Un Orologio Solare a Tipoldo di Messina Decide le Sorti di un Italia da Eternare
Gaetano Barbella é un nostro collaboratore che va letto e analizzato con estrema attenzione per la sua approfondita analisi, frutto di una conoscenza che non ha confini, è un trattato da intenditori come solo da Toba60 avrete modo di conoscere, buona lettura.
Toba60
L’e-mail di un intraprendente ingegnere di Messina studioso di un orologio solare
Tutto ha inizio da una e-mail dell’ing. Giacomo Guerrera di Messina, pervenutami l’11 febbraio 2022 che riporto di seguito.
Egr. Gaetano Barbella
Studioso e Scrittore
Ho letto alcune sue cose, ma molto superficialmente, tuttavia ho percepito il suo “Peso” culturale e scientifico.
Mi chiamo Giacomo Guerrera, per professione ingegnere, libero professionista a Messina.
Mi permetto disturbarla pensando che la domanda che le farò possa rientrare, anche se indirettamente, nelle sue conoscenze e mi farebbe piacere avere un suo parere .
Per un caso ho notato nel centro abitato di un piccolo villaggio montano del messinese, che si affaccia sullo stretto di Messina, questo piccolo manufatto a forma pressoché quadrangolare dal lato di circa 7,00 metri. Questo minuscolo manufatto presenta un impianto architettonico particolare come vede.
I ruderi del piccolo manufatto a pianta quadrangolare di circa 53 m 2 , sorgono alla quota di m. 430,00 s.l.m.; appena al margine del centro abitato di Tipoldo (Me), e guardano a Sud. Catastalmente ricadono al F. 166 di Messina alla p.lla 23.
La memoria popolare fa risalire questo fabbricato ad oltre 200 anni orsono; per certo si racconta sia stato parzialmente demolito nel terremoto del 1908.
Penso sia stato sempre un fabbricato ad un solo piano fuori terra, ed allo stato di fatto non è altro che un rudere parzialmente distrutto.
In questo frattempo, ma a tempo perso, ho svolto qualche modestissimo studio, ho fatto qualche grafico, ho letto qualcosa, non ho trovato esempi di analoghi fabbricati.
A mio avviso, qualcosa di similare, nella funzionalità solare potrebbe riconoscersi nel castello siciliano di Menfi. Molto sinteticamente le dico l’idea che mi sono fatto : per me, specificatamente, e per il particolare impianto architettonico del manufatto edilizio, trattasi di un orologio orizzontale, meglio di un “hemicyclium”, dove le linee orarie e diurne si riproducono sulle sue pareti verticali ed i percorsi del Sole stanno ad indicare l’ora locale.
Tale orologio è stato ricavato con la soppressione del vertice d’occidente del quadrato circoscritto, (del manufatto edilizio), e lo spigolo ovest è stato sostituito con una quarta parte di un settore cilindrico convesso-
Descrittivamente mi è sembrato di riconoscere una analogia architettonica con un manufatto di cui si parla in scritti arcaici che dicono di un orologio orizzontale.
Sul tema mi sono già confrontato con uno scrittore siciliano di storia federiciana medievale, ed ho chiesto a qualche altro studioso di meridiane; non avendo conferme sulla mia tesi.
Mi piacerebbe avere un Suo punto di vista, ovviamente anche critico.
Nel ringraziarla anticipatamente porgo distinti saluti
Giacomo Guerrera
La mia risposta all’ing. Giacomo Guerrera
Ho letto attentamente la sua relazione sul rudere di Tipoldo a forma quadrangolare che risulta dalla pianta Google, di forma irregolare sul lato ovest, che a suo parere somiglia ad un orologio solare. In verità non sono erudito su tali orologi, ma ho trattato questo argomento scrivendo alcuni alcuni saggi sulla gnomonica. Non ci penserò su e poi le farò sapere.
È insolito constatare ipotetiche forme di orologi solari del genere “hemicyclium”, come lei ha supposto. Tali da rientrare nella considerevole dimensione della lunetta risultante dalla pianta del rudere, come se fosse – mettiamo – il risultato di ombre solstiziali per effetto dell’analemma di Vitruvio.
