I Misteri Esoterici della ”Statua del Disinganno” a Napoli
Ecco a voi un avvincente viaggio nei meandri di quello che agli occhi del profano è un semplice luogo di culto, ma dietro si celano mille misteri esoterici che attraverso questa lettura avrete modo di conoscere.
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Misteri Esoterici
L’inizio di questa storia ci porta ai tempi del feudalesimo. Il primo nucleo di significato dell’investire è l’assegnare una carica. E qui troviamo il nesso con il vestito: l’attribuzione di un feudo o di un beneficio, di un titolo o di un’alta carica era compiuta con cerimonia solenne.
Non si può parlare di una cerimonia uguale in ogni caso, ma parte ricorrente e importante di queste celebrazioni era la vestizione: per fare due esempi, al momento in cui si veniva addobbati cavalieri si veniva cinti dell’armamento completo, e il nuovo vescovo assume i paramenti — ma la veste può entrare in gioco anche solo venendo toccata dal celebrante.
Dopotutto il latino investire significa ‘coprire, adornare’, che qui viene letto in una chiave cerimoniale e prende i significati di immettere in un nuovo ruolo, con oneri e onori. Un significato che resta pari pari nell’investire quale attribuzione ufficiale di un compito preciso pensiamo al collegio investito dell’indagine.
È buffo pensarlo, ma anche il nostro investire capitalistico, concreto o figurato, scaturisce da questa immagine: è sempre un attribuire una posizione, un ufficio anche se in questo caso si tratta di risorse che vengono impiegate per una certa utilità. Quando investiamo il nostro tempo lo facciamo inginocchiare, gli posiamo la spada sulle spalle e lo dichiariamo votato a conseguire il fine che abbiamo in mente.
Perché ricordiamolo: gli onori e i benefici delle investiture sono sempre a servizio di qualcuno, e le cerimonie di omaggio con cui si compivano hanno questo nome perché l’investito si faceva uomo di chi lo investiva. Così quel nostro tempo, quando si rialzerà, avrà la dignità di uno spazio suo ed esclusivo, e sarà dedicato a fare il punto sui regali di Natale o alla pulizia delle fughe del bagno. E lo stesso vale con le sommette a cui viene dato un ruolo, una responsabilità.
Ma l’investire ha anche una dimensione violenta, di assalto; questa non è figlia dell’investire feudale, ma sua collaterale, sorella, perché attinge direttamente alla fonte, all’investire quale cingere, coprire. Si tratta di un’accezione di matrice militare: investire il nemico significa andargli addosso, incalzarlo, cingerlo.
E similmente la simpatica auto che non mi ha investito per un soffio mi stava per fare un cappotto di lamiera, il delicato aroma di cavolo che mi investe nella tromba delle scale mi accoglie come una vestaglia, e se ti investo con un’infinita pezza di domande ti ci avvolgo dentro.
Testimonianza di come siano le figure più vicine, correnti e nostre a dare i frutti più larghi, nella lingua.
Ed ecco i diversi “vestiti” dell’investitura umana, nelle statue della Cappella di Sansevero di Napoli, una “rete” nel Disinganno, opera di Francesco Queirolo, esposta nella sala della cappella museale, e dei finissimi rivestimenti marmorei nelle due statue il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino, e la Pudicizia di Antonio Corradini che vi fanno da corteo. (illustr. 2)
Valgono al momento i dettagli di queste tre opere per capire una supposta abile trama, che potrebbe essere stata concepita dall’intraprendente alchimista, il principe Raimondo di Sangro, ma anche da una certa mano misteriosa dell’occulto, per beffarsi dell’ingenuo preteso sapiente di umana specie pronto a “origliare” sulla “trama sotto pelle”.
E allora può essere mai un inganno, come vuol far capire il nome “disinganno” della statua di Francesco Queirolo, viene da chiedersi? Considerato il nome che è stato dato alla statua che rappresenta il padre del nostro alchimista di Sansevero?, cioè il “padre suo” di un certo parallelo al Cristo velato.
O forse è giusto pensare che sia veramente una trama dalle numerose sfaccettature capaci di un sapere aureo per lui, e così pervenire alla sua agognata Pietra filosofale?, immaginando che sia opera della supposta mano misteriosa occulta in felice sintonia di quel “padre suo”. Ed è vero anche che l’alchimista sorveglia il fuoco del suo atanor e sta attento continuamente a certi segni che si possono manifestare. Al momento giusto, infatti quando egli vede quei segni, sa che l’Opera è sul punto di concepirsi tanto da svincolarlo dalle micidiali torture della fase del Nigredo, per far sorgere in lui l’Albedo, e successivamente la Rubedo: e l’investitura del Cavaliere è fatta davanti a tutta la corte celeste.
Ecco che si presenta ai loro piedi, giusto il dedalo (illustr. 3) del pavimento della cappella, una sorta di residuato bellico a causa del Tempo, come a sospingere il cavaliere appena investito alle prove per collaudarlo. E porre la famosa frase di “Qui non vident videant” e con i passi biblici incisi nel libro aperto, ovvero “Coloro che non vedono, vedranno”, ai piedi della statua Il Disinganno: il Cavaliere vedrà!
Raimondo di Sangro, da buon massone, col dedalo stampato per terra, non poteva che suggerire di seguire la via dell’alchimia e la scritta “Qui non vident videant” a questo vuol indirizzare. “Coloro che non vedono” sono i neofiti massonici come lui, coloro che hanno intrapreso il viaggio nell’oltretomba espresso dall’acrostico, V.I.T.R.I.O.L., formato dalle prime lettere di un celebre motto dei Rosacroce, comparso la prima volta nell’opera Azoth del 1613 dell’alchimista Basilio Valentino.
Detto in lingua latina significa: «Visita Interiora Terrae, Rectificando Invenies Occultum Lapidem», cioè «Visita l’interno della terra, operando con rettitudine troverai la pietra nascosta». La frase continuava alle volte con le parole «Veram Medicinam», a indicare che la pietra è anche il «vero rimedio» per ogni malattia, in tal caso l’acrostico diventava V.I.T.R.I.O.L.U.M.
L’espressione stava a indicare l’esigenza di scendere nelle viscere della terra, cioè negli anfratti oscuri dell’anima, per conseguire l’iniziazione, operando quella trasmutazione della materia nello spirito che avrebbe permesso di conseguire l’immortalità e riportare alla luce la Sapienza, attraversando le diverse fasi dell’Opera alchemica, cioè Nigredo, Albedo, Rubedo.
Ed è la statua della Pudicizia presente nella Cappella Sansevero a Napoli, un monumento di incomparabile bellezza, realizzato da Antonio Corradini nel 1752 a rappresentare la Sapienza. L’opera fu dedicata da Raimondo di Sangro alla memoria della cara madre, Cecilia Gaetani dell’Aquila d’Aragona, scomparsa prematuramente.
La donna coperta dal velo è stata interpretata appunto come allegoria della Sapienza, ma risulta evidente il riferimento alla dea velata Iside, la cui statua, come racconta una lunga tradizione, si ergeva nel medesimo luogo in cui fu posta la Pudicizia.
