La Censura in Nome della Libertà di Espressione…
La censura ha molte sfaccettature ai più sconosciuta che si manifesta nei più svariati modi, chi accede alla rete e si limita a consultare i portali di tendenza non ha modo di constare quanto sia vasta l’ingerenza in atto dagli organi di controllo che sono capillari oltre ogni immaginazione.
Dovete sapere che oggettivamente l’ultimo dei problemi per noi che lavoriamo in rete è il blocco sui Social (Parlo naturalmente per chi gestisce un blog) che nel complesso può essere bypassato attraverso una moltitudine di strumenti che il variegato mondo di internet offre, un indubbio danno lo fa negando degli introiti che spesso sono fondamentali per dare continuità ad un lavoro che non consente di fare altro, ma questo attraverso un numero di utenti sufficientemente numeroso (fermo restando la disponibilità degli stessi) disposto a contribuire alle spese, può nel complesso anche se con difficoltà essere assorbito.
Un algoritmo può inibire in una frazione di secondo la visibilità di un sito compromettente sino a ad annullarlo quasi completamente, ce ne siamo accorti in piena fase pandemica dove ad Agosto del 2022, in un mese siamo passati da oltre un milione di utenti mensili che visitavano il portale, ad averne meno di 80.000 senza alcuna spiegazione apparente considerata la vasta gamma di articoli presenti.
In quasi tutti i paesi nordamericani veniva posta la fatidica schermata rossa che indicava il sito a rischio, i motori di ricerca ci avevano di colpo proiettati negli ultimi posti nonostante un capillare lavoro sui parametri SEO, fermo restando che anche i pochi servizi inseriti sui social una volta posti all’attenzione del pubblico erano nell’immediato resi praticamente irreperibili per il loro posizionamento che finiva sistematicamente nelle retrovie.
(Da Notare notare che gli alti valori numerici in fatto di visite li avevamo anche senza usufruire di alcun servizio Facebook, Twitter, YouTube e Instagram.)
Va inoltre considerato il ruolo attivo svolto in seno ai numerosi Gruppi di Aggregazione in rete dove i gestori sono spesso parte del sistema ( Sono milioni e ben pagati) ed inibiscono ogni fonte di informazione attraverso una ingerenza diretta la cui funzione è quella di porre in secondo piano ogni notizia non conforme.
Ho posto alla vostra attenzione solo una minima parte di una programmazione svolta con estrema cura da chi ha per le mani un apparato digitale il quale ha la facoltà di interferire con estrema facilità sulla gente attraverso una manipolazione posta in essere attraverso una mirata ingerenza che non concede scampo.
Dopo la notizia che Twitter aveva tolto la censura abbiamo fatto una prova e ci siamo iscritti nuovamente con il nome Classico che ci contraddistingue di Toba60 per una verifica sulla bontà dei loro propositi e questa è stata la loro riposta dopo…….5 Minuti!
Il tuo account è stato sospeso
Dopo un’attenta analisi abbiamo stabilito che il tuo account non rispetta le Regole di X, pertanto potrai continuare a utilizzarlo soltanto in modalità di lettura. Ciò significa che non potrai più postare o ripostare contenuti, mettere Mi piace, né creare nuovi account. Se ritieni che sia stato commesso un errore da parte nostra, puoi fare ricorso. 🙁
Toba60
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La Censura in Nome della Libertà
La libertà di espressione online è sempre più minacciata dalla censura algoritmica di piattaforme come Blogspot.com che, con il pretesto di fornire uno spazio di libero scambio, in realtà limita le voci che disturbano i potenti.

Sebbene sia gratuito e di facile accesso, questo servizio, di proprietà di Google, applica regole vaghe e mutevoli per rimuovere o limitare la visibilità di determinati contenuti, spesso senza alcuna spiegazione. Come utente, difendere la verità diventa una lotta costante, non solo contro la censura esplicita ma anche contro il potere invisibile degli algoritmi che modellano il nostro discorso. Ma con risorse limitate e una dipendenza da queste piattaforme, diventa sempre più difficile mantenere uno spazio di discussione veramente libero.
