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Il doppio digitale e la distorsione dell’uomo tra utopia tecnologica e distopia orwelliana

Un doppio digitale non è altro che un essere perfetto che ricrea per filo e per segno tutte le imperfezioni che abbiamo con tanta fatica assimilato grazie alla nostra proverbiale stupidità 🙁

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Il doppio digitale: Uno Specchio Distorto della Nostra Umanità

In un mondo in cui il virtuale si affianca sempre più al reale, il concetto di “doppio digitale” sta emergendo come un’affascinante promessa. Questo gemello digitale, che dovrebbe rappresentare fedelmente un individuo nel cyberspazio, solleva profonde questioni etiche, psicologiche e filosofiche. Tra opportunità tecnologiche e rischi per la nostra identità, questo fenomeno cristallizza le speranze e le paure legate al nostro futuro digitale. Questo articolo esplora le molteplici sfaccettature del doppio digitale, dalle sue origini industriali alle sue implicazioni transumaniste, passando per le sue risonanze mitologiche e spirituali.

Il concetto di doppio digitale, noto anche come gemello digitale, sta prendendo piede nella nostra società iperconnessa. Si tratta di una rappresentazione virtuale completa di un oggetto o di un individuo. Questo concetto, inizialmente sviluppato in ambito industriale, è stato ora esteso alla sfera individuale, promettendo una gestione ottimizzata della nostra salute, delle nostre interazioni sociali e della nostra vita quotidiana. Tuttavia, la digitalizzazione sistematica degli esseri umani, in particolare, solleva una serie di questioni etiche ed esistenziali. Fino a che punto possiamo spingere questa replica virtuale senza minare la nostra stessa essenza? Il doppio digitale rappresenta un’estensione benefica della nostra identità o, al contrario, una minaccia alla nostra integrità?

Per illustrare uno dei principali rischi della tecnologia digitale duale, possiamo ricordare un episodio geopolitico tanto affascinante quanto inquietante: l’attacco Stuxnet al programma nucleare iraniano. Nel 2010, un worm informatico frutto di una pianificazione meticolosa e di una padronanza tecnologica avanzata si è infiltrato nei sistemi di controllo industriale(SCADA) delle centrifughe iraniane per l’arricchimento dell’uranio.

Questo malware, frutto della collaborazione tra i servizi segreti americani e israeliani, è riuscito a distruggere le centrifughe modificando sottilmente la visualizzazione della loro velocità di rotazione. Gli operatori hanno percepito una realtà manipolata che impediva loro di controllare le macchine, il che ha portato alla loro distruzione. Questo attacco informatico ha evidenziato i rischi e i pericoli della manipolazione di sofisticati sistemi di controllo digitale. Ha dimostrato che è possibile dirottare un “doppio digitale” primitivo e manipolare le percezioni degli operatori in modo impercettibile.

Nell’ultimo decennio, a partire dai sistemi SCADA, il concetto di gemello digitale si è diffuso in tutta l’industria, rendendo possibile ottimizzare la produzione, prevedere i guasti e migliorare la progettazione dei prodotti. Intere fabbriche sono state replicate virtualmente, dando agli ingegneri la possibilità di testare e regolare i processi senza rischiare le installazioni reali.

In quest’epoca di ingegneria sociale permanente, era solo questione di tempo prima di fare il passo verso l’applicazione agli esseri umani. Se potevamo modellare con precisione il funzionamento di una fabbrica, perché non fare lo stesso con il corpo umano o addirittura con la mente umana? È così che il concetto di doppio digitale si è gradualmente diffuso in campo medico e poi nella sfera personale e sociale.

Oggi la tecnologia digitale doppia sta diventando parte integrante di molti aspetti della vita quotidiana. Nella pianificazione urbana, le città gemelle digitali possono essere utilizzate per testare scenari di sviluppo e di gestione delle risorse.

A Singapore e a Toronto, due progetti emblematici illustrano le potenzialità e le insidie di questa rivoluzione tecnologica:

Dal suo lancio nel 2014, Virtual Singapore ha trasformato il modo in cui viene gestita la città-stato. Grazie a una replica digitale che copre 7.200 km², le autorità possono simulare scenari critici – come l’innalzamento del livello del mare e la congestione stradale – con una precisione senza precedenti. Il risultato: un risparmio del 15% sulla manutenzione delle infrastrutture e il rafforzamento preventivo del 20% delle dighe costiere. I cittadini sono persino coinvolti nel miglioramento del loro ambiente di vita attraverso una piattaforma aperta che combina dati IoT e consultazioni pubbliche. Un modello che unisce innovazione tecnologica e trasparenza democratica, senza sacrificare le libertà individuali.