A questo punto la prima cosa da capire è cosa rappresenta la rete che ricopre la statua il Disinganno, ma anche il velo che ricopre le altre due opere il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino e la Pudicizia, di Antonio Corradini, tutte comprese nel trittico dell’illustr. 2, di quest’ultima ne abbiamo appena parlato. Ma già si è capito che si tratta di un vestito senza il quale il Cavaliere è solo un fantoccio simile alle pretese macchine anatomiche dei cadaveri umani con il dedalo di vene e arterie solidificate. Ed è appunto la via dell’Alchimia che ci spiega tutto sulla rete e veli marmorei delle tre statue della Cappella di Sansevero.
Il Sigillo di Hermes
Alle pagg. 150-156 del libro “Il Mistero delle Cattedrali” di Fulcanelli, Edizioni Mediterranee, è posta in evidenza tutta una tematica ermetica incentrata su una cintura tessuta secondo linee incrociate, nell’intento di rappresentare la superficie del solvente mercuriale quando è stato preparato canonicamente. L’illustr. 4 (nel libro è la tav. XLII) mostra questa cintura indossata da San Cristoforo che porta sulle spalle il Bambino-Re secondo la nota leggenda della quale riporto la parte saliente che riguarda il segreto riposto nella suddetta cintura.
«La cintura di Offerus, il nome pagano di san Cristoforo ancor prima di essere santo, secondo la leggenda, «è trapunta secondo linee incrociate, simili a quelle che si vedono sulla superficie del solvente quando è stato preparato canonicamente.
Questo è il segno, che tutti i Filosofi riconoscono per indicare, esteriormente, la virtù, la perfezione e l’estrema purezza intrinseche della loro sostanza mercuriale. […] Questo segno, gli autori l’hanno chiamato Sigillo di Hermes, Sale dei Saggi (Sel sta per Scel), ‒ cosa questa che getta la confusione nello spirito dei ricercatori, ‒ segno e impronta dell’Onnipotente, ed anche sua firma, ed ancora Stella dei Magi, Stella polare, ecc. Questa disposizione geometrica sussiste ed appare con maggiore definizione quando si è messo a sciogliere l’oro nel mercurio, per portarlo al suo stadio primitivo, quello di oro giovane o ringiovanito, in una parola di oro bambino.
Per questa ragione, il mercurio, fedele servitore e Scel della terra, ‒ è chiamato Fontana di giovinezza. Quindi i Filosofi si esprimono chiaramente quando insegnano che il mercurio, una volta effettuata la soluzione, porta il bambino, il Figlio del Sole, il Piccolo Re (Reuccio), come una vera e propria madre, perché, in effetti, l’oro, nel suo seno, rinasce.
Il vento, cioè il Mercurio alato e volatile, lo ha portato nel proprio ventre », ci dice Ermes nella sua Tavola Smeraldina. […].».
Notare che nelle iconografie le culle sono le classiche ceste di vimini intrecciati dove è adagiato il bambino ermetico appena nato.
Altra iconografia d’arte in cui si rintraccia la tessitura del “Sigillo di Hermes” in questione è la famosa opera a bulino, Melencolia I, di Albrecht Dürer in cui si nota chiaramente la cintura tessita con linee incrociate che cinge la vita dell’angelo, come quella di san Cristoforo dell’illustr. 5.
A questo punto si può dire che, con la cintura tessita con linee incrociate di san Cristoforo e dell’angelo di Melencolia I di Albrecht Dürer, ci siamo avvicinati alla “rete” dell’opera il Disinganno. Non solo ma anche le due allegorie suddette suggeriscono modi diversi di interpretare l’angelo coronato con la fiamma e l’uomo con la rete.
Più da vicino si tratta della Seconda Opera alchemica che si risolve in molte fasi e ha per scopo quello di manifestare lo Zolfo Filosofico, embrione della futura Pietra Filosofale. Le tre statue, il Disinganno, il Cristo velato e la Pudicizia, si riferiscono ognuno ad una delle fasi anzidette.
Per ogni fase tre sono gli interpreti che intervengono in questa seconda opera e sono disposti in un vaso per la sublimazione in tre strati.
1. In fondo la Terra Adamica o Rossa, che dovrà cedere lo Zolfo contenuto in essa al bagno di Mercurio sovrastante.
2. Al di sopra della Terra Adamica si disporrà il Mercurio Comune StellatooDissolvente che, sotto forma di Bagno o Acqua Mercuriale(Specchio dell’Arte) che sommerge la Terra la quale rappresenta il Magnete che attirerà a sé lo Zolfo.
3. In superficie si disporrà il Vitriol o Leone Verde, che costituisce la “rete” che permetterà di “pescare” l’embrione.
Di qui cominciano le varie Sublimazioni oaquile che caratterizzano le diverse fasi della suddetta Seconda Opera.
Lo scopo delle Sublimazioni è quello di estrarre lo Zolfo Filosofico dalla Terra Rossa e di unirlo intimamente al Mercurio Comune. Il processo consiste in una serie ripetuta di imbibizioni e disseccamenti, simboleggiati dal combattimento del Fisso o Remora (= lo Zolfo Filosofico contenuto nella Terra Adamica) con il Volatile o Salamandra (= il Mercurio Comune) (o dal combattimento del Leone-Zolfo con l’Aquila-Mercurio). Ricordandosi che il “secco beve avidamente l’umido” bisogna evitare di sommergere la Terra con un bagno eccessivo di Mercurio.
Man mano che le Sublimazioni progrediscono, verso la quarta o quinta Aquila, si assiste al Bagno degli Astri: alla superficie del Bagno Mercuriale si formano delle Granulazioni, prima argentate (Luna), poi dorate (Sole). Parallelamente la Materia si sbianca progressivamente (sbiancamento del “Lattone”). Ad ogni disseccamento si verifica l’apparizione di fiori bianchi sulla superficie (che rappresentano lo Zolfo Filosofico in formazione) e ad ogni imbibizione si manifesta l’apparizione della Stella (simbolo del Mercurio Comune).
Proseguendo le Sublimazioni, il Leone Verde (Vitriol) va a cedere il suo Sangue al Leone Rosso, ovvero, dai fiori bianchi, si forma lo Zolfo Filosofico(Rosso) o Oro Filosofico: è il Principio Maschile, Fisso.
Questo Zolfo Filosofico è stato estratto dalla Terra Adamica grazie all’azione attrattiva del Mercurio Comune Dissolvente (inteso come “Magnete“) ed ora sta emergendo alla superficie: tale operazione è anche chiamata Reincrudazione dell’Oro o Terra Adamica, nel senso che rappresenta il “ringiovanimento” del Principio Zolfo contenuto nella Terra, l’ottenimento dello Zolfo nel suo stato di purezza originaria.
Alla superficie del Mare Filosofico (= il Bagno di Mercurio Comune) si è formata l’Isola di Delo (dove nascono Apollo e Diana). Questa sostanza, chiamata Echineis,Ichtuso Remora, è lo stesso Zolfo Filosofico ormai unito indissolubilmente col Mercurio Comune in una sostanza ermafrodita, che costituisce l’Embrione metallico, il germe della futura Pietra Filosofale
Come un “pesce”, questo embrione viene “pescato”, cioè intrappolato, dalla rete a maglie intrecciate formata in superficie dal Vitriol.