Peraltro per altri strani versi, la casualità, o l’acasualità intesa dallo psicanalista Carl Gustav Jung, a volte permette di suggerire altri generi di connessioni con l’orologio immaginato da lei. Per dire che la sua idea può anche non risultare sostenibile, ma potenzialmente è tale da condurre a concezioni di ordine esoterico sul conto mettiamo del luogo dov’è dislocato il suo supposto orologio solare.
E il fatto di essersi rivolto a me, uno studioso tra l’altro, di argomenti esoterici, può essere che Tipoldo riserba delle sorprendenti rivelazioni in tal senso. Ed è la mia inclinazione esoterica a permettermi di intravedere già cose che ad altri è raro che siano disposti ad averne coscienza. Per esempio immagini curiose, molto spesso rivelatrici di fatti storici legati ad una mappa di città o località in genere.
E andando a curiosare, tramite Google maps, la mappa di Tipoldo vi ho subito intravisto un uomo con un saio da religioso, col volto rivolto ad una piccola donna seduta. Ma è un modo per capire che è nel suo pensiero che questo sta avvenendo. Si nota in cima al suo capo, a mo’ di bernocolo, quel rudere dell’orologio solare, un suo cruccio da esplicarsi. Al polso di quest’uomo si nota un vistoso orologio là dov’è collocata la chiesa di San Giuseppe di Tipoldo.
Vi ho intravisto un messaggio che l’orologio al suo polso sembra dare, cioè un fatto da realizzarsi ad una certa ora, naturalmente risalente all’orologio solare. Si viene a sapere che la chiesa di San Giuseppe dal 1970 è senza tetto in seguito al suo crollo e da allora non è stato riparato.
Debbo dire che è interessante il tema da svolgere che lei mi propone di svolgere e che per lei si limita all’orologio solare, ma per me va oltre in relazione ad una possibile configurazione di una cartografia dalla mappa di Tipoldo di Messina.
A questo punto mi darò da fare per tale scopo nell’intento di scrivere poi un saggio, perché il tema da svolgere, appena descritto per sommi capi, è meritevole di essere raccontato ed essere anche pubblicato in rete, includendo anche la sua e-mail e renderla pubblica, naturalmente previo suo consenso.
A risentirci, Gaetano Barbella
L’Emicyclium
Orologi solari su superfici curve
In questo caso, la finestra funge da foro di entrata dei raggi solari del sorgere dell’alba dal lato est e basterebbe uno stilo sulla sua metà per far da gnomone e proiettare la sua ombra su una parete opposta o sul pavimento e concepire la traccia dei solstizi e gli equinozi e di tutti i segni zodiacali di transito del sole.
Questo genere di suggestivi orologi hanno origini lontane nel tempo.
L’ idea del tutto intuitiva nata nella civiltà caldea o ellenica di rappresentare la sfera celeste all’interno di una superficie concava semisferica ha portato alla realizzazione dell’ “hemisferium”, un orologio solare le cui linee orarie e diurne riproducono in modo immediato i relativi percorsi del Sole sulla volta celeste. Ad esso fece seguito l “hemicyclium”, ricavato dal primo con la soppressione della inutile zona oltre la data del solstizio estivo ed il “conus”, ottenuto con gli stessi criteri, ma su di una superficie conica.
Tutti presentavano come indicatore orario uno stilo, verticale nell’ “hemisferium” ed orizzontale negli altri due orologi, spesso provvisto di una piccola sfera terminale posta nel centro geometrico dello strumento e la cui ombra indicava ore e date.
Nell’ “hemisferium” e nell’ “hemicyclium, con riferimento al centro geometrico della semisfera, venivano tracciati sulla superficie interna due archi paralleli corrispondenti ai solstizi e distanziati esattamente di 47° (23,5° x 2) ed un altro arco intermedio che materializzava gli equinozi, ovvero l’esatta proiezione dell’equatore celeste.
Tutta fascia tra i due solstizi veniva suddivisa in 12 spicchi uguali distanziati di 15° rispetto al centro della cavità sferica generando così le linee orarie secondo il sistema orario ad ore ineguali allora in uso.
Inoltre in questi strumenti, ritenuti a buona ragione fedeli copie della volta celeste, l’intersezione delle tre linee diurne con il bordo della semisfera, elemento che materializza la linea dell’orizzonte locale, indicava la lunghezza dell’ arco diurno e notturno.
