l’Illusione della Benevolenza dei Nuovi Tiranni
Dio non gioca a dadi, i ricchi si e la posta in gioco siamo noi!
Toba60
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Filantropia! Quel dolce nettare di generosità che i nostri miliardari, quei benefattori dell’umanità in giacca e cravatta, amano servire alla società, come se fossimo tutti chierichetti. In realtà, dietro questi sorrisi benevoli e questi discorsi nobili si nasconde uno stufato di intenzioni oscure e machiavelliche. Bill Gates, Jeff Bezos, Warren Buffet e George Soros, i nostri eroi contemporanei, ci promettono meraviglie tenendo d’occhio i loro portafogli. Chi avrebbe mai pensato che uomini la cui ricchezza supera quella di piccoli Paesi si preoccupassero tanto del nostro benessere?
Queste figure emblematiche della ricchezza contemporanea affermano di investire in cause altruistiche, ma il loro approccio non si limita alla beneficenza; fa parte di una strategia calcolata che mira ad accumulare quantità colossali di capitale e a ridefinire le basi delle nostre società. E che bella manipolazione! I filantropi moderni si presentano come salvatori, ma dietro la patina scintillante delle loro iniziative si nasconde un progetto più oscuro: trasformare l’umanità in un mero oggetto da manipolare secondo un programma neomalthusiano ed eugenetico. Un po’ come i burattinai, ma con i numeri al posto dei fili.
Al centro di questa farsa c’è il malthusianesimo, un’antica dottrina che sta tornando clamorosamente in auge nel dibattito pubblico, come una canzone estiva che non può essere dimenticata. Malthus, il caro Thomas Robert, aveva l’audacia di sostenere che la crescita della popolazione avrebbe sempre superato la capacità delle risorse di sostenerla, portando a carestie e devastazioni. Ecco un uomo che sapeva come creare l’atmosfera! Oggi le nostre élite, armate della loro visione illuminata, sostengono la limitazione delle nascite come soluzione a problemi sociali complessi. Ma invece di affrontare le vere cause della povertà accesso diseguale all’istruzione, infrastrutture carenti e disuguaglianze economiche scelgono la soluzione più facile: ridurre la popolazione. Una strategia davvero vincente, no? Come se rendere i più vulnerabili ancora più poveri risolvesse qualcosa.
Questa rinascita del malthusianesimo va di pari passo con una rinascita dell’eugenetica, espressa nei discorsi scanzonati di personaggi come Malcolm e Simone Collins. Questi miliardari, esaltando le virtù della selezione genetica, propongono una visione secondo cui la tecnologia potrebbe migliorare la specie umana. Chi avrebbe mai pensato che stessimo vivendo in un episodio di Black Mirror? Eppure, questa arroganza condita da un eccessivo ottimismo ci ricorda i giorni bui della storia, quando l’eugenetica giustificava le politiche di sterilizzazione e di sterminio. Alla faccia delle lezioni imparate, gente! Ignorare la storia sognando un’umanità “migliorata” è solo un salto nell’ignoto, senza paracadute.
A parte la poesia, questo approccio solleva questioni etiche fondamentali. Chi decide cosa costituisce un “miglioramento”? Le loro aspirazioni a un’umanità “perfetta” ignorano le lezioni della storia, tralasciando la diversità umana che è la nostra ricchezza. Nella loro ricerca della perfezione, si allontanano dall’essenza stessa della nostra umanità, sostenendo una visione distopica in cui la natura è sottoposta a un controllo tecnologico totale. Una versione moderna del “piccolo dio” che crede di poter plasmare l’umanità a proprio piacimento senza subirne le conseguenze.
E che dire del transumanesimo? Quel dolce sogno di trascendere la nostra condizione umana grazie alla tecnologia, che promette meraviglie come la longevità eterna e l’assenza di sofferenza. Che idea magnifica! Se non fosse che questa ricerca dell’immortalità tecnologica potrebbe ritorcersi contro di noi, sradicando ciò che ci rende ciò che siamo. Promettendo una maggiore longevità, migliori capacità cognitive e la possibilità di una vita senza sofferenze, questa ideologia si scontra con la realtà della natura umana e con l’interdipendenza che caratterizza la nostra specie. La promessa di vivere per sempre senza le difficoltà della vita potrebbe diventare una maledizione, minacciando la diversità e la ricchezza del nostro mondo.
