Ucraina: Cosa Viene Dopo?
Oggi viviamo un presente drammatico sotto ogni punto di vista pensare al dopo è assai peggio alla luce di quelle che sono le prospettive future neanche tanto difficile da prevedere.
Un tempo si soleva dire si salvi chi può, oggi considerata la situazione in cui ci troviamo per molti il quesito che si devono porre è quello di trovare il modo più indolore per porre termine alla propria esistenza.
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Ucraina: Cosa Viene Dopo?
Indubbiamente, come direbbe un filosofo cinese, stiamo vivendo in “tempi interessanti”, cioè di grande cambiamento per tutta l’umanità.
Filosofi esistenzialisti come Sartre e Camus sarebbero sorpresi se oggi vedessero come si moltiplicano nei media i riferimenti (almeno nel nome) alla corrente di pensiero che hanno formato quasi 80 anni fa.
Sempre più Stati e nazioni affermano di trovarsi di fronte a minacce “esistenziali”, e non c’è da stupirsi, perché la Russia ha tutto in gioco, l’Occidente ha tutto in gioco, e anche il mondo ha tutto in gioco.
In questo testo cerchiamo di andare oltre l’immediato e di dare uno sguardo a ciò che avverrà dopo questa grande collisione tra Stati Uniti e Russia-Cina. Cercheremo di dare una risposta alla domanda su come sarà il nuovo ordine multipolare post-occidentale. Ma prima faremo alcune osservazioni sulla situazione attuale della guerra in Ucraina.
Nei giorni scorsi, al World Economic Forum, sono state messe a nudo alcune delle ansie più profonde dell’Occidente. Mentre lo stratega imperiale in pensione (e quasi centenario, ma per nulla rimbambito) Henry Kissinger ha avvertito che restano solo poche settimane per sedersi al tavolo dei negoziati con la Russia, al fine di evitare una guerra che metterebbe in pericolo “l’equilibrio di potere in Europa”.
I consiglieri di punta del presidente-fantoccio Volodymir Zelensky non ci hanno messo un secondo a rispondere a Kissinger con uno sgarbato “vai a farti fottere” e “fottiti”.
Se Kissinger è stato relegato nel gruppo delle voci dissidenti (ma non decisamente influenti) all’interno dell’impero, altra cosa si può dire di George Soros.
Il magnate nonagenario e prodigo finanziatore politico delle guerre statunitensi, ha lanciato al Forum il lapidario avvertimento che:
il modo migliore e forse l’unico per preservare la nostra civiltà è sconfiggere Putin il prima possibile”.
Le parole di Soros devono essere intese nel loro vero senso.
Soros non dice “salvare l’umanità”, perché questa è la cosa meno importante per le élite globaliste che oggi comandano l'”Occidente collettivo”. Dice “salvare la nostra civiltà”, cioè l’unica che esiste per loro, che è quella nata dal genocidio della colonizzazione europea del mondo 500 anni fa.
La reazione dell’Occidente all’operazione speciale russa in Ucraina è tale che la Terza Guerra Mondiale rischia di scoppiare davvero prima di raggiungere direttamente il territorio cinese. In Ucraina, la Russia ha osato rispondere con le armi in pugno all’espansione trentennale della NATO verso est e l’Occidente si è sentito immediatamente minacciato a morte. Una prova della sua fragilità, sia materiale che ideologica.
Sicuramente il globalismo occidentale è un fenomeno senile, con teste visibili come quelle di Biden (79 anni), Klaus Schwab (84) e George Soros (90).
La disperazione che si nota nei portavoce del globalismo (Biden, la NATO, gli inglesi, la classe politica europea…) indica che l’Occidente, sotto l’egida del globalismo, ignorando ostentatamente gli avvertimenti di Kissinger, non ha un piano B: il suo unico piano è stabilire la dittatura globale diretta delle sue multinazionali riducendo Cina e Russia.
Per quanto riguarda la Russia, sognano di riportarla ai tempi di Eltsin dopo la caduta dell’URSS, e per quanto riguarda la Cina, di riportarla ai tempi delle guerre dell’oppio nel XIX secolo. Vane illusioni di vecchie glorie imperiali…
Ormai è chiaro che le potenze emergenti delle più diverse latitudini non sono disposte a ballare al ritmo di Washington: L’India e la Cina, seguite dal resto dei BRICS che trascinano con sé grandi Paesi come il Messico e l’Argentina; quasi tutti i maggiori esportatori di petrolio; molti Paesi ricchi di popolazione e di materie prime e persino vecchi alleati di Washington come Israele, Arabia Saudita e Turchia si oppongono su molti punti al diktat occidentale di isolare la Russia per metterla in ginocchio. Al contrario, sono positivi e addirittura partecipano attivamente alla politica russa di sviluppo del commercio internazionale al di fuori dell’orbita del dollaro.
