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I Dati Taroccati Sulla Mortalità dell’Istat “Prima e Dopo i Vaccini” Sono un Autentico Insulto all’Intelligenza Umana

Le tavole del Tarocco

Riassunto

Le preziosissime tabelle biometriche sull’aspettativa di vita dell’Istat danno un’immagine distorta della ripartizione della mortalità per classe di età alleviando ingiustificatamente il contributo della classe “giovane” che va da 0 a 64 anni. Si rivelano in contraddizione con i censimenti “anagrafici” della mortalità della stessa Istat e sono per lo tanto allo stato attuale del tutto inappropriate a fini analitici. Specchio per le allodole, i dati biometrici si rivelano un semplice falso in scrittura per illuderci e fare bella figura nel mondo con un’aspettativa di vita nel bel paese più elevata di quanto sia in realtà.

Volevamo capire se la mortalità tra i giovani fosse aumentata nel 2023. Nonostante il benvenuto ritorno nella norma della mortalità generale dopo 3 anni di forti scosse pare allontanare questo timore, non costituisce tuttavia in se una prova che non vi siano stati andamenti in controtendenza per questa classe di età. Nell’ultimo anno si è del resto parlato molto di morti improvvise tra i giovani e troppo per potere scartare lì movimenti anomali sull’unica base di una riconquista della “normalità” globale. Come fare allora per provare obiettivamente lo stato della mortalità di questi nel 2023? Esistono per questo tabelle biometriche sulle “aspettative di vita” che forniscono la probabilità annuale di morte per classe di età e anche per singole età fino alla teorica veneranda età di 119 anni.

Queste tabelle contengono in particolare una colonna dalla quale tutto discende con il numero di decessi per classe età per un totale complessivo di 100 mila. Esprimono pertanto lì delle proporzioni utili alle estrapolazioni per classe di età e per confronto tra di esse. Altrimenti detto queste tabelle danno l’età di 100 mila morti a proporzione del contributo di ogni età. (Decessi (dx): Individui che muoiono tra l’età x e l’età x+1, esplicita con chiarezza la legenda che le accompagna.) Favolosa comodità dei dati anagrafici li espressi in rapporto al totale degli eventi annuali.

Tanto di cappello a chi ha costruito questo strumento proporzionale semplice, funzionale e razionale per eseguire calcoli predittivi, distribuire la mortalità conoscendo la sola demografia del gruppo, monitorare quasi in tempo reale l’andamento funesto ed altro ben al di là dei soli calcoli per definire l’aspettativa di vita per la quale sono stati concepiti. Una incredibile potenza di calcolo nelle mani senza doversi districare in una giungla di raccolte disperse. Si parte dai decessi totali “anagrafici” e si risale ai decessi per classe. Oppure si parte dalla popolazione della classe per proiettare attese in avanti o indietro nel tempo. Non si può chiedere di meglio. Bisogna inchinarsi.

Convinti, forse a torto, che queste tabelle “biometriche” non siano che un altro modo numerico di esprimere le tabelle “anagrafiche”, che ne siano una immagine speculare fedele, senza neanche pensarci dando per scontato la bontà dei tassi biometrici di mortalità esibiti in quanto sono elementari proporzioni ottenibili dividendo i decessi nella classe per il totale dei decessi e poi moltiplicate per 100 mila, nonché confortati dallo loro apparente grande stabilità nel decennio risaliamo partendo dal “modello” biometrico 2015-2019 ai decessi putativi per due macro classi del 2023: 0-64 anni e 65 anni in su. Il confronto di verifica con la tabella “anagrafica” della mortalità del 2023 per mese, sesso e comune (distingue soltanto i meno di 65 anni dai più 65 anni) si dimostra allora sconvolgente. L’Istat “anagrafica” enuncia una tremenda notizia: 15.000 morti tra i 0-64 anni in più del previsto dagli incontrovertibili tassi “normali” di mortalità biometrici con i quali interpretarli e anticiparli. Una strage certificata Istat. Ma senza il minimo riscontro pubblico da nessuna parte.

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Oltre questo improbabile silenzio sociale attorno a un così tragico decorso, vi era un’altra incongruenza. Se per i calcoli “biometrici” i giovani muoiono molto di meno, gli anziani defunti aumentano parimenti di brutto. Ora i “dati anagrafici” di vari anni si avverano del tutto incongruenti anche lì. Non mostrano in definitiva affatto le proporzioni grosso modo 8%-92% avanzate per le due macro classi di età ma bensì una tendenza grosso modo 10%-90% assestata nella loro norma decennale. (Che ne sia all’interno di questi due macro-classi, in verità non lo sappiamo ora dire. Inoltre la macro-classe 0-64 anni è ben troppo ampia per rappresentare correttamente i giovani e servire con obiettività per già concludere il quesito iniziale sulla mortalità giovanile.) Rifacciamo i calcoli sui 10 ultimi anni utilizzando entrambe le tabelle per controllo reciproco convinti di trovarvi l’uguaglianza dei numeri che qui mancava.

Le super tabelle biometriche per fasce d’età presentano tuttavia anch’esse sempre una mortalità molto minore nella classe 0-64 dalle tabelle “anagrafiche” (e molto maggiore nella classe 65+). Sempre. In sintesi l’una afferma che i 0-64 anni contano in media un po’ più del 8% dei decessi l’anno, l’altra “anagrafica”, più consona alla realtà, indica invece un po’ più del 10%.

