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Solo un Popolo di Stupidi non arriva a Capire che la Rovina dell’Italia è Avvenuta nel Momento in cui Siamo Passati dalla Lira all’Euro

A scanso di equivoci abbiamo voluto proporre due servizi scritti oltre 10 anni fa per farvi capire che non ci voleva un genio per sapere dove saremmo andati a parare, tutte parole al vento, la società in generale si lamenta, ma gli unici che devono fare il mea culpa sono in questo momento coloro che sbraitano a destra e manca su ogni cosa e che hanno creduto a dei delinquenti in giacca e cravatta che in questo momento ridono di loro e si compiacciono di aver tirato su con tanto ardore un popolo indifferente che persegue nella sua lenta agonia la quale come da copione non deve mai avere fine.

Considerata la situazione attuale è pura follia non considerare l’uscita dall’euro e di conseguenza la sovranità monetaria, ancor più oggi che le ingerenze in ambito politico e sociale hanno oltrepassato ogni limite della decenza e che per quanto il passo possa essere in principio doloroso è la sola ancora di salvezza rimasta rispetto alle prospettive poste in essere in questo momento in Italia.

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Differenza tra Euro e Lira

Il vero imputato non è l’euro, ma le condizioni di emissioni e le scelte di politica economica che hanno contraddistinto il panorama continentale. Tagliare le tasse ai più ricchi significa un forte risparmio destinato alle speculazioni. Questo dibattito è destinato a restituire sovranità monetaria. L’euro è una moneta emessa in addebito al costo del 200% escluso interessi e accessori (250%), è un marco travestito da euro (usurocrazia).

Viviamo con una moneta fortissima ed una economia interna debolissima, una delle due salterà. Con una moneta forte l’export si riduce, costano troppo i nostri beni servizi all’estero, tuttavia si favorisce l’import e si sfavorisce la produzione interna. La domanda interna Italia manca dal ’91 che era compensata dall’export reso più forte dalla svalutazione della Lira, con effetti di favorire incaming turistico Italiano, oggi con l’euro costa di più tutto, intrinseco in una moneta forte (oltre gli interessi intrinseci nei prezzi dei beni), con la svalutazione della Lira si favorisce la competitività con la Germania…

Con il Marco il tasso di cambio si apprezzava, mentre con la Lira il tasso di cambio si deprezzava questo favoriva la produzione Italia. All’epoca comprare un prodotto estero era caro. Inoltre con la svalutazione della Lira si bloccava l’import, i mutui costavano di meno; anche il WTO ha le sue responsabilità. Svalutazione vuol dire stampare più moneta ad esempio per finalità sociali. La democrazia parte dall’emissione monetaria. L’euro è una moneta di debito passiva, il cui crac è intrinseco in essa, tarato per la speculazione finanziaria e siamo alla resa dei conti. Anche la Lira era moneta debito (stampata da un privato) con costo di emissione basso e tarato sull’economia reale.

Lo Stato poteva lavorare sul % d’interesse e svalutarla. La forza dell’euro è data dal patto di stabilità. La Cina ha sovranità monetaria le banche sono pubbliche tra cui le banca centrale Cinese, stampa moneta per finanziarie le sue opere pubbliche investendole in economia reale in questo modo non crea inflazione…

Inoltre per aumentare la competitività ha svalutato lo ¥uan del 30% (letteralmente significa tondo), una moneta popolare emessa in accredito. L’euro sono di proprietà della BCE (banca privata) che affitta la moneta alle banche U.E. e poi sub-affitta al momento del prelievo di banconote. Gli stati allocano la spesa in bilancio come debito pubblico (non esiste in origine), allocandolo nell’attivo, quando è un debito pubblico. Il creditore del debito pubblico Italia è banca Italia (banca privata). La sovranità monetaria per sua natura non è cedibile è un atto di alto tradimento (art. 1 Costituzione II comma).