L’embrione che abbiamo ottenuto è il Rebis, la sostanza doppia o androgina, chiamata con moltissimi nomi:
1. Se consideriamo il suo aspetto “fisso” è Zolfo Filosofico, Piccolo Re, Remora, Embrione o Infante Regale.
2. Se consideriamo il fenomeno dal punto di vista del Mercurio, possiamo dire che il Mercurio Comune (Femminile), sublimato al massimo grado dalle Aquile, si è unito indissolubilmente con lo Zolfo (Maschile), diventando una sostanza doppia o ermafrodita, un Mercurio “animato” o anche “fissato” dallo Zolfo, che è chiamato Mercurio Filosofico, Mercurio Doppio o Secondo Mercurio.
La generazione del Rebis o Mercurio Filosofico costituisce la Congiunzione della Seconda Opera (la Congiunzione al Bianco) ed è chiamata anche incesto filosofale in quanto il Mercurio Comune, come madre che ha generato lo Zolfo (figlio) estraendolo dalla Terra Adamica, si è poi congiunto al suo stesso figlio (Zolfo Filosofico).
Riassumendo ogni cosa detta, l’opera scultorea Il Disinganno, mostra con estrema precisione la misteriosa Seconda Opera alchemica intesa allo scopo di liberare lo Zolfo dalla prigione corporea in cui è prigioniero. È un pesce mistico, chiamato con i nomi di remora, delfino, sogliola, ecc, per mezzo di una rete costruita ad arte.
La rete è il Vitriol o Leone verde o anche Smeraldo dei saggi, ma è continuamente diversa in fattura nelle varie fasi operative delle sublimazioni o aquile, altrimenti dette anche moltiplicazioni. La remora, fino alla fase finale è incerta nell’aspetto, cioè non è manifesta nella sua concretezza alchemica a dar luogo al Rebis filosofico finale e questo genera nell’alchimista un senso di incertezza, di inquietudine, di inganno, che poi alla fine si traduce serenamente, ad opera conclusa, felicemente, in “disinganno” che attiene al titolo dell’opera il Disinganno.
Mani che parlano
Abbiamo sentito un maestro straordinario, Fulcanelli, con i suoi consigli, ma l’angelo della statua parlante Il Disinganno, che impersona il Vitriol, ovvero il Leone verde, nessuno ch’io sappia lo ha notato, ha le mani che parlano. Osservate l’illustr. 7: l’angelo coronato sfiora appena con la mano destra uno scettro che mostra segni vegetali ed è il segno regale che egli ha appena estratto dall’iniziato all’Alchimia Spagiria, col gesto della mano sinistra nell’atto di svelarlo dalla rete che lo avvolgeva nascondendolo.
Un chiarimento sul Leone Verde e Leone Rosso
Un chiarimento molto importante riguarda il Leone Verde, ovvero il Vitriol, che a completamento della Seconda Opera cede il suo sangue al Leone Rosso.
Detto in precedenza:
«Proseguendo le Sublimazioni, il Leone Verde (Vitriol) va a cedere il suo Sangue al Leone Rosso, ovvero, dai fiori bianchi, si forma lo Zolfo Filosofico (Rosso) o Oro Filosofico: è il Principio Maschile, Fisso.»
Generamente, il Leone è il segno dell’oro, segno sia alchemico che naturale; radice, cioè, delle proprietà fisico-chimiche di questi corpi. Ma i testi di alchimia danno lo stesso nome alla materia che, nella preparazione del solvente, accoglie in sé lo Spirito universale, il fuoco segreto. In ambedue i casi si tratta sempre dell’interpretazione della potenza, dell’incorruttibilità, della perfezione.
Il primo agente magnetico che serve a preparare il solvente, alcuni lo hanno chiamato Alkaest, – si chiama Leone verde, non tanto perché possiede una colorazione verde, ma perché non ha ancora acquisito i caratteri minerali che distinguono chimicamente lo stato adulto da quello nascente. È un frutto ancora verde ed acerbo, e paragonato al frutto rosso e maturo.
È la giovinezza metallica, sulla quale non ha ancora agito l’Evoluzione, ma che contiene in sé il germe latente di una energia reale, che piú tardi sarà destinata a svilupparsi. È lo stadio in cui sono l’arsenico ed il piombo in confronto all’argento ed all’oro. Il Leone rosso, dunque, secondo i Filosofi, non è altro che la stessa materia, o Leone verde, portata mediante speciali procedimenti a questa tipica qualità che caratterizza l’oro ermetico o Leone rosso7.
Di qui si può riconoscere che l’angelo alato con la corona munita di fiamma, del Disinganno, è il Leone Verde della giovinezza metallica, ma non si deve credere che il rapporto con l’anziano Leone Rosso, cioè l’uomo rivestito di rete di fronte a lui è dei migliori. Scopo di questi due, che sono “contrari”, è convolare a nozze e rappresentano il Sole (il Leone Rosso) e la Luna (il Leone Verde).
Nello scenario del Disinganno si concretizza appunto la fase in cui, dal Leone Rosso, che sta invecchiando, attraverso una rete, il Leone Verde (il Vitriol) cioè l’angelo alato, gli sottrae lo scettro che rappresenta il pesce, ovvero la remora o detto in altri nomi. Ma ho fatto capire che si tratta in una certa fase delle sublimazioni, e che arrivano a sette.
Ma cosa dicono le mani del Vitriol, cioè il dito indice e l’anulare della sua mano ? Indicano le due proprietà dello scettro, ovvero della remora alchemica:
1. La regalità del mondo vegetale (relativo all’Alchimia Spagiria) segnata dall’oro della sezione aurea della matematica, detto anche rapporto aureo.
Sostanzialmente la sezione aurea è un rapporto tra due numeri. In particolare, è un rapporto tra due numeri che dà come risultato il numero irrazionale 1,618033… (per comodità di lettura il numero è volutamente troncato).
Questo numero, essendo veramente unico e particolare, prende il nome di Phi.
Il rapporto aureo è alla base di molte delle forme più armoniose della natura. Lo stesso nome, “aureo”, indica il senso di armonia e di perfezione generato dalle forme che si basano su questo numero nel nostro cervello.
La sezione aurea in natura assume spesso la forma della spirale costruita su rettangoli che seguono il rapporto 1,618:1. La spirale aurea è infatti una spirale di tipo logaritmico che cresce seguendo un cosiddetto fattore di accrescimento pari a Phi.
Alcuni esempi della spirale aurea in natura possono essere alcune forme di conchiglie, la disposizione degli stami dei fiori, la forma delle galassie e dei cicloni e tantissime altre.
2. La regalità comporta equaminità nel giudicare e il segno della Media rappresenta il fulcro della bilancia della giustizia, appunto.
È proverbiale il detto, in medio stat virtus ‹immèdio …› (lat. «la virtù sta nel mezzo»). – Sentenza della scolastica medievale che deriva da alcune frasi dell’Etica Nicomachea di Aristotele, esprimenti l’ideale greco della misura, della moderazione, dell’equilibrio: la virtù è nel mezzo, tra due estremi che sono ugualmente da evitare. È talvolta ripetuta per affermare la necessità o la convenienza della moderazione, dell’equilibrio, o come invito a evitare gli eccessi. (Treccani)
Ma ci sono le dita che esprimono in felice sintonia le suddette virtù.
L’indice è connesso a Giove e a Giunone ed è il dito dell’Autorità, della Giustizia, della Lealtà. Per gli Arvali esso è definito “dito di quercia” o “dito della ginestra”. I giudici, gli imperatori o anche il pater e la mater familias quando volevano sottolineare la loro autorità alzavano sempre il dito indice (cosa che del resto ancora oggi facciamo quando vogliamo riprendere qualcuno…).