Fare previsioni con l’8% dà ovviamente risultati inferiori al 10%. Porta a sottostimare sistematicamente i decessi di questa classe “giovane” e poi per raffronto colla realtà a notificare un eccesso qui rivelatosi falso allarme.  Ci irritiamo, a dir poco e saggio. Scriviamo con rabbia elettronica ma non privi di ragione all’istituto di statistica che non risponderà mai sul merito. Tassi incompatibili tra le vostre tabelle con gravi conseguenze per la ricerca per che si accontenterebbe delle tavole biometriche. Un errore così grossolano è imperdonabile. Due dati di mortalità totalmente irriducibili per lo stesso anno, ogni anno! Dove sta la realtà? Sono morti 59 mila “giovani” o 71 mila l’anno scorso? Verso quale santa tabella voltarsi? Perché in fondo l’istituto statistico afferma in contempo questi due numeri contraddittori anche se ne esplicita uno soltanto.  Una tale follia logica è incomprensibile e confonde. Ogni maestra elementare assegnerebbe lì un bel zero. La matematica non è un’opinione. I conti devono tornare.

Ma d’improvviso ci siamo svegliati anche se tardi perché avevamo da sempre sia lo scopo molto politico di queste tabelle biometriche davanti agli occhi, calcolare una teorica aspettativa di vita, che la possibilità di verificare l’appropriatezza dei numeri esposti. Bastava ricordarsi che scienza è riproducibilità, il contrario della fiducia cieca, e rimboccarsi le maniche per riprodurre numeri. Era per di più sufficiente riconvertire i valori espressi su centomila nel totale per svelare la discrepanza coi seri e veri dati anagrafici, oppure rapportare per centomila i dati anagrafici per classe per evidenziare le madornali differenze con quelle biometriche mentre dovrebbero essere perfettamente uguali.

Ma fatto sta che le proporzioni presentate in quelle tabelle rovinate non rappresentano affatto le proporzioni vere. Non devono pertanto in nessuna maniera essere prese come riferimento per altri calcoli fin quando non verranno corrette, fin quanto la loro straordinaria potenzialità analitica non verrà ristabilita. Vanno per ora scartate d’ufficio, salvo per studi volti ad accertare che queste distorsioni numeriche siano almeno equamente distribuite sul territorio, malelingue sono sempre in agguato. Sono false perché falsate di proposito. Espressi per centomila decessi annuali, pubblicano numeri di morti nelle classi d’età privi di realtà senza che il lettore se ne accorga. Non possono per adesso purtroppo servire a proiettare, ricomporre numericamente o interpretare “l’anagrafico” senza esporsi al ridicolo. E truffa contabile con secondi fini che ne vanifica le funzioni.

Diminuendo il peso delle classi “giovani” alla mortalità si allunga infatti aritmeticamente l’aspettativa di vita.[1] Non di molto, ovviamente, ma di sufficienti mesi, almeno 6 e forse 10, per ben figurare dentro e fuori Italia anche se illusoriamente. Per poterlo quantificare con esattezza servirebbero i dati anagrafici per singole età che non si vogliono pubblici ma soltanto accessibili a pagamento. Queste tabelle biometriche sono infatti sostanza numerica manomessa per propagandare un’ottimistica aspettativa di vita. Sono mendaci e rese inutilizzabili per trarre insegnamenti fondati per spicciolo scopo “socio-politico”. Sono un prezioso strumento di sanità pubblica rovinato da interessi “politici”.

Non sono pertanto frutto di un errore di compilazione ma sono un intenzionale falso ideologico che si perpetua in silenzio sotto vari “regimi”. Del resto per evitare controlli incrociati diretti queste spacciate proporzioni non sono mai abbinate ai dati di popolazione e di mortalità totale nonostante qualsiasi tabulatore elettronico offra oggi la possibilità di radunarle in una sola pagina.  Due colonne dati in più da incollare ed è fatto.

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Ma perché mai garantire un’agevole e trasparente controllo aritmetico della qualità numerica, aumentare le variabili e potenziare i calcoli quando si può manipolare i dati a discrezione? Per fare apparire all’opinione pubblica un’aspettativa di vita lievemente più alta di quanto sia in realtà e forse anche taroccare appena le previsioni pensionistiche, le caselle dei morti per classe sono lontane da quelle anagrafiche che dovrebbero rispecchiare e i vari calcoli che ne derivano vengono tutti irrimediabilmente viziati. Fonte inquinata, valle malata. È sempre stato così almeno nell’ultimo decennio. Per certificarlo basta confrontare anni di tabelle, riempirne alcune di mano propria attingendo ai dati anagrafici Istat per classe di età.

In definitiva ahimè deprivati dalla possibilità di estrapolare degnamente a partire dì valori biometrici obiettivi, se non sappiamo ancora nulla della mortalità nel 2023 tra le classi giovani non avendo a disposizione i dati anagrafici dettagliati ci consoliamo sapendo ora che la nostra aspettativa di vita è più bassa da quella propagandata dalle ingannevoli tavole “scientifiche” dedicate ad illustrarla.


[1] Viene calcolata per ogni singola età sommando tutti i sopravviventi teorici a partire della singola età e dividendoli per i sopravviventi della singola età. Si basa su un campione di 100 mila soggetti virtuali a o anni che si riduce col scorrere del tempo fino a estinguersi secondo il tasso di mortalità proprio ad ogni singola età.

Paolo Scampa Staff Toba60

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