I Decreti Extra Profitti ”Emblema della Totale Imbecillità Politica” Facciamo il Punto della Situazione!
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…peccato che mancano i Rivoluzionari!!!
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Extraprofitto in Sintesi
L‘extraprofitto è il ricavo netto addizionale determinato dalla differenza tra il prezzo e il costo medio di produzione e consiste in un eccedenza sul profitto normale. L’extraprofitto è anche conosciuto come sovraprofitto. L’obiettivo dell’impresa concorrenziale consiste esclusivamente nella massimizzazione del profitto. In un mercato di concorrenza perfetta il prezzo è determinato dal mercato e le imprese ( price-taker ) possono cercare di massimizzare il profitto soltanto modificando la quantità della produzione. Secondo la teoria marginalista, per massimizzare il profitto ogni impresa eguaglia il prezzo al costo marginale.
P = CM
Tuttavia, anche se in concorrenza perfetta il prezzo di mercato è uguale per tutte le imprese, ciò non vuol dire che il profitto sia effettivamente nullo o sia uguale per tutte le imprese. Nel breve periodo ogni singola impresa è caratterizzata da costi un costo medio ( costo unitario ) di produzione diverso rispetto alle altre. Ad esempio, alcune imprese possono godere di un particolare vantaggio, di know-how maggiore, di particolari brevetti di uso, di autofinanziamento, ubicazione geografica e vicinanza geografica ai mercati, costi di trasporto più bassi, ecc. Il profitto effettivo è quindi determinato dalla somma tra il profitto normale e l’extraprofitto.
profitto = profitto normale + extraprofitto
Le imprese con costo medio inferiore rispetto alle altre beneficiano di un extraprofitto che, a parità di profitto normale, consente loro di avere un profitto effettivo diverso rispetto alle altre imprese. Da questo punto di vista l’extraprofitto è molto simile a una quasi-rendita.
Extraprofitto di lungo periodo.
Nel lungo periodo l’esistenza o meno dell’extraprofitto è fortemente collegato al regime del mercato in cui opera l’impresa e alla presenza o meno di barriere di ingresso per le nuove imprese competitor (new comer). In un mercato di concorrenza perfetta l’extraprofitto si annulla nel lungo periodo. Viceversa, in un mercato non perfettamente concorrenziale l’extraprofitto continua a esistere anche nel lungo periodo.
Tassare per davvero o non tassare gli extra-profitti dell’Eni? Questo è il problema
Il governo Meloni ha introdotto nella legge di bilancio per l’anno 2023 la nuova tassa una tantum sugli extra-profitti delle società energetiche, in linea con l’accordo raggiunto nel Consiglio europeo a fine settembre scorso. L’imponibile per l’anno 2023 sarà calcolato sulla base della differenza tra l’utile effettuato dalle società nel corso del 2022 e l’utile medio degli anni 2018-2021. L’aliquota da applicare sarà del 50%, dopo uno sconto del 10% sull’imponibile. Ma, ancora più importante, la nuova tassazione sarà applicata soltanto all’utile prodotto per le attività in Italia da parte di ben 7.000 società passive del provvedimento. Rimangono quindi escluse tutti i redditi delle attività all’estero dei colossi energetici italiani, in primis l’Eni. Il decreto legge è al vaglio del Parlamento che potrebbe ancora modificarlo, anche in questa materia, entro la fine dell’anno.
La nuova tassa non tocca affatto quella introdotta dal governo Draghi con riferimento ai primi mesi del 2022, che prendeva a riferimento l’imponibile IVA, invece degli utili, e per questa ragione era stata molto contestata. Diverse società, inclusa Eni, hanno presentato ricorso contro l’imposta al Tribunale Amministrativo. Le prime sentenze hanno rigettato i ricorsi per difetto di giurisdizione o ordinanto quantomeno la sospensione dei pagamenti in attesa delle pronunce nel merito. Rimane però pendente il ricorso del cane a sei zampe, che dovrebbe versare un contributo pari a 1,4 miliardi di euro per il 2022.
ReCommon, in collaborazione con Merian Research, ha stimato quanto dovrebbe pagare Eni secondo la nuova tassa come ridefinita dal governo. Secondo le nostre proiezioni, che si basano sui dati dei primi nove mesi del 2022, Eni sarebbe indirizzata a realizzare l’utile operativo più elevato di tutti i tempi, pari, dopo l’aggiustamento, a 22,5 miliardi di euro. Secondo l’applicazione della nuova norma estesa a tutte le sue operazioni nel mondo, Eni dovrebbe versare circa 4 miliardi di euro, applicando laliquota minima del 35%, come consigliata dall’Unione europea. Con un’aliquota del 100%, il gettito arriverebbe fino a 11,5 miliardi di euro. Come termine di paragone si consideri che il gettito previsto della nuova tassa per il 2023 è di poco più di 2,5 miliardi di euro per tutte le società energetiche operanti in Italia.
Eni ha espresso apprezzamenti riguardo la decisione europea che modifica l’impianto del cosiddetto “contributo di solidarietà”, definendola “una buona soluzione, una buona proposta per iniziare a valutare un meccanismo per questo tipo di contributo”. Ma alla luce del ricorso di Eni contro l’imposta precedente, è lecito chiedersi in che modo agirà la società ora che l’ammontare da essa dovuto potrebbe risultare triplicato.