Essendo il dito della Lealtà, il saluto romano veniva effettuato semplicemente alzando il dito indice, ma della mano destra (mano della Fides): tutte le altre forme di cosiddetto “saluto romano” inventate nel più o meno recente passato sono frutto solo della fantasia.
Nei riti connessi ai defunti o agli dei Inferi, il medio è legato a Plutone e Proserpina come Autorità Infere.
La punta del dito indice è definito come “punto di divinazione”. Secondo la simbologia Arvalica si cita la punta dell’indice come come “punto dell’ontano” o “punto del frassino”, alberi usati per la divinazione.
Il mignolo è legato a Mercurio, nel suo aspetto ctonio ed infero. Talora definito come “dito dell’anima”, “dito del pensiero” o “dito delle ombre”. Secondo la simbologia Arvalica, viene indicato come “dito del tasso” poichè questo albero fornisce il legno usato per le pire dei defunti, per la costruzione delle urne funerarie.
La barca che conduce le anime negli Inferi è fatta di legno di tasso. Questo albero è inoltre sacro a Maia, il tepor sotterraneo. Esso ha un valore rilevante nella chiromanzia e nella divinazione antica soprattutto nei riti legati ai defunti. Il dito mignolo è collegato ai polmoni (organo connesso a Mercurio).
Il mignolo pertanto, con la sua relazione all'”anima”, al “pensiero” o alle “ombre”, cioè ai “defunti”, si confà agli iniziati dell’Alchimia perché l’opera che essi intraprendono comporta la morte iniziatica.
In Spagiria la materia è l’unione di tre principi chiamati: MERCURIO FILOSOFICO, ZOLFO FILOSOFICO e SALE FILOSOFICO. Secondo la concezione alchemica e spagirica, tutto il mondo si mantiene attraverso la cooperazione di questi principi. Essi sono la trinità presente in ogni luogo e in ogni tempo.
Lo Zolfo filosofico è costituito dagli oli essenziali della pianta e notifica la presenza di un essere vegetale ed il suo essere individuo in un sistema complesso, la Natura. È dunque la caratteristica specifica e individuale di un vegetale.
Il Sale filosofico è contenuto nelle ceneri della pianta e quindi ne rappresenta la memoria strutturale. Rappresenta il corpo, la componente fissa e la forma.
Il Mercurio filosofico, che più di ogni altra parte è dotato di volatilità.Nelle piante è riferito alla linfa e quindi per esteso a tutta la parte liquida, compreso l’alcol che si produce per degradazione della cellulosa.
La «coniunctio oppositorum»
L’illustr. 7, in cui si vede una colomba che cerca di sollevare una pietra cui è saldamente legata, fa parte di Li tre libri dell’arte del vasaio, opera di un alchimista del 1500, Cipriano Piccolpasso. Egli è stato anche architetto, storico, ceramista, e pittore di maioliche, italiano.
Il disegno rappresenta il simbolo dell’unità della materia, la cui difficoltà del processo alchemico per ottenerla, trapela dal filatterio in cui vi è iscritta la parola IMPORTUNUM.
La colomba, segno di sublimazione alchemica, rappresenta l’azione dello spirito sulla materia, un ruolo importante della Seconda Opera del Magistero Alchemico. Tuttavia il solido legame che la unisce alla pietra, lascia intendere che questa, nel trattenerla, incide nel processo con la sua azione specifica, la forza di gravità, propria della materia (del Vitriol). È ben chiaro così che venendo meno questa forza, il prodotto della sublimazione s’invola, vanificando così il lavoro dell’alchimista, e questo non ha senso che avvenga. Ecco lo scopo del legame che unisce i due per l’argomentata coniunctio oppositorum.
La croce in alto indica l’atanor, ossia il crogiuolo (sinonimo di croce appunto), strumento dell’Arte del Fuoco, ovvero la Via Secca.
Più da vicino la pietra e la colomba rappresentano lo solfo e mercurio alchemico (la salamandra e la remora) che si azzuffavano dilaniandosi. Si sarà capito che sono il Leone Rosso e il Leone Verde, il Vitriol argomentato in precedenza.
Questi due principi “abitano” il vaso alchemico e la lebbra che affligge la Materia Prima, più che identificarsi con il fisso o con il volatile, col corpo o con lo Spirito, risiede nella loro mancata integrazione, nella loro separazione. L’alchimista, quindi, non potendo rinunciare né all’uno né all’altro, deve riuscire ad amalgamare e fondere insieme Spirito e Corpo, realizzando la coniunctio oppositorum.
Gli opposti devono prima lottare divorarsi ed uccidersi a vicenda perché la loro unione possa realizzarsi. Questa operazione ha due aspetti, quello del costringere la terra corporea e pesante ad elevarsi verso le regioni dello Spirito e quello consistente nell’obbligare lo Spirito ad abbandonare i “cieli filosofici”, ove può spaziare liberamente, costringendolo a discendere nelle regioni più pesanti e condizionate dai vincoli terrestri perché possa vivificare rivitalizzare e “rendere consapevole” il corpo.
È una sorta di primavera che ad un certo punto attende l’esperto e paziente alchimista in trepido “ascolto”, come Leo, uno dei tanti alchimisti, in “Avviamento all’Esperienza del Corpo Sottile”: «Noi dobbiamo cercare di avvertire accanto ad ogni impressione sensoria una impressione che la accompagna sempre, che è di genere del tutto diverso risonanza in noi della natura intima, sovrasensibile delle cose ‒ e che ci penetra dentro silenziosamente.» E cosicché lo Spirito Universale sovrasensibile si rispecchia nella sensorialità umana ed è così che, accanto a quella abituale, verrà a crearsi un nuovo tipo di sensazione.
Fino a quel momento, vi sarà il fervore occulto del prepararsi alla rinascita: ci si troverà in una situazione analoga a quella dei primi incerti giorni successivi all’equinozio, nei quali la natura sembra, pur operosamente, ancora in “Attesa di Primavera”.
L’Investitura del Re, il nuovo Leone Rosso e la costituzione occulta dell’uomo
Ci sono volute sette fasi per le sublimazioni alchemiche, e alla fine di ognuna di esse un Re viene investito con i suoi paramenti, fra cui la corona che gli spetta. Sono sette Leoni Rossi ai quali i relativi Leoni Verdi, i Vitriol, hanno ceduto il lororo sangue nell’atto della realizzazione della coniunctio oppositorum. Ed è questa la situazione, in potenza però, all’atto di nascita di un neonato o neonata, per capire che nell’arco della sua vita uno per volta, ogni Re si incarna con il rispettivo involucro eterico per rivestirlo.
Notare che sto andando oltre il significato alchemico, come ho voluto far capire in anteprima col titolo di questo saggio, perché è inevitabile che le tre statue il Disinganno, il Cristo velato e la Pudicizia vi si correlino.
Vedremo così che per primo è l’involucro corrispondente alla rete del Disinganno a costituirsi. Non sono tutti dei veri Re nella loro completezza, da qui la differenziazione nell’ambito della società umana di ognuno di essi, per formare popoli, fra ricchi e poveri, fra esseri sani e deformi, fra geni e deficienti, che si organizzano come se fossero altri grandi corpi formati da altrettanti sette Re coronati. Di qui si può supporre la formazione di gerarchie disincarnate, nel senso di esseri non viventi sulla Terra, ma su altri mondi. (Gli Universi Paralleli di Giordano Bruno)
Ritornando all’uomo che nasce e si evolve crescendo, ad una certa età è nella completezza dei suoi involucri eterici che rivestono il suo corpo di carne, ossa ed esudati, che egli vive e poi muore.