Datazioni, termini e studiosi teorizzatori di questi modelli sono ancora materia di studio. Vitruvio (I° sec. a.C.) nel suo elenco di orologi solari allora conosciuti mette in relazione questi orologi con eruditi del III° sec. a.C. quali Aristarco di Samo, Beroso il Caldeo e Dionyosodoro .
Di certo questi strumenti ebbero grande popolarità e diffusione in tutta la civiltà ellenistica e romana ed un buon numero di essi è stato portato alla luce a Pompei.
Un’ altra tipologia di epoca romana e diffusa nella zona di Aquileia. è la cosiddetta “meridiana semisferica a foro sommitale” o ” a tetto”.
Sopra: Meridiana semisferica a foro sommitale recentemente realizzata ad Aiello del Friuli (UD) presso il Borgo delle Meridiane da Orlando Zorzenon di Strassoldo (UD).
Di non facile realizzazione, questa aveva una forma semisferica ma più estesa verso l’alto dove compariva un foro proiettante una macchia di luce sulla superficie interna concava e che fungeva da indicatore.
Le linee diurne equinoziali e solstiziali risultavano delle “quasi circonferenze” con raggio diverso intervallate dagli archi delle linee orarie, anche questi con raggio diverso.
Dopo la caduta dell’ Impero Romano i modelli di orologi su superfici curve lasciano il posto ai quadranti sul piano ed il loro ritorno è solo saltuario con l’impiego di superfici regolari quali l’interno e l’esterno della sfera, del cono e del cilindro. Qualche autore afferma comunque che gli orologi descritti erano ancora in uso nel X secolo presso gli arabi.
Attualmente è possibile riprodurre tali modelli utilizzando il sistema orario moderno.
Un’ interessante moderna soluzione è l’ “hemisferium a rifrazione”, ovvero un orologio come quello descritto ma … riempito d’acqua a formare una vasca ornamentale .
Questo magnifico ed originale esemplare di buon valore estetico senz’altro ben si colloca in giardini privati e parchi, magari con un fondo realizzato in mosaico …
Un ottimo lavoro sugli orologi greco-romani è stato recentemente svolto da Nicola Severino di Roccasecca (FR) come aggiornamento del prezioso catalogo Greek and Roman Sundials di Sharon Gibbs del 1976.
La planimetria del rudere dell’Hemicyclium di Tipoldo
Planimetria attuale del rudere.
La concezione degli Equinozi si basa sul fatto che il casolare diroccato conferma la linea mediana est-ovest con in due spigoli laterali, mentre quelli nord-sud non sono sull’effettiva verticale nord-sud. E poi, si tratta dell’Equinozio di Primavera, e non di Inverno, per la presenza del segno dell’Ariete rilevata sulla cartografia di Tipoldo, come si vedrà.
Dunque il manufatto del rudere di Tipoldi fungerebbe da orologio solare, come sembrebbe suggerire la finestra della vista lato ovest, mostrata in precedenza, attraverso la quale possono confluire il raggi del sole provenienti dall’est, grosso modo.
Questo, anche se sul retro c’è il casolare ora dirutto a ostacolare i raggi del sole. Dunque i solstizi e gli equinozi possono essere segnati oltre la finestra, per terra o su una parete opposta. Ancora meglio se la finestra è dotata di uno stilo verticale sul suo asse per generare l’ombra. La planimetria sopra mostrata a destra, così facendo sarà più un calendario con le sue ombre, che un orologio, poiché oltre mezzogiorno il sole supera la finestra e non genera l’ombra richiesta per le ore pomeridiane. Si ha modo così di rilevare i mesi dell’anno segnati per terra o su un muro antistante la finestra.
Insomma, potenzialmente è possibile intravedere nel supposto orologio solare una sorta di segnatempo, almeno fra solstizi ed equinozi, un calendario, come già detto.
A questo punto, occorrerebbero dei rilevamenti accurati sul posto per capire fino a che punto spingere l’indagine sulla reale possibilità che il manufatto circolare con la finestra sia servito effettivamente per rilevare dati attraverso la gnomonica.
Ma non credo che si possa giungere a provare questo scopo, piuttosto, se la sorte ha voluto coinvolgermi in questa ricerca, non posso che portarla avanti a mio modo essendo incline allo studio esoterico, in questo caso, come peraltro già rilevato, all’indagine della mappa di Tipoldo di Messina, prendendo spunto dalla planimetria del rudere sopra mostrato, supposto “segnatempo”. Di questo già ne ho fatto cenno e infatti approfondendone la visione ho potuto disegnare una cartografia che ora mostro di seguito.
