toba60

I Segreti del Popolo Hunza per Vivere Piu’ a Lungo

La comunità nativa vegetariana di ultracentenari che conosce il segreto dell’acqua miracolosa da cui è nato il metodo dell’acqua alcalina ionizzata

Il misterioso popolo Hunza

Ai piedi della catena dell’Himalaya, in una valle a nord del Pakistan al confine con la Cina,vive l’antichissimo popolo degli Hunza o Hunzala, chiamati anche Bruscio o Buriscio.

È una popolazione conosciuta per la sua longevità, infatti in questo territorio vi è una notevole presenza di ultracentenari con una prospettiva di vita che si aggirerebbe intorno ai 130 anni.
Esistono nel mondo altre popolazioni che hanno un’aspettativa di vita di gran lunga superiore alla media, come ad esempio Okinawa in Giappone, Loma Linda in California, Vilcabamba in Equador, Abkhazia in Georgia, Ovodda in Sardegna. I luoghi dove vivono sono definiti “Blue Zones”.

L’origine degli Hunza è un vero e proprio mistero: non si sa come siano giunti ad abitare quelle alture, l’unica cosa certa è che questo popolo attira su di sé l’interesse degli studiosi da circa due secoli. Un’antica leggenda locale, ma diffusa anche in Afghanistan, vede la comunità dei Brusci discendente di un soldato di Alessandro Magno. Tuttavia i geni balcanici sono stati ritrovati solo nella comunità dei Pashtun afgani e non tra i Burusci che invece, alle analisi genetiche, sembrano avere molti geni dell’Est Asiatico e fanno supporre che almeno uno dei loro antenati provenisse proprio dal Nord dell’Himalaya. Nonostante le analisi genetiche non vedano la comunità dei Burusci originaria della Macedonia, questi sono chiamati “il popolo greco dell’Asia”.

Non in tutti i luoghi si possono controllare con precisione le date vere di nascita, per la mancanza di registri attendibili, ma in molti casi sì. Si può valutare comunque l’ottimo stato di salute degli anziani, oltretutto fisicamente, mentalmente e socialmente molto attivi e capaci di svolgere ancora lavori pesanti.

La lingua degli Hunza, il burushaski, è sconosciuta e non è relazionabile con nessun’altra, attuale o estinta. Sono di razza bianca, somigliano agli europei a differenza delle popolazioni circostanti, e geneticamente sono parzialmente vicini alle popolazioni dell’Est Asiatico, rendendoli collegabili come origini alle etnie che popolano il nord dell’Himalaya. Nonostante sia una popolazione molto rudimentale, il loro grado di alfabetizzazione è elevatissimo rispetto ad altre popolazioni pakistane da cui si differenziano moltissimo.

Fino a tempi recenti gli Hunza erano in numero esiguo, circa 10.000 abitanti sparsi in circa 150 villaggi a un’altitudine oscillante tra i 1660 e i 2450 metri sul livello del mare. Le asperità delle vie di comunicazione, spesso assenti, hanno fatto sì che questo popolo restasse per lungo tempo isolato dalle popolazioni circostanti.
La spiritualità degli Hunza è anche particolare in quanto non si manifesta esteriormente in riti, preghiere, templi, o nella costituzione di una gerarchia religiosa. La religione e la preghiera sono vissuti interiormente. Tutto ciò denota un lungo isolamento che alcuni studiosi ipotizzato in circa 5.000 anni. In questo popolo le donne hanno pari diritti e questo li differenzia nettamente dai popoli vicini.

Ciò che ha attirato l’attenzione su questo popolo è la sua longevità. Infatti, secondo i ricercatori, oltre ad essere il popolo più longevo del nostro pianeta, il popolo degli Hunza sembra essere immune alle malattie, non conosce neppure l’invecchiamento precoce, le patologie degenerative, il cancro, patologie del sistema nervoso e neppure l’abbassamento della vista e dell’udito con l’avanzare dell’età.

