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Riflessioni su Demoni, Alieni, Reincarnazioni e le Nuove Teorie della Fisica

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Riflessioni su Demoni, Alieni, Reincarnazioni

Confesso di essere la classica mosca bianca: Non mi sono mai interessato molto alle dispute su UFO e Alieni; mi interessano molto di più le personalità e le caratteristiche delle persone che si interessano a questi temi, piuttosto che i temi in sé.

Sebbene in passato abbia partecipato ad interviste e scritto vari articoli sul tema UFO, ciò era legato ad un mio vecchio studio sulla simmetrizzazione delle equazioni del campo elettromagnetico con il campo gravitazionale che pubblicai nel 2001 sulla rivista scientifica Episteme del prof. Bartocci della Università di Perugia.

In sintesi, in quel lavoro, mostravo come, partendo da questo processo di simmetrizzazione usando il campo gravitazionale, venivano fuori equazioni che tradotte tecnologicamente davano vita a macchine  che, usando correnti elettriche variabili, producevano campi antigravitazionali e quindi nuovi tipi di motori per il volo.

Dalle equazioni emergeva anche che la forma ideale di questi veivoli era quella che comunemente associamo ai dischi volanti, ma anche che questi motori  a campi gravitazionali negativi avevano vari effetti collaterali, come bruciature gli oggetti circostanti, autoluminescenza o, all’opposto, invisibilità, fino a provocare vere proprie  modifiche nel tessuto dello spazio-tempo.

Questi effetti spiegavano, numeri alla mano, alcune fenomenologie anomale associate agli UFO  e che si erano manifestate anche nel presunto esperimento di invisibilità: l’esperimento Philadelphia, condotto sulla nave Eldridge nel 1945.

Di fatto in quello studio prospetta la possibilità che con tecnologie compatibili con  quelle note nel 1945, gli eserciti potessero costruire veicoli come gli UFO e che la impossibilità di controllare gli “effetti collaterali” sullo spazio-tempo e sulle persone, che questi veicoli provocavano, ne aveva, di fatto, bloccato la produzione.

Premesso questo, tra i personaggi più quotati nell’ambito di quel mondo che fino una decina di anni fa si sarebbe definito genericamente come newagista, vi è di certo Corrado Malanga, famoso soprattutto per l’approfondimento che ha dedicato al tema delle adduzioni e dei rapimenti alieni; molti organizzatori di convegni si farebbero in quattro pur di averlo tra i loro relatori.

L’avere conosciuto, per alcune vicende con cui non vi tedio, alcune persone che si dicevano addotte o rapite, altre che si dicevano pleadiane o provenienti da chissà quale costellazione, non mi ha aiutato molto a saperne di più su questi “fenomeni”,  ma di certo mi ha aiutato a comprendere meglio alcuni meccanismi psicologici sebbene, almeno nei casi che ho incontrato,  si trattava solo di persone con evidenza con problemi seri ed esperienze traumatiche familiari.

Se non avessi avuto il mio primario interesse per la psiche e la mente, ma mi fossi lasciato prendere dalle loro storie magari con l’obiettivo di approfondire il fenomeno “Adduzioni”, “alieni”, o possibili nascite e provenienze di anime da altri sistemi stellari, mi sarei perso quelle variazioni di atteggiamento, il modo di mettere insieme le parole, e magari anche gli errori palesi e le piccole grandi contraddizioni interne nelle narrazioni, che rivelavano, con il loro profondo valore simbolico , meglio di una autobiografia, la vita e soprattutto i traumi di quelle persone, talvolta individuandoli precisamente.

Avevo, in passato, guardato i filmati di alcune ipnosi di Malanga e avevo notato alcune similitudini nel modo di condurre la seduta, con quelle regressive descritte nei libri di Wieiss.

Seppure condotte a fini diversi, entrambe gli ipnotisti mi sono apparsi focalizzati, da buoni ricercatori qual sono, sul fenomeno che stavano studiando e assai meno sulle problematiche e valenze psicologiche e simboliche delle narrazioni che stavano ascoltando.