In un mondo in cui la diffusione delle informazioni è più che mai essenziale per la libertà individuale e collettiva, le piattaforme che affermano di offrire uno spazio aperto e democratico per l’espressione di sé dovrebbero essere garanti di tale libertà. Tuttavia, uno sguardo più attento a una delle piattaforme più popolari, Blogspot.com, rivela una realtà molto diversa. Sebbene questa piattaforma, di proprietà di Google, si presenti come uno strumento gratuito per la creazione e la distribuzione di contenuti online, in realtà nasconde un’insidiosa pratica di censura che mette in discussione il suo reale impegno per la libertà di espressione.
Questa piattaforma si descrive come uno spazio in cui ogni utente può facilmente creare un blog e condividere le proprie idee con il mondo. È una promessa allettante per chiunque voglia far sentire la propria voce senza dover affrontare le complessità tecniche della creazione di un sito web. Tuttavia, dietro questa facciata di semplicità e libertà si nasconde una realtà molto meno gloriosa: i contenuti sono controllati e censurati in modo discreto ma efficace.
Piattaforme come Blogspot.com, Google e i GAFAM in generale pretendono di regolare l’espressione pubblica ponendosi come “guardiani della comunità” e “controllori dei fatti”. Ma dietro questa facciata si nasconde una realtà ben più preoccupante: sono gli algoritmi, privi di qualsiasi capacità di comprendere la diversità delle opinioni umane, a imporre regole arbitrarie e spesso opache. Queste regole, che dovrebbero proteggere la “comunità”, in realtà non hanno nulla a che fare con le aspirazioni degli utenti.
Un algoritmo non può in alcun modo rappresentare la pluralità di una vera comunità, poiché è guidato da criteri di redditività e interessi commerciali. In realtà, non è la libertà di espressione a essere protetta, ma un’uniformità di pensiero che serve ai potenti e alle grandi imprese. Questi meccanismi di censura silenziosa soffocano le voci dissidenti con il pretesto della “protezione” e trasformano lo spazio digitale in un terreno sempre più sterile per qualsiasi discussione veramente libera.

Gli utenti, in particolare quelli che affrontano argomenti critici nei confronti dei grandi poteri economici o politici, si trovano spesso vittime della cancellazione dei contenuti, della sospensione dell’account o della limitazione della visibilità. Nel mio caso, interi post vengono cancellati senza che si possa sapere perché, o dove sta l’errore che non piace alla cosiddetta comunità. In realtà, non esiste una comunità perché tutto è gestito dagli algoritmi… Queste pratiche sono spesso giustificate da vaghe “violazioni delle regole” su argomenti come “contenuti di odio”, “discorsi che incitano alla violenza” o “copyright”.
Tuttavia, la linea di demarcazione tra ciò che costituisce un vero e proprio incitamento all’odio e ciò che è una critica legittima, in particolare nei confronti delle grandi imprese o dei governi, è spesso così sfumata e così aperta all’interpretazione che è impossibile mantenere il contatto con la vera comunità di lettori, dal momento che nulla è mai stabilito chiaramente e le regole cambiano a seconda della pressione esercitata da queste piattaforme, o meglio da questi algoritmi… E poiché sono gestite da Google e finanziate da Bill Gates e dai suoi amici, si può immaginare che sia impossibile proteggersi da loro.
Quando un blogger o un creatore di contenuti come me si scontra con la censura su Blogspot.com, non lo fa in un forum; riceve semplicemente una notifica impossibile da contestare, dato che sono solo le macchine a gestirla e ovviamente nessun essere umano si preoccupa di esaminare le richieste o le domande. Google, che possiede la piattaforma, è quindi un attore centrale del settore tecnologico e, attraverso il suo potere sull’indicizzazione dei motori di ricerca e sulla gestione della pubblicità, ha un controllo immenso sulla circolazione della propaganda e sulla censura delle informazioni autentiche.
Per questo motivo, se un determinato contenuto non piace ai poteri economici o politici, questi possono fare pressione per cancellarlo o ridurne la visibilità. La posta in gioco economica è alta: un blog censurato e difficilmente accessibile ai motori di ricerca perderà gran parte del suo pubblico e quindi l’interesse per il suo creatore. L’obiettivo è raggiungere il più ampio pubblico possibile attraverso questo mezzo.