Negli anni ‘50 il medico scozzese Mec Carrison, avendo sentito parlare di questa incredibile popolazione, accettò il posto di medico nelle Indie Britanniche. Inizialmente lo scopo di Carrison era quello di studiarne le malattie, ma poi finì con il constatare che i Buruscio Hunza non avevano malattie. Valutò che qualche bronchite poteva capitare, o qualche frattura dovuta agli arrampicamenti in montagna, ma non avevano alcuna patologia cardiovascolare e non si riscontravano nefropatie o epatopatie. Non c’era nulla di clinicamente interessante. A questo punto Mec Carrison decise di studiarne gli stili di vita e, con suo incredibile stupore, scoprì che il popolo che arrivava a vivere anche 140 anni nascondeva il proprio segreto nell’alimentazione che ne rallentava l’invecchiamento cellulare. Le donne avevano le mestruazioni anche in quella che noi consideriamo “la terza età” e la maggior parte di queste donne cessava di riprodursi all’età di 90 anni.

Questo popolo non conosce le malattie che la nostra scienza medica non solo sembra essere ben lungi dallo sconfiggere, ma che spesso si rivelano essere in costante aumento. Gli Hunza, tranne rari episodi di febbre, cadute accidentali in montagna e poco altro, arrivano all’età avanzata senza sofferenze e il momento della morte, al termine del loro ciclo vitale, arriva naturalmente, senza malattie.
Oltre a questo gli Hunza colpiscono per la loro eccellente forma fisica e la loro resistenza alla fatica: sono capaci di lavorare duramente nei campi, o nelle altre attività, sopportando la fatica in un modo sorprendente, anche quando ultracentenari. In montagna, secondo le ricerche degli studiosi, arrivano a percorrere anche oltre 200 chilometri al giorno nonostante l’altitudine; sono corridori e portatori instancabili.

Gli Hunza, secondo le ricerche degli studiosi che hanno vissuto molto tempo con loro, anche in età avanzata, intorno ai cento anni, si occupano attivamente della famiglia. Gli uomini e le donne sono fertili anche quando molto avanti con gli anni, e spesso procreano anche dopo i 70 anni. Il loro fisico appare ancora giovanile anche in età avanzata, e non è paragonabile in alcun modo a quello degli anziani occidentali.

Molti studiosi hanno cercato di capire negli anni quale fosse il loro segreto nella dieta e nello stile di vita o quale fosse l’ingrediente miracoloso.

Ciò che accomuna tutte le popolazioni longeve e gli Hunza in particolare si è comunque visto essere una alimentazione vegetariana, ipocalorica, semplice, frugale, oltretutto priva di alimenti raffinati, artificiali e industriali quali alcool, zucchero, prodotti conservati.

La dieta degli Hunza si basa essenzialmente sui cereali, frutta e verdura ma il tipo di alimentazione e la proporzione tra gli stessi, che pure hanno delle particolarità, non bastano a spiegare la vitalità del popolo Hunza. Ciò che caratterizza lo stile di vita di questo popolo e che sembrerebbe incidere molto sulla loro salute e longevità, sarebbe attribuibile a due fattori: il lungo digiuno che compiono ogni anno nei periodi di carestia e l’acqua molto alcalina che sgorga dalle loro sorgenti.

Il digiuno, attentamente seguito, ha dimostrato di essere sin dall’antichità, un potente mezzo terapeutico. Nel mondo animale il digiuno viene praticato nei momenti di malessere o malattia, ed è una cosa normale, come lo era per i nostri antichi avi, legata alla carenza di cibo in periodi avversi.

Il digiuno, come ci insegna appunto il mondo animale, non compromette le energie, anzi, sembra rafforzarle.

[UNVERIFIED CONTENT] Kalashi Womens..

L’acqua miracolosa

L’altro elemento che pare essere decisivo secondo gli studiosi per la straordinaria longevità degli Hunza è l’acqua alcalina.

