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La Certezza del Dubbio

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Staff Toba60

La Certezza del Dubbio

Come fate a sapere di sapere le cose che sapete? Se non si risponde “lo so e basta”, cosa rimane? Come si fa a sapere qualcosa se in realtà non si sa nulla? La familiarità appesa a un filo tende a far pendere la bilancia verso la ragione.

C’era un uomo che diceva “penso quindi sono” e questo fa pensare qualcosa come “la gallina ha fatto l’uovo o l’uovo ha fatto la gallina?”. In questo modo Cartesio ha preferito la fonte logica alla fonte divina della conoscenza. Cartesio arrivò a questa intuizione conducendo un esperimento sul dubbio radicale, cioè per scoprire se c’era qualcosa di cui poteva essere relativamente certo, qualcosa di cui non poteva dubitare.

Ma per quanto dubitasse, continuava a confrontarsi con il fatto che esisteva un dubitatore, cioè lui stesso. Doveva mettere in discussione il dubbio stesso. Avremmo potuto risparmiare una grande quantità di interpretazioni errate e di fraintendimenti se avesse detto semplicemente “dubito, quindi esisto”.

Per non dubitare di ciò che si pensa, bisogna innanzitutto non dubitare di esistere. Perché se diamo per scontato che “dubito quindi esisto”, pochissime persone sul nostro pianeta “esistono” e questo perché pochissime persone sul nostro pianeta “dubitano” di qualcosa. Anche nella forma “penso quindi esisto” è vero lo stesso.

Quando Cartesio morì e andò a San Pietro disse “Penso ancora quindi esisto” per ricevere la risposta “Non esisti, ma non pensarci” secondo Arca.

I tuoi occhi si prendono gioco di te.

Pensate a quanto sembrate sciocchi quando dite: “Se non lo vedo, ma i miei occhi non ci credono”, e altre simili spacconate, soprattutto quando tutto ciò che ripetete a pappagallo sono le parole di altri, che non avete mai visto e non potete nemmeno essere sicuri che le abbiano dette, o che siano esistite con certezza! E questo “se non lo vedo con i miei occhi” esclude i ciechi dalla conoscenza? Tu hai visto che la terra è rotonda con i tuoi occhi? Come fai a sapere che è rotonda se non l’hai vista?

Se i vostri occhi vi ingannano soprattutto se non avete coltivato il vostro cervello, perché vedete con il cervello e non con gli occhi pensate in quale mare di ignoranza state nuotando quando le cose che coltivano il cervello non sono così sicure… che siano come si dice!

Quando ancora non si sa che cos’è la gravità e che cos’è la carica elettrica, quando ancora ci muoviamo con il petrolio, quando ancora convertiamo l’energia nucleare in energia elettrica in un modo come quello dell’esempio: le due energie sono due stanze intermedie e si passa dall’una all’altra attraverso l’alfa Centauro (idea spontanea), quando siamo ancora ciechi sul contenuto informativo del DNA ecc. ecc. eppure non ci manca l’egoismo della certezza sulle simpatiche prefetture che abbiamo “scoperto”! !!

Il principio fondamentale e la misura di un essere umano mentalmente sano è il modo in cui comunica e soprattutto la trasmissione della sua comunicazione. Voi dite a Niko qualcosa da dire a Gregory e lui capisce una cosa e gliene dice un’altra, con il risultato di… confusione, disordine e incomprensioni quotidiane in tutte le vostre vite. Tutto questo disordine è creato da una semplice trasmissione della comunicazione nel tempo e nel luogo attuali e non a distanza di oltre 1.000 anni.

Ciò che oggi è relativamente chiaro, nel momento temporale successivo cessa di avere senso, o il suo significato viene completamente alterato, soprattutto quando cambiano le definizioni delle parole e le sollecitazioni… e cambiano in 5-10 anni, figuriamoci in più di 1.000.

Quanto possiamo essere sicuri della nostra certezza quando ci riferiamo alle parole e ai pensieri di persone che sono vissute – se sono vissute – molte migliaia di anni fa? Non parlo di religioni e fantasie simili, ma di persone e cose più “reali”. Facciamo brevemente qualche riferimento, se ne possono trovare molti altri se si indaga in modo del tutto superficiale, non ci vuole molto sforzo per scoprire che tutto ciò che si prende come un fatto fisso... non è nemmeno un fatto e quanto si può essere sicuri delle speculazioni?

Si sostiene che Omero sia l’autore dei testi poetici dell’Iliade e dell’Odissea, tra i primi testi del periodo storico dell’antica Grecia, noti come “epopea omerica”. Si parla di lui come di uno scrittore quando non ha scritto nulla, mentre è più corretto definirlo un rapsodista. Non ci sono informazioni sulla sua vita, e quelle poche che ci sono sono contraddittorie, mentre l’erudizione letteraria degli ultimi due secoli ha messo in dubbio la sua esistenza e ritiene addirittura che ci sia stato più di un Omero.

