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Cosa si Cela Dietro il Fenomeno dei Cerchi nel Grano

Le cose complesse spesso sono agevoli da comprendere, quelle facili invece sono sovente assai complicate da spiegare.

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Cerchi nel Grano ”Il Segno del Signore che Arriva”?

I cerchi nel grano

I cerchi nel grano (in inglese crop circles), o agroglifi, sono aree di campi di cereali, o di coltivazioni simili, in cui le piante appaiono appiattite in modo uniforme, formando così varie figure geometriche (talvolta indicate come “pittogrammi”) ben visibili dall’alto. A seguito del numero crescente di apparizioni di queste figure (soprattutto in Inghilterra) a partire dalla fine degli anni settanta del XX secolo, il fenomeno dei cerchi è diventato oggetto d’indagine per determinarne la genesi.

Illustrazione 1: Crop circles Uster Zürich 2018. Il sacrificio del grano ammassato per il potere della veggenza del Signore. Curiosa e allarmante figura vista dalla base del triangolo interno al cerchio: un essere con le corna taurine.

Si sa con certezza che molti cerchi, compresi quelli di complessità maggiore, sono realizzati dall’uomo, come ad esempio quelli realizzati da Doug Bower, Dave Chorley e John Lundberg.[Bower e Chorley, che diedero l’avvio alla moda del disegno dei cerchi nel grano in Inghilterra negli anni ottanta, furono poi insigniti del Premio Ig Nobel nel 1992 per l’ideazione della loro burla.

Non esistono prove scientifiche che un cerchio nel grano abbia mai avuto origine diversa da quella umana, ma solo ipotesi pseudoscientifiche.

Fino a quando compare un significativo segno nel grano, di cui si parla in questo saggio. Nel giro della mezzanotte del 5 giugno 2018 compare un segno che poi scompare perché è fatto nel grano che poi viene mietuto, ma uno dei segni è una vistosa curva che è geometrica. Non è contemplata nei testi accademici fra tutte le possibili curve, tuttavia un cultore di matematica, un umile dilettante, la concepisce e questa non può essere distrutta perché è in memoria sul web. È una curva generatrice di tutti i poligono stellati regolari, simili alle stelle del cosmo per la brillantezza della loro luminosità. In più, la curva ha molteplici altre proprietà che la dignifica come fosse il segno di Signore con gli uomini e dar corpo alle Gerusalemme celeste dell’Apocalisse di Giovanni (Ap 21,4).

«Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Ed egli abiterà con loro; e essi saranno suo popolo e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio.»

Notare che non vi sono altre curve geometriche in grado di generare in sè poligoni stellati, due dei quali sono quelli del crop circles Uster Zürich 2018 in questione.

Il segno di Giona

 Allora alcuni scribi e farisei presero a dirgli:

«Maestro, noi vorremmo vederti fare un segno».

 Ma egli rispose loro:

«Questa generazione malvagia e adultera chiede un segno; e segno non le sarà dato, tranne il segno del profeta Giona. Poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti,

così il Figlio dell’uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti.

I Niniviti compariranno nel giudizio con questa generazione e la condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona; ed ecco, qui c’è più che Giona!»

(Vangelo di Matteo 12:38-41)

 “Ah, se Dio facesse un segno io crederei”. Si sente dire, ma a che serve se non si porge anche il cuore oltre che l’orecchio, e tutti gli altri sensi nel tentativo di intravederlo o vagamente intuirlo.

Se così si facesse è come tentare di riuscire a percepire qualcosa di vagamente “sferico” simile al potere della chiaroveggenza di chi vede col “terzo occhio” contemplato nella cultura yoga.

Ma vale pur sempre il “segno di Giona” perché è come quel grano sacrificato del crop circles di Uster di Zurigo del 2018, per significare che le scoperta dell’esistenza di Dio comporta il prezzo del nostro sacrificio, in qualche modo.

L’ideogramma del cerchio del crop circles Uster di Zurigo 2018

Il “terzo occhio” del Signore

Illustrazione 2: Particolare della curva e del cerchio interposto del crop cicles Uster Zürich 2018. (illustr. 1) La due sferette laterali rappresentano, a sinistra il Signore e a destra il suo nuovo Regno, la nuova Terra rigenerata.

