apertamente la “guerra cognitiva” come un nuovo campo di battaglia, insieme a terra, mare, aria, spazio e cyberspazio. Il sesto campo è la mente umana stessa.

Secondo Tögel, la strategia di resilienza della NATO richiede “cittadini resilienti”, definiti non come persone capaci di pensare in modo indipendente, ma come individui che “pensano e sentono le cose giuste”. In pratica, ciò significa plasmare l’opinione pubblica per garantire l’allineamento con gli obiettivi della NATO, respingendo al contempo il dissenso come “disinformazione russa”.

L’ipocrisia è sorprendente: i leader occidentali affermano di difendere la democrazia e il libero dibattito censurando le voci dissenzienti. Come osserva Tögel, questa inversione – «difendere la libertà attraverso la censura» – non è nascosta in stanze buie, ma discussa apertamente alle conferenze della NATO. Ai cittadini viene detto che la guerra cognitiva è una difesa contro la manipolazione straniera, ma in realtà sono le loro stesse menti il campo di battaglia.

La censura in Occidente sta diventando sempre più palese. La politica del Pentagono dell’amministrazione Trump ora richiede ai giornalisti di ottenere l’autorizzazione prima di riportare alcune informazioni, anche quelle non classificate, pena la perdita dell’accesso. “Le informazioni devono essere approvate per la divulgazione pubblica da un funzionario autorizzato prima di essere rilasciate, anche se non sono classificate”, secondo un memo del Pentagono.

Una delle domande più sorprendenti che vengono poste è perché gli europei credano così facilmente alla propria propaganda, mentre considerano la manipolazione come qualcosa che accade solo “altrove”. È una domanda che ho posto molte volte, ma non ho mai ricevuto una risposta, solo sguardi offesi.

Secondo Tögel, parte della risposta risiede nella professionalizzazione: i dibattiti televisivi e i notiziari tedeschi sono accuratamente messi in scena per creare credibilità. Partendo da una cronaca neutrale (la tecnica del “piede nella porta”), il pubblico è più propenso ad accettare conclusioni di parte in un secondo momento.

Un altro fattore è di natura sociologica. I giornalisti spesso lavorano come freelance o collaboratori esterni, il che significa che il loro sostentamento dipende dal soddisfacimento delle aspettative dei redattori. Questo crea un “meccanismo naturale”, come lo definisce Lottaz, in cui la conformità viene premiata e il dissenso punito. Nel corso del tempo, la propaganda diventa meno una questione di ordini diretti e più una questione di autocensura sistematica.

Le conseguenze sono pericolose: la paura della Russia viene deliberatamente alimentata nell’opinione pubblica, non per incoraggiare i negoziati di pace, ma per sostenere il sostegno alle forniture di armi e all’escalation militare. Statisticamente, livelli più elevati di paura sono correlati a una maggiore accettazione della guerra e alla perdita del benessere da parte dell’opinione pubblica.

Hans-Georg Moeller dell’Università di Macao offre un’altra dimensione: la mentalità culturale che sta alla base della propaganda europea. Egli descrive l’atteggiamento della Germania come “arroganza innocente”, ovvero il presupposto che la superiorità tedesca, un tempo basata sul nazionalismo, si manifesti ora attraverso l’Unione Europea.

La Germania proietta la propria superiorità morale sull’Europa, descrivendo l’UE come un “giardino” circondato da una “giungla” caotica, come affermato da Josep Borrell. Questa visione del mondo presuppone che gli europei siano i guardiani illuminati della civiltà, mentre il resto del mondo è in ritardo.

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Moeller ricorda il politico tedesco che si lamentò con il presidente della Namibia del fatto che nel Paese ci fossero più cinesi che tedeschi, un’osservazione radicata nella nostalgia coloniale e nella superiorità, dimenticando che i namibiani non hanno dimenticato il genocidio commesso dalla Germania coloniale in quel Paese.