Già nei testi di Weiss mi era parso, dalla descrizione delle induzioni ipnotiche, che alcuni sui interventi con domande e affermazioni, durante l’ipnosi, avevano orientato la seduta in una direzione specifica “leggendo” ed “interpretando” le parole dell’ipnotizzato, sulla base di una premessa: le adduzioni in Malanga o  le vite passate in Weiss, sono un un fatto reale e fisico.

Questa premessa, veri o falsi che siano i fenomeni di cui parliamo, porta l’ipnotista a suggerire, seppure involontariamente, una delle possibili strade interpretative alla persona sotto sotto induzione e finisce per orientare, se non per suggerire, una “evoluzione” specifica della narrazione.

Facciamo un esempio  grossolano, ma non poi così raro. Se la persona dice in ipnosi “Mi sembra di vedere occhi che mi guardano…tanti occhi” e l’ipnotista dice “Chi è che ti guarda? Sono Alieni?”, o più sfumatamente, “Sono umani?”, è evidente che si sta suggerendo che potrebbero non essere umani (esempio Alieni, animali, ecc..).

La psiche, specie in stati di coscienza alterati come l’ipnosi, sceglie sempre la strada più immediata che é, ovviamente, quella suggerita dall’ipnotista o quella data dalla propria convinzione.

L’ipnotista non dovrebbe mai dare suggerimenti, neppure indiretti alla persona quando conduce una trance ipnotica, ma spesso per le proprie convinzioni si è spinti a dare una lettura inconsapevole a quanto ci viene detto e a orientare la trance in direzioni specifiche.

Ho riscoperto Malanga  in quella che per me é una veste inedita, nel video della conferenza tenutasi a novembre 2017 a Napoli. dove il ricercatore ha esposto una sua teoria fisica sulla origine della Coscienza e della Consapevolezza, partendo da una serie di teoremi della fisica affrontati in maniera, per così dire “sprezzante”, forse dettata anche dalla necessità di spettacolarizzazione.

Non voglio entrare nel merito della correttezza della sua visione della Fisica, seppure mi é parso che le sue affermazioni ed interpretazioni di teoremi e modelli fossero talora a dir poco “tirate per i capelli” (penso, giusto per fare un esempio, al teorema di Goedel che lo porta alla conclusione che la scienza di fatto é tutta una contraddizione intrinseca ed é vero tutto ed il contrario di tutto, o alla sua lettura della metafora del gatto di Shroedinger  da cui deduce che all’apertura della scatola l’osservatore sia quello che sceglie tra il gatto vivo e morto e che fa, quindi, vivere o morire il gatto che esce dalla scatola).

Mi ha, invece, colpito il fatto che Malanga non abbia fatto alcun cenno, nella pur lunghissima relazione, ad alieni o adduzioni, forse anche perché mi sembra di avere compreso, dal poco che ho letto dei suoi ultimi lavori, che egli abbia cambiato, parzialmente se non totalmente, il suo punto di vista sulle adduzioni, ridisegnandone il perimetro all’interno di fenomeni della psiche, più che parlare di veri e propri interventi di alieni o esterni.

In questo senso ho espresso, sulla mia pagina Facebook, nel mio solito modo stringato e velatamente provocatorio, alcune mie perplessità, non tanto sul fenomeno alieni (su cui ripeto non ho alcuna posizione definita), ma sulla teoria fisica esposta da Malanga, che premetto avere alcuni elementi di espremo interesse, a patto che faccia piazza pulita delle varie  evidenti e purtroppo eccessive forzature cui sopra ho fatto cenno.

Non avevo dubbi che il post avrebbe scatenato una marea di critiche e che avrei toccato le delicate corde della suscettibilità di alcuni fermamente convinti della veridicità del fenomeno delle adduzioni, degli UFO e degli alieni e che hanno per Malanga una sorta di venerazione. Eppure non ho neppure sfiorato queste tematiche.

Lo faccio forse, come alcuni rabbiosamente hanno insinuato, per una mia personale campagna contro Dei, Alieni, Cristiani , Spiritualisti, Terra Piattisti ?

Non avrei avrei scritto un libro chiamandolo “La Fisica di Dio” se non fossi non solo convinto, ma non avessi anche individuato equazioni specifiche che mostrano la natura “intelligente” dei meccanismi che creano e governano l’ universo, detto più in sintesi, ho ricavato che le equazioni usate per la simulazione neurale della intelligenza artificiale sono le stesse che governano la fisica del vuoto e quindi, se vogliamo, una fisica della spiritualità.