Da molti anni i ricercatori studiano il popolo Hunza e le caratteristiche dell’acqua che sgorga nel loro territorio e da tali studi è emerso che l’acqua bevuta dagli Hunza possiede un elevato pH (acqua alcalina), con un notevole contenuto di minerali colloidali.

ll corpo umano ha necessità di regolare il suo pH in modo estremamente preciso, e un pH corporeo spostato verso valori acidi, come avviene spesso nella nostra civiltà, porta a disturbi e conseguenze di vario genere, una porta aperta per tutte le patologie. Purtroppo lo stile di vita e l’acqua che abbiamo a nostra disposizione per bere e cucinare influenza molto l’acqua che circola nel nostro corpo e di conseguenza il nostro benessere.

La vita sulla terra è garantita dall’equilibrio tra gli opposti come positivo e negativo, ossidato e ridotto, acido e alcalino. Il pH del sangue di un individuo in buona salute è di circa 7,4, leggermente alcalino e questo valore ottimale viene mantenuto grazie a dei sistemi tampone che l’organismo possiede. Questo permette di bilanciare l’effetto di alimenti e bevande acide o acidificanti che spesso per disattenzione o a causa di un mercato che ci bombarda quotidianamente con pubblicità volte al consumo, introduciamo nel nostro organismo.

Purtroppo questi sistemi tampone a volte non riescono a neutralizzare gli effetti di stili di vita disordinati, per cui i residui acidi, se non eliminati, provocano uno stato del terreno biologico dell’organismo che prende il nome di acidosi.

Secondo la medicina naturale (che studia e prende a rifermento lo studio della Natura che ci ha generati e le antiche conoscenze tramandate) ma più recentemente anche secondo la medicina allopatica, le principali cause dell’acidosi nel nostro tempo sono attribuibili ad un eccesso di alimenti acidificanti quali la carne, i formaggi, i salumi, ma anche lo stress, la vita sedentaria, l’alcool e la nicotina, l’insufficiente apporto di liquidi, lo sport intensivo, i farmaci.

Altra causa è sicuramente la scarsa introduzione di alimenti alcalinizzanti.

Viviamo insomma in un modo che poco ha a che fare con i tempi e l’armonia della Natura.

Nel mondo occidentale l’acidosi è molto diffusa proprio a causa dell’eccessivo consumo di cibi di origine animale, latte e derivati e per la mancanza di moto che hanno un effetto acidificante.

L’uomo è l’unico mammifero che possiede circa 10 metri di intestino, tipico degli erbivori, e che consuma latte dalla nascita alla morte. Spesso le nostre scelte alimentari non sono legate alle reali necessità del nostro organismo, ma ad un mercato che vuole vendere i suoi prodotti e orienta i nostri acquisti.

Altra fonte acidificante è l’uso di bevande alcoliche e gassate e tutti questi alimenti portano a trasformazioni di tipo biochimico che producono la formazione di acidi. Anche la carenza di vitamine e minerali nella dieta dovute spesso ad alimenti che a causa di processi di raffinazione o eccessive cotture perdono i loro nutrienti, sono una causa dell’acidificazione.

Il nostro corpo, come molti di noi sanno, è costituito prevalentemente da acqua che in un organismo adulto raggiunge circa il 60% del peso corporeo entrando a far parte di ogni reazione chimica che avviene dentro di esso, nel bambino fino al 75%. L’acqua è dunque fondamentale per molte delle funzioni che avvengono all’interno di esso, per l’assorbimento dei nutrienti, per il mantenimento della temperatura corporea, per la circolazione del sangue, per la lubrificazioni delle articolazioni e per la rimozione di tutte le tossine che produciamo nello svolgimento quotidiano delle nostre attività.

L’acqua svolge, laddove è necessario, un’azione riparatrice. Senza cibo possiamo sopravvivere relativamente a lungo, ma senza acqua la nostra vita si spegne in poco tempo.

Purtroppo, nel nostro organismo, i rifiuti acidi non eliminati completamente vengono assorbiti attraverso il colon e convogliati nel fegato per tornare nel grande circolo. Successivamente possono di nuovo depositarsi nei tessuti e nei vari organi e i depositi acidi creano una serie di problemi per la nostra salute.

