Cosa nasconde la propaganda tecno-cinese? Aprite gli occhi che di nascosto non c’è nulla!
L’elefante nella stanza non si vede perché troppo presi a guardare la nazionale italiana di calcio.
Toba60
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Cosa nasconde la propaganda tecno-cinese
Viviamo in un’epoca in cui l’immagine prevale sul significato, in cui narrazioni calibrate soppiantano l’esperienza vissuta e in cui le masse, cullate da voci sintetiche, assorbono visioni del futuro come se stessero consumando una pubblicità di lusso. Un’epoca in cui ciò che sembra nuovo è in realtà un abile riciclo di vecchie idee di dominio, controllo e gerarchia. L’ultima scoperta, che mi ha fatto saltare di gioia con il mio caffè mattutino, è una brillante sovrapposizione tecnologica, una seducente narrazione futuristica, per assorbire meglio la pillola di un mondo che sta rapidamente scivolando via dall’umanità.

Lungi dall’essere innocui, certi video virali plasmano il nostro immaginario collettivo con formidabile efficacia, fino a riscrivere i nostri desideri. Quello che chiamiamo “progresso” diventa allora il cavallo di Troia di una profonda regressione, mascherata da apparenze di innovazione. Ed è di fronte a una di queste produzioni, apparentemente innocua e corrosiva nel suo messaggio, che ho dovuto reagire. Non per postura, ma per dovere. Perché è diventato urgente reimparare a guardare, ad ascoltare, a pensare prima che anche questa capacità ci venga tolta.
Questo video, diffuso dal canale YouTube Money Radar (disponibile qui), che ho scoperto grazie a Réseau International, cerca di venderci, con la dolcezza anestetica di una voce sintetica e femminile, un mondo che, secondo i suoi autori, è già in corso in Cina; questo mondo che presentano come il mondo di domani, il mondo del progresso, il mondo di un’umanità trascesa dalla tecnologia. Robot chirurgici, fabbriche automatizzate al 100%, treni supersonici, bambini geneticamente modificati… Benvenuti in un incubo travestito da utopia, in una distopia presentata come un miracolo.
Non si tratta di innovazione o di visione, tanto meno di salvezza collettiva. Ciò che questo video glorifica con entusiasmo meccanico è la fine dell’uomo libero, dell’uomo pensante, dell’uomo vivente. Si propone come modello un regime autoritario in cui la macchina soppianta l’uomo, in cui la robotizzazione diventa il criterio ultimo di successo, in cui il nascituro non è più una promessa, ma un prototipo. Un mondo in cui, con il pretesto dell’efficienza, si cancella l’etica e, in nome del progresso, si uccide la coscienza.
Non si tratta di un futuro come lo descrivono, ma di una vera e propria prigione. Certamente luminosa, connessa e silenziosa, ma pur sempre una prigione. Una gabbia di vetro guidata da algoritmi, svuotata della sua sostanza umana. Il progresso tecnologico, in questa prospettiva, non serve a elevare l’umanità, ma a eluderla, sostituirla, cancellarla. L’umanità diventa un errore da correggere, un costo da ridurre, una variabile da neutralizzare.
E giustamente deridono l’Occidente per le sue preoccupazioni “minori” – come il divieto delle cannucce di plastica, o anche le EPZ (zone di mobilità a bassa pressione) e le EPD (diagnosi di prestazione energetica), che non sono altro che prodotti dell’estorsione finanziaria dei popoli – mentre la Cina, ci dicono, sta “costruendo tranquillamente il futuro”. Ma possiamo continuare a parlare di futuro quando ciò che stiamo preparando è la negazione stessa della nostra umanità? L’Europa non è lontana: è forse l’ultima resistenza dell’umanità a un mondo visto attraverso fogli di calcolo Excel e che inventa un futuro senza uomini. Una resistenza alla disumanità robotizzata, all’ordine algoritmico totale, a questa fredda ideologia che trasforma la vita in dati, il cittadino in un prodotto e la società in un laboratorio di obbedienza.