Si è capito a questo punto che le tre statue della Cappella di Sansevero, il Disinganno, il Cristo velato e la Pudicizia, con i loro rivestimenti marmorei, a cominciare dalla rete nel Disinganno, aprono un orizzonte sulla costituzione occulta dell’uomo, ma questi vestiti marmorei fino ad oggi sono stati visti solo nelle sette fasi della Seconda Opera dell’Alchimia in relazione alle sette sublimazioni o aquile.
Ma è vero pure che il principe Raimondo di Sangro, l’ideatore di tutto l’apparato scenico della Cappella di Sansevero di Napoli, con le sue tendenze alle ricerche scientifiche, avvalorate dalle macchine anatomiche umane, poteva avere l’intento di creare un elisir alchemico per ringiovanire la carne stessa, alla sua in particolare, quale moderno Prometeo.
Agli occhi di un chiaroveggente i sette corpi extracorporei umani appaiono in forma di aura e sporgono a varie distanze da esso in modo scalare.
Su questo tema ho avuto modo di leggere un interessante libro, «Mani di luce» (edito da Longanesi & C.), che, meglio di altri, mi è sembrato adatto per questo scopo. Perciò mi avvarrò della “parola” dell’autrice di questo libro, la D.ssa Barbara Ann Brennan, una rinomata ed esperta terapeuta attraverso alcuni brani relativi.
Il campo energetico umano dice la D.ssa Barbara Ann Brennan è la manifestazione dell’energia universale intimamente connessa con la vita dell’uomo. Può essere descritto come un corpo luminoso che circonda e compenetra il corpo fisico, e che emette radiazioni del tutto caratteristiche (illustr. 9). Esso viene chiamato anche “aura”.
L’aura è quella parte del campo energetico universale associata a singoli esseri viventi od oggetti; quella degli individui, o campo energetico umano, è la parte che compete al corpo umano.
ln base alle osservazioni compiute, i ricercatori hanno elaborato modelli teorici nei quali l’aura è divisa in diversi strati che si circondano e si compenetrano l’un l’altro; questi strati vengono chiamati anche corpi. I corpi sono costituiti di una sostanza sempre più sottile a mano a mano che si procede verso l’esterno rispetto al corpo fisico, e le loro “vibrazioni” rivelano frequenze progressivamente più alte.
I sette strati dell’aura
Durante la mia esperienza come terapeuta e, ancor prima, come psicoterapeuta – prosegue la D.ssa Barbara Ann Brennan -, ho osservato nell’aura degli individui sette strati diversi (illustr. 10). Dapprima percepivo soltanto gli strati inferiori, che sono i più densi e i più facili da notare, ma con l’andar del tempo fui in grado di vederne sempre di più.
Per procedere alla percezione degli strati superiori fu necessaria una progressiva espansione della mia coscienza. In altre parole, per vedere gli strati superiori, come il quinto, il sesto e il settimo, dovevo entrare in uno stato di meditazione, di solito tenendo gli occhi chiusi. Dopo anni di pratica cominciai a vedere addirittura al di là del settimo strato, come spiegherò brevemente alla fine di questo capitolo.
Le mie osservazioni dell’aura mi rivelarono un’interessante struttura dualistica: vidi che ogni strato alterno del campo aurico era fortemente strutturato in una serie di onde stabili di luce, mentre gli strati intermedi sembravano composti di fluidi in continuo movimento.
Questi fluidi scorrono attraverso la forma creata dalle onde stabili di luce e la direzione del flusso è in qualche modo governata da esse. Le forme luminose stabili sono a loro volta pulsanti, come se fossero composte da molti puntini luminosi intermittenti, allineati e di dimensioni minuscole, che si accendono e si spengono a ritmi diversi; esse sembrano percorse da deboli scariche.
Quindi, il primo, il terzo, il quinto e il settimo strato hanno tutti una struttura definita, mentre il secondo, il quarto e il sesto sono composti da sostanze fluide che non hanno alcuna particolare struttura, ma assumono una data forma scorrendo attraverso la struttura degli strati dispari e venendone in un certo senso condizionati.
Ogni strato, procedendo dagli inferiori ai superiori, permea completamente tutti quelli inferiori, compreso il corpo fisico. Così il corpo emotivo si estende oltre il corpo eterico penetrando sia in esso sia nel corpo fisico. In realtà, i vari corpi non sono affatto “strati”, anche se è così che li percepiamo; sono piuttosto versioni più espanse del nostro io, che che contengono in sé le altre forme più limitate.
Da un punto di vista scientifico, ogni strato può essere considerato un livello di vibrazioni progressivamente superiore, che occupa lo stesso spazio dei livelli di vibrazione sottostanti e in più si estende al di là di essi.
Per poter percepire ogni successivo livello l’osservatore deve progressivamente elevare la coscienza a una frequenza di vibrazione superiore. Abbiamo così sette corpi che occupano tutti lo stesso spazio nello stesso momento e che in più si estendono, ciascuno, oltre il precedente un fenomeno al quale non siamo abituati, in quanto non lo consideriamo parte della nostra “normale” vita quotidiana. Molti pensano, erroneamente, che l’aura sia come una cipolla, alla quale si possono togliere uno dopo l’altro gli strati sovrapposti; ma non è così.
Gli strati strutturati contengono tutte le forme appartenenti al corpo fisico, compresi gli organi interni, i vasi sanguigni eccetera, e in più altre forme che non appartengono al corpo fisico. Vi è un flusso di energia che scorre verticalmente su e giù, percorrendo il campo della colonna vertebrale ed estendendosi oltre il corpo fisico sopra la testa e al di sotto del coccige. Io definisco questo flusso corrente energetica verticale e principale. Nel campo aurico vi sono vortici a forma di cono, detti chakra; essi hanno il vertice rivolto verso la corrente energetica verticale e principale e il lato aperto rivolto verso il bordo di quello strato del campo aurico in cui sono collocati.
I sette strati del campo aurico e i sette chakra
Ogni strato appare diverso, ha una sua funzione specifica ed è associato a un chakra. In altre parole, il primo strato è associato al primo chakra, il secondo al secondo chakra e così via. Questi sono concetti generali, che diventeranno molto più complessi quando approfondiremo l’argomento. Per il momento mi limiterò a esporli a grandi linee per offrirvi un quadro generale.
Il primo strato dell’aura e il primo chakra sono associati alle funzioni e alle sensazioni fisiche (dolore fisico, piacere ecc.). Inoltre, il primo strato è connesso con il funzionamento istintivo e autonomo del corpo.
Il secondo strato e il secondo chakra sono in genere associati alla vita emotiva dell’individuo: sono i veicoli attraverso i quali avvengono le nostre esperienze emotive e prendono vita i nostri sentimenti.
Il terzo strato e il terzo chakra sono connessi con l’attività mentale, cioè il pensiero lineare. Il quarto livello, associato al quarto chakra (del cuore), è il veicolo attraverso il quale amiamo, non soltanto il nostro partner ma l’umanità in generale. Vale a dire che il quarto chakra è quello che metabolizza l’energia dell’amore.