Già negli anni prima della seconda guerra mondiale Henri Coanda, un medico rumeno, si accorse che alcune popolazioni della Terra avevano una vita media superiore ai 100 anni, godevano di ottima salute e percorrevano a piedi grandi distanze (50 km) ogni giorno per spostarsi da un villaggio all’altro. Fra queste popolazioni vi erano appunto gli abitanti della Valle degli Hunza nell’Himalaya pakistano, ma anche popolazioni andine, caratterizzate da comuni abitudini alimentari: tutte abituate a bere acque provenienti dai ghiacciai posti sopra i 5000 metri di quota.
I ruscelli che scendono nelle vallate sono appunto la fonte da cui bevono quelle popolazioni così sane e longeve.
Il segreto dell’assenza di artriti, artrosi, dolori scheletrici ed in generale di malattie senili sta, appunto, nel grande apporto di potenziale ossido-riduttivo dovuto all’acqua bevuta.
Il dottor Coanda dichiarò che la salute degli Hunza era dovuta all’acqua che bevevano, un’acqua dalle proprietà anomale. L’acqua bevuta dagli Hunza (acqua alcalina ionizzata) ha un grande potere regolatore sui tre fattori chiave del liquido interstiziale: mantiene il pH leggermente alcalino, impedendo di fatto lo sviluppo di tutte le forme di vita estranee e nocive al nostro organismo; regola la resistenza elettrica, facilitando la comunicazione intercellulare ed il trasporto degli ioni; ed infine, apporta al sistema un nutrimento reale grazie al potenziale ossido-riduttivo (ORP) altamente negativo, il più basso conosciuto in natura.

Nel 1923, il dottor Otto Heinrich Walburg attribuì la causa del cancro all’acidosi (mancanza di equilibrio acido-base) e all’ipossia (mancanza di ossigeno alle cellule), scoperta che gli valse il premio Nobel nel 1931.

Egli affermò nei sui scritti che le cellule tumorali, a differenza di tutti gli altri tipi di cellule, possono vivere e svilupparsi in assenza di ossigeno e quindi privando una cellula del suo contenuto di ossigeno del 35% per più di 48 ore può renderla cancerogena. Dopo 80 anni, l’Istituto Superiore della Sanità il 27 settembre 2010 comunicò che è necessario combattere l’acidità per sconfiggere il cancro. Ormai le ricerche scientifiche hanno dimostrato che per prevenire le malattie bisogna creare un ambiente alcalino perché queste prosperano e si sviluppano in ambiente acido. La situazione di acidosi risulta essere la causa principale o la concausa del 90% delle malattie.

Il dottor Hiromy Shinya, esperto nella cura del colon, professore di Chirurgia al Collegio di Medicina Albert Einstein e capo di Endoscopia al Beth Israel Medical Center di New York City, famoso per aver sviluppato la tecnica di endoscopia del colon, ha condotto diversi studi endoscopici dopo l’utilizzo di acqua alcalina ionizzata riprodotta con appositi alcalinizzatori e ionizzatori.

L’acqua alcalina ionizzata aiuta quindi ad eliminare l’abbondanza di rifiuti acidi mantenendo il corpo in salute ed è antiossidante, cioè combatte e neutralizza i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento precoce delle nostre cellule.

Da anni l’acqua ionizzata alcalina prodotta tramite ionizzatori-alcalinizzatori rappresenta un elemento fondamentale dell’assistenza sanitaria in Giappone ed in Corea e viene usata negli ospedali e raccomandata ufficialmente dai Ministeri della Sanità.

Le proprietà dell’acqua alcalina ionizzata

L’acqua alcalina ionizzata, ribattezzata dai Giapponesi “Acqua Kangen”, che significa “acqua delle origini”, ha tre proprietà sorprendenti:

– ripristina l’equilibrio acido-base prevenendo i sintomi legati all’acidosi, contribuendo a rallentare l’invecchiamento e migliorare la nostra salute. Alla nascita infatti il nostro corpo è alcalino tendendo con il tempo a diventare sempre più acido per una serie di motivi. Il livello di pH del nostro sangue dovrebbe essere 7,35 (leggermente alcalino);