La propaganda di questo video è chiara e mira a presentare la Cina come un modello, un’ispirazione, un sogno. Ma è un sogno tossico! Quella che Pechino sta sviluppando non è una società avanzata, ma una macchina sociale dove la sorveglianza è costante, dove il comportamento viene valutato, dove l’individuo non è altro che un numero in un sistema di valutazione permanente. Il “credito sociale” è solo una funzione tra le altre di questa ingegneria del controllo totale. E questo modello, che oggi stiamo cercando di rendere attraente, domani sarà venduto ai governi di tutto il mondo – totalitari e tirannici per natura – come la soluzione definitiva all’imprevedibilità umana.
Non si tratta di uno scenario fantascientifico, ma di una triste realtà che si sta imponendo e che viene mascherata da trionfo. È in corso una guerra silenziosa, non contro un nemico esterno, ma contro ciò che, dentro di noi, rimane libero, fallibile, imprevedibile e quindi profondamente umano. Questo video non è innocente perché fa parte di una vasta operazione di lobotomia culturale, un massiccio lavaggio del cervello volto a far passare il disumano come progresso. Prepara le menti ad accettare, senza opporre resistenza, la scomparsa programmata della vita senziente. Sostituita da una fredda rappresentazione in cui le emozioni sono sacrificate sull’altare dell’ottimizzazione e in cui la libertà sarà metodicamente strangolata dall’automazione. È una propaganda insidiosa che, con il pretesto dell’innovazione, acclimata le coscienze all’idea che l’uomo sia un ostacolo, un errore, una vestigia da correggere.
E la cosa peggiore è che questa offensiva sta avanzando sotto mentite spoglie, il che è ancora più pernicioso. Perché questa offensiva non indossa un’uniforme né marcia a passo di marcia, ma si infiltra nelle nostre menti sotto forma di algoritmi, narrazioni accattivanti e concetti brillantemente presentati. Non propone più una dittatura vecchio stile, ma una tirannia asettica, avvolta nell’eleganza della modernità connessa, fluida e gioiosa, ma assolutamente letale. Non spezza più le catene, ma le invisibilizza con figure, concetti e narrazioni seducenti.

È una vera e propria dittatura senza muri né manganelli, ma tanto più temibile per la sua fluidità, connessione e insidiosità. Si infiltra nella nostra vita quotidiana, si insedia nelle nostre case, ci sussurra all’orecchio attraverso la voce degli assistenti vocali. Una tirannia digitale con un’aria di comodità, efficienza e modernità che, dietro la sua facciata lucida, nasconde un’oppressione morbida e anestetica, una macchina che distrugge l’anima. Ma va anche detto senza mezzi termini: tutta questa tecnologia sarà in realtà accessibile solo a un piccolo gruppo di individui. Una casta di globalisti, già arricchita da decenni di predazione economica, estorsione globale e sottomissione di massa. Le élite che controllano i flussi di dati e le infrastrutture per l’innovazione non stanno costruendo un mondo per tutti, ma un santuario per se stessi e, soprattutto, una terra di servitù per gli altri.
È imperativo staccarsi da questa malsana fascinazione, sfuggire a questa ipnosi collettiva accuratamente orchestrata. Dobbiamo rifiutare fermamente questo futuro imposto dagli ingegneri della servitù e dagli strateghi del transumanesimo. Il vero progresso vale solo se protegge ed eleva la vita. Tuttavia, ciò che la Cina sta costruendo e che questo video elogia, ciò che i bardi tecnofili di oggi glorificano, non è altro che la fredda e metodica liquidazione di tutta l’umanità. Non stiamo preparando un futuro comune, stiamo costruendo un’arca per i potenti.
Questo video mi ha ricordato il film “Elysium” (uscito nel 2013), che non era una distopia fantascientifica gratuita, scollegata dalla realtà, ma un monito scioccante, lucido e quasi profetico. Il film ritrae una società brutalmente divisa, dove un’élite insignificante, arrogante e distaccata vive in un’enclave lussuosa, protetta da tecnologie avanzate, al di sopra della legge, del pianeta e della miseria che esso genera. Nel frattempo, la stragrande maggioranza dell’umanità, condannata a sopravvivere sulla Terra tra polvere e povertà, viene letteralmente espulsa da un “paradiso” che è diventato per loro inaccessibile. Non si tratta più di una fantasia cinematografica, ma del progetto reale che governi e multinazionali stanno costruendo con la forza sotto i nostri occhi.