Nell’illustr. 2 il “terzo occhio” corrisponde al cerchio in tangenza con la curva. Al suo interno è posta una sfera che indica appunto l’occhio della veggenza (colorata in azzurro). Essa non comporta solo la visione diretta del vistoso occhio, ma anche quella di tutto l’interno della sfera. Si ha così, al limite, il potere della visione di tutto l’universo.

Il terzo occhio (anche noto come l’occhio interiore) nell’ambito di certe tradizioni religiose ed esoteriche è ritenuto un organo capace di percepire realtà invisibili situate oltre la visione ordinaria. Viene localizzato poco sopra la radice del naso in un punto centrale della fronte denominato ajna in sanscrito, all’altezza del bordo superiore delle sopracciglia.

Se ne parla anche come della soglia in grado di condurre all’interno di mondi interiori e spazi di coscienza superiore. Nella spiritualità new Age, il terzo occhio può alternativamente simboleggiare uno stato di illuminazione oppure l’evocazione di immagini mentali che hanno un profondo significato personale spirituale o psicologico. È quindi spesso associato a visioni, alla chiaroveggenza che include la capacità di osservare chakra e aura, e ad esperienze extracorporee. Le persone che hanno presumibilmente sviluppato la capacità di utilizzare il loro terzo occhio sono talvolta note come veggenti. […]

Nelle tradizioni religiose induiste e buddiste corrisponde al sesto chakra, detto della fronte, che riguarda la capacità di comprendere la realtà vibratoria sovrasensibile, ed è pertanto in relazione con le facoltà di intuizione e di visione delle entità normalmente non percepibili.

A livello fisico risulta connesso alla ghiandola pituitaria o ipofisi, che esercita un’influenza su tutte le altre ghiandole endocrine, mentre alle volte il terzo occhio viene identificato diversamente con la cosiddetta ghiandola pineale o epifisi, che è situata invece al centro del cranio all’altezza della punta superiore delle orecchie: l’epifisi, responsabile della produzione di melatonina che regola il ritmo circadiano sonno-veglia, è collegata piuttosto al settimo chakra, e sarebbe quindi in realtà un diverso tipo di occhio interiore spesso confuso con quello frontale.

Risale alla dottrina teosofica fondata da Helena Petrovna Blavatsky l’identificazione del terzo occhio con la ghiandola pineale, secondo gli insegnamenti della promotrice del movimento, e come sostenuto anche da Charles Webster Leadbeater.

Vengono descritti in proposito esercizi di meditazione e concentrazione per imparare ad «aprire» correttamente quest’organo della visione sovrasensibile. Rudolf Steiner sottolineava tuttavia come fosse dapprima necessario allenare il pensiero mentale per favorire una siffatta visione, poiché «voler riconoscere i mondi superiori soltanto dopo averli veduti ce ne ostacola la visione. La volontà di comprendere prima attraverso il sano pensare quel che più tardi potrà essere veduto promuove tale veggenza; evoca forze importanti dell’anima, le quali appunto conducono alla veggenza». Lo stesso Steiner aggiungeva che la vista degli archetipi spirituali, così ottenuta, è accompagnata anche da suoni, percepibili tramite lo sviluppo di un analogo «orecchio sovrasensibile».

Genesi della curva del crop cicles Uster Zürich 2018

La curva di Barbella

La curva ideata da Barbella, di cui si parlerà in questo capitolo, segue le regole di tutte le curve geometriche con un propria variabile che per questo caso è:

llustr. 3: Curva che genera un quadrato.

r = 1 / cos (θ / 3)
ed è da questa curva che hanno origine i poligoni stellati regolari.
Di seguito espongo alcuni esempi di questa curva, con grafici relativi alle figure di poligoni stellati più semplici e comuni: un quadrato, un esagramma e un pentagramma.
Con l’illustr. 3 figura il caso della curva del quadrato, che si ricava così:
Si tracci il cerchio di raggio OE e si costruisca il quadrato ABCD.
Il punto E è l’inizio della curva in questione e il punto A individua ulteriormente la stessa curva.
L’asintodo della curva, passante per il punto F, idealmente si congiunge all’infinito con la curva, dista dal centro O tre volte il raggio OE.


La tangente della curva passante per il punto A incontra nel punto F l’asintoto.