L’ora di San Giuseppe di Tipoldo di Messina
Nella cartografia che segue è di scena un mistico che non si conosce. Egli è seduto su un anfratto calcareo con le gambe cavalcioni. Il santo con l’aureola mostra di essere in accordo con una vergine coronata, anch’essa con l’aureola, dalle sembianze delle Madonne nere e il suo manto è quello della bandiera italiana.
Prima cartografia esoterica ricavata dalla mappa di Tipoldo di Messina. Opera dell’autore.
L’ora di San Giuseppe.Ma l’accordo fra i due sta avvenendo nella sua interiorità di lui. Nel mentre egli, con la mano sinistra cerca di frenare l’irruenza di un essere simile ad un guerriero. Questi indossa un elmo simile ad uno scafandro che lo accosta ad un essere del mondo astrale noto in alchimia che, come si sa, è di natura mercuriale. Infatti questo mondo gli alchimisti lo chiamato “mare astrale”. Il santo ha un bernoccolo sul capo, simile ad un sole nascente da cui propana la luce dell’aureola.
È il tempo dell’equinozio di primavera segnato da una sorta di orologio solare al posto del bernoccolo. Di qui si ripresenta tutta la spiegazione del presunto orologio solare del casolare disrutto esaminato in precedenza, al posto del bernoccolo. Il santo ha al polso un orologio che corrisponde, sulla mappa di Tipoldo, alla Chiesa di San Giuseppe situata in via Giardini (come da Google Maps). Questa chiesa ha preso il posto per il culto del Cristianesimo in seguito alla dismissione per il culto di un’altra Chiesa posta a nord del villaggio di Tipoldo, in via San Giuseppe a causa del crollo del tetto avvenuto nel 1970 e da allora non è stato ricostruito.
Il benefico evento della nuova Chiesa dà il titolo a questa cartografia che è intitolata appunto “L’ora di San Giuseppe” e vale come buon auspicio. In quanto ai tempi nuovi di rinascita tutto dipenderà dall’accordo con l’italica vergine coronata aureolata, che dovrà dare disposizione al santo perché trattenga il guerriero armato astrale in modo che non causi più danni al genere umano. Il dito indice del mistico segna una direzione per far capire qualcosa che si vedrà nella prossima cartografia e dà una spiegazione definitica dell’atteso evento benefico alla cartografia di Tipoldo appena mostrata.
L’ora di un misterioso segno di un irredendo Ariete cosmico
Seconda cartografia esoterica ricavata dalla mappa di Tipoldo di Messina. Opera dell’autore.
Il tempo dell’Ariete dell’Equinozio di Primavera a Tipoldo.
Nella cartografia precedente si è visto un mistico con l’aureola che tiene a bada un guerriero armato che qui si vede in evidenza. Di nuovo, si nota in basso la comparsa del segno dell’Ariete, peraltro indicata dal dito dell’ignoto mistico con l’aureola. L’Ariete veste le insegne della bandiera italiana, come la vergine coronata. Lo scenario si correla anche ad un famoso avvenimento storico locale.
Il passaggio delle truppe garibaldine dalla città di Messina viene solitamente menzionato marginalmente nei testi di storia contemporanea, ma a Torre Faro, la punta estrema della Sicilia a nord, si può ben dire, che le sorti della nuova Italia dipese tutto dal passaggio dello stretto in questo punto. Era il periodo fra il 20 luglio ed il 18 agosto del 1860, un tempo che favorì Garibaldi e i suoi verso il continente. Nessuno potè vederlo ma l’Ariete della nuova Italia stava di lì a poco per essere stampato per terra a Tipoldo con quelle due casupole della cartografia, per un oggi, forse radioso.
Esoterico ed Exoterico come Giano Bifronte
L’esoterico, l’interno, ha bisogno dell’exoterico, dell’esterno,
per promuovere il suo sottrarsi alla vista
La Spada è simbolo della guerra santa: ma quest’ultima può essere essenzialmente una lotta interiore con cui Cristo viene a «portare la Spada».
