Non Potendoci Rubare l’Anima, per Farci Diventare Come Loro ce l’hanno Avvelenata
L’anima è quella cosa che nessuno sa di averla ma tutti temono di perderla.
Toba60
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Non Potendoci Rubare l’Anima, per Farci Diventare Come Loro ce l’hanno Avvelenata
Ho vissuto gli anni di piombo nel mio paese, un paese del Mediterraneo, l’ho fatto per un sogno, un sogno ben presto divenuto avvelenato. Ho imparato a mie spese che l’essere sensibili all’umano riduce le aspettative di vita.

Tutte le stragi e violenze commesse dal potere, avevano l’obiettivo di costruire il paese come è adesso, noi non eravamo compatibili con questo paese.
L’amarezza di essere stati defraudati del nostro sogno, di vivere in un mondo più umano, ha avvelenato il nostro sogno e finanche le nostre anime.
Si racconta di Driss, un testimone degli anni di piombo (periodo che va dalla metà degli anni Sessanta alla fine degli anni Novanta) in un paese arabo del Mediterraneo, della sua terra, dei conflitti, della fine di ogni speranza, di ogni sogno, dell’impossibilità di vivere in pace, di non poter avere uno scopo nella vita, di un uomo che non ama più la vita, di un luogo dove regna la rassegnazione, dove il sapere non serve a nulla a meno che non lo si metta a disposizione dei padroni, della lotta per un mondo dove nessuno avrebbe dovuto sentirsi un incompiuto, dove non si soffre ininterrottamente, dove si incontrano persone belle umanamente, dove i giovani non sono indifferenti e guardano con entusiasmo al futuro e lo pensano nel proprio paese.
Non hanno neanche tentato il dialogo con noi, ci hanno semplicemente massacrati. Sembra che la nostra generazione non sia neanche esistita. La nostra è una storia che non deve essere conosciuta, questo forse è il loro crimine peggiore.
Non siamo stati i primi a subire questo trattamento inumano, il nuovo regime finanche a non pochi di coloro che hanno vinto la lotta contro la colonizzazione straniera, ha riservato loro una terribile sorte. Avevano il torto di volere un paese non dominato da una piccola minoranza e questa ha reagito. Eroi nazionali condannati come se fossero stati i peggiori malfattori.
Gli anni di piombo, per noi non sono un periodo che inizia negli anni Sessanta e finisce negli anni Settanta, da noi anche dopo che furono annientati i movimenti di protesta, la repressione continuò a essere attiva perché continuava la cosiddetta guerra fredda. È un’epoca che si caratterizza per gravi violazioni dei diritti umani: arresti arbitrari, torture, persone scomparse, gravi ritorsioni contro membri delle famiglie degli oppositori. Tanti giovani, anche tante ragazze, sacrificarono la loro vita o i loro migliori anni per rivendicare il diritto di dire no all’oppressione. Giovani colpevoli di distribuire volantini, di partecipare a riunioni a manifestazioni a scioperi, di aver scritto poesie.
Il potere, per assicurarsi la vittoria e la continuità, ha programmato il sistema statale a fare il male a orientarsi solo verso gli interessi dei più ricchi.
Uno dei nostri errori è stato quello di farci delle illusioni antropologiche. Ossia pensare che i più poveri, non avendo alcuna proprietà se non la loro forza-lavoro, non avrebbero riprodotto forme di sfruttamento, forme di violenza al loro interno. Abbiamo dovuto invece