Calcio di rigore: la scienza e la psicologia dietro i momenti ad alto rischio
Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia.
Vincenzo de Gregori
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Calcio di rigore, la vita di un calciatore concentrata in 11 metri
L’insostenibile scienza dei calci di rigore
Prendi una rincorsa di 5-6 passi, formando un arco di 20°-30°, mira uno dei due angoli in alto della porta precisamente a 50 cm dall’incrocio dei pali – e scaglia la palla con una velocità di circa 100 km/h. Sei mancino? Hai il 4% in più di possibilità di segnare

La prova dei calci di rigore è stata spesso definita “lotteria” per la totale imprevedibilità dell’esito finale. Eppure siamo davvero sicuri che ogni “biglietto” abbia lo stesso valore? Negli ultimi anni, fisici, matematici, economisti e psicologi hanno tentato di rispondere a questa domanda passando al vaglio metodi quantitativi, grandi moli di dati, sofisticati algoritmi e analisi statistiche, ma anche esperimenti sul campo e in laboratorio pur di rispondere alla sfide delle sfide: esiste il rigore perfetto?
Ancora prima di sistemare il pallone sul dischetto, è bene sapere che esistono diversi fattori che hanno già in parte determinato l’esito della sfida. Innanzitutto, il lancio della monetina. Se ci è favorevole e la nostra squadra può scegliere di iniziare a tirare per prima, avremo un sostanziale vantaggio. I ricercatori Jose Apesteguia e Ignacio Palacios-Huerta, analizzando 129 sfide decise ai rigori, hanno rilevato che le squadre che iniziano la serie e, segnano il primo rigore, vedono le possibilità di vittoria salire subito al 60%.
La spiegazione è psicologica: se si inizia per primi e si trasformano tutti i tiri – evento molto probabile, visto che circa il 75% dei rigori viene trasformato – si caricano gli avversari di pressione, aumentando le loro possibilità di errore. Con l’avvicinarsi del quinto tiro, infatti, scendono le probabilità di realizzazione, fino a un misero 64.3% all’undicesimo rigore. Nei Mondiali 2014, queste probabilità crollano al 44% nei casi in cui il possibile errore comporta l’eliminazione della propria squadra, mentre salgono al 91% nei casi in cui la realizzazione può convertirsi in vittoria. (La paura di perdere fa sbagliare di più della “paura di vincere”).
Fortunatamente, i capitani che vincono il sorteggio sembrano conoscere queste statistiche, scegliendo sempre di tirare per primi, salvo rare e sfortunate eccezioni (Buffon negli Europei del 2008, con l’Italia eliminata ai rigori dalla Spagna). La pressione psicologica gioca brutti scherzi perfino a campioni che hanno appena vinto un prestigioso riconoscimento come il FIFA Player of the Year o il Pallone d’Oro. I dati dicono che questi giocatori, una volta conseguito il premio, tendono a peggiorare le proprie prestazioni dal dischetto rispetto a giocatori di pari livello. Un fenomeno che rasenta la pura superstizione e noto come la “maledizione del vincitore”.
Se siamo mancini, abbiamo un’arma in più. I dati rivelano che chi calcia di sinistro mostra una maggiore probabilità di segnare (+4%) rispetto ai destri: 76% di realizzazioni contro 72%. Questa tendenza potrebbe dipendere dalla scarsa familiarità che i portieri hanno con i mancini, solo il 15% dei calciatori, e quindi dalla minore capacità di prevederne i tiri. Un dato davvero curioso è legato al colore della maglia. Replicando alcuni studi condotti nelle arti marziali e applicandoli al campionato inglese, si è scoperto che, negli ultimi cinquant’anni, le squadre che giocano in casa con le casacche di colore rosso – elemento che aumenterebbe l’agonismo vincono più spesso degli altri, anche ai rigori.