Questo divario tecnologico e sociale, già ben consolidato, non è aneddotico, perché preannuncia, d’ora in poi, quotidianamente, un’era in cui la tecnologia non sarà un ponte verso l’uguaglianza, ma un muro invalicabile. Una segregazione algoritmica in cui il privilegio si esercita attraverso il controllo esclusivo dell’innovazione, mentre le masse sono relegate in una condizione di obsolescenza programmata, servitù digitale e povertà tecnologica. La povertà non sarà più solo materiale, ma anche digitale, quando saremo privati dell’accesso al progresso, alla salute, all’informazione e alle libertà.
Un mondo in cui gli esclusi non saranno solo abbandonati al loro destino, ma puramente e semplicemente eliminati, in nome di una fredda e organizzata “eutanasia”. Uno sterminio programmato, volto a purificare questa “nuova umanità” che si sta formando in laboratorio, dove solo gli “eletti” saranno sopravvissuti. Vale a dire, coloro che saranno sfuggiti all’aborto selettivo, agli sconvolgimenti irreversibili causati dalle massicce iniezioni di RNA e dalle onnipresenti nanotecnologie, infiltrate persino nella loro carne e nella loro dieta quotidiana.
Un mondo futuro in cui l’acqua è piena di insidiose neurotossine, in cui l’aria che respiriamo è satura di invisibili ma devastanti onde nocive, in cui la terra è inquinata da una cascata di sostanze chimiche e in cui lo stesso spazio, un tempo libero e aperto, ora brulica di onnipresenti dispositivi di sorveglianza e di armi a energia diretta, pronte a schiacciare qualsiasi accenno di ribellione. E questo macabro futuro non è più fantascienza, ma la logica implacabile di un sistema che cerca di riciclare la vita umana come un prodotto usa e getta, sostituibile, manipolabile a piacimento, nel totale disprezzo dell’etica, della dignità e della semplice sopravvivenza.
Questo modello mostruoso non promette altro che la distruzione totale della convivenza, l’estinzione di ogni solidarietà e l’erezione di barriere sociali e tecnologiche insormontabili. Come a Gaza, dovremo lottare per un misero pezzo di pane, per un bicchiere d’acqua a malapena potabile, per trovare un rifugio precario dove ripararci dagli incessanti bombardamenti, in un ambiente diventato inabitabile, senza servizi igienici, senza la minima possibilità di illuminare un futuro. Un inferno in terra dove la sopravvivenza è ridotta a una lotta quotidiana e dove l’umanità svanisce dietro la miseria, la paura e la disumanizzazione.

Questa “visione cinese” prepara un mondo in cui l’umanità sarà frammentata in frammenti sterili, divisa in caste ermetiche, ciascuna imprigionata in una realtà tecnologica compartimentata e inaccessibile agli altri. Un universo claustrale in cui le barriere non saranno più solo sociali o economiche, ma digitali, genetiche e informative. Questo futuro, che ci viene venduto come un progresso collettivo, è in realtà la matrice di una società chiusa, un ignobile sistema distopico in cui la sopravvivenza diventerà un privilegio gelosamente custodito da una minoranza ultra-ricca e potente. E questo inquietante scenario, lungi dall’essere una favola, si sta scrivendo sotto i nostri occhi, orchestrato da chi considera l’umanità non come una ricchezza inestimabile, ma come una variabile di regolazione da eliminare, controllare o sostituire. Questo futuro tecnologico che ci viene imposto non è altro che la fine della solidarietà, la fine della comunità, la fine di ogni umanità condivisa.
In realtà, “Elysium”, come questo video di propaganda pieno di promesse tossiche, non è un intrattenimento futuristico, ma un segnale di allarme. Un segnale rosso che brilla di fronte all’indifferenza generale. Ed è ora di ascoltarlo. Perché cedendo alla gelida seduzione di una tecnologia senz’anima, inchinandoci ai creatori di miraggi digitali, firmiamo la nostra condanna a morte. Perché stiamo tracciando le linee di un destino in cui la giustizia sociale viene sacrificata in nome della performance, in cui la fraternità si dissolve nei flussi di dati e in cui l’umanità diventa un lusso riservato a chi possiede le chiavi di accesso.