Il quinto livello è connesso con una volontà superiore che è più prossima alla volontà divina, e il quinto chakra è associato al potere della parola, alla capacità di portare in essere le cose dicendole, di ascoltare e di assumere la responsabilità delle proprie azioni.
Il sesto livello e il sesto chakra sono connessi con l’amore celestiale; si tratta di un amore che va al di là di quello umano e che comprende la vita nel suo complesso: una forma di affetto, sostegno, protezione e alimentazione di ogni espressione vitale. Questo tipo di amore vede in ogni forma di vita una preziosa manifestazione di Dio.
Il settimo strato e il settimo chakra appartengono alla mente superiore, cioè a una forma superiore di conoscenza e di integrazione della nostra composizione fisica e spirituale.
Esistono quindi “luoghi” specifici all’interno del nostro sistema energetico per le sensazioni, le emozioni, i pensieri, i ricordi e altre esperienze non fisiche. Comprendendo come i nostri sintomi fisici siano in relazione con questi diversi “luoghi”, potremo capire meglio le malattie, e anche la differenza fra stato di salute e stato malato. Lo studio dell’aura può pertanto fare da ponte fra la medicina tradizionale e la nostra realtà psicologica.
La funzione dei sette chakra
Prima di proseguire sulla disquisizione della D.ssa Barbara Ann Brennan, mi preme far capire che i chakra di cui si parlerà fra poco, corrispondono alle corone dei Re alchemici, il risultato alla fine delle moltiplicazioni della Seconda Opera. E qui lascio la parola alla terapeuta americana (ndr).
Ciascuno dei vortici scambia energia con il campo universale. Così, quando usiamo l’espressione “sentirsi aperti”, diciamo qualcosa di reale. I sette chakra maggiori, i ventuno minori, i chakra ancor più piccoli e i punti dell’agopuntura sono passaggi che consentono all’energia di entrare e di uscire dall’aura. Noi siamo come spugne immerse in un oceano di energia. Dal momento che questa energia è sempre associata a una qualche forma di coscienza, facciamo esperienza dello scambio energetico in forme che chiamiamo vedere, udire, sentire, percepire, intuire o sapere direttamente.
L’espressione “mantenersi aperti” significa dunque due cose. Anzitutto metabolizzare una grande quantità di energia tratta dal campo universale attraverso tutti i chakra, grandi e piccoli; in secondo luogo lasciar entrare, e in un certo senso elaborare, tutta la coscienza connessa con l’energia che scorre attraverso di noi. Questo non è un compito facile e la maggior parte delle persone non è in grado di svolgerlo, in quanto l’input sarebbe semplicemente eccessivo.
Il materiale psicologico relativo a ciascun chakra viene portato alla coscienza quando l’individuo aumenta il proprio flusso energetico attraverso quel chakra. Un flusso improvviso di energia libererebbe un materiale psicologico eccessivo e noi non saremmo in grado di elaborarlo tutto. Per questo ciascuno di noi lavora a quello che è il suo processo di crescita del momento per aprire lentamente ogni chakra, in modo di avere il tempo di elaborare il materiale personale che viene liberato e di integrarlo nella propria vita.
È importante aprire i chakra e aumentare il nostro flusso energetico, perché più energia lasciamo circolare più sani siamo. La malattia è provocata da squilibri o da blocchi nel flusso energetico. In altre parole, un flusso scarso nel sistema energetico dell’individuo a lungo andare porta alla malattia; inoltre, altera le sue percezioni e attutisce i suoi sentimenti, impedendogli di vivere in maniera libera e piena. Tuttavia, un essere umano non è psicologicamente pronto per “rimanere aperto” se non ha elaborato e sviluppato la sua maturità e la sua chiarezza.
Ciascuno dei cinque sensi è associato a un chakra: il tatto con il primo chakra, l’udito, l’olfatto e il gusto con il quinto (chakra della gola); la vista con il sesto chakra (o terzo occhio). […]
I chakra dei corpi aurici svolgono tre principali funzioni.
Vitalizzare ciascun corpo aurico e di conseguenza il corpo fisico.
Consentire lo sviluppo dei diversi aspetti della coscienza; ogni chakra è connesso con una particolare funzione psicologica (…).
Trasmettere energia tra i vari livelli dell’aura. Ogni strato dell’aura dispone di una propria serie di sette chakra, ciascuno dei quali ha la medesima collocazione anche nel corpo fisico.
Questo è possibile in quanto ogni strato successivo rappresenta un salto di un’ottava in termine di frequenze. Per esempio, per il quarto chakra ve ne sono altri sette, ciascuno dei quali, appartenendo a un livello progressivamente superiore, ha una banda di frequenze più alta rispetto al precedente. Questi chakra sembrano inseriti l’uno nell’altro come scatole cinesi e si ampliano progressivamente più si procede verso i livelli superiori, estendendosi ognuno fino al bordo del campo aurico cui appartengono.
L’energia viene trasmessa da uno strato all’altro attraverso passaggi che coincidono con il vertice dei chakra. Nella maggior parte delle persone questi passaggi sono chiusi e si aprono soltanto in seguito a un lavoro di purificazione spirituale: allora i chakra diventano trasmettitori di energia. Ogni chakra situato nel corpo eterico è direttamente collegato allo stesso chakra nel corpo successivo (corpo emotivo), che circonda il corpo eterico e lo permea. I chakra del corpo emotivo, a loro volta, sono collegati con quelli del corpo successivo (corpo mentale) e così via per tutti i sette strati.
In merito all’alchimia i sette chakra sono le corone dei Re a conclusione delle moltiplicazioni alchemiche (ndr).
Il corpo eterico (primo strato) Correlazione alla statua del Disinganno
Sarebbe troppo lungo addentrarci sulla descrizione di tutti i sette corpi sottili descritto nel capitolo precedente “I sette strati del campo aurico e i sette chakra”, e mi limiterò ai corpi che sembrano corrispondere, per i loro rivestimenti, alle statue il Disinganno, il Cristo velato e la Pudicizia. Per primo sarà esaminato il corpo eterico che riguarda il primo strato e che sembra avere le connotazioni per legarsi alla rete del Disinganno (ndr).
Sarebbe troppo lungo addentrarci sulla descrizione di tutti i sette corpi sottili descritto nel capitolo precedente “I sette strati del campo aurico e i sette chakra”, e mi limiterò ai corpi che sembrano corrispondere, per i loro rivestimenti, alle statue il Disinganno, il Cristo velato e la Pudicizia. Per primo sarà esaminato il corpo eterico che riguarda il primo strato e che sembra avere le connotazioni per legarsi alla rete del Disinganno (ndr).
Il corpo eterico (da “etere”, lo stato fra energia e materia) è composto di minuscole linee energetiche “simili a una rete di raggi di luce scintillanti”, oppure alle linee luminose dello schermo televisivo (illustr. 10). Esso ha la medesima struttura del corpo fisico, ivi comprese le parti anatomiche e tutti gli organi.
Questo corpo eterico consiste in una precisa struttura di linee di forza (matrice energetica) su cui si plasma e si ancora la materia fisica di cui sono fatti i tessuti del corpo. I tessuti esistono come tali soltanto in virtù del campo vitale che vi sta dietro; vale a dire che il campo vitale è il presupposto e non il prodotto del corpo fisico. […]
La struttura del corpo eterico, che come si è detto è simile ad una rete di linee luminose, è in costante movimento. Il chiaroveggente è in grado di vedere scintille di luce azzurro-bianca che si sposta lungo le linee energetiche in tutto il corpo fisico…
Il corpo eterico sporge dal corpo fisico da 0,5 fino a 5 centimetri e pulsa a un ritmo di circa 15-20 cicli al minuto.