Andiamo ora sugli undici metri. Nel posizionare il pallone, sappiate che è preferibile camminare a ritroso guardando il portiere e il punto dove si intende calciare, piuttosto che camminare all’indietro, spalle alla porta e testa china. Una volta presa la rincorsa, bisogna decidere dove mirare. Siamo distanti 11 metri dalla linea di porta, larga 7.32 metri e alta 2.44. Le statistiche dicono che abbiamo una possibilità su quattro di fallire, con il margine di errore che scende al 10% se il portiere non indovina la direzione. La scelta più saggia e comune sembrerebbe essere calciare a sinistra o a destra, decisione giustificata anche da una ricerca dell’Università John Moores di Liverpool che nel 2009 ha formulato l’equazione per il rigore perfetto.

Il rigorista deve prendere una rincorsa di 5-6 passi, formando un arco di 20°-30°, mirare uno dei due angoli in alto della porta – precisamente a 50 cm dall’incrocio dei pali – e scagliare la palla con una velocità di circa 100 km/h. Ecco come “calcolare” un penalty imparabile, la cui efficacia è stata confermata recentemente da un fisico del calibro di Stephen Hawking. La maggior parte dei calciatori non ha la possibilità di portarsi la calcolatrice e tutti i vari attrezzi necessari, ma – del tutto inconsapevolmente – sembra comportarsi come dice l’equazione. Tira infatti angolato nell’83% dei casi, con una marcata propensione dei destri a calciare a sinistra, e dei mancini a destra, incrociando così il tiro. I portieri lo sanno, per questo nel 57% dei casi si buttano alla loro destra, e il 41% a sinistra.
Ma gli economisti non sembrano pensarla come i fisici. Steven Levitt, nel suo ultimo libro Think Like a Freak, mette in discussione le abitudini dei calciatori e i calcoli di matematici dietro al “rigore perfetto”, sfatando il mito del tiro angolato. Secondo l’economista sperimentale, il rigore migliore è quello tirato dove il portiere non se lo aspetta: al centro della porta. Ma solo il 17% dei rigori finisce lì, al centro, a dispetto del fatto che solamente 7 volte su 100 i portieri restano fermi (2 volte su 100 nelle competizioni tra nazionali). Tirare al centro vi darebbe l’81% di chance di segnare, contro il 70% dei tiri a destra e il 77% di quelli a sinistra. Nelle edizioni dei Mondiali, da Spagna ’82 a Sud Africa ’10, ben 22 gare si sono decise ai rigori e dei 204 tiri addirittura nessuna palla centrale è stata parata. Perché allora non tirano tutti lì? Il cucchiaio di Panenka dopotutto è un evento raro, proprio per questo ci sorprende ed emoziona.
Per l’economista Ignacio Palacios-Huerta, nel suo libroBeatiful Game Theory: How Soccer Can Help Economics, la risposta risiede nella “teoria dei giochi”. (E dove se no?). Il ragionamento di Levitt sarebbe idealmente corretto se i portieri continuassero a buttarsi lateralmente anche nel caso in cui i tiratori iniziassero a tirare di più al centro, cosa che potrebbe succedere se tutti gli allenatori per esempio leggessero questo articolo! In realtà, il calcio di rigore è un tipico esempio di interazione conflittuale, in cui impiegare sempre la stessa strategia non risulta essere la soluzione migliore.Conosciamo tutti il gioco “carta, forbici, sasso”. Se in una sfida utilizzassimo esclusivamente una delle tre opzioni, daremmo un vantaggio al nostro avversario, che sarebbe in grado di predirre con maggior sicurezza la nostra mossa e contrattaccarla efficacemente. Discorso analogo vale per i calci di rigore.
Secondo la game theory, un rigore è un tipico gioco a somma-zero tra due partecipanti (tiratore e portiere), cioè la mossa vincente di un giocatore corrisponde sempre a una perdita per l’altro. In ambito economico, il premio Nobel John Forbes Nash Jr. ha teorizzato come in interazioni di questo tipo la strategia migliore, e quindi razionale, sia variare le proprie mosse in maniera imprevedibile, ottenendo il cosiddetto “equilibrio” che porta il suo nome, l’“equilibrio di Nash”. Cioè, di fatto, dovreste tirare a caso, proprio come in una lotteria. In questo specifico senso il buon vecchio Pizzul aveva ragione e la sapeva lunga. Ignacio Palacios-Huerta ha mostrato che la teoria di Nash è corretta non solo nel prescrivere come tirare, ma anche nel descrivere il comportamento dei calciatori in un campione raccolto tra il 1995 e il 2012, dove 9 mila rigori analizzati sono stati calciati in maniera imprevedibile e in proporzioni simili tra le varie direzioni disponibili.