Questo futuro, lungi dall’essere “inclusivo”, è assolutamente escludente, brutale e cinico. Un’epoca in cui l’appartenenza all’umanità non si misurerà più in diritti, ma in compatibilità tecnologica. Dove i “disadattati”, cioè la maggioranza come voi e me, saranno relegati alla periferia dell’esistenza, all’ombra di un mondo che non li vuole più. Ma non è nemmeno più un avvertimento, perché è troppo tardi per un risveglio collettivo, dato che la maggioranza dorme profondamente, volontariamente, aggrappandosi alla propria negazione come a un salvagente che perde. Non vogliono aprire gli occhi. Non perché non possono, ma perché si rifiutano di vedere. Perché scelgono la cecità per paura viscerale. Paura di perdere la loro piccola zona di comfort adulterata, paura di dover pensare, agire, resistere. Ipnotizzati dalla luce blu dei loro schermi, fissando il nulla pixelato dei loro smartphone, preferiscono sprofondare in una servitù volontaria, docile e anestetizzata.
Dopo l’elettroshock dei gilet gialli, e poi l’immensa farsa della “pandemia” globalizzata, era possibile e soprattutto vitale svegliarsi. Capire che qualcosa di fondamentale stava cambiando. Che i dadi erano truccati. Che la democrazia non era altro che un teatro di carta. Invece, la maggioranza ha preferito raggomitolarsi nell’obbedienza, nel vuoto comfort di uno Stato che si suppone protettivo, nella dolce letargia di uno schermo che li distrae mentre vengono derubati del loro futuro. Tuttavia, il vero scandalo non sta più nella manipolazione, ma nella complicità passiva. La maggioranza dei cittadini ha sacrificato la propria dignità per la promessa di una parvenza di tranquillità. Hanno smesso di cercare, di dubitare, di voler capire. E ora si voltano dall’altra parte mentre l’umanità si disconnette. Perché nell’era di Internet, rifiutare di essere informati non è più un caso di ignoranza subita, ma un caso di codardia consenziente. Non possiamo più nasconderci dietro la scusa “non sapevo”. Chi non sa oggi lo fa perché non vuole sapere. Spengono la propria lucidità, annegandola nel flusso costante di intrattenimento, paure orchestrate e vuote comodità.
Quindi no, non si tratta più di cambiare il mondo attraverso grandi discorsi collettivi. Ora si tratta di riprendere il controllo, da soli con se stessi, e di riaccendere la scintilla di lucidità interiore che questa ideologia tecnocratica cerca di spegnere metodicamente. Perché solo il locale, l’intimo, il consapevole, può invertire questo meccanismo di massa. Solo svegliandoci individualmente, rifiutando di immergerci ulteriormente in questa palude digitale e consumistica, possiamo riaprire un percorso e così, forse, illuminare qualche altro.
Questo video, un altro nel grande teatro ipnotico del regno dell’immagine, non è affatto innocuo, come ho cercato di mostrarvi. È infatti una bomba culturale dannosa, abilmente avvolta in una vernice informativa, che trasuda fascinazione servile per un potere tecnocratico il cui unico progetto è la disintegrazione di ciò che ci rende umani. È un video profondamente corrosivo, che partecipa a questa grande letargia generalizzata, a questa lenta ma metodica programmazione delle menti, fino a farle applaudire alla propria eliminazione. Dobbiamo assolutamente sfuggire alla comodità soporifera che ci viene venduta come felicità e rifiutare questa prigione invisibile che chiamiamo progresso. Dobbiamo sollevarci, liberi, opponendoci alla macchina dell’oppressione tecnologica e tecnocratica all’opera. Se non reagiamo, se non riaffermiamo con forza che l’uomo non può e non deve essere sostituito, domani dell’Uomo resterà solo un’eco digitale, residuale e inutile.