Il sistema di algoritmi parziali di Google gioca un ruolo chiave in questa inaccettabile e perniciosa dinamica di censura. Sono questi algoritmi a decidere, sulla base di criteri spesso poco trasparenti e chiaramente di parte, quali contenuti saranno promossi e quali relegati nell’oblio. Filtrando alcuni tipi di discorso, Google e Blogspot.com non solo proteggono i propri interessi commerciali, ma mettono soprattutto a tacere le voci dissidenti, quelle che criticano il sistema vigente o denunciano argomenti sensibili come l’influenza delle grandi imprese sui governi, le menzogne sulla salute, le questioni legate alla sorveglianza e alla manipolazione delle masse come nel caso del cambiamento climatico, o le ingiustizie sociali. Il risultato è che gli utenti dissidenti sono stanchi, ma gli ascolti sono preservati e incanalati.
Uno degli strumenti di censura più insidiosi utilizzati su Blogspot.com e altre piattaforme di Google è lo shadow banning. Questo processo consiste nel ridurre l’accesso e la visibilità dei contenuti senza informare esplicitamente l’utente. In altre parole, un blog può essere “censurato” senza che il suo creatore ne sia realmente consapevole, perché le sue pubblicazioni non sono più visibili a una parte significativa del suo pubblico, senza alcuna spiegazione. È un metodo sottile, difficile da individuare, ma estremamente efficace per limitare la portata delle opinioni non conformiste, lasciando intatta l’illusione della libertà di espressione. Ne sono spesso vittima, e oggi ancora più di ieri…
Le ragioni di questa censura sono molteplici, ma principalmente legate ai conflitti di interesse che derivano dal monopolio di attori come Google, Microsoft, Pfizer o Israele direttamente sull’accesso alle informazioni e sulla loro diffusione. Queste piattaforme sono sottoposte a pressioni crescenti da parte di governi, grandi imprese e lobby, che cercano non solo di controllare ma soprattutto di indirizzare il flusso di informazioni disponibili online.

Piattaforme come Blogspot.com, proprio come Google e i GAFAM nel loro complesso, si stanno ponendo come autoproclamati “verificatori di fatti”, determinando ciò che è “vero” e ciò che non lo è, mentre si fanno sistematicamente beffe della libertà di espressione che affermano di difendere. Con il pretesto di garantire uno spazio informativo affidabile e sicuro, impongono una censura che soffoca le voci dissenzienti e impedisce un vero dibattito. Questo controllo dell’informazione, esercitato da algoritmi opachi, non fa che alimentare il dominio dei grandi interessi economici e politici, imponendo un’uniformità di pensiero a scapito della diversità di opinione. In questo contesto, la lotta per mantenere uno spazio di discussione libero diventa ogni giorno più complessa, tanto più quando i creatori di contenuti non hanno i mezzi per evitare queste pratiche di censura.
Come azienda, Google ha anche i propri interessi da tutelare, che sono chiaramente in contrasto con l’indescrivibile comunità che cerca informazioni in rete. Uso Brave come motore di ricerca da molti anni ormai, ma alla fine non è migliore. Solo le piattaforme a pagamento come Patreon.com hanno ancora un po’ di spazio, ma per quanto tempo? Favorendo alcuni tipi di contenuti e soffocandone altri, Google e le GAFAM in generale si assicurano il loro posizionamento strategico e massimizzano i loro profitti, soprattutto attraverso la pubblicità. In questo modo, la libertà di espressione, che è alla base dell’uso di Internet, viene sistematicamente sacrificata sull’altare del profitto e del dominio commerciale.
E se un blogger come me (e non sono certo uno dei più virulenti) sceglie di sfidare questi poteri, si trova direttamente emarginato, se non addirittura cancellato dalla piattaforma. E poi, addio a tutte quelle ore di lavoro per studiare un argomento e scrivere un testo, se si ha la sfortuna di non salvarlo dopo averlo scritto – perché, sì, io scrivo direttamente su Blogspot.com e inserisco una foto in fondo al mio post quotidiano – . Proprio come questo “sproloquio” al momento!
L’impatto di questa censura non è solo una questione di violazione della libertà di espressione individuale, ma anche di profonde ripercussioni sociali. Il dibattito pubblico viene direttamente frammentato, le voci dissenzienti vengono messe a tacere e la diversità di opinione viene soffocata. Questo fenomeno di censura algoritmica, per quanto discreto, trasforma Internet in una piattaforma dove possono trovare spazio solo i discorsi conformi agli standard imposti dalle grandi aziende dominanti.