L’ambizioso progetto Sidewalk Labs di Toronto, una filiale del gigante tecnologico Alphabet, prometteva una rivoluzione urbana, ma si è rapidamente trasformato in un incubo orwelliano. Con il pretesto dell’innovazione, questa “città intelligente” minacciava di erigere un vero e proprio panopticon digitale sulle rive del lago Ontario. Sensori onnipresenti avrebbero raccolto continuamente dati sui movimenti, le abitudini e persino le conversazioni dei cittadini, sollevando serie preoccupazioni sul rispetto della privacy.

La prospettiva di una sorveglianza di massa, orchestrata da un’azienda privata con intenzioni poco trasparenti, ha suscitato una giustificata protesta tra i torontini. Di fronte alla crescente resistenza dei residenti e degli attivisti per le libertà civili, Sidewalk Labs ha infine gettato la spugna nel 2020. Questo clamoroso fallimento ci ricorda che la vera intelligenza di una città sta nella sua capacità di rispettare e proteggere i suoi residenti, piuttosto che nell’accumulo indiscriminato di dati personali.

Tuttavia, l’applicazione più ambiziosa e controversa riguarda la creazione di doppi digitali completi dei cittadini. L’idea è quella di riunire tutti i dati disponibili su un individuo – cartelle cliniche, cronologia di navigazione, dati di geolocalizzazione, interazioni sui social network – per creare una replica virtuale il più possibile fedele in tempo reale. Questa replica potrebbe essere utilizzata per ottimizzare i servizi pubblici, migliorare i flussi logistici, prevedere i comportamenti o addirittura prendere decisioni al posto dell’individuo.

Non volendo perdere questa opportunità, l’Unione Europea ha lanciato il progetto EDITH (European Digital Twin in Healthcare), un’iniziativa ambiziosa volta a sviluppare un quadro standardizzato per i gemelli digitali in ambito sanitario. L’obiettivo di questo progetto è quello di creare un ecosistema europeo attorno al concetto di gemelli digitali in campo medico.

EDITH si propone di riunire gli operatori del settore, definire standard comuni e sviluppare una piattaforma per la condivisione di dati e modelli. L’ambizione è quella di consentire la creazione di gemelli digitali completi dei pazienti, integrando dati genetici, fisiologici, comportamentali e ambientali.

Inoltre, la standardizzazione europea dei doppi digitali creerà un pericoloso precedente. Non c’è il rischio di assistere alla nascita di un “passaporto digitale” onnipresente, che condiziona l’accesso ai servizi e ai diritti dei cittadini?

Al di là delle questioni etiche e sociali, il concetto di doppio digitale solleva profonde domande sul suo effetto sulla percezione di noi stessi e della nostra identità. La psicologia ci insegna che la nostra identità si costruisce attraverso l’interazione con gli altri e con l’ambiente. Cosa succede quando una parte significativa di queste interazioni avviene attraverso un avatar digitale?

Negli anni ’90, il filosofo Gilles Deleuze ha usato il termine “individuo” per descrivere l’individuo diviso e frammentato dai sistemi di controllo digitale. Con il doppio digitale, questa frammentazione ha raggiunto un nuovo livello. Il nostro “io” è moltiplicato, disperso tra il mondo fisico e il cyberspazio.

Da un punto di vista filosofico, dobbiamo capire come l’individuo si definisce quando è costantemente sottoposto alla “griglia” dei dati. La parte indeterminata è la libertà che abbiamo di non essere completamente definiti dalle nostre informazioni misurabili o dalla nostra cronologia di navigazione. È anche la possibilità di continuare a sperimentare la spontaneità, la creatività, l’inaspettato, tutto ciò che resiste alla logica del calcolo e della previsione. In un sistema in cui il doppio digitale tende ad anticiparci (e talvolta a rinchiuderci) in profili prestabiliti, preservare questo Mistero significa evitare che l’uomo si riduca interamente a ciò che l’algoritmo può prevedere su di lui.

Il termine “gaslighting”, tratto dal classico film Gaslight (1944), si riferisce a una forma insidiosa di manipolazione psicologica in cui una persona cerca di far dubitare un’altra della sua percezione della realtà. Questo fenomeno sta assumendo una dimensione ancora più preoccupante con l’emergere della tecnologia digitale duale, poiché ora sarà estremamente facile ed economico falsificare o alterare le percezioni di un individuo o di un’intera popolazione.