Abbiamo sette vite omeriche dall’antichità!!! In altre parole, non possiamo essere certi che un uomo chiamato Omero sia esistito, e tanto meno che abbia scritto i testi in questione. La ricerca moderna, e soprattutto coloro che accettano che Omero possa essere considerato una persona reale, colloca la sua vita nell’VIII secolo a.C.. e ritiene probabile che fosse un saggio-romanziere ionico, continuatore di una lunga tradizione di narrazioni eroiche orali.

Il termine “questione omerica” raggruppa molte questioni relative alla paternità, alla composizione e alla registrazione dell’Iliade e dell’Odissea. In particolare, sono state sollevate le seguenti questioni: Omero era una persona reale? Esisteva una persona reale? Quando è vissuto, come ha composto o scritto le sue opere e quali sono? I testi oggi disponibili erano opere dello stesso poeta? Alcune differenze stilistiche e culturali tra i due poemi rendono possibile che non siano stati scritti dallo stesso autore? I testi sono concezioni poetiche unificate o sono costituiti da strati diversi?

I testi attuali nascono dall’amalgama di diverse sezioni e dall’ampliamento di quelle precedenti. A questa teoria “analitica” si oppongono gli “unificazionisti”, i quali sostengono che in ognuno di essi si può scorgere una concezione letteraria coerente e realizzata da un individuo. Il confronto con l’epica orale ha dimostrato che i poeti orali, utilizzando tecniche sconosciute a una società alfabetizzata, possono comporre e memorizzare poemi di grande lunghezza!!!

Dalla teoria dell’oralità, sorge la domanda: qual è stato il contributo della scrittura alla composizione dei poemi, sono stati registrati al momento della loro composizione durante la recitazione, sono stati dettati dal poeta o sono sopravvissuti oralmente e sono stati registrati in seguito? In breve, Omero (ammesso che sia esistito un uomo chiamato Omero) non ha scritto nulla, non c’è nulla scritto da lui personalmente, e ciò che esiste è opera di molti scrittori molto più tardi, con le relative alterazioni che il tempo apporta alla trasmissione della parola.

Socrate non ha scritto nulla, non c’è nulla di scritto da lui, ma la gente dice che ha detto questo o quello in modo arbitrario. Non dimenticate che la “dialettica” a lui attribuita è la cosa peggiore per la ricerca, perché pone il ricercatore umano in uno stato di effetto, non di causa. Quindi porta confusione e nessun progresso. E distrugge ogni regola di corretta comunicazione, se qualcuno volesse applicarla.

E chi ha dato all’uomo la “dialettica”, il malcapitato Socrate o il demone che gli ha parlato? Un ipotetico filosofo umano o le sue occupazioni? Quanto ne siete sicuri? Le uniche fonti per la sua vita e le sue parole (non gli scritti) sono innanzitutto Platone, Senofonte, Aristotele e Aristofane. Vari scrittori si sono occupati di Socrate fin dall’antichità e ognuno ha aggiunto nuovi aspetti della sua vita e, naturalmente, secondo le proprie convinzioni.

Socrate, come Eraclito e Pitagora, non ha lasciato alcuno scritto.

È quindi molto difficile determinare con esattezza il contenuto della sua filosofia e, in pratica, ciò che sappiamo di Socrate proviene principalmente da ciò che i suoi studenti scrissero su di lui, oltre che da alcuni scrittori che si concentrarono sullo studio della sua personalità e ognuno aggiunse il proprio!

W.K.C. Gutrie scrive che “studiando gli scritti attribuiti a Socrate, alla fine ognuno ha il suo Socrate, in qualche misura il suo Socrate, che non è esattamente lo stesso Socrate di nessun altro”.

Al tempo di Socrate abbiamo con i sofisti la svolta della filosofia verso l’uomo e la virtù utile, mentre in precedenza l’argomento principale della filosofia presocratica era la natura. Naturalmente i sofisti, non essendo filosofi, non si addentrarono nello studio della vera essenza dell’uomo. Aristotele riconosce questa svolta dello spirito con la frase “con Socrate finì la ricerca della natura, e i filosofi non furono esclusi dalla virtù utile e dalla politica”.

Anche Eraclito non scrisse nulla che sia giunto fino a noi, anzi quasi non sapevamo nemmeno della sua esistenza! Quanto si può essere sicuri che ciò che viene citato in Eraclito sia ciò che il filosofo pensava? A Eraclito viene assegnata (arbitrariamente) un’opera intitolata “Sulla natura”, che è divisa in tre parti di contenuto politico, teologico e cosmogonico. Dai pochi estratti sopravvissuti, sembrerebbe che il carattere della sua opera scritta sia apoftegmatico. Un apoftegma per sua natura è oscuro, altrimenti non sarebbe un apoftegma.