Questa arroganza europea rende i politici ciechi di fronte alle realtà globali. Mentre l’Europa si aggrappa alla retorica morale, paesi come la Cina la stanno superando in termini di modernizzazione e sviluppo. Credendo che il loro stato sociale sia eterno, gli europei sottovalutano la loro vulnerabilità. Come avverte Moeller, questo complesso di superiorità lascia l’Europa “colta alla sprovvista”, impreparata a un ordine globale in evoluzione.

Sia Tögel che Moeller giungono a una conclusione inquietante: la propaganda non sta rafforzando l’Europa, ma sta accelerandone il declino perché impedisce ai suoi leader e ai suoi cittadini di vedere la realtà.

Dipingendo la guerra in Ucraina come una “battaglia per la democrazia” senza obiettivi realistici, i leader europei stanno giocando con la propria distruzione. A differenza degli Stati Uniti o della Russia, qualsiasi escalation avrebbe conseguenze devastanti dirette sull’Europa.

Inoltre, la propaganda alimenta l’irrazionalità. Mentre la Russia e la Cina (e in una certa misura anche gli Stati Uniti) agiscono secondo una logica geopolitica, l’Europa si aggrappa a narrazioni emotive che si contraddicono a vicenda: la Russia è allo stesso tempo debole e sul punto di conquistare Berlino; l’Ucraina sta vincendo ma dipende disperatamente dagli aiuti per sopravvivere. Queste contraddizioni sono sostenute solo attraverso una manipolazione costante.

Lo Stato sociale, un tempo fiore all’occhiello dell’Europa, è messo a dura prova dal forte aumento delle spese militari. La sola Germania spende circa 200 miliardi di euro all’anno per la difesa, sottraendo risorse a scuole, sanità, infrastrutture e pensioni. Se la propaganda continuerà a reprimere il dissenso, secondo gli studiosi i cittadini potrebbero rendersi conto troppo tardi che la loro sicurezza e prosperità sono state sacrificate sull’altare delle illusioni.

Nonostante questo quadro cupo, Tögel offre una cauta speranza: la consapevolezza sta crescendo grazie ai media indipendenti, ai canali di ricerca alternativi e all’attivismo dei cittadini che stanno smascherando i meccanismi della propaganda. Egli insiste sul fatto che se l’opinione pubblica chiede la pace, le élite politiche alla fine dovranno seguire.

L’ottimismo non risiede nella NATO o nelle élite europee, ma nei cittadini comuni che rivendicano la loro capacità di ragionare. L’antidoto alla propaganda è il pluralismo: l’esposizione a molteplici prospettive, il dibattito critico e una democrazia autentica in cui le decisioni sulla guerra e sulla pace spettano al popolo, non a élite isolate.

La propaganda costruita attraverso notizie e dibattiti unilaterali nella Germania e nell’Europa di oggi non ha precedenti in termini di portata, sofisticazione e potenziale autodistruttivo. Essa sostiene politiche irrazionali, sopprime il dissenso e rende gli europei ciechi di fronte alle realtà geopolitiche globali. La guerra cognitiva della NATO, lungi dal difendere la democrazia, la mina prendendo di mira le menti dei propri cittadini con la scusa di proteggerli.

La critica di Hans-Georg Moeller all’arroganza tedesca rivela una logica culturale più profonda: il complesso di superiorità dell’Europa alimenta l’illusione che essa sia il “giardino” della civiltà, anche quando viene superata da altri.

Dove porterà tutto questo? Se gli europei non si sveglieranno, il risultato potrebbe essere un declino in termini economici, politici, accademici e persino civili. Ma se la consapevolezza si diffonderà, se i cittadini rivendicheranno il loro ruolo di decisori, la propaganda potrebbe ancora crollare sotto il peso delle sue contraddizioni o addirittura far rinascere lo spirito democratico che la propaganda voleva mettere a tacere.

L’altra possibilità è quella di continuare sulla strada dell’autodistruzione.

Ricardo Martins

Fonte: journal-neo.su

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