Programmi come Parent Woods e i progressi del transumanesimo rientrano in questa logica di trasformazione radicale della specie umana. Chi ha bisogno del dolore o della tristezza, dopo tutto? Invece di cercare di capire e migliorare le nostre condizioni di vita, questi visionari preferiscono attaccare la natura umana come se fosse un software da debuggare. Le loro promesse di progresso sono seducenti, ma con il pretesto dell’innovazione rischiano di sradicare le basi stesse della nostra esistenza. La ricerca dell’immortalità tecnologica, lungi dall’essere una benedizione, potrebbe diventare una trappola mortale. Un futuro in cui la disuguaglianza si allarga ulteriormente, in cui i ricchi si concedono un’umanità “migliorata”, mentre il resto della popolazione è lasciato al suo triste destino.
Allo stesso tempo, questa ossessione per il controllo della popolazione e la selezione genetica è accompagnata da una dilagante distruzione della biodiversità. I miliardari, pur predicando in superficie ideali ecologici, si appropriano di risorse naturali e brevettano specie viventi, spesso impunemente. Come bambini in un negozio di dolciumi, stanno distruggendo la diversità biologica che costituisce la base dei nostri ecosistemi, mettendo in pericolo l’ambiente e, per estensione, la nostra stessa sopravvivenza. La distruzione degli habitat naturali, giustificata dalla logica del profitto e dell’espansione, rischia di portare a crisi ecologiche senza precedenti, le cui conseguenze si faranno sentire per le generazioni a venire.
Filantropia, questa dolce parola, soprattutto quando si tratta di distribuire vaccini alla popolazione di Gaza. Ma non è un bellissimo paradosso? Da un lato assistiamo a bombardamenti incessanti che devastano vite e comunità, dall’altro la vaccinazione ci viene presentata come un atto di benevolenza, una boccata d’aria fresca in un oceano di sofferenza. Possiamo legittimamente chiederci: si tratta davvero di filantropia o semplicemente di un modo per capitalizzare una situazione tragica? Dopo tutto, ogni siringa infilata in un braccio è accompagnata da una pioggia di sussidi internazionali che, anziché placare, rischiano di sterilizzare ulteriormente questo popolo già martoriato. È un bell’esempio di cinismo al suo peggio: usare il disagio umano come un’opportunità di guadagno. La domanda che sorge spontanea è: chi beneficia davvero di questa “benevolenza”? Gli abitanti di Gaza non meritano forse di meglio di un doppio gioco in cui la loro sofferenza viene sfruttata e curata allo stesso tempo, come bambole di pezza in una tragica commedia con miliardari che tirano i fili?
Anche il ruolo dello Stato in questa dinamica è preoccupante. Sotto l’egida di leader come Emmanuel Macron, che si sta posizionando come il “sicario economico” al servizio di queste élite, la privatizzazione dei servizi pubblici sta accelerando. La transizione verso un modello di governance in cui il benessere sociale è delegato a imprese private sta avvenendo a spese dei più svantaggiati e con le nostre tasse. Lungi dal rispondere ai bisogni fondamentali delle persone, queste iniziative non fanno altro che rafforzare il potere delle grandi imprese, trasformando i cittadini in clienti e i diritti sociali in privilegi. Un vero piacere per gli azionisti, non è vero?
Questa confluenza di interessi – quella di miliardari, istituzioni finanziarie e governi complici – sta creando un sistema che svaluta la dignità umana e mette in discussione le fondamenta stesse della nostra società. In nome di una filantropia malintesa, della presunta necessità di ridurre la popolazione e del miglioramento tecnologico della specie, questi attori stanno cercando di imporre una visione disumanizzata e diseguale del mondo. È giunto il momento di rimanere vigili di fronte a questi abusi, denunciando la retorica che maschera intenzioni dannose e difendendo un’umanità che pone la solidarietà e la diversità al centro del suo futuro. Perché è in questa diversità che risiede la nostra vera forza, ed è proteggendola che garantiremo la sopravvivenza della nostra specie.
La follia megalomane dei miliardari della tecnologia, che si presentano come architetti di un futuro ideale, rivela un profondo distacco dalla realtà e una sconcertante impunità. Con il pretesto di compensare il declino demografico e di preservare i valori culturali che considerano essenziali, questi individui non esitano a trattare gli esseri umani come semplici oggetti, prodotti da migliorare e selezionare secondo criteri da loro stabiliti. Il loro mantra, secondo cui la selezione naturale è ormai inefficace, illustra questa arroganza: sostengono che i progressi della medicina e le condizioni di vita attenuano i processi di selezione, implicando che spetta a loro prendere le redini dell’evoluzione umana. Adducendo la necessità di una crescita demografica per mantenere la stabilità dei sistemi sociali ed economici, giustificano pratiche eugenetiche che, in realtà, minacciano l’essenza stessa dell’umanità.