Ma siamo sicuri che per un tiratore pensare all’angolazione della rincorsa, alla forza del tiro, oppure a John Nash possa aiutarlo nel segnare? Avere un tiro prestabilito una volta posizionata la palla può essere la soluzione migliore? Lo scienziato cognitivo Gerd Gigerenzer non la pensa così. Nel suo ultimo libro, (sotto) Risk Savvy, Gigerenzer sostiene che deve essere l’istinto a guidare i rigoristi, non la riflessione consapevole, che inquina gli automatismi consolidati in anni di partite e allenamenti. Più tempo si aspetta, più si pensa prima di tirare, più aumenta il rischio di sbagliare.
Risk Savvy: come prendere buone decisioni (In Inglese)
Risk-Savvy-How-to-Make-Good-Decisions-Gerd-Gigerenzer-Z-Library_organizedDiscorso in parte diverso vale per i portieri. E’ vero che un estremo difensore deve fare ricorso all’istinto, interpretando i movimenti dell’avversario per anticiparne le intenzioni, ma è altrettanto fondamentale tentare di rallentare l’esecuzione del tiro, distraendo l’avversario e costringendolo a pensare. Se il tiratore cambia in corsa la propria decisione, infatti, aumenta le proprie possibilità di errore. Un estremo difensore che si muove sulla linea di porta e allarga ripetutamente le braccia diminuisce la grandezza percepita della porta e cattura l’attenzione del tiratore, inducendolo a calciare verso di lui e riducendo l’angolatura del tiro di circa 32 cm. Ne sono un esempio Jerzy Dudek del Liverpool, nella famosa finale di Istanbul del 2005, o Jens Lehmann, che in Argentina-Germania dei Mondiali 2006 consultava ripetutamente un foglietto tenuto nei calzettoni, distraendo così i tiratori in un momento decisivo. Inoltre, se il portiere si posiziona non perfettamente al centro, distanziandosi anche solo di circa 9 cm più a destra o sinistra, aumenta le possibilità di errore del tiratore, che tende a mirare l’angolo “offerto” e maggiormente sguarnito.

Infine, dopo aver tirato, se abbiamo segnato, non dimentichiamoci di esultare, alla faccia dei superstiziosi. Esiste, infatti, una robusta correlazione tra i giocatori che manifestano platealmente la propria gioia dopo un rigore trasformato – il 66% lo fa alzando le braccia al cielo – e la vittoria finale. Dopo un’esultanza, il tiratore avversario successivo tende a sbagliare di più, mentre il compagno successivo, “contagiato” dall’esultanza, tende a segnare con maggior probabilità.Angolato o centrale, forte o di precisione, riflessivo o istintivo? Il calcio affascina proprio per la sua imprevedibilità. Dati ed esperimenti non riusciranno mai ad eleminarla, ma possono aiutarci a mettere in luce i falsi miti, le credenze ingiustificate e gli errori di intuizione. E il rigore perfetto? Quello che finisce nella rete degli avversari. Ovvio.
La Pressione sui calci di rigore: la psicologia dietro i momenti ad alto rischio
Ogni appassionato di calcio ricorda la delusione di un rigore sbagliato o l’euforia di uno calciato con calma nell’angolo superiore della porta. I calci di rigore sono tra i momenti più emozionanti dello sport, una battaglia condensata di compostezza, fiducia e psicologia. Il confine tra successo e fallimento può dipendere non solo dalla tecnica, ma anche dalla resistenza mentale e dalla concentrazione.
Dalla finale dei Mondiali al derby locale, i rigori spogliano il gioco delle sue sfumature tattiche ed espongono i giocatori alla pura essenza della pressione psicologica. La posta in gioco è estremamente personale. Un singolo tiro può definire una carriera, rimodellare la memoria di una nazione e alterare il corso della storia dello sport.