Il colore del corpo eterico varia dall’azzurro chiaro al grigio. L’azzurro chiaro è stato messo il relazione a uno stato più sottile di quello espresso dal grigio. In altre parole, una persona sensibile e con un corpo sensibile tende ad avere un corpo eterico azzurro, mentre un tipo più atletico e robusto avrà un corpo eterico tendenzialmente grigio.
Tutti i chakra del corpo eterico sono del suo stesso colore: variano cioè dall’azzurro al grigio. Essi somigliano a vortici composti da una rete di luce, proprio come il resto del corpo eterico, nel quale si possono vedere tutti gli organi del corpo fisico, ma formati da questa luce azzurrognola e pulsante.
Tutti i chakra del corpo eterico sono del suo stesso colore: variano cioè dall’azzurro al grigio . essi somogliano a vortici composti da una rete di luce, proprio come il resto del corpo eterico, nel quale si posono vedere tutti gli organi del corpo fisico, ma formati da questa luce azzurrognola e pulsante. Come nel caso delle foglie […] [vegetali – ndr], la struttura eterica forma la matrice all’interno della quale crescono le cellule; cioè le cellule del corpo si sviluppano lungo le linee energetiche della matrice eterica, la quale è presente prima che lo siano le cellule.
Se si dovesse isolare il corpo eterico dal corpo fisico, esso apparirebbe come una figura umana fatta di linee luminose azzurrognole e intermittenti, un po’ come l’uomo ragno…
Ed ecco la ragione che mi ha indotto a legare le “rete” del Disinganno della Cappella di Sansevero con il corpo eterico. Non solo, ma il fatto che c’è analogia fra le piante e il corpo eterico, come riscontrato dalla Dott.ssa Barbara Ann Brennan, si ha modo di trovare il riscontro con la natura vegetate dello scettro nella mano dell’angelo alato, cioè il Vitriol (ndr).
Il corpo astrale (quarto strato) Correlazione alla statua del Cristo velato
È la volta della statua il Cristo velato che, per il fatto che corrisponde al chakra del cuore legato al corpo astrale, non può che legarsi alla figura del Cristo raffigurato nell’illustr. 10 (ndr). Il corpo astrale è il corpo dell’amore.
Il corpo astrale (illustr. 11) è amorfo ed è composto di addensamenti di colore più belli di quelli del corpo emotivo. tendenzialmente esso rivela la stessa gamma dei colori di questo corpo, ma in genere le varie tonalità sono intrise della luminosità rosea dewll’amore. Rispetto al corpo fisico, il corpo astrale si espande all’esterno da 15 a 30 centimetri. I suoi chakra hanno colori della stessa ottava dell’arcobaleno del corpo emotivo, ma ciascuno è permeato dalla luminescenza rosea dell’amore. Il chakra del cuore di una persona piena di amore rivela una forte luminosità rosa al livello astrale.
Quando le persone si innamorano si possono vedere fra i loro cuori splendidi archi di luce rosata e una bella colorazione rosa si aggiunge alle pulsazioni dorate che solitamente osservo in corrispondenza dell’ipofisi. Quando gli individui entrano in rapporto fra loro si sviluppano cordoni che escono dai chakra e collegano una persona all’altra.
Questi cordoni esistono a molti altri livelli del campo aurico, oltre a quello astrale, inoltre, più il rapporto è duraturo e solido, più numerosi e robusti sono i cordoni. Quando un rapporto finisce i cordoni si spezzano, il che comporta talvolta molto dolore. Nella fase durante la quale una persona «si affranca» da un’altra, i cordoni si staccano dai livelli inferiori del campo e si innestano nuovamente nell’io.
Al livello astrale avviene un’intensa interazione fra persone; in una stanza dove siano presenti diversi individui, grosse macchie di colore sfrecciano nello spazio, rimbalzando da una persona all’altra. Alcune sono piacevoli, altre no. Potete avvertire la differenza. Potreste, per esempio, sentirvi a disagio a causa di una persona che si trova all’altro capo della stanza e non sembra nemmeno consapevole della vostra presenza, perché ad un certo livello stanno avvenendo molte cose.
Ho visto persone stare l’una presso l’altra in un gruppo fingendo di non notarsi, mentre sul piano energetico avveniva un’intensa comunicazione e una quantità di forme di energia veniva scambiata fra loro. Senza dubbio anche voi avete sperimentato questo fenomeno, soprattutto quando si tratta di interazione fra i due sessi.
Non si tratta soltanto di linguaggio corporeo, ma di un vero fenomeno energetico che può essere osservato. Per esempio, se un uomo o una donna stanno fantasticando di fare l’amore con qualcuno, diciamo in un bar o a una festa, avviene una vera e propria esplorazione al livello dei campi energetici, per verificare se i campi siano in sincronismo fra loro e se le persone siano compatibili.
Il corpo keterico «matrice» o corpo causale (settimo strato) Correlazione alla statua della Pudicizia
Resta per ultimo la statua della Pudicizia per correlarla al corpo causale, il settimpo degli strati della costituzione occulta del corpo umano.
La statua della Pudicizia della Cappella Sansevero a Napoli è un monumento di incomparabile bellezza, realizzato da Antonio Corradini nel 1752. L’opera fu dedicata da Raimondo di Sangro alla memoria della cara madre, Cecilia Gaetani dell’Aquila d’Aragona, scomparsa prematuramente.
La donna coperta dal velo è stata interpretata come allegoria della Sapienza, ma risulta evidente il riferimento alla dea velata Iside, la cui statua, come racconta una lunga tradizione, si ergeva nel medesimo luogo in cui fu posta la Pudicizia. Ma di tutto ciò se ne già parlato in precedenza.
Di qui, come è valso per il Cristo velato la correlazione al corpo astrale attraverso il chakra del cuore, per la Pudicizia vale la correlazione al settimo chakra della concezione tantrica, il Chakra della Corona, chiamato Sahasrara, la cui energia scorre nella colonna vertebrale.
Nella concezione tantrica l’unione della Coppia Cosmica è la Realizzazione del Sé.
Quel che, in altre tradizioni, è il Samadhi, l’illuminazione o la Rivelazione.
L’unione delle divinità maschile Shiva e femminile Shakti, come fusione nell’Uno, rappresenta la trascendenza della dualità e di ogni polarità.
E’ la morte della coscienza individuale nella nascita della Coscienza Universale.
Sahasrara è un termine Sanscrito che possiamo tradurre con Mille, rappresentato dal fiore dai mille petali. Il numero mille in realtà indica un numero infinito come infinita è l’eternità.
Rivolti verso il basso, riversano il nettare della Sapienza sull’essere nella sua totalità, mentre la sua radiosità si espande in ogni direzione.
Il suo elemento, intangibile, è il Pensiero, mentre lo stato mentale è la Beatitudine Assoluta.
Il Chakra della Corona è oltre il corpo fisico.
Sahasrara è il Chakra della Spiritualità, della Consapevolezza, della Trascendenza e Presenza a se stessi. Qui tutto è Uno.