Oggi l’euro costituisce la nuova cortina di ferro fra l’Europa del nord e del sud Europa. La moneta è un bene collettivo, un bene reale oggetto di diritto di proprietà dei cittadini, crea il valore della moneta chi l’accetta, la proprietà appartiene ai cittadini, questo mette in discussione il pagamento delle tasse (individuare il diritto podestativo)… Si è votato nel 2013 il Fiscal Compact gli incompetenti non parlano di questo…

L’euro ha creato liquidità per i paesi centrali e deficit sul periferico; chi non ha il controllo della propria moneta non sarà mai libero. Ai cittadini l’arduo compito di investire in conoscenza e organizzarsi, essere protagonisti del proprio cambiamento, unirsi per cambiare qualcosa, bisogna rimettersi in gioco, informarsi con mezzi alternativi. Le informazioni che ci interessano dobbiamo ricercarle.

Ci vogliono impoverire per comprarci con privatizzazioni o liberalizzazioni (truffa con la quale si concretizza il debito pubblico artificiale) perché sanno che l’epoca dei consumi è finita, si dovrà gestire il deficit. Ci vogliono trasformare in schiavi e perciò hanno messo Rigor Monti, perché non deve rendere conto a nessuno (curatore fallimentare). Con l’euro il PIL decresce e il debito aumenta. E’ tempo di pensare, sviluppare un senso di: priorità; l’urgenza dei rischi; un pensiero critico per poter agire.

Ho riscontrato che coloro che sanno sono i più pessimisti… Con l’euro per intercettare la domanda estera devi svendere salari e stipendi, perché le aziende vanno fuori mercato, (listino prezzi tende ad aumentare) questo poi andrà a scapito della materia prima, qualità del lavoro, beni intermedi usati, con effetti domino…

Questo sistema finanziario usa la moneta, che è interamente nelle sue mani, per produrre e moltiplicare denaro tramite la riserva frazionaria, moltiplica i debitori come una droga, siano essi governi o cittadini. Poiché viviamo in un mercato saturo ed in declino, (Occidente, aspetto demografico) rimane per i dominanti una sola crescita possibile quella del debito, questa è l’arma del dominio assoluto, che condurrà alla miseria. Obiettivo della finanza: più debiti per la collettività; più profitti per la banca; più controllo della banca sulla società. Bisogna essere culturalmente emancipato per evitare le false necessità… L’euro ha creato liquidità per i paesi centrali e deficit sui periferici.

Con l’introduzione dell’euro, il PIL Italia decresce ed il debito aumenta, i dati descrivono l’oggettività dei fatti, la realtà… Ci vuole una visione d’insieme e capacità di prevedere il futuro. Il nostro destino dipende da noi, le scelte che compierò da domani mattina, saranno decisive per la mia vita. Tra due anni l’italiano medio capirà che è questione di vita o di morte . Unirsi per cambiare qualcosa per riprendere le redini della propria vita… La mia proposta è uscire dall’euro per rientrare alla Lira che sia di proprietà del portatore ed emessa in accredito…

La politica monetaria di Abramo Lincoln, pagina 91 del documento del Senato n.23 (1865)

Esistono tre modi per imparare la saggezza:

Primo, con la riflessione, che è il metodo più nobile;

Secondo, l’imitazione, che è il metodo più facile;

Terzo, con l’esperienza, che è il metodo più amaro. Confucio

Il pessimista è colui che ben sa. Leonardo Scascia

L’euro sarà più una fonte di problemi che benefici… Milton Friedman, 2005

Questo “biglietto di Stato” (Stato Italiano stampa moneta) è stato messo in corso dal ’74 al ’78, era stampato dallo Stato, era di proprietà del portatore, non produceva inflazione, non produceva debito pubblico (in origine non esiste!) e compensava la mancanza d’interessi… Notiamo “Repubblica Italiana”, biglietto di stato a corso legale ed era firmato dalla Corte dei Conti, mettendolo in contro luce si nota nella sfera bianca l’alloro della Repubblica Italiana. Dopo l’omicidio di Aldo Moro fu ritirato…

Ad esempio le 2000 Lire, sono una banconota (stampata da privati) ed emessa in addebito (a prestito per tutti i soggetti economici), lo notiamo dalla citazione “pagabile a vista al portatore”, più banca Italia (banca privata), che al momento dell’emissione riceve come promessa di pagamento i BOT, quello che avviene è uno scambio tra lo Stato Italiano e una banca privata!, i cui interessi dovranno essere pagati sotto forme di tasse. Allo Stato rimane solo la coniazione delle monete!, che costano di più. Tuttavia, la Lira era tarata per l’economia reale, quella pulita che crea un vero benessere alla collettività…