È necessario vigilare con attenzione su come sarà applicata la nuova norma. Secondo ReCommon, questa dovrà prendere in considerazione gli utili del 2022 e non solamente quelli del 2023. È in questo momento che la crisi economica e sociale sta mordendo le classi più povere della popolazione italiana ed europea, e sarebbe inaccettabile che si aspettasse un anno per tassare le società che stanno traendo benefici da questa situazione così drammatica. Inoltre, è necessario mettere in chiaro da subito che l’utile da considerare nell’imponibile dovrà riguardare tutte le attività del gruppo Eni nel mondo e non solo quelle in Italia o UE.
In occasione dell’ultimo incontro del Consiglio Europeo sull’energia di fine novembre, ReCommon, in collaborazione con Merian Research, ha aggiornato lo studio pubblicato lo scorso settembre, che analizza i profitti delle sei principali oil major europee. Le compagnie in questione sono la nostrana Eni, Bp (Regno Unito), Equinor (Norvegia), Repsol (Spagna), Shell (Olanda e Regno Unito) e TotalEnergies (Francia).
I nuovi dati, aggiornati ai primi nove mesi di quest’anno, mostrano come le “sei sorelle” europee abbiamo ottenuto 77 miliardi di euro di extra-profitti rispetto al 2019
Questo immenso flusso di denaro finisce per il 60 per cento (53 per cento nel caso di Eni) agli investitori attraverso dividendi e il riacquisto delle azioni. Allo stesso tempo, le società non stanno affatto investendo nel processo di decarbonizzazione. È infatti rimasto invariato il monte investimenti, pari all’82 per cento del totale, dedicato ai combustibili fossili (77% per cento nel caso di Eni). Un atteggiamento irresponsabile nei confronti di chi soffre la crisi sociale, così come di chi sta già subendo gli impatti dei cambiamenti climatici. Per tale ragione extra-profitti senza precedenti nella storia vanno tassati con un’aliquota ben più elevata di un mero 35 per cento.
Decreti Extra Profitti: cosa sono e cosa sta succedendo!
l comunicato stampa di Edison, società controllata dal gruppo francese Électricité de France, del 16 febbraio 2023 ha riportato una forte decrescita dell’utile nonostante ci sia stato un incremento dei ricavi di vendita. Nello specifico, quest’ultimo dato è diretta conseguenza dell’aumento dei prezzi necessario per coprire i costi più elevati delle materie prime.
Nonostante ciò, Edison dichiara che la riduzione dell’utile è stata causata da una serie di decreti nonché dalla Legge di Bilancio che approfondiremo in questo articolo.
Quali sono i decreti e in che modo hanno impattato su Edison?
Secondo il comunicato stampa di Edison, è stato dichiarato che i decreti “Taglia prezzi”, “Aiuti” e la Legge di Bilancio 2023 hanno generato un impatto fortemente negativo sull’utile netto riducendolo del 63% del dato del 2021 ossia 413 milioni. In altre parole, questa voce di bilancio alla fine del 2022 è stata pari a 151 milioni.
Edison precisa che, nel 2022, l’aliquota fiscale o tax rate effettivo è cambiata passando da un range tra il 28% e il 32% a un valore pari al 72%.
Nello specifico i risultati dell’azienda sono stati:
I decreti extraprofitti sono dei provvedimenti presi dal governo per andare a colpire i guadagni record realizzati dalle aziende energetiche a seguito dell’aumento del prezzo dell’elettricità e del gas.
I decreti precedentemente citati hanno determinato diverse manovre, vediamo in modo molto sintetico ciò riguarda la parte di tassazione:
Questi atti aventi forza di legge sono stati voluti dal Governo Draghi e ci sono state diverse evoluzioni a riguardo andando a modificare diversi aspetti. Soprattutto per il Decreto Aiuti sono state realizzate diverse modifiche volte a cambiare il peso dei diversi provvedimenti.
Ad oggi il governo Meloni sembra essere ancora a favore di queste misure. Nonostante il mancato raggiungimento degli obiettivi con il Governo Draghi, il premier italiano, mantenendo l’idea del contributo, ne ha modificati l’aliquota e la base imponibile in concomitanza con altri aspetti più specifici. Attualmente, il Governo Meloni vorrebbe recuperare 10 miliardi di euro con la manovra di tassazione extraprofitti.
Quali altri provider di energia sono stati colpiti?
Non solo Edison ma anche Plenitude (ex Eni) è stata colpita in negativo dalla tassa sugli extraprofitti con 1,4 miliardi di euro da pagare. A seguire, c’è Saras con 95 milioni.
Seppur in misura inferiore, anche Enel ha subito una riduzione dell’utile. Nonostante la tassa Enel è riuscita ad aumentare di molto i ricavi del 2022. Il CFO Alberto De Paoli a maggio 2022 spiegò che l’impatto delle manovre per gli extraprofitti sono state trascurabili sui loro numeri in quanto, riportando le sue parole, “abbiamo venduto energia ai nostri clienti in anticipo, a un prezzo ragionevole senza extra profitti”.
Price Cap: un’altra manovra in aggiunta alla tassazione extraprofitti
Dal 15 febbraio 2023 ci sarà il c.d. Price cap ossia una soglia massima per il prezzo del gas oltre la quale le aziende non potranno andare. Nello specifico, il tetto è fissato a 180€ al megawattora.
Anche questa manovra risulta essere un filo conduttore tra il Governo Draghi e il Governo Meloni. Nonostante ciò, tale provvedimento arriva dall’Unione Europea e divide comunque gli economisti e gli addetti al lavoro. Infatti Alberto Clò (economista dell’Università di Bologna ed ex ministro dell’Industria) e Michele Polo (professore di Economia in Bocconi), tra i massimi esperti in Italia su temi di economia nel settore energetico, risultano essere contro.
Fonti: prontobolletta.it & recommon.org & okpedia.it
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