La struttura e la composizione dei suoi aforismi sono elaborate e lo stile è enigmatico e codificato, non da lui, ma dagli scrittori successivi che li hanno utilizzati, in particolare Plotino, Porfirio, Proclo, Eusebio e altri. Questo è, in fondo, il motivo principale per cui è stato definito “oscuro”.

È difficile capire ciò che viene attribuito a Eraclito, perché il vero significato di alcune delle parole che usa è andato perduto, così come la punteggiatura arcaica, che ha subito interferenze distorsive, come sottolinea anche Aristotele.

Probabilmente se avessimo il contesto, cioè l’intero testo, potremmo avere un quadro più completo della sua filosofia. Nessuno ha scritto quasi nulla su Eraclito e se Diogene Laerzio non lo avesse citato in poche righe o se una manciata di filosofi suoi simili non lo avessero menzionato a spizzichi e bocconi non sapremmo nemmeno della sua esistenza!!! eppure, con grande follia, diciamo che Eraclito ha detto questo o quello, quando l’unica cosa di cui possiamo essere certi sono le nostre speculazioni.

Diogene Laerzio era uno storico della filosofia dell’antichità, autore delle “Vite dei filosofi”. Si ipotizza – e non è affatto certo – che sia vissuto all’inizio del III secolo d.C., ma non sappiamo nulla della sua vita, delle sue origini, della sua formazione, della totalità della sua opera, della sua personalità, e non ci sono prove serie corrispondenti, poiché gli scrittori antichi non danno informazioni rilevanti.

Per questo motivo, i ricercatori possono cercarlo solo attraverso le sue opere, da testimonianze certamente frammentarie e difficili da verificare. Non c’è certezza nemmeno sul suo nome, dal momento che i manoscritti riportano a volte il nome di Diogene Laerzio e a volte Diogene Laerzio. Un’ipotesi descrive che Laerzio potrebbe essere derivato da un antenato chiamato Diogene Laeriade.

La sua opera principale, sopravvissuta nella sua interezza, contiene le vite dei filosofi antichi ed è composta da 10 libri. È possibile, per alcuni, che quest’opera sia stata pubblicata all’epoca dell’imperatore romano Alessandro Severo (222-235 d.C.). Di solito viene chiamata Vite dei filosofi, ma in realtà ha un titolo lungo: “Vite e conoscenze di coloro che sono fioriti nella filosofia e di coloro che si sono distinti in ciascuna di queste discipline nella sinagoga locale”.

Nella prefazione alla sua opera, l’autore traccia l’origine della filosofia e analizza le influenze orientali sui filosofi greci. In primo luogo, ha utilizzato testimonianze originali tratte da testamenti, lettere (non sempre autentiche) e documenti giudiziari. In secondo luogo, ha utilizzato prove letterarie, come citazioni di commedie contro i filosofi e versi dell’Iliade e dell’Odissea.

Infine, ha attinto informazioni da fonti filosofiche, come singoli scritti sui filosofi, le loro eresie, gli elenchi dei loro membri e leader, o le raccolte dogmatiche contenenti i punti essenziali della dottrina di ciascuna eresia. Quanto si può essere sicuri di ciò che si legge, quanto?

Pitagora o Pitagora il filosofo metafisico a cui per oltre 1000 anni fu proibito parlare della sua filosofia e della sua opera!!! Le informazioni che abbiamo sulla sua vita e sulla sua opera provengono dai suoi posteri, Porfirio, Iamblico e naturalmente Diogene Laeriade. Pitagora visse nel 580-490 a.C. e Porfirio e Iamblico nel 300 d.C. circa ottocento anni dopo.

Quanto possiamo essere certi di ciò che viene attribuito a Pitagora, quando tutte le informazioni che abbiamo su Pitagora, la sua vita, la sua morte e le sue opere, senza eccezioni, sono completamente dubbie. La sua personalità e i suoi insegnamenti sono stati avvolti da un velo di elaborata incomprensibilità, di mistero metafisico e di strana leggenda per molti secoli, ed è dubbio che questo mistero sia andato perduto oggi.

Quindi, con leggerezza, diciamo “come disse Pitagora… bla bla”. Come si fa a sapere con certezza che Pitagora l’ha detto davvero quando non sappiamo nemmeno se si chiamava Pitagora o Pitagora? La cosa corretta da dire è “Noi ipotizziamo a cosa si riferisca Pitagora…”.

Il Buddha non è uno, ma più di mille.