Mentre l’euro presenta il più completo anonimato, notiamo il richiamo a n banche centrali dei singoli paesi la firma dell’allora governatore della BCE, non c’è scritto pagabile a vista al portatore, in questo modo cancelliamo la memoria storica e la tipologia di emissione che è sempre una moneta di debito, (il cui default è intrinseco in essa nel lungo termine) emessa in addebito al costo del 200% escluso interessi e accessori (usuracrazia), in più tarata per la speculazione finanziaria. Allo Stato rimane la coniazione delle monete che costano di più, in più BCE gli dice quante coniarle!…

“Dobbiamo mantenere occupata la gente con l’antagonismo politico. Pertanto accelereremo la questione della riforma delle tariffe all’interno del partito democratico e metteremo in rilievo la questione del protezionismo per il partito repubblicano. Divideremo l’elettorato in questo modo, saremo in grado di far consumare energie alle persone nel dividersi tra di loro su questioni che per noi non sono assolutamente di alcuna importanza“.

Conoscere per capire e giustificare, bisogna conoscere per costruire, per migliorare la propria condizione di vita… Ovvero, dividi e conquista, queste affermazioni sono ancora valide, a voi ulteriori conclusioni.

Cosa succede con il ritorno alla lira se l’Italia decide di abbandonare l’euro? Analisi di scenari e conseguenze sull’economia.

Ritorno alla Lira: cosa succede se l’Italia lascia l’euro?

Cosa succede con un ritorno alla lira, nell’ipotesi in cui l’Italia uscisse dall’euro?

Esaminiamo considerazioni, i vantaggi e le criticità del ritorno alla lira e le conseguenze dell’abbandono della moneta unica.

L’uscita dall’Euro da parte dell’Italia e di altri paesi appartenenti all’area euro è oramai un tema ricorrente all’interno del dibattito politico ed economico internazionale, tanto da portare molti ad interrogarsi su cosa potrebbe succedere in uno scenario di ritorno alla lira.

Chiunque si interessi al giorno d’oggi di questioni economiche non può fare a meno di imbattersi in alcune domande chiave quali:

    Cosa succede se l’Italia ritorna alla lira?

Tra i vantaggi del ritorno alla Lira uscendo dall’euro troviamo il fatto che con la nostra moneta nazionale il nostro paese beneficerebbe di notevoli guadagni di competitività sui mercati esteri, le esportazioni aumenterebbero e il saldo della bilancia commerciale segnerebbe un forte rialzo.

L’uscita dall’euro appare sempre più come un desiderio di molti Paesi dell’Eurozona forte della vera causa del sorgere della crisi dell’Eurozona, ovvero i deficit commerciali registrati dai paesi periferici dell’area.

L’uscita dall’Euro, naturalmente, sarebbe accompagnata da un ritorno alla lira, la nostra vecchia valuta nazionale, il cui valore rispetto all’Euro non sarebbe in un rapporto di parità (1:1), bensì inferiore, ad esempio 1:0,5.

La svalutazione la perdita di valore della lira o di qualsiasi altra valuta nazionale rispetto all’Euro – permetterebbe, a parità di tipologia e qualità di merci vendute sui mercati internazionali, di incrementare la quota di mercato italiana tramite un aumento della quantità di beni venduti all’estero, migliorando il saldo della bilancia commerciale (in deficit a causa dell’importazione netta di beni energetici).

Sempre considerando la bilancia commerciale italiana, la svalutazione della moneta nazionale rispetto all’Euro avrebbe però effetti negativi dal lato dei beni importati, causando un aumento del valore dei beni acquistati all’estero, contribuendo quindi ad un peggioramento del saldo con l’estero nello scenario di un ritorno alla lira.

Sicuramente, un ritorno dell’Italia alla lira è difficilmente prevedibile, non solo nel senso che a oggi è uno scenario ancora impensabile, ma anche nel senso che non si possono fare previsioni certe. Sarebbe un bene o un male? Tutto dipenderebbe anche dal nuovo panorama economico che si profilerebbe, con una eventuale disgregazione dell’Ue (con tutti i Paesi che ritornano alle loro vecchie monete nazionali) o una sua continuazione (ma differente rispetto a come la conosciamo oggi).