Ed ecco infine l’abaco di calcolo della curva che vale per tutti i casi di poligoni stellati regolari, in relazione ai simboli segnati sull’illustr. 1.

Equazione polare della curva:

ρ = ρ0 / cos (θ / 3)…………………….vettore della curva ; 

n = (numero delle divisioni del poligono stellato) = 360° / arccos ρ0 / ρ;

δ = arctan 3 cotan (θ / 3)………… angolo di tangenza generico della curva.

a = 3 ρ0 …………………………………….distanza dell’asintoto dal centro O.

Fa seguito  il caso dell’esagramma con l’illustr. 4, i cui punti A, C e D rintracciano la curva che inizia da A.

Il successivo caso, con l’illustr. 5, riguarda la curva del pentagramma che si ricava dal caso precedente dell’esagramma.

Non è difficile questa operazione grafica. Basta puntare col compasso in E, con raggio EF e tracciare un cerchio per rintracciare il punto G.

Successivamente si centra il compasso in O e si traccia il cerchio di raggio OD entro il quale si delinea il punto I sulla curva, di una delle punte del pentagramma ricercato. Di qui si comincia a tracciare la prima direttrice IP del pentagramma cui fanno seguito le successive, tutte tangenti al cerchio di raggio OE dell’esagramma.

Riesaminando la geometria della curva in trattazione, in termini di geometria differenziale la spirale può essere definita come una curva  avente il seguente angolo δ variabile  fra il raggio (o vettore traiettoria) e il vettore tangenziale:

δ = arctan 3 cotan (θ / 3), dove θ è l’angolo del vettore traiettoria e il vettore iniziale della curva.

Caso dei limiti:

In matematica, il concetto di limite serve a descrivere l’andamento di una funzione all’avvicinarsi del suo argomento a un dato valore oppure l’andamento di una successione al crescere illimitato dell’indice. I limiti si utilizzano in tutti i rami dell’analisi matematica; sono usati ad esempio per definire la continuità, la derivazione e l’integrazione. Il concetto di limite di una funzione, più generale del limite di una successione, può essere generalizzato da quello di limite di un filtro.

Si capisce che si tratta di un lato della questione matematica sulla curva in esame che comporta l’intervento di un matematico specialista di questo lato matematico, ed io con la limitazione di dilettante non sono idoneo ad espletarla come si conviene. Ma non potendo disporre dell’aiuto suddetto cercherò di dare una spiegazione, poi giudicherà il lettore matematico se ho colto nel segno o no.

Dunque:

Per θ = 180°,  cos (θ / 3) = 0

Ora si tratta di risolvere la formula

ρ = ρ0 / cos (θ / 3)

in funzione del limite di θ = 180°,cioè di un numero fratto 0.

Ma un numero diviso zero è un’operazione che in Matematica non è definita, cioè non ha senso dividere un numero per zero.

Capire il motivo per cui la divisione per zero è un’operazione priva di significato è semplicissimo: la divisione è l’operazione inversa della moltiplicazione così, ad esempio,

8 : 4 = 2

perché 2 è quel numero che moltiplicato per 4 dà come risultato 8.

Se cerchiamo di calcolare un numero diviso zero ecco cosa succede:

8 : 0 = a

quel numero che moltiplicato per 0 ci dà 8 ma, come ben sappiamo, qualsiasi numero moltiplicato per zero dà 0, quindi è impossibile ottenere 8.

Ecco così spiegato perché non ha senso calcolare un numero diviso zero.

Ha senso invece parlare di numero diviso zero coi limiti.

Parlare di numero fratto zero ha senso solo nell’ambito dell’Algebra di infiniti e infinitesimi e, come vedremo tra poco, non è corretto dire che un numero fratto zero dà infinito.

Innanzitutto dovrebbe essere chiaro che non ha senso calcolare un numero diviso zero ma al più ci si potrebbe chiedere quanto vale

(lim/????0) ????/????

dove ???? è un qualsiasi numero reale.

In realtà nella scrittura precedente si dovrebbe specificare se ???? tende a zero da destra o a zero da sinistra e quindi calcolare

(lim/????0+) ????/???? ; (lim/????0-) ????/????

Ancora, il risultato di questi due limiti dipende dal numeratore che potrebbe essere un numero positivo, negativo o nullo. In definitiva, il valore di un numero fratto zero varia a seconda del caso che ci si presenta dinanzi.