D’altra parte, cominciano ad apparire delle crepe in Europa, che non è stata in grado di attuare il boicottaggio del petrolio russo e non sembra seriamente intenzionata a liberarsi del gas russo da cui dipende.
Il Vecchio Continente è diviso tra una classe dirigente globalista (sia politica che mediatica) e la realtà di una guerra antirussa che sta avendo le peggiori conseguenze economiche e sociali per i suoi stessi popoli.
Sempre più europei cominciano a capire che non possono vivere in eterna guerra con la Russia. Tuttavia, seguendo il copione globalista di Wall Street e della City di Londra, l’Europa sta mettendo a rischio il suo futuro come uno dei poli dell’emergente multipolarismo.
Le sue élite saranno in grado di cambiare il timone in tempo?
Tre possibili scenari
Fatte queste osservazioni e tenendo conto del pericolo permanente di una guerra termonucleare, possiamo immaginare tre scenari principali:
1) Vittoria dell’Occidente con “cambio di regime” a Mosca e Pechino e imposizione di una dittatura corporativa occidentale a livello globale.
Questo significherebbe la fine del gioco e l’imposizione del programma di spopolamento dell’Occidente. Probabilmente si verificherà una grande conflagrazione nucleare e, se non dovesse verificarsi, comporterebbe comunque un genocidio mondiale a causa dell’aumento della povertà e della distruzione dei contadini su scala globale. Buona notte.
2) Sconfitta dell’Occidente dopo una sanguinosa conflagrazione, molto probabilmente con armi nucleari “tattiche”.
Questo scenario porterebbe alla nascita lenta e incerta di un nuovo ordine post-occidentale. La prosperità della razza umana non è assicurata, a causa della distruzione materiale, ambientale e sociale della guerra.
3) Sconfitta dell’Occidente in condizioni meno bellicose.
Se l’uso delle armi nucleari può essere evitato o limitato, e se allo stesso tempo si verifica un ampio processo di disobbedienza all'”ordine basato sulle regole” promosso dall’Occidente, il nuovo ordine post-occidentale sarà in grado di affrontare il destino dell’umanità con maggiore successo.
In quest’ultimo scenario, ci sono due possibilità: La prima è che l’Occidente, sotto forma di Nord America/Europa, rimanga “un attore tra gli altri”. La seconda possibilità (più probabile) è che sia il Nord America che l’Europa siano relegati al secondo posto, dato il grave pericolo di una guerra civile negli Stati Uniti e le conseguenze delle sanzioni anti-russe per le economie occidentali, soprattutto europee.
Il nuovo ordine post-occidentale (alcune osservazioni)
Il nuovo ordine post-occidentale deve emergere dai fatti, non può essere il prodotto di una scrivania o di un patto a bordo di una nave da guerra come la famosa Carta Atlantica firmata da Churchill e Roosevelt nell’agosto 1941 e parodiata 80 anni dopo da Biden e Boris Johnson.
Se nel 1941 i leader britannici e americani si accordarono su molte questioni che definirono il mondo del dopoguerra, nel 2021 si accordarono per precipitare insieme nell’abisso di “après moi, le deluge”.
Nella sfera economica, il nuovo ordine deve dare priorità all’economia reale, subordinando la finanza al potere politico. Attuare la logica del “win-win” e del consenso. Il nuovo ordine post-occidentale, di cui si stanno gettando le basi, ha bisogno innanzitutto di un nuovo ordine finanziario.
Questo è imperativo e sarà certamente caratterizzato dalla fine delle valute fiat (cioè valute il cui valore è sostenuto solo dalla “fiducia del mercato”), dall’ancoraggio delle valute all’oro e alle materie prime e da una pluralità di valute (“panieri di valute”).
Il nuovo ordine post-occidentale erediterà un gran numero di conflitti non risolti dal vecchio ordine coloniale occidentale (dal conflitto Mapuche in Cile alla Palestina, alla Turchia, a numerosi conflitti in Africa, ecc.) Erediterà anche problemi strutturali di accesso alle risorse, in particolare all’acqua.
Dovrà anche affrontare un gravissimo debito socio-economico (ad esempio, la mancanza di cibo, acqua e servizi igienici per ampi settori dell’umanità) e il modello produttivo occidentale carente ereditato (ad esempio, da una “industria” medica basata sul mantenere le popolazioni malate per vendere loro i propri prodotti, a una “industria” alimentare basata sulla distruzione dell’ambiente, sulla distruzione della biodiversità e sulla produzione di alimenti di scarsa qualità).