Ho dovuto denunciarlo per quello che è, senza mettere in dubbio le qualità tecniche di questo canale YouTube, che non conoscevo prima di imbattermi in questo video, ma il cui successo è di per sé rivelatore con oltre 500.000 iscritti. Mezzo milione di coscienze esposte a questa dannosa patina di modernità, mentre tanti canali di reinformazione, per quanto vitali, faticano a superare la soglia dei 100.000 iscritti. Lo squilibrio è evidente, preoccupante. Dice tutto di un’epoca in cui la seduzione dell’immagine liscia e connessa attira le folle, mentre la verità, ruvida e inquietante, fatica a farsi strada nella giungla degli algoritmi. Questo video è un sintomo lampante di un mondo in cui la propaganda indossa i panni del progresso e in cui la lucidità, emarginata, soffoca nel rumore assordante della servitù volontaria.
Perché non dire nulla significa acconsentire! E acconsentire oggi significa consegnare i nostri figli a un mondo senza anima, senza calore, senza memoria. Un mondo in cui gli esseri umani non nascono più, ma sono codificati, calibrati e controllati. E dove la vita non è più vissuta, ma gestita. Quindi, no, la Cina non sta costruendo il futuro! Sta orchestrando la nostra fine, come ha già fatto con lo spirito del suo stesso popolo. E ciò che prendiamo per promesse, ciò che questo video ci presenta come splendide pietre miliari verso il progresso, sono solo le lucenti catene di una nuova servitù, più insidiosa, più assoluta di tutte quelle che l’hanno preceduta.
Siamo sull’orlo del precipizio, a un bivio brutale. Perché o continuiamo, a testa bassa, nella nostra estatica sottomissione al miraggio del progresso che ci cancella fino all’estinzione programmata di tutto ciò che ci rende umani, o finalmente ci alziamo, lucidi e determinati, per reclamare il sacro diritto di dire NO!
NO alla dittatura algoritmica, che finge di liberarci quando ci riduce solo a linee di codice, profili sfruttabili, esistenze modellate.
NO alla mercificazione totale della vita, dove ogni battito cardiaco, ogni emozione, ogni pensiero viene trasformato in dati, sfruttato, venduto, svuotato della sua umanità.
NO a questa sparizione volontaria, mascherata da progresso, in cui siamo invitati ad applaudire la nostra cancellazione in nome dell’efficienza e dell’ottimizzazione.
NO alla gelida follia di governanti sempre più disumanizzati che sognano un mondo totalmente sotto controllo, una società perfetta perché totalmente sottomessa, costruita sulle rovine della nostra libertà e sul silenzio complice dei popoli addomesticati.
Negare questa malsana attrazione per la tecnologia disumanizzante non è un rifiuto del progresso, ma un grido di sopravvivenza. È imperativo trasformare il futuro mettendo al centro dei nostri sogni gli esseri umani e non i loro avatar digitali. Perché il progresso senza coscienza non è altro che un abissale regresso morale.
Se ignoriamo tutto questo, il futuro che ci viene venduto oggi non sarà altro che la tomba della nostra civiltà. Dietro la narrazione ingannevole di questi video si nasconde un veleno insidioso che promuove la distruzione pianificata di tutto ciò che arricchisce l’umanità, come l’imprevisto, l’imperfezione, la libertà e l’empatia. Questo miraggio non è un’utopia, ma un’eutanasia silenziosa e fredda, mascherata sotto numeri, grafici e interfacce asettiche. Come un omicidio silenzioso, una fine meticolosa orchestrata da algoritmi senz’anima.
Non si tratta più di avvertire, ma di scegliere, perché scegliere è già resistere! C’è ancora tempo per essere liberi, ma quest’onda, se deve arrivare, deve arrivare adesso. Perché presto anche la parola “libertà” apparirà solo negli archivi di un mondo dimenticato, che avremo contribuito a far scomparire…Non si tratta più di avvertire, ma di scegliere, perché scegliere è già resistere! C’è ancora tempo per essere liberi, ma quest’onda, se deve arrivare, deve arrivare adesso. Perché presto anche la parola “libertà” apparirà solo negli archivi di un mondo dimenticato, che avremo contribuito a far scomparire…
Phil BROQ.
Fonte: jevousauraisprevenu.blogspot.com
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