1) Numero positivo fratto zero

Se a è un numero maggiore di zero ????>0  allora

(lim/????0+) ????/???? = +∞ ; (lim/????0-) ????/???? = -∞

2) Numero negativo fratto zero

Se ???? è un numero minore di zero ????<0 avremo che

(lim/????0+) ????/???? = -∞ ; (lim/????0-) ????/???? = +∞

Vedi link: https://www.youmath.it/domande-a-risposte/view/6385-numero-fratto-zero.html

Proseguendo sul tema dei limiti si ha per

ρ = +/- ∞; ρ0 = 0

e di conseguenza tutti i valori della curva relativa (ρ e a) moltiplicati per ρ0 = 0, sono uguali a 0.

Ed ora di buona lena riprendiamo il tema del crop circles Uster Zürich 2018.

La curva e le due stelle del crop circles Uster Zürich 2018 inseriti nella curva di Barbella

Illustrazione 6: Crop circles Uster Zürich 2018 inserito nella curva di Barbella. Il vettore OA, in tangenza con il cerchio del crop circles, forma un angolo di 45° con l’asse xx.

L’illustr. 6 mostra il crop circles Uster Zürich 2018 inserito nella curva di Barbella. L’ideogramma del “terzo occhio” in tangenza con la curva è a sua volta in tangenza con il vettore OA. Questi, nella condizione geometrica di formare un angolo di 45° con l’asse cartesiano xx: vedremo che genera un poligono stellato regolare a 8 cuspidi, meglio noto col nome di ottagramma. Come già fatto capire è il segno del Signore: che sta per arrivare? ci si chiede.

L’ottagramma del crop circles Uster Zürich 2018. Il Signore

Illustrazione 7: L’ottagramma del crop circles Uster Zürich 2018.

Dati analitici della curva

Vedasi capitolo “Genesi della curva del crop cicles Uster Zürich 2018. La curva di Barbella”

ρ = ρ0 / cos (θ / 3)  (vettore della curva)

ρ0 = MO = 1

θ = < MOC

ρ = OC = 1 / cos (θ / 3) = 1 / cos 45° = 1,414213…

Considerazioni esoteriche sull’ottagramma

La “Stella a 8 punte” viene chiamata “Stella polare”. È la Stella che indica la giusta via, la direzione corretta. Non per nulla, in diverse opere d’arte, sul manto della Madonna, all’altezza della spalla, compare proprio una “Stella a 8 punte”. La “Stella Maris”. Come tutte le figure (sia piane che solide) della geometria euclidea collegate al numero 8, anche la “Stella a 8 punte” è pure riconducibile alle valenze esoteriche del cosiddetto “Principio Ottonario”. Ma al centro della “Stella” si nota un ulteriore simbolo. Si tratta di un piccolo cerchio con un foro (o altra circonferenza) al centro. Ricorda il simbolo del “Sole astrologico” (o zodiacale), che graficamente è reso, appunto, da un cerchio con un punto al centro. Simbolicamente rimanda all’Occhio e alla capacità di vedere oltre alle mere apparenze. Ma rappresenta anche la visione della Coscienza e il nucleo individuale dell’Io. Il punto attorniato dal cerchio simboleggia le valenze dell’Uno che si espande nelle 12 qualità del Cosmo; ovvero Microcosmo si unisce al Macrocosmo. Il mondo terreno a quello soprannaturale. Dei 4 Elementi, al “Sole astrologico” corrisponde il “Fuoco”, e delle parti del corpo umano; il “Cuore”. E ancora… il punto centrale rimanda allegoricamente all’energia maschile circondata e quindi racchiusa nella circonferenza che rappresenta l’”Uovo femminile cosmico”.

L’endecagramma del crop circles Uster Zürich 2018.

Il Regno del Signore: le sue grandi risorse


Illustrazione 8: L’endecagramma del crop circles Uster Zürich 2018. Il Regno del Signore: le sue grandi risorse.