Descrizione del corpo causale (D.ssa Barbara Ann Brennan)
Il settimo corpo dell’aura è costituito dal livello mentale del piano spirituale e viene chiamato keterico «matrice» o corpo causale (illustr. 12). Esso sporge dal corpo fisico da 75 a 100 centimetri. Quando eleviamo la nostra coscienza al settimo livello dell’aura sappiamo di essere un tutt’uno con il Creatore.
Questo corpo ha una fascia esterna della stessa forma ovale del campo aurico e contiene tutti gli strati dell’aura connessi con l’attuale incarnazione dell’individuo. Esso è una matrice altamente strutturata. Alla mia visione appare composto da minuscoli fili di luce argento e oro, molto resistenti, i quali tengono insieme l’intera forma dell’aura. In esso figurano la struttura del corpo fisico, che appare come una rete di fili dorati, e tutti i chakra.
Quando mi sintonizzo sulle frequenze del settimo livello percepisco una bellissima luce d’oro sfavillante, che pulsa molto rapidamente e sembra costituita da migliaia di fili d’oro. La fascia esterna sporge dal resto del corpo fisico da 90 a 100 centimetri, a seconda del soggetto; ha la punta rivolta in basso e all’altra estremità si estende sopra il capo della persona per corca 90 centimetri.
Se l’individuo è dotato di molta energia, il settimo corpo può essere anche più esteso. Il bordo esterno mi appare come quello di un guscio d’uovo e il suo spessore sembra essere di 0,5-1 centimetro. È estememente forte e elastico, resistente alla penetrazione, e protegge il campo aurico, come il guscuo dell’uovo protegge il pulcino. A questo livello tutti chakra e le conformazioni del corpo fisico appaiono sotto forma di luce colorata. Si tratta del livello più forte e resistente di tutto il campo aurico.
Si potrebbe paragonare il settimo corpo a un’onda stabile di luce dalla forma intricata, che vibra ad una frequenza estremamente alta. Quando lo si osserva si può quasi udire un suono; anzi sono convinta che meditando su questa visione un suono verrebbe percepito.
Il corpo causale contiene anche la corrente energetica principale, che scorre lungo la spina dorsale ed è la più importane fonte di alimentazione di tutto il corpo. Percorrendo la spina dorsale con un moto pulsante ascendente e discendente, questo flusso energetico passa attraverso la radice di ogni chakra e connnette fra loro i flussi energetici che i singoli chakra immettono in sé.
La corrente energetica verticale e principale provoca per induzione altri flussi ennergetici a 90° rispetto al suo asse, i quali formano lingue dorate protese in fuori rispetto al corpo. A loro volta le lingue creano altre correnti che circolano attorno al corpo, così che l’intero campo aurico e tutti i livelli ad esso inferiori sono circondati da una rete che fa, per così dire, da contenitore. Questa rete rivela la potenza della luce dorata, la mente divina che tiene insieme l’intero campo nella sua completezza.
Ed è così che va vista la Statua della Pudicizia della Cappella di Sansevero. (illustr. 13) Il velo o sottilissima rete che la rivestono è come dorato perché rappresenta il suo corpo causale (ndr).
Inoltre, nella fascia esterna (guscio d’uovo) del corpo casuale sono contenute le bande di colore relative alle vite passate. Si tratta di fascie di luce colorata che circondano completamente l’aura e possono essere percepite in qualsiasi punto della superficie del «guscio d’uovo».
La banda in corrispondenza della zona testa-collo contiene solitamente la vita passata che l’individuo sta cercando di risolvere nella sua attuale situazione. Jack Schwarz descrive queste bande e ne interpreta il significato in base al colore. […] Il corpo causale corrisponde all’ultimo livello dell’aura sul piano spirituale; esso contiene il progetto della vita di un individuo ed è lìultimo livello direttamente collegato a questa incarnazione. Al di là di questo livello vi è il piano cosmico, quello di cui non si può fare esperienza nella condizione limitata di un’incarnazione.
Un adombrato caveat nell’immagine dello scettro dell’angelo coronato del Disinganno
Col capitolo della “costituzione occulta dell’uomo” ho aperto uno squarcio sul fine alchemico intravisto nelle tre statue della Cappella di Sansevero di Napoli, il Disinganno, il Cristo velato e la Pudicizia. Questo in riferimento al trafiletto:
«Si è capito a questo punto che le tre statue della Cappella di Sansevero, il Disinganno, il Cristo velato e la Pudicizia, con i loro rivestimenti marmorei, a cominciare dalla rete nel Disinganno, aprono un orizzonte sulla costituzione occulta dell’uomo, ma questi vestiti marmorei fino ad oggi sono stati visti solo nelle sette fasi della Seconda Opera dell’Alchimia in relazione alle sette sublimazioni o aquile.
Ma è vero pure che il principe Raimondo di Sangro, l’ideatore di tutto l’apparato scenico della Cappella di Sansevero di Napoli, con le sue tendenze alle ricerche scientifiche, avvalorate dalle macchine anatomiche umane, poteva avere l’intento di creare un elisir alchemico per ringiovanire la carne stessa, la sua in particolare, quale moderno Prometeo.»
Ma non è solo un’ipotesi perché se ne coglie il segno attraverso la particolare elaborazione dello scettro nella mano destra dell’angelo coronato, intravisto come un giovanissimo Leone Verde che riceve le insegne dal Leone Rosso con lo scettro dell’Alchimia Spagiria.
La particolare postura della mano, ancora “incapace” di impugnare questo scettro, denota la sua inesperienza nel rendersi conto del genere di potere legato allo scettro suddetto. Una regalità in armonia con il mondo vegetale in particolare, poiché è la mente umana che deve essere governata. E qui sorge il dilemma sul senso della sezione aurea indicata dalla posizione del dito indice della mano dell’angelo coronato.
È solo un segno che vale come simbolo o vale come segno matematico con la precisa ipotesi di far risalire il potere, non solo in senso alchemico, ma oltre, cioè sul piano fisico della materia facendo leva su nuove leggi fisiche, ancora da venire? Tanto che l’altro segno indicato dal dito indice quale “media” dello scettro, nel senso del detto “In medio stat virtus”, cambia connotazione per significare “per mezzo di”, e naturalmente per dire “per mezzo della matematica della sezione aurea”.
Ed ecco che vediamo apparire il dio dei numeri. L’uomo ha conosciuto il Dio Jhawè, poi il Dio Buono indicato da Gesù ed ora forse sarà necessario conoscere il dio della «sapienza» dei numeri, e l’Apocalisse di Giovanni sembra che lo preannunci.
«Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza, calcoli il numero della bestia, perché è un numero d’uomo; e il suo numero è seicentosessantasei.» (Ap 13,18)
È un “caveat”, quasi per bocca del Vitriol del Disinganno di Sansevero, cioè del suo ideatore, il Principe Raimondo di Sangro, «un monito che si dà un certo tono, che richiede d’essere pronunciato da una posizione determinante: i caveat non sono avanzati da gruppi spruti e miseri, da gente che non abbia le mani su certe leve.
L’effetto principale del chiamare ‘caveat’ un avvertimento riguarda precisamente il modo in cui si presenta la persona, l’ente che lo avanza: mentre adombra la previsione o la determinazione di eventuali fatti futuri, conferisce a costoro un profilo di potere — barba di frate, ciglio di censore, voce di profeta. Più o meno.»
Gaetano Barbella
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