Ma cosa succede esattamente alla mente e al corpo in questi momenti? Perché i giocatori d’élite che di solito finiscono con facilità durante il gioco aperto a volte crollano dai dodici metri? E, cosa ancora più importante, come possono i giocatori e gli allenatori allenare la mente a dare il meglio sotto un esame così intenso?
La risposta si trova all’intersezione tra neuroscienze, psicologia e allenamento delle prestazioni, aree che il corso ISSPF Soccer Psychology & Mental Skills Training approfondisce in modo approfondito.
La scienza della pressione e delle prestazioni
Per comprendere le prestazioni sotto pressione, dobbiamo prima esaminare la scienza dello stress e la sua relazione con l’esecuzione. La legge di Yerkes-Dodson (1908) ha stabilito che esiste un livello ottimale di eccitazione per le prestazioni: una stimolazione insufficiente porta a prestazioni insufficienti a causa di letargia o disimpegno, mentre una stimolazione eccessiva provoca ansia e perdita di controllo.
Durante un rigore, il sistema nervoso simpatico del corpo si attiva, rilasciando adrenalina e cortisolo. La frequenza cardiaca aumenta, la respirazione accelera e il controllo motorio necessario per un tiro preciso viene compromesso. In questi momenti, anche una minima tensione può alterare la tecnica.
Gli studi dimostrano che in condizioni di forte stress l’attenzione tende a restringersi, un fenomeno noto come “tunneling attentivo“, che significa che i giocatori possono perdere la consapevolezza di segnali visivi fondamentali come i movimenti del portiere o la posizione della palla. Non si tratta di una questione di tecnica scadente, ma di un sistema cognitivo sovraccarico. La differenza tra chi ha successo e chi fallisce sta spesso nell’efficacia con cui regolano questa risposta di eccitazione.
I giocatori d’élite imparano a trasformare l’attivazione fisiologica in concentrazione anziché in paura. Questo è il fondamento della preparazione mentale ed è fondamentale nell’educazione psicologica del calcio moderno.
Le situazioni di rigore comprimono il tempo e le emozioni. Un giocatore ha in genere meno di 20 secondi tra il posizionamento della palla e il tiro, ma in quel breve lasso di tempo la sua mente può essere invasa da una cascata di pensieri intrusivi.
Il dialogo interiore, il linguaggio del corpo e la routine giocano tutti un ruolo decisivo. Un dialogo interiore positivo, semplici suggerimenti come “mantieni la calma” o “scegli il tuo punto”, possono regolare l’intensità emotiva. Allo stesso tempo, routine pre-calcio coerenti creano un senso di familiarità, riducendo l’imprevedibilità del momento.
Una ricerca condotta da Jordet e Hartman (2008) ha rilevato che i giocatori che impiegavano più tempo a prepararsi prima della rincorsa, in particolare quelli che seguivano routine costanti, ottenevano risultati significativamente migliori nei tornei internazionali più importanti. Si tratta di un comportamento appreso, non di una coincidenza.
Giocatori come Cristiano Ronaldo, Harry Kane e Robert Lewandowski utilizzano tutti una respirazione controllata e schemi visivi fissi prima di calciare il pallone.

Queste micro-routine ancorano la mente al presente, aiutando a superare le distrazioni come il rumore della folla o i pensieri sulle conseguenze. È un atto di ancoraggio psicologico, che restringe l’attenzione a ciò che è controllabile: la palla, il lancio e l’angolo scelto.
Il termine “soffocare sotto pressione” viene spesso frainteso. Non implica debolezza o mancanza di fiducia, ma descrive piuttosto un momento in cui il controllo cosciente interferisce con la prestazione automatica. Un giocatore potrebbe iniziare a pensare troppo alla meccanica del colpo (“tieni la testa bassa”, “non sbagliare”), interrompendo i schemi motori che normalmente si verificano in modo automatico.