Dati analitici della curva

Vedasi capitolo “Genesi della curva del crop cicles Uster Zürich 2018. La curva di Barbella”

ρ = ρ0 / cos (θ / 3)  (vettore della curva)

ρ0 = MO = 1

θ = < MOB  (> 180°) = 196,363636…°

ρ = OB = 1 / cos (θ / 3) = 1 / 0,41541502 = 2,40723107…

Considerazioni esoteriche sull’endecagramma

Tra tutti si simboli misterico-iniziatici diffusi nel mondo, l’endecagono regolare ed il suo poligono stellato sono forse i meno conosciuti eppure questi simboli, contengono gran parte dei misteri iniziatici di diverse correnti, rappresentando concetto fondamentali quali la trascendenza dalla perfezione, l’annichilimento dell’Io, il ritorno allo stato di Ain [i.e. “vuotezza” cabalista].

Il primo a classificare e studiare l’endecagono fu Pitagora che, insieme alla sua setta, stilò ed analizzò molti dei poligoni regolari utilizzati e riconosciuti ancora oggi. Un endecagono è, dunque, un poligono con 11 lati ed 11 angoli. Secondo Pitagora, il numero 11, nel suo essere composto da 10+1, rappresenterebbe un portale d’ingresso ad uno stato spirituale dell’anima. Questa sorta di interpretazione numerologica è stata poi ripresa da altre correnti misteriche, che hanno più volte confrontato il numero 11 con il numero 10, tradizionalmente associato alla perfezione ed alla completezza in quanto punto di arrivo di tutte le singole cifre. Il numero dieci, qualora scomposto [10=1+0 = 1] è il simbolo della completezza [10] che ritorna all’unità [1], mentre il numero undici, scomposto così [11= 1+1= 2] rappresenta la creazione antitetica, la trascendenza dall’unità cosmica ed il superamento di tutte le restrizioni etiche che possono essere ricondotte alle catene imposte dall’Uno cosmico.

È proprio da questa idea di trascendenza che partì anche Pitagora nella sua analisi, quando scompose l’endecagono in 11 triangoli isosceli ed in 44 diagonali. Anche il numero 44, esattamente come l’undici [notare che 44= 11×4] è un numero maestro, ovvero ha due cifre uguali a comporlo e rappresenta la parte femminile dell’endecagono, appartenendo alla terna pitagorica 33, 44, 55 ottenuta con la moltiplicazione per 11 del triangolo sacro rettangolo 3, 4, 5. È anche interessante notare come sia proprio mediante la moltiplicazione per il fattore 11 che si ottiene la triade pitagorica, alludendo dunque [teoricamente] all’utilizzo dell’11 non solo come portale per il mondo spirituale, ma anche come fattore di trascendenza che mostra il valore intrinseco in ciò che trascendente non è affatto.

Nel formare un endecagono, si possono ottenere 3 poligoni stellati definiti Endecagrammi, ciascuno dei quali è stato utilizzato da certune tradizioni esoteriche per esprimere concetti fondamentali legati alla creazione ed al percorso ascetico dell’uomo. È l’esempio del quarto Endecagramma Pitagorico, divenuto simbolo – per esempio – dei undici anti-mondi qliphotici della Qabbalah lurianica.

Il numero 11, nella sua aggiunta di un’unità alla completezza del 10, diviene il simbolo della rivelazione e del rinnovamento, ma anche dell’iniziativa individuale, che assume i toni della dissonanza e della ribellione. Se l’integrità del 10 rappresenta lo status dell’Io, l’11 simboleggia allora il genio ribelle, che varcando la soglia del conosciuto si affaccia sui mondi misteriosi del Sé. Ma l’integrazione dei contenuti della psiche collettiva, non è mai scevra di pericoli e l’iniziato percorre il filo sottile che separa genio e follia, ispirazione e fanatismo. Nella mitologia greca, lo slancio titanico dell’Io di assurgere al livello del Sé, è rappresentato dalla figura di Prometeo.

Prometeo il cui nome significa “pensiero preveggente”, trasgredendo le regole di Zeus, sale in cielo e ruba il fuoco celeste per farne dono agli uomini. Zeus per punire la sua superbia lo incatena a una roccia, lanciando contro di lui un’aquila, che divora il suo fegato immortale, che si riforma inesorabilmente durante la notte. Nella discendenza titanica di Prometeo è già insita la tendenza alla rivolta e il suo dono del fuoco al genere umano si rivela come il tentativo di eguagliare l’intelligenza divina rivendicando il diritto di essere l’unico artefice del proprio destino. Prometeo incarna l’archetipo del genio incompreso e rappresenta nel suo slancio evolutivo il conflitto potenziale di chi trasgredisce uno status per rivelare un ordine superiore. Edgar Quinet descrive Prometeo come l’emblema del vero cercatore dello spirito, diviso tra fede e dubbio, ribellione e smarrimento, in cui il rischio dell’eccesso e della tracotanza, vanno a pari passo con il dono della visione.