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.» (Mt 10,34-11,1)
La Spada è anche luce e lampo: nella tradizione templare è un frammento della Croce luminosa.
Nell’Alchimia, la Spada è equiparata al Crogiolo dell’Alchimista. La Spada di Vishnu (importante divinità del pantheon induista), che è fiammeggiante, è simbolo di Conoscenza pura ed eliminazione dell’ignoranza.
Così come appare nella iconografia classica, la spada dell’Arcangelo Michele Specularmente, dato che l’esoterico, l’interno, ha bisogno dell’exoterico, dell’esterno, per promuovere il suo sottrarsi alla vista, il suo essere celato, nel simbolismo della Spada, la lama costituisce l’esoterico e il fodero, la guaina protettrice, l’exoterico.
E così è con lo scenario della due cartografie di Tipoldo di Messina: la spada che brandeggia il misterioso mistico aureolato di Tipoldo (che sembra tenere a bada con la mano il guerriero astrale) e il suo fodero, l’Hemicyclium del casolare diruto, il bernoccolo del santo mistico dell’orologio di San Giuseppe.
Il santo aureolato di Tipoldo col saio è il Paolo di Tarso che perseguitava Gesù e i cristiani. L’episodio della sua caduta da cavallo lo conosciamo tutti: mentre viaggiava verso Damasco, dove si recava per ottenere dalla sinagoga l’autorizzazione ad arrestare i cristiani, Paolo di Tarso fu abbagliato da un fulgore improvviso apparso dal cielo e cadde a terra.
La voce di Dio, udita anche dai soldati che erano al suo seguito, gli disse: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Saulo si alzò da terra ma aveva perso la vista (l’avrebbe riacquistata qualche giorno dopo per merito di Anania). Da qui l’evento della sua conversione come discepolo di Gesù. Ecco come capire la figura del mistico che brandiva la spada attraverso il guerriero ma era “L’ora di San Giuseppe”, l’ora buona di una Chiesa nuova col tetto e non più l’altra distrutta di via San Giuseppe.
L’Agnello-Ariete
Immagine: San Giovanni Battista di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio: l’Ariete vi è raffigurato quale simbolo del Cristo.
«Con l’ariete, il maschio giovane e ardito del gregge, si è dinanzi a un simbolo zoomorfo nodale nella cultura eurasiatica. Giovinezza, sanità, allegria, aggressività, forza, baldanza si concentrano in questo giovane splendido animale dal pelame sovente raffigurato candido o, più spesso, giallo dorato (e torna subito alla memoria il Vello d’Oro del mito, ma anche della Bibbia; e il Toson d’Oro borgognone e poi asburgico).
Figura astrale corrispondente alla costellazione che segna l’ingresso nella primavera, quando i nati del gregge cominciano ad allontanarsi dalle madri e a ruzzare, e sentono incipienti le corna sulla fronte, l’Ariete ha una chiara valenza solare, guerriera e fallica: non a caso la macchina di guerra che prende il suo nome è quella che atterra e viola i battenti.
D’altronde, esso è nel mondo greco-romano come in quello biblico vittima designata del sacrificio: e poiché si sacrificano spesso agnelli che stanno per compiere un mese di vita e ai quali stanno per spuntare o sono già spuntate le corna, è difficile dire in realtà dove termina l’agnello e dove comincia l’ariete.
La stessa indecisione si nota nel mondo cristiano, dove l’Agnello, questa figura simbolica centrale dell’Incarnazione e del Mistero eucaristico, è sovente raffigurato come un ariete. E dove il buon ariete è spesso contrapposto al cattivo capro, con una precisa opposizione basata sul concetto di purezza-impurità. Irresistibile forza sessuale, potenza assoluta e perfetta, l’ariete è concepito come vergine: questo lo distingue dal montone, maschio adulto, padre del gregge.
L’ariete non è mai vecchio.
In astrologia, l’ariete è collegato strettamente con il pianeta Marte e con il dio che ad esso dà il nome: nella Cosmographia di John Foxton, del 1408, un piccolo ariete è sistemato sulla testa del dio Marte. Nella corrispondenza tra costellazioni e parti del corpo, così importante nella medicina astrologica, l’Ariete governa la testa…»
L’Agnello-Ariete di Brescia
Cartografia di Brescia Centro. L’Agnello-Ariete alato. Opera dell’autore.