Con un’uscita dell’Italia dall’euro muterebbe il clima economico generale, dall’Europa agli Stati Uniti, mentre avrebbero la meglio le economie emergenti, soprattutto la Cina. Non sarebbe necessariamente un male, se lo si vede da un’ottica esterna (anche l’economia vive di cicli e spodestamenti), ma sicuramente dovremmo cambiare abitudini di vita, usi e consumi.

Scordatevi i prelievi a tempi di record: i bancomat non funzionerebbero e le banche resterebbero chiuse per un po’ di tempo; a questo punto sarà necessario rompere il bussolotto e acquistare i beni di prima necessità con i nostri risparmi reali, in attesa della riapertura delle banche, nelle quali troveremo la sorpresa di vedere svalutato il nostro patrimonio: il ritorno alla lira significherebbe infatti anche svalutazione, variabile in base all’esistenza o meno dell’euro.

Un altro fattore da non sottovalutare sarebbe il riadattamento al consumo: i prezzi dei prodotti esteri sarebbero raddoppiati, mentre anche i prodotti interni avrebbero un forte rincaro. Ricordate il confronto del rapporto tra euro e lira all’inizio del Duemila sui prodotti acquistabili? Beh, ci sarebbe anche ai primi tempi di questo «nuovo mondo», ma stavolta l’occhio dovrebbe cadere sulla lira e non sul rimpianto euro. Utilizziamo il termine «rimpianto» apposta, perché in breve rimpiangeremmo la moneta unica e come vivevamo quando le cose andavano bene: un momento difficile ci sarà, eccome, ma il modo di superarlo anche.

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Le banche verrebbero nazionalizzate per far fronte a un debito verso l’estero raddoppiato, mentre le piccole imprese chiuderebbero perché non riuscirebbero a fronteggiare i costi. A gioire sarebbero le imprese esportatrici, poiché venderebbero prodotti a un prezzo dimezzato e verrebbero pagate con valuta estera, certamente molto più forte della nuova lira. E forse sarebbe proprio questo fronte a incrementare una nuova crescita economica per il nostro Paese, che tuttavia dovrebbe abituarsi a non vivere più in un mondo «economicamente» globalizzato, almeno nei primi tempi.

Ciò che mina queste certezze, tuttavia, è l’incombere delle economie emergenti, e la competitività del nostro mercato potrebbe non essere sufficiente.

Quindi, l’uscita dell’Italia dall’euro e il ritorno alla lira sarebbe un bene o un male? Molto difficile fare previsioni certe: sicuramente ci ritroveremmo a vivere in un mondo del tutto diverso da come lo conosciamo oggi. E dovremmo avere la forza di affrontarlo e, soprattutto, andare avanti senza più guardarci indietro.

Esaminiamo i dati sul commercio estero dell’Italia per definire se il ritorno alla lira sia davvero una scelta a vantaggio dell’Italia.

Italia: saldo partite correnti in rapporto al PIL

Il grafico qui sopra (dati FMI) riporta i dati del saldo delle partite correnti in rapporto al PIL – ovvero la differenza tra esportazioni di beni e servizi in rapporto alla differenza tra redditi in entrata e in uscita dal Paese.
I redditi in uscita sono dati ad esempio dagli interessi che lo Stato italiano paga sui titoli detenuti da residenti esteri: sappiamo, infatti, che la quota di maggioranza dei titoli pubblici nostrani è detenuta proprio da soggetti esteri.

Il ribasso del rapporto a partire dal 2000 fino al 2010, anno in cui il dato tra saldo delle partite correnti e PIL ha raggiunto il -3,5%, ha fatto scattare l’allarme. Ecco, si dice, a scatenare la crisi dell’Euro non sono stati gli «insostenibili» livelli del debito pubblico, bensì il peggioramento dei rapporti con l’estero; un’uscita dall’euro e un ritorno alla Lira consentirebbero allora di riacquistare la competitività perduta nel corso del primo decennio della moneta unica, la quale non ha consentito ai paesi membri di adoperare il meccanismo della svalutazione per riequilibrare i deficit commerciali.