Ciò è spiegato dalla teoria del monitoraggio esplicito, secondo la quale quando gli artisti si concentrano consapevolmente su abilità che normalmente sono automatiche, la loro performance peggiora. In altre parole, in condizioni di forte stress, il cervello ritorna a uno stato simile a quello di un principiante, cercando di controllare movimenti che dovrebbero essere istintivi.
L’allenamento dei rigori deve quindi andare oltre la semplice ripetizione; deve riprodurre il realismo psicologico. I migliori psicologi e preparatori atletici del calcio includono ora esercizi di simulazione della pressione, come sequenze di rigori a tempo limitato, rumori artificiali della folla o compagni di squadra che osservano in silenzio, ciascuno dei quali è progettato per provocare lievi reazioni di stress. L’obiettivo è quello di abituare i giocatori al disagio fino a quando la compostezza diventa automatica.
Questa è la differenza tra “saper calciare un rigore” e “saper calciare un rigore quando conta”.
La psicologia del rigore non riguarda solo il tiratore. I portieri si trovano di fronte a una dualità unica: mentre le probabilità statistiche favoriscono il tiratore, il portiere spesso ha un vantaggio psicologico, nulla da perdere e tutto da guadagnare.
La ricerca ha dimostrato che i portieri che utilizzano tecniche di distrazione attiva, come allontanarsi leggermente dalla linea o mantenere il contatto visivo, possono influenzare sottilmente la percezione del tiratore. Questo fenomeno, noto come dominanza visiva, può indurre il giocatore a valutare erroneamente la posizione o a modificare i propri tempi.
Tuttavia, i portieri devono anche gestire il proprio stato emotivo. Il carico cognitivo necessario per leggere i segnali, indovinare la direzione e reagire in pochi millisecondi è immenso. Nei calci di rigore ad alta pressione, i portieri che mantengono un controllo calmo dell’attenzione, concentrandosi sui segnali pre-tiro piuttosto che sulle emozioni, tendono ad avere prestazioni migliori.
Sotto pressione. Imparare dai calci di rigore a gestire le grandi sfide della vita (In Italiano)
Pressure.-Sotto-pressione.-Imparare-dai-calci-di-rigore-a-gestire-le-grandi-sfide-della-vita-Geir-Jordet-Rosa-Prencipe-Z-Library_organizedNegli ambienti di allenamento moderni, i portieri vengono allenati non solo dal punto di vista tecnico, ma anche cognitivo. Studiano i modelli relativi alla forma del corpo, all’angolo dell’anca e al ritmo della rincorsa, utilizzando l’analisi video per migliorare il processo decisionale predittivo. L’allenamento delle capacità mentali integra questo approccio rafforzando la compostezza e la fiducia, anche dopo aver subito un gol.
La visualizzazione, o prova mentale, è un elemento fondamentale della psicologia delle prestazioni elevate. Consente agli atleti di sperimentare in anticipo il successo, rafforzando i percorsi neurali associati alle prestazioni ottimali.
Prima dei tornei importanti, molti giocatori lavorano con psicologi dello sport per sviluppare scenari di visualizzazione dettagliati, immaginando ogni cosa, dalla sensazione del terreno sotto i piedi al rumore della folla e al peso della palla. Questo aiuta a ridurre lo shock cognitivo del momento reale.
La ricerca scientifica sostiene questo approccio. Gli studi hanno dimostrato che le immagini mentali attivano reti neurali simili a quelle coinvolte nell’esecuzione fisica, il che significa che il cervello può “allenarsi” senza che il corpo si muova. Se combinata con tecniche di controllo del respiro e di autoregolazione, la visualizzazione diventa un potente strumento per l’equilibrio emotivo.
Nel contesto dei calci di rigore, una mente ben allenata percepisce la situazione non come una minaccia, ma come una sfida, una distinzione sottile ma fondamentale che sposta la fisiologia verso una prestazione ottimale.
Sebbene il rigore venga tirato da un solo giocatore, il contesto psicologico è collettivo. Le reazioni dei compagni di squadra prima e dopo un errore possono influenzare pesantemente i tiratori successivi. Ricerche sul contagio sociale nello sport hanno dimostrato che segnali emotivi negativi (come frustrazione o delusione visibili) possono diffondersi rapidamente all’interno di una squadra, aumentando la tensione collettiva.