E quindi perché i miei post vengono letti come attacchi a chi “crede”?

Come sempre dico a me stesso prima che agli altri: siete sicuri di starvi facendo la domanda giusta?

Ma come possiamo sapere se la domanda è quella giusta?

Io ho un teorema che applico a tutti i miei studi:  la domanda è quella giusta se la risposta che mi do non l’avevo già decisa prima di farmi la domanda.

In altre parole la domanda è giusta se non è solo un modo per giustificare agli altri e a me stesso che il mio pregiudizio è “giusto”.

É allora come faccio davvero a sapete che la domanda è solo una scusa per dare una risposta pregiudiziale e che quella risposta è davvero un pregiudizio?

Ora, sapendo che i pregiudizi sono dei ceppi al piede e dei paraocchi che ci impediscono di vedere la vera essenza delle cose, dopo essermi incazzato come una belva e smadonnato contro chi ha messo in dubbio le mie certezze dovrei chiedermi:

“Ma che cosa di quello che il mio interlocutore ha detto mi ha fatto incazzare?

Era davvero un attacco a me?

E se non era un attacco diretto a me, perché ho avvertito le sue parole come un attacco?

Sono proprio certo che quello che mi è stato detto sia interamente falso?”

Ecco, proprio a questo punto vi sarete rivolti le domande giuste.

Queste sono le cose che dovremmo chiederci ogni qual volta perdiamo le staffe, perché se ci “incazziamo” possiamo essere assolutamente certi di non essere oggettivi e di essere parzialmente o totalmente ciechi relativamente a quella specifica questione che ci fa tanto alterare.

Ed ecco, allora, il primo motivo per cui pongo le questioni con post sintetici ma che alcuni vedono affilati come una lama di coltello infilzata tra le costole.

I miei post vanno al cuore delle “credenze”, ovvero dei pregiudizi, e le parole che scelgo sono individuate apposta per far incazzare chi “soffre” della tremenda e devastante patologia sociale del pregiudizio .

Ma se si attacca un pregiudizio, però, occorre individuare il pilastro di fondazione e fare in modo che, in poche parole, emerga l’argilla di cui esso di fonda, ovvero il terreno fragile di una presunta verità indiscutibile che  é o tutt’altro che indiscutibile, o é palesemente falsa.

Prima di tutto per il “limite” che impongono alla nostra capacità di osservare in modo lucido.

Ma se fosse solo questo, seppure importantissimo, non sarebbe abbastanza per giustificare il mio “sfizio” di far incazzare le persone.

Un secondo motivo e che le convinzioni ed i pregiudizi che ci rendono ciechi sono lo strumento che altri, assai furbi, usano per governare, prevedere e pilotare le nostre reazioni a scopi a loro utili.

E anche questo, sarebbe un’altro ottimo motivo che si unisce al precedente, per prendere di petto la nostra “credulità” e liberarci dei nostri pregiudizi. Del resto anche io in qualche modo “piloto” chi legge facendolo “incazzare”  con i miei articoli, seppure non odi nessuno  e non abbia alcuna intenzione di far del male a nessuno, anzi tutt’altro!

Esiste, quindi, un motivo ancora più importante legato ai precedenti due, ma assai più vitale.

Nella analisi dei sogni, ad esempio, l’ analista sa bene che i “blocchi” che impediscono alla persona di fare associazioni e che si manifestano con fastidio ed emozioni negative che la persona esprime all’apparire, anche solo lontano, di certe possibilità interpretative, rivela sempre il nocciolo di una questione irrisolta.

Quella questione, proprio come il pregiudizio, è tanto più “grave” quanto più forte è il blocco, o se si vuole quanto maggiore è il livore con cui si difende il pregiudizio.

Il pregiudizio ci difende dal dover guardare cosa dentro di noi non abbiamo il coraggio di dirci.

Quella “cosa” è quella che il pregiudizio esprime in forma simbolica camuffando, talvolta fino all’inverosimile, il nostro impronunciabile ed indicibile problema interiore di cui ci vergognano profondamente.