Tuttavia, questa retorica è ampiamente contestata dalla comunità scientifica e dai difensori dei diritti umani, che sottolineano i pericoli di tale interferenza nella vita privata e nella libertà riproduttiva. Sostenendo che i progressi della genetica potrebbero garantire bambini più sani e intelligenti, si trascura l’impatto significativo dei fattori ambientali e sociali sul benessere individuale. Questa ricerca del miglioramento genetico può sembrare seducente, ma apre la porta ad abusi discriminatori e razzisti che ricordano le pagine buie della storia. In sostanza, questi miliardari non cercano solo di plasmare un mondo a loro immagine e somiglianza, ma di sradicare tutte le sfumature dell’umanità, convinti che la loro ricchezza dia loro il diritto di decidere chi merita di nascere.
In fin dei conti, solleviamo il velo su queste azioni filantropiche che, lungi dal promuovere il bene comune, mirano a rafforzare un sistema già diseguale. Bill Gates, Jeff Bezos, Warren Buffet e George Soros, lungi dall’essere eroi moderni, incarnano i veri pericoli del nostro tempo: architetti di un ordine mondiale retrogrado e disumanizzato. Usando la loro ricchezza per influenzare le politiche pubbliche e ridefinire i nostri valori, minacciano la biodiversità e la dignità umana. In un mondo in cui sembra regnare l’impunità per i potenti, in cui i miliardari si destreggiano tra le questioni sociali e ambientali come se fossero semplici pedine su una scacchiera, è fondamentale denunciare questi abusi e difendere una visione alternativa. Una visione basata non sull’arroganza di pochi, ma sulla carità, sulla diversità biologica e sul rispetto dei diritti di tutti. Questi valori, spesso relegati al rango di slogan pubblicitari, dovrebbero costituire il fondamento della nostra umanità.
In quest’ottica, è essenziale mettere in discussione la retorica che glorifica la filantropia come una panacea. Invece di accettare passivamente che i miliardari definiscano i termini dell’aiuto, dobbiamo chiederci: chi ha davvero bisogno di questi aiuti? Quali sono le reali motivazioni alla base di queste iniziative? Come rispondono alle esigenze delle comunità che dicono di servire? Se tiriamo fuori le nostre lorgnette, possiamo osservare da vicino questa danza di miliardari, che si sforzano di dare l’illusione di un cambiamento positivo, preservando solo i propri interessi.
È tempo di risvegliare le nostre menti critiche e di esigere una responsabilità collettiva. I governi, troppo spesso complici di questi poteri finanziari, devono essere chiamati a risponderne. Non basta applicare soluzioni tecnologiche a problemi sociali complessi; è indispensabile adottare approcci sistematici e inclusivi che tengano conto delle esigenze dei più vulnerabili.
La giustizia sociale deve essere al primo posto, perché senza di essa ogni promessa di progresso è solo una facciata. Quando le voci degli oppressi vengono messe a tacere e le disuguaglianze aumentano, ci avviamo verso una società disunita, indebolita da tensioni crescenti. Ogni atto di carità, ogni atto di resistenza all’abuso di potere, conta. Sono questi piccoli fuochi di resistenza che possono illuminare la strada verso un futuro in cui i diritti di tutti siano rispettati.
In definitiva, difendere una visione alternativa non è solo una questione di parole, ma di azione. Richiede un impegno a lungo termine per coltivare una società che valorizzi la dignità umana, dove ogni individuo abbia non solo il diritto di sognare, ma anche i mezzi per realizzarli. Solo proteggendo questa biodiversità e difendendo la dignità di ogni essere umano possiamo immaginare un futuro più giusto e umano.
Dietro lo spettacolo scintillante dei miliardari e della loro filantropia da vetrina si nasconde una realtà molto più pericolosa, in cui gli interessi dei più ricchi spesso, se non sempre, prevalgono sul bene comune. Non lasciamoci ingannare dalla patina lucida dei loro finanziamenti caritatevoli. Apriamo gli occhi sulle loro spudorate bugie e manipolazioni, uniamo le forze e lavoriamo insieme per costruire un mondo in cui la carità e la biodiversità non siano solo parole d’ordine, ma principi attivi che guidino le nostre scelte e le nostre azioni.
Stringendoci attorno a questi valori, saremo in grado di garantire non solo la nostra sopravvivenza, ma anche quella delle generazioni future in un mondo in cui ognuno ha il suo posto. Nel frattempo, pensate a boicottare le loro aziende e a informarvi sui vostri acquisti, perché è da qui che parte tutto…
Phil BROQ.
Fonte: Archivio Privato
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