La cartografia di Brescia Centro mostra l’eloquenza della rappresentazione dell’Agnello alato dell’Apocalisse di Giovanni, persuasivo sulla valenza cristiana di questa immagine. Vedendola stampata sul suolo di questa città non si può che restare ammirati, tanto è aderente alla configurazione mappale che la disegna con le sue strade. La sua testa è davvero una roccaforte, un poderoso castello che sovrasta tutta la città. Brescia, è la città dove ho messo su casa, proveniente da Caserta subito dopo il matrimonio avvenuto il 1969.
Il destino ha voluto che Ilaria, la mia prima figlia, che aveva poco più cinque anni, le fosse donata in sacrificio: era il primo maggio 1976 e mentre in città c’era la festa dei lavoratori, lì, su un viale del castello, si consumava la sacra offerta per mano di un giovane che la investì con la sua auto. Ma c’è memoria di un altro sacrificio, assai cruento avvenuto nel 1769, che accosta l’Ariete-Agnello alato di Brescia alla prova di Giacobbe biblico.
< Così Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntar dell’alba.
Quando quest’uomo vide che non lo poteva vincere, gli toccò la cavità dell’anca; e la cavità dell’anca di Giacobbe fu slogata, mentre quello lottava con lui.
E quegli disse: «Lasciami andare, perché sta spuntando l’alba». Ma Giacobbe disse: «Non ti lascerò andare, se non mi avrai prima benedetto!».
L’altro gli disse: «Qual è il tuo nome?». Egli rispose: «Giacobbe».
Allora quegli disse: «Il tuo nome non sarà piú Giacobbe, ma Israele, poiché tu hai lottato con DIO e con gli uomini, ed hai vinto». Giacobbe gli disse: «Ti prego, dimmi il tuo nome». Ma quello rispose: «Perché chiedi il mio nome?».
E qui lo benedisse. Allora Giacobbe chiamò quel luogo Peniel, perché disse: «Ho visto Dio faccia a faccia, e la mia vita è stata risparmiata >. (Genesi 32, 25:30).
Piano della città di Brescia, disegno di Pietro Pinelli, incisione di Domenico Giuseppe Cagnoni. 1770. (T. Sinistri 1977 n. 85). Crediti: Archivio di Stato di Milano, su pergamene dei secoli XIV-XVI . 1 Luogo dell’esplosione.
L’immagine accanto si riferisce al fatto cruento suddetto, avvenuto il 18 agosto 1769. Il documento è relativo alla Ricerca nell’Archivio di Stato di Milano, su pergamene dei secoli XIV-XVI riguardanti la chiesa e il convento di San Francesco di Assisi in Brescia.
Così viene descritto il fatale sinistro del 1769:
«Fatale avvenimento occorso nella notte 18 corrente verso le ore otto: dopo lunghissima siccità caduto un fulmine nel Torrione sopra la porta della città detto di S. Nazaro, dove stavano di pubblica ragione dove stavano diciassette e più mille pesi di polvere, e già accesa, e stando questo dal basso, indi d’ogni lato del Torrione suddetto, atterrò duecento case all’intorno con la morte di trecento Persone, lasciando tutta la città in pianto, in grida e desolazione…». (APSSNC 3/1 f. 100r) []. [] V. Volta, P.L. Redova, R. Prestini, I. Panteghini, La Chiesa e il Convento di S. Francesco d’Assisi in Brescia. Editrice la Scuola di Brescia.
L’Elefante che sostiene l’Agnello di Brescia Sud
Si noterà nella cartografia di Brescia Centro appena mostrata che l’Agnello Alato è solidamente adagiato su un elefante, similmente ad un maragià seduto su un baldacchino.
Immagine: Il pulcino di Minerva di piazza Minerva a Roma.
Cosa può rappresentare, anzi indicarci questo animale, strettamente legato al segno dell’Agnello dell’Apocalisse di Giovanni?
Per spiegarlo mi lego ad una storia detta « Il pulcino di Minerva », un monumento di Roma, una scultura in marmo rosa al centro della piazza Minerva di Roma (vedasi nella figura al lato). Per le ridotte dimensioni di un elefantino, che regge un obelisco, è detto appunto “pulcino”, e per questa definizione desta molta curiosità a chi lo osserva per la prima volta. Alto circa cinque metri e mezzo, l’obelisco è del VI sec. a. C. e proviene da Sais in Egitto, per poi trovare collocazione, su volere di Papa Alessandro VII°, a Roma.