In ultima analisi, Blogspot.com si presenta come uno strumento per la creazione e la diffusione di informazioni, ma sotto questa facciata nasconde una realtà ben più preoccupante di censura sistematica delle voci dissidenti che non si conformano agli interessi commerciali di Google e dei suoi partner oligarchici. Sebbene gli utenti siano liberi di creare blog, si trovano rapidamente di fronte a una piattaforma che limita in modo sottile ma efficace la loro capacità di esprimersi. I testi e le creazioni originali vengono quindi gettati nel cestino senza ulteriori indugi e senza alcuna possibilità di conservarli.
Per chi cerca di capire la realtà che si cela dietro le informazioni che ci vengono presentate ogni giorno, sta diventando sempre più difficile trovare spazi di discussione autentici e liberi. Non appena si cerca di far emergere la verità, o anche solo di condividere idee che non seguono il mainstream, la pressione si fa sempre più sentire. La censura, la cancellazione dei contenuti e l’invisibilità algoritmica sono diventati metodi comuni utilizzati per soffocare la diversità di opinione. Eppure, questo lavoro di scrittura, reinformazione e condivisione del sapere è gratuito e viene svolto con risorse limitate. Non posso permettermi server dedicati o siti a pagamento per garantire la totale indipendenza da queste pressioni.
Per questo, scegliendo piattaforme come Blogspot.com, nonostante le loro carenze, mi sforzo di mantenere uno spazio in cui la parola possa ancora circolare. Ma questa realtà evidenzia la fragilità delle voci alternative in un ambiente digitale sempre più controllato, dove i costi e le risorse stanno diventando barriere insormontabili per molti di noi.

Oggi viviamo in un mondo in cui, nonostante i progressi tecnologici e le pretese di intelligenza, non siamo altro che scimmie ammaestrate, manipolate e dirette da algoritmi. Queste macchine apparentemente neutrali diventano i nostri padroni invisibili, ci incanalano, ci addestrano a obbedire e a conformarci a un modello predefinito, pena l’essere relegati nell’oblio. Ogni clic, ogni ricerca, ogni interazione digitale è monitorata, analizzata e diretta da forze che non riusciamo più a comprendere appieno.
Siamo sempre più dipendenti da sistemi automatizzati e diventa sempre più difficile sfuggire a questa gabbia dorata, a questa illusione di libertà, dove gli algoritmi, perfetti architetti della nostra vita quotidiana, ci tengono sotto un controllo invisibile ma efficace. L’umanità, un tempo artefice del proprio destino, sembra aver perso la capacità di liberarsi da queste moderne catene. Non sono solo i governi o le grandi imprese a detenere il potere oggi, ma queste entità invisibili, questi algoritmi che ci addestrano, che ci costringono ad accettare una realtà che ci sfugge. Coloro che dissentono rischiano di scomparire nell’abisso digitale, invisibili alle masse, e le loro voci, una volta dissonanti, saranno soffocate dalla macchina che essi stessi hanno contribuito a creare.
Anche in questo caso, quindi, è giunto il momento di interrogarsi su cosa significhi davvero la libertà di espressione nell’era digitale. Piattaforme come Blogspot.com, che censurano senza alcuna spiegazione chiara, ci ricordano che l’accesso all’informazione è troppo spesso regolato da forze molto più potenti della semplice volontà degli utenti, ma soprattutto molto più perniciose.
Ci troviamo ora in una fase critica, in cui la censura non è più un semplice vincolo tecnico, ma un’arma sistematica utilizzata per soffocare la libertà di espressione e nascondere la verità. I giorni in cui era ancora possibile discutere liberamente, scambiare idee e mettere in discussione le narrazioni dominanti sembrano ormai lontani.
Ma siamo chiari: il tempo sta per scadere! Se non è già troppo tardi, presto sarà impossibile mantenere questo contatto attraverso la tecnologia. Lungi dall’essere un incidente o un caso isolato, la censura segna il graduale avanzamento verso una forma di dittatura digitale in cui possono esistere solo voci conformi.
Abbiamo raggiunto un punto di non ritorno e la lotta per difendere il nostro diritto alla libera informazione e alla verità è appena iniziata. È più che mai necessario essere uniti, solidali e difendere ciò che resta delle nostre libertà!
Phil BROQ.
Fonte: jevousauraisprevenu.blogspot.com
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