Nel film “Gaslight”, Gregory Anton manipola la moglie Paula modificando sottilmente l’ambiente in cui vivono – in particolare abbassando le luci del gas – pur negando questi cambiamenti. Questa storia ha dato origine al termine “gaslighting”, usato oggi per descrivere un comportamento abusivo che mina deliberatamente la fiducia di una persona nella propria percezione.

Gli effetti psicologici del gaslighting sono paragonabili a quelli osservati nelle relazioni interpersonali: confusione, isolamento e perdita di fiducia in se stessi.

In molte tradizioni spirituali, i doppi spirituali erano visti come riflessi o estensioni dell’individuo, spesso investiti di una dimensione sacra o cosmica: l’anima nelle religioni abramitiche, il corpo astrale in alcune dottrine esoteriche, o il Ka nell’antico Egitto.

Il Ka rappresenta un’essenza vitale e spirituale, un doppio immateriale che accompagna ogni individuo dalla nascita e persiste dopo la morte. A differenza di una semplice “ombra” o “riflesso”, è una forza viva, essenziale per l’esistenza umana. Viene spesso descritta come la fonte dell’energia vitale e il legame tra il mondo terreno e il divino.

Il Ka veniva alimentato dalle offerte depositate nelle tombe, per continuare a vivere nell’aldilà. Anche le statue funerarie o le rappresentazioni scolpite dei defunti fungevano da ricettacolo del loro Ka, garantendone la sopravvivenza spirituale. Questo concetto illustra una visione profondamente dualistica dell’essere umano, in cui il corpo fisico e il suo doppio immateriale coesistono in simbiosi.

In questo contesto, il Ka non era una semplice astrazione ma un elemento fondamentale della cosmologia egizia, che collegava gli individui a un ordine universale. Incarnava sia la loro individualità sia la loro appartenenza a un insieme più ampio. Questa visione del doppio come essenza trascendente e come ponte tra il mondo temporale e quello spirituale contrasta nettamente con la materialità del doppio digitale.

Questa riduzione materialistica potrebbe aprire la strada a una preoccupante forma di “tecno-spiritualità”, dove la salvezza non deriverebbe più da un’elevazione dell’anima ma da una costante ottimizzazione del doppio digitale. Potremmo parlare di un uomo aumentato rispetto a un uomo consapevole.

Nella visione transumanista di superare i limiti biologici dell’essere umano, il gemello digitale rappresenta un passo verso l’immortalità digitale: l’idea che sia possibile “scaricare” la coscienza umana in un supporto digitale.

Questa ricerca dell’immortalità digitale solleva la questione del valore che attribuiamo alla nostra finitudine. Non è forse proprio la consapevolezza della nostra mortalità a dare significato e intensità alla nostra esistenza?

Il futuro del gemello digitale è ancora incerto, ma stanno emergendo diversi scenari. In una visione ottimistica, i gemelli digitali potrebbero diventare potenti strumenti per la conoscenza e il miglioramento di sé. Permetterebbero una medicina veramente personalizzata, una gestione ottimale delle nostre risorse e un processo decisionale informato in tutti gli aspetti della nostra vita.

Tuttavia, è possibile anche uno scenario più cupo. I doppi digitali potrebbero diventare strumenti di controllo sociale senza precedenti, consentendo una sorveglianza totale e una sottile manipolazione del comportamento.

Uno scenario intermedio vedrebbe l’emergere di una rigida regolamentazione dei doppi digitali, limitandone l’uso a settori specifici come la salute o la ricerca scientifica. Ma anche in questo caso, il rischio di abuso e pirateria rimarrebbe elevato.

Mentre il confine tra reale e virtuale diventa sempre più labile, la domanda diventa: fino a che punto vogliamo spingerci? Se da un lato la tecnologia ci permette di ottimizzare le nostre vite, dall’altro mette in discussione il nostro rapporto con la realtà. Il progresso potrebbe non risiedere nella ricerca di superare l’assoluto, ma in una migliore comprensione di ciò che rende unica l’esperienza umana.

Lungi dall’essere un semplice freno all’innovazione, i limiti sono anche ciò che dà forma al nostro rapporto con il mondo. Definiscono la ricchezza del momento, l’autenticità delle interazioni e la profondità delle nostre scelte. Tra il fascino delle opportunità offerte dalla tecnologia digitale e la necessità di preservare ciò che ci rende ciò che siamo, dobbiamo trovare un equilibrio. E in fretta!

Matthias Faeh

Fonte: planetevagabonde.com

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