La parola Buddha o Budha (h tshu) nell’antica lingua indiana, che comprende il dialetto Pāli e il sanscrito, significa “Risvegliato” o “Illuminato”. Deriva dalla radice del verbo bhuddh, che significa risvegliare, illuminare e comprendere.

La parola Buddha, quindi, non si riferisce a un particolare maestro religioso vissuto in quel determinato periodo, ma a un tipo di persona che ha raggiunto un punto di realizzazione spirituale. Lo storico Siddharta Gautama è solo uno di una lunga successione di Buddha, diretti verso un passato senza tempo o verso i lontani orizzonti del futuro. … eppure riportiamo arbitrariamente che il Buddha ha detto questo o quello… Quale Buddha di tutti l’ha detto e quanto ne siete sicuri?

Dio non è uno, ma più di 3 milioni di persone in tutto il pianeta.

Quando si dice che Dio ha detto questo o quello a quale Dio, tra i milioni che esistono, ci si riferisce e quanto si è sicuri, senza ombra di dubbio, di ciò che ha detto… Dio non ha nemmeno scritto nulla, alcuni dicono ciò che ha scritto.

Secondo il vescovo empirista irlandese del XVIII secolo George Berkeley, “L’essere si identifica con il percepire”, il che significa che tutto il cosiddetto “mondo oggettivo” è nella nostra mente. George Berkeley afferma che la nostra unica conoscenza del mondo deriva dalla nostra cognizione, attraverso i nostri sensi. I filosofi chiamano questa conoscenza “esperienza sensoriale“. Il caro vescovo si è spinto a concludere che questi dati sensoriali devono provenire da qualche parte, quindi quel “qualche parte” deve essere Dio.

In sostanza, l’idea di Berkeley è che Dio, davanti a un computer, inserisca i “dati sensoriali” in un sito web cosmico a cui siamo tutti collegati 24 ore su 24, 7 giorni su 7. E che dire di coloro che credono che Dio lavori solo 6 giorni alla settimana?

Quello che voglio che capiamo qui è che NON POSSIAMO CONOSCERE NULLA DAI SENSI… non c’è dubbio… pensiamoci un attimo, tutto ciò che consideriamo astrattamente buono o astrattamente cattivo è una nostra idea o un impianto e un’idea di qualcun altro! Non ci interessa qui di chi altri, ma se è una NOSTRA idea e se SIAMO SICURI che è una NOSTRA idea, senza dubbio?

Se – ipoteticamente – vi mettessero una lama alla gola e vi chiedessero di cosa siete sicuri, assolutamente sicuri, senza dubbio, c’è qualcosa di SICURO che potreste rispondere? Con la testa appesa a un filo. Cosa rispondereste “Io so una cosa, che non so niente”, l’espressione più stupida, attribuita arbitrariamente anche a Socrate che non ha lasciato nulla di scritto !!!!

“L’unica cosa sicura è la congettura”.

Non mi riferivo affatto al Caos, sì a quello seducente, libero, primordiale, magico, creativo, malleabile, informe, al di là dei pensieri e delle parole, quel Caos da cui la nostra Mente trae pensieri energia, parole e crea realtà. Il Caos è la morte di ogni paradiso e di ogni inferno, il Caos è il fuoco della Fenice che aspetta di bruciare e rinascere. Sì, il Caos è la fonte di ogni creazione, che ogni creazione sia buona o cattiva è di scarso interesse per il giocatore della vita, perché se potesse raggiungere solo creazioni buone… con cosa giocherebbe?

Quanto siete sicuri di poter dubitare?

Un imputato era sotto processo per omicidio. C’erano prove per dimostrare la sua colpevolezza, ma non c’era il corpo. Nella sua arringa, l’avvocato dell’imputato ricorse a un trucco. “Signore e signori, ho una sorpresa per voi: tra un attimo l’uomo che credete morto entrerà in quest’aula e il mio cliente sarà dichiarato innocente”. Passò un minuto e non accadde nulla. Alla fine l’avvocato disse:

“Signori la verità è che questa dichiarazione è stata di mia invenzione e non so se il morto sia davvero morto o meno. Ma tutti voi avete guardato la porta con aria sospesa e avete aspettato che apparisse. Pertanto c’è un ragionevole dubbio sul fatto che sia davvero morto e mi aspetto che il vostro verdetto sia di non colpevolezza”.

Dopo qualche minuto tornarono e annunciarono il verdetto: “colpevole”.

“Ma come potete farlo?”, ruggì l’avvocato, “Dovevate avere qualche dubbio, vi ho visti tutti guardare la porta”.

Il presidente della giuria rispose: “Sì, stavamo tutti guardando la porta, aspettando che la vittima apparisse. Ma il suo cliente non l’ha fatto”.

Qui la certezza è data al di là di un ragionevole dubbio.

Fonte: antikleidi.com

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