Dal punto di vista politico, il nuovo ordine dovrà essere plurale, poiché sarà composto da democrazie liberali, teocrazie, autocrazie, ecc. e da Paesi di orientamento socialista, capitalista o altro.
Il nuovo ordine post-occidentale non può nascere dagli eredi della Società delle Nazioni o dell’ONU, poiché entrambi sono stati progettati dalle potenze imperiali occidentali. Né la Società delle Nazioni né l’ONU si sono mai preoccupate dei diritti dei deboli. L’ONU è totalmente penetrata dagli interessi occidentali (la “società civile” delle ONG finanziate dai Paesi occidentali, il modello di “partenariato pubblico-privato” che in pratica è un modello di saccheggio del settore pubblico, ecc.)
Questi organismi sono inefficienti, in quanto privilegiano il voto rispetto al consenso e le “regole” (fatte su misura per gli interessi occidentali) rispetto alla soluzione dei problemi comuni.
Non dobbiamo aspettarci una “riforma” di queste organizzazioni; esse stesse perderanno gradualmente rilevanza di fronte alla loro incapacità di rispondere ai problemi reali del mondo.
Il nuovo ordine post-occidentale dovrebbe emergere dagli attuali meccanismi multilaterali emergenti e da altri, come la CELAC, l’ASEAN, l’OPEC+, i BRICS, ecc. Questo ordine dovrebbe basarsi sul consenso, sulla logica win-win, sulla logica del rispetto della diversità e su programmi di risoluzione dei problemi piuttosto che su concezioni normative dei sistemi politici, ecc.
La grande sfida: Cambiare l’egemonia per decolonizzare il mondo.
Lo smantellamento dell’impero unipolare è solo il primo passo per liberare l’umanità dalla barbarie occidentale. Non solo l’America Latina deve essere decolonizzata, ma tutto il mondo che è stato colpito dall’espansione europea a partire dal XV secolo.
Il concetto di egemonia non si applica solo al dominio politico, ma anche al controllo delle idee dominanti (egemonia culturale). L’egemonia occidentale non scompare con la scomparsa del mondo unipolare, così come l’influenza di Roma non è cessata con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente.
Ricordiamo che la Chiesa cattolica era l’erede di Roma ed è sopravvissuta fino ad oggi come uno dei pilastri del dominio occidentale, sia ideologicamente che materialmente-finanziariamente.
Gli eredi dell’egemonia occidentale sono a loro volta tre dei grandi contributi dell’Occidente all’umanità: la scienza e la tecnologia formalizzate dall’Occidente; la concezione occidentale della conoscenza e le istituzioni ad essa collegate, come la scuola moderna, ecc. e il concetto occidentale di sviluppo espresso nell’ideologia della modernità.
È essenziale decolonizzare queste tre strutture per garantire che l’impero occidentale non sopravviva dopo il suo collasso politico ed economico. È essenziale riformulare la scienza, la conoscenza e il concetto di sviluppo dalla prospettiva di tutta l’umanità e non da quella dell’Occidente.
Ciò non significa rifiutare queste istituzioni e categorie, ma riappropriarsene in modo creativo “risignificandole”, per usare un’espressione in voga.
Per 150 anni, una ristretta élite imperiale (Europa-Stati Uniti), con mezzi pubblici e privati, ha finanziato e organizzato l’intera rete istituzionale che a livello planetario decide cosa vale la pena studiare, quali domande porre, quali problemi risolvere e come farlo.
Questo ha implicazioni molto evidenti oggi, ad esempio, nella questione delle pandemie e del loro impatto; nella questione delle risposte alle crisi di ogni tipo; nelle sfide poste dall’intelligenza artificiale e dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
L’impero occidentale ci lascia un mondo in cui la produzione è subordinata al profitto speculativo a vantaggio di interessi monopolistici privati.
Così, ereditiamo una medicina basata sul mantenerci malati, un complesso agroindustriale basato sulla distruzione dell’ambiente e sulla produzione di cibo di scarsa qualità, e tecnologie informatiche che invece di liberare le nostre potenzialità ci isolano, ci spiano e ci controllano.
Questi sono solo alcuni esempi della barbarie ereditata dall’Occidente.
Il nuovo ordine post-occidentale ha la sfida di salvare l’umanità per una lunga era di sviluppo storico o di perire prima dell’olocausto barbarico globalista.
Jorge Capelán
Fonte: managuaconamor.blogspot.com
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