Su due targhe distinte alla base del monumento si può leggere:
SAPIENTIS AEGYPTI
INSCULPTAS OBELISCO FIGURAS
AB ELEPHANTO
BELLUARUM FORTISSIMA
GESTARI QUISQUIS HIC VIDES
DOCUMENTUM INTELLIGE
ROBUSTAE MENTIS ESSE
SOLIDAM SAPIENTIAM SUSTINERE
e
VETEREM OBELISCUM
PALLADIS AEGYPTIAE MONUMENTUM
E TELLURE ERUTUM
IBI IN MINERVAE OLIM
NUNC DEIPARAE GENITRICIS
TORO ERECTUM
DIVINAE SAPIENTIAE
ALEXANDER VII DEDICAVIT
ANNO SAL. MDCLXVII Traduzione:
CHIUNQUE TU SIA CHE VEDI NELL’OBELISCO
LE FIGURE SCOLPITE DEL SAPIENTE EGITTO
TRASPORTATE DALL’ELEFANTE, IL PIU’ FORTE
DEGLI ANIMALI, SAPPI CHE E’ PROVA DI ROBUSTA MENTE
SOSTENERE LA SOLIDA SAPIENZA.
e
QUESTO ANTICO OBELISCO
MONUMENTO DELLA PALLADE
VENUTO DALLA TERRA
UN TEMPO POSTO NELLA PIAZZA DI MINERVA
ORA DEDICATA ALLA MADRE DI DIO
ERETTO ALLA DIVINA SAPIENZA
ALESSANDRO VII° , ANNO DELLA SALVEZZA 1667
I riferimenti ermetici sono evidenti. La scienza ermetica richiede “spalle larghe” ammonisce il “pulcino”, contrariamente al comune modo di pensare. Non sempre la mente riesce a sostenere le ragioni della Verità Fonte
Ma non è una concezione alchemica isolata perché ben si armonizza con ciò che rappresenta l’Agnello Alato dell’Apocalisse giovannea, di Brescia Centro, un animale debole quanto il pulcino.
E legandoci alla tesi iniziale dell’ing. Giacomo Guerrera di Messina dell’orologio solare che lui ha intravisto nel rudere di Tipoldo di Messina, ma che non si riesce a provare che veramente lo sia, tuttavia la sola ipotesi ha permesso che venissi a saperlo per dispormi senza saperlo, a disegnare la cartografia del monaco aureolato che dialoga con una madonna nera al posto della mappa di Tipoldo.
E per la scienza dell’uomo epocale questo non si può provare ma, è pur sempre un certo “obelisco” potenziale, enorme da poterlo reggere come esige la scienza moderna. Ma allora come spiegare le due cartografie di Tipoldo che mi è venuto di rintracciare sulla mappa relativa? Con la solita spiegazione che si tratta del fenomeno della pareidolia? Una parente della fantasia che in molti si accende per tenere in piedi l’illusione?
Ma se l’ora dell’altro orologio, al polso del santo aureolato di Tipoldo, portasse a segnare, non so in che modo mettiamo la fine di una certa ora fatidica in ciò che viene detto nell’Apocalisse di Giovanni (Ap 17,12:14), che si incentra nell’Agnello-Ariete di Brescia?
«Le dieci corna che hai viste sono dieci re, che non hanno ancora ricevuto regno; ma riceveranno potere regale, per un’ora, insieme alla bestia. Essi hanno uno stesso pensiero e daranno la loro potenza e la loro autorità alla bestia. Combatteranno contro l’Agnello e l’Agnello li vincerà, perché egli è il Signore dei signori e il Re dei re; e vinceranno anche quelli che sono con lui, i chiamati, gli eletti e i fedeli».
E ricadiamo ancora in fatti dell’ “elefante” della religione, altrettanto estranei alla scienza moderna…
Intanto stiamo vivendo in un epoca in cui imperversa da due anni una mortale pandemia, e non basta perché in questi giorni c’è una seria minaccia di guerra per la contesa in Ucraina della regione del Donbass, con la Russia di Putin.
Gaetano Barbella
Brescia, 22 febbraio 2022
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