L’inversione di tendenza del dato a partire dal 2010 sarebbe il frutto della crisi la quale, deprimendo la domanda aggregata, avrebbe depresso anche le importazioni, con ciò riequilibrando parzialmente lo squilibrio esterno.

I dati riportati qui sopra (dati Ameco) ci dicono però che l’andamento di esportazioni e importazioni di beni e servizi italiani nel corso dell’ultimo decennio non è stato così drammatico. Ad eccezione del periodo compreso tra gli inizi del 2008 e la fine del 2010, il saldo è stato, in media, grosso modo in pareggio. In più, se si osserva l’orizzonte temporale compreso tra il 2009 e il 2013, si vede come le esportazioni abbiano sperimentato un trend crescente, mentre le importazioni hanno cominciato a diminuire solo a partire dal 2011.

La serie del grafico sopra (dati Ameco), che misura la differenza tra esportazioni e importazioni di beni e servizi, ci fa vedere come, in effetti, un vero e proprio saldo negativo è riscontrabile nel periodo compreso tra il 2008 inoltrato e il 2011, mentre già a partire dal 2010 si registra una tendenza al miglioramento del saldo.

A seguito della crisi, allora, sono sì diminuite le importazioni, ma sono contemporaneamente aumentate in misura maggiore anche le esportazioni; proprio questo aumento è la causa principale del miglioramento del saldo della bilancia commerciale italiana che, secondo le stime, nel 2013 raggiungerà un valore positivo pari a circa 60 miliardi di euro.

Sembra allora che l’Italia non abbia poi più di tanto bisogno di beneficiare di una maggiore competitività. Un paese che è l’ottavo esportatore mondiale (secondo in Europa solo alla Germania) e che ha una quota sull’export internazionale pari al 3,0%, non sembra da biasimare, almeno per le performance con l’estero.

Un problema forse più importante che il paese si troverebbe ad affrontare in seguito alla svalutazione rispetto all’Euro della moneta nazionale, risiederebbe nel rischio di un aumento del valore dell’energia importata, la quale entra in maniera consistente nel paniere dei beni che misurano l’indice dei prezzi al consumo, ossia il principale deflatore dei salari reali.

Un aumento dell’indice dei prezzi al consumo, dati i salari monetari, condurrebbe ad un’ulteriore diminuzione dei salari reali, già in netta discesa negli ultimi anni, come evidenza il grafico qui sotto (dati Ameco), in cui si mette in evidenza l’andamento decisamente negativo registrato dalle retribuzioni reali a partire dal 2011, con un ritorno ai livelli negativi del 2002:

È questa un’eventualità da considerare con estrema attenzione (non l’unica, ovviamente: si pensi alle possibili perdite in conto capitale che gli istituti di credito potrebbero subire a seguito di una svalutazione del valore dei titoli) , in quanto una situazione distributiva già particolarmente a sfavore delle classi medio-basse non ha di certo bisogno di essere alimentata, anzi: urge al contrario la necessità di una netta inversione di tendenza, e un eventuale ritorno alla Lira non dovrebbe, a parere di chi scrive, contrapporsi ad una simile impellenza, bensì favorirla e sostenerla.

Di più, la vera conquista per l’Italia di un ritorno alla moneta sovrana sarebbe quello di riacquistare autonomia decisionale in materia di politica fiscale e monetaria. Si potrebbe finalmente rompere quel rapporto (ormai saturo) con l’autorità monetaria europea, in maniera tale da poter abbattere i vincoli alla spesa stabiliti da Maastricht e le barriere economiche e istituzionali imposte dalla BCE nel poter operare come prestatore di ultima istanza.

Inoltre, senza i paletti che limitano e rinnegano la spesa in deficit dello Stato e con una banca centrale nazionale operante da prestatore di ultima istanza, si potrebbero perseguire contemporaneamente gli obiettivi di piena occupazione e di contemporaneo sostegno ai titoli pubblici nazionali.

Cosa succederebbe allora se ci fosse un ritorno alla Lira? La risposta è: si potrebbero finalmente prendere decisioni in autonomia e nell’interesse collettivo.

Tutto sta nel vedere se c’è davvero qualcuno disposto ad attuarle.

Maurizio Settembre & Flavia Provenzani

Fonti: money.it & statoquotidiano.it

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