– ha un effetto antiossidante. Questa proprietà la rende preziosa per la prevenzione di molte malattie causate dallo stress ossidativo. Fornendo elettroni liberi ai radicali di ossigeno attivo, neutralizzando così il loro elevato potenziale ossidante e impedendogli di reagire con il tessuto sano. Il suo potenziale di ossido-riduzione (ORP) va da -300 a -400, decisamente maggiore rispetto a quello della vitamina C (ORP -50) e del thé verde (ORP -100);

– ha un effetto idratante.L’acqua ionizzata è un’acqua con struttura esagonale formata da microgranuli (Cluster) di 5-6 molecole, con bassa tensione superficiale e capacità conduttive notevoli.I cluster sono dei gruppi di molecole d’acqua tenute insieme da dei legami-ponte di idrogeno.Per queste caratteristiche viene assimilata molto velocemente e idrata in profondità tutte le cellule del nostro corpo. Proprio perché i cluster sono di dimensioni più piccole, quest’acqua può penetrare e idratare maggiormente tutte le zone del corpo. L’acqua dei ghiacciai è acqua esagonale con cluster di 6 molecole a differenza di quella che beviamo di solito che è composta da cluster di 10-12 molecole o più.

Il dottor Hiromi Shinya, famoso per aver sviluppato la tecnica di chirurgia colonscopica, prescrive l’acqua alcalina ai suoi pazienti perché, tramite la colonscopia, ha verificato la profonda pulizia del colon. Hiromi Shinya è un medico di riferimento di personalità del mondo dello spettacolo e della politica; è attualmente Clinical Professor of Surgery all’Albert Einstein College of Medicine di New York e direttore della Surgical Endoscopy Unit al Beth Israel Medical Center della stessa città.


Il medico rumeno Henri Coanda, scopritore del potere dell’acqua degli Hunza

L’acqua alcalina ionizzata è inoltre molto ricca di ossigeno, non in forma molecolare O2 ma in forma OH, il quale è molto stabile perché legato con minerali ionizzati alcalini positivi. Due di questi ioni d’idrossido possono formare una molecola d’acqua (H2O) e cedere un atomo di ossigeno.

Il minerale alcalino è utilizzato per neutralizzare i composti acidi nocivi e, quando ciò succede, lo ione idrossido viene liberato per distribuire ossigeno alle cellule, prevenendo, così, per esempio, lo sviluppo di cellule anomale.

L’Acqua degli Hunza ha un’altra viscosità, un’altra tensione superficiale, un altro indice di rifrazione. Il dottor Coanda affermava che era appunto in virtù di tali caratteristiche che gli Hunza erano longevi ed in ottima salute. Fu così che all’inizio del secolo scorso Henri Coanda trascorse sei anni di studi sull’acqua degli Hunza, cercando di capire quali benefici quest’acqua determinava esattamente sul corpo umano e perché.

In seguito il dottor Patrick Flanagan continuò la ricerca constatando che l’acqua degli Hunza possiede un elevato pH, un forte potere antiossidante (ORP) ed un elevato contenuto di minerali colloidali. Simili proprietà fisiche sono state riscontrate in altri luoghi remoti, come le zone Shin Chan della Cina, nel Caucaso, nell’Azerbaigian, sulle Ande, a Nordeau (Germania), Tlacote (Messico), Lourdes (Francia), e altri luoghi.

Dopo il 1950 le ricerche ripresero in particolare in Giappone, dove gli scienziati studiarono i sistemi di Faraday e dei russi sull’elettrolisi in modo da poter ricavare un’acqua con le stesse caratteristiche di quelle degli Hunza. Nel 1950 ulteriori ricerche vennero svolte presso diverse università giapponesi nel campo dell’agricoltura e successivamente sul corpo umano.

A seguito dei risultati, l’acqua alcalina ionizzata così ottenuta iniziò ad essere utilizzata negli ospedali, tant’è che nel 1966 il Ministero della Sanità giapponese l’approvò come terapia medica.

Paola Salaris

Fonte: http://www.shan-newspaper.com

Comments: 0

Your email address will not be published. Required fields are marked with *