Parole chiave :

Rivelazione, visione, utopia, luce, sincronicità, poesia, estro, missione, celebrazione.

La cartografia della mappa di Uster (Svizzera)

Un riottoso Cosacco del Don in rovina

Cartografia della mappa di Uster (Svizzera). Il Signore impone, col dito puntato, la sottomissione al riottoso Cosacco del Don.

Si riconosce subito il personaggio sottomesso dal Signore per il copricapo che è la Papacha indossato in particolar modo dai noti Cosacchi del Don.

I cosacchi (in polacco kozacy; in russo: казаки?, traslitterato: kazaki; in ucraino: козаки?, traslitterato: kozaky; forse dalla parola turco-tatara qazaq’, nomade o uomo libero) sono un’antica comunità militare che vive nell’Europa orientale, in maggioranza nella steppa ubicata tra l’Ucraina e gli Zarati Russi del nord est.

La papacha (georgiano: ფაფახი pʰapʰaxi; in ucraino: папаха, traslitterato: papacha; in russo: папа́ха, traslitterato: Papacha; armeno: փափախ; azero: papaq), conosciuta anche con il nome di cappello d’Astrachan’, è un cappello maschile, di lana, tipico del Caucaso.

Esistono vari tipi di papacha, ad esempio le papacha georgiana sono di lana e di forma circolare. Invece ci sono due tipi di papacha russe. La papacha, cappello alto di pelliccia, di solito di karakul, di forma cilindrica, che viene indossato in modo che il bordo copra le tempie. Alcune hanno dei paraorecchie che possono essere ripiegati quando non vengono utilizzati. L’altro è chiamato kubanka, è simile alla papacha, anche se più piccola e senza i paraorecchie.

La papacha è tipica soprattutto delle regioni montuose della Georgia: le zone di Pshavi, Khevi, Mtiuleti e Tuscezia.

Sono usate anche dai ceceni e da altri popoli Caucasici e vennero introdotti, come parte della divisa dell’esercito Russo durante le campagne del Caucaso, facenti parte ufficialmente, dal 1855, dell’uniforme dei Cosacchi, e più tardi, per il resto delle truppe di cavalleria.

Poco dopo la Rivoluzione russa, la papacha venne ritirata dall’uniforme della nuova Armata Rossa a causa della sua associazione con il vecchio Impero russo, e, per il fatto che molti reggimenti cosacchi avevano combattuto contro i bolscevichi. Durante la Guerra civile russa, anche molti cavalieri e ufficiali bolscevichi (come Vasilij Čapaev) indossavano papacha o kubanka perché molti di loro arrivavano dalle file cosacche.

La papacha fa di nuovo parte della divisa nel 1935, ma nel 1941 venne riservata ai colonnelli, ai generali e ai marescialli, diventando un simbolo degli alti ranghi militari. Nel 1994, è stata nuovamente rimossa dalla divisa, pare, su richiesta di chi la indossava, che trovava il cappello inefficace, perché la papacha è relativamente piccola e non protegge adeguatamente le orecchie, il che può essere accettabile per il clima caucasico, ma non quando le temperature sono più basse.

Il fatto di rimuovere la papacha è stato visto in alcuni ambienti come un modo, per il regime di Boris El’cin, di abbandonare le vecchie tradizioni sovietiche e simbolicamente dimostrare l’impegno del Paese verso un nuovo orientamento politico.

Dal 2005, la papacha viene nuovamente utilizzata dall’esercito russo.

Poche parole per capire che il personaggio implicato nella vicenda attualmente è il presidente dell’Unione Sovietica Vladimir Putin che in questi ultimi tempi è diventato irremovibile nei confronti dell’Ucraina in una guerra che ha coinvolto tutti i paesi dell’occidente a cominciare dagli U.S.A dove tutti sono coalizzati a dar man forte ai nemici della Russia.

Gaetano Barbella

Membro Staff Toba60


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