In quel problema e nella dimensione e forma che prende il camuffamento ed il pregiudizio che gli associamo, c’è  una nostra grande debolezza  che non vogliamo assolutamente vedere ed affrontare.

Nei sogni, come Jung ebbe a mostrare, tutto ciò prende la forma dei Mostri dell’Ombra.

Questi sono esseri spaventosi che, proprio perché ci spaventano tanto, sono la giustificazione migliore per non affrontare un problema.

Quei mostri sono anche il modo attraverso cui altri possono “pilotarci” costruendone simulacri esterni che ce li ricordano.

Come ben comprese padre Amort, il compianto famoso esorcista recentemente scomparso,

la paura é la porta per ogni possessione demoniaca.

Purtroppo  non si avvide che risolvendo la paura con la “fede” si crea un altro pregiudizio che scatena e nasconde altre paure e spalanca, spesso, le porte alla possessione più che chiuderle.

Quindi il problema non è se gli alieni o il diavolo esistono , ma a che cosa ci servono e che uso ne facciano e comprendere quale problema profondo nascondono.

Coltivare come faceva Amorth la credenza sulla esistenza fisica del Demonio (che esista o meno realmente) alimenta la Paura ed apre la porta alla possessione demoniaca.

Non si tratta di negare le esperienze dei contattisti, degli addotti, dei reincarnati, ma di segnalare loro che, indipendentemente dalle loro esperienze, vere o immaginarie, è buona norma indagare con quale paura specifica esse risuonano e perché quei mostri hanno scelto loro e la loro “Paura” per manifestarsi.

Infatti sulla radice della nostra paura possiamo agire per indagare il problema e liberarci davvero.

Il “Demonio“, l’”Alieno“, il “Mostro“, sia che sia davvero  una forma energetica, o un essere in carne ed ossa, o una nostra costrizione mentale, trae la propria forza e la capacità di violarci e violentarci, dalla dimensione delle nostre paure e queste sono effetto ed indice della gravità del problema di fondo della nostra psiche, che ci ostiniamo a negare e a non vedere.

Alimentare le “credenze” nei demoni di ieri o in quelli che oggi definiamo Alieni, non fa che moltiplicare e approfondire il radicamento delle paure ed in più si finisce per proiettare e mescolare le paure e le convinzioni dell’Esorcista o del Ipnotizzatore a quelle dei posseduti, o degli ipnotizzati, facendoli impantanare ancora più a fondo nel circolo vizioso in cui si sono (o sono stati) intrappolati.

In conclusione ritengo sia buona norma per tutti, tornare sempre con i piedi per terra, e la terra è il nostro Se che si nasconde dietro l’Io, e la cruda, semplice e tangibile realtà della nostra vita qui ed ora.

Svolazzare nelle nostre fantasie o inseguendo chimere può farci trovare cose vere e tangibili  o anche farci fare grandi scoperte, ma occorre sempre ricordare, come sapevano i grandi alchimisti, che la vera Opus non é nella costruzione della Pietra Filosofale materiale.

Seppure dovessimo riuscire materialmente a costruirla con le nostre “ricerche alchemiche”, occorre sempre comprendere e interiorizzare il valore simbolico che la “ricerca della NOSTRA pietra filosofale” ha avuto per noi, tutto questo non dimenticando la GRANDISSIMA RESPONSABILITÀ che abbiamo quando alcuni ci prendono a riferimento per la loro ricerca e sperano di trovare in noi le risposte alle loro domande.

Infatti i nostri “risultati parziali” come la ricerca degli Alieni e gli Addotti di Malanga, quella sulle vite passate di Weiss o lo studio dei processi di possessione demoniaca di padre Amorth,  se presa “sul serio” da altri , o peggio ancora se noi stessi ci facciano “Esorcisti” degli “alieni altrui” rischia di proiettare su di loro i nostri traumi, le nostre paure e le nostre presunte “soluzioni liberatorie”, incastonandoli per sempre al loro mondo di mostri che essi, come tutti, costruiscono per fuggire a Se stessi.

Sabato Scala

Fonte: fuoridaglischemi.altervista.org

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