Le squadre che creano un ambiente psicologicamente sicuro, dove gli errori sono accettati come parte del processo, tendono ad avere prestazioni migliori nei calci di rigore. La squadra tedesca vincitrice dei Mondiali del 2014, ad esempio, si è allenata intensamente sui calci di rigore, ma ha anche provato la regolazione emotiva, il linguaggio del corpo della squadra e i comportamenti da adottare dopo un errore.
Ecco perché l’allenamento delle capacità mentali è un processo tanto individuale quanto di squadra. Gli allenatori possono promuovere un ambiente in cui la pressione è normalizzata e i giocatori sono incoraggiati ad accettare il momento, anziché temerlo.
Uno dei cambiamenti mentali più potenti nello sport d’élite è il reframing, ovvero trasformare la pressione in opportunità. Anziché percepire un rigore come un potenziale fallimento, i giocatori di alto livello lo considerano una piattaforma per raggiungere l’eccellenza.
Questa mentalità non è innata, ma va coltivata. Il corso ISSPF Soccer Psychology & Mental Skills Training pone l’accento sullo sviluppo di un pensiero orientato alla crescita, sulla resilienza e sulle tecniche di autoregolazione applicabili a qualsiasi ambito prestazionale. Addestrando sistematicamente gli atleti a reagire allo stress, gli allenatori possono fare in modo che i “momenti di pressione” non siano più temuti, ma anticipati.

Il riformulare si estende anche al recupero. Un rigore sbagliato, specialmente in un torneo importante, può avere un peso psicologico enorme. Una riflessione strutturata, guidata da coach specializzati nella prestazione mentale, aiuta i giocatori a elaborare questi eventi in modo costruttivo, invece di interiorizzarli come un fallimento personale.
Quando i giocatori imparano che la pressione è un privilegio, la prova che ci si fida di loro nei momenti decisivi, la prestazione diventa un’espressione di fiducia, non di ansia.
Integrare la preparazione psicologica nell’allenamento regolare richiede una struttura ben definita. Gli allenatori possono implementare esercizi progressivi che simulano le condizioni emotive di un rigore.
Ad esempio, le sessioni di formazione possono includere:
1) Tiri di rigore competitivi in cui le conseguenze sono significative (ad esempio, la squadra perdente deve svolgere un allenamento supplementare).
2) Manipolazione ambientale, come l’aggiunta di rumori, telecamere o luci alterate per aumentare l’eccitazione.
3) Assegnazione casuale delle penalità per simulare l’imprevedibilità di una partita reale.
4) Pause di consapevolezza e ripristino della concentrazione tra una ripetizione e l’altra per simulare il ritmo di una partita.
Questi elementi non solo allenano l’esecuzione tecnica, ma sviluppano anche l’immunità psicologica, ovvero la capacità di rimanere costanti indipendentemente dai fattori esterni.
Se combinati con l’educazione al dialogo interiore, alla respirazione e alla visualizzazione, tali metodi formano atleti mentalmente preparati per i momenti decisivi del calcio.
Conclusion
I rigori non sono solo sfide tecniche, ma prove emotive in cui la preparazione incontra la pressione. Ciò che distingue chi ha successo dagli altri non è la fortuna, né la pura abilità, ma una profonda comprensione del panorama psicologico della prestazione.
Il calcio moderno non si accontenta più solo dell’allenamento fisico. Con l’evolversi della scienza dello sport, la preparazione mentale è diventata parte integrante della preparazione fisica. Capire come gestire la concentrazione, lo stress e la fiducia in se stessi è ormai fondamentale quanto la tecnica di tiro o la consapevolezza tattica.
Quando la pressione aumenta e il mondo intero ti guarda, chi ha allenato la mente con la stessa diligenza con cui ha allenato il corpo è in grado di farsi avanti, respirare e dare il meglio. Perché nel calcio, come nella vita, non è la pressione a definirti, ma la preparazione.
Joshua M. Smith & Carlo Canepa
Fonte: isspf.com & storiedicalcio.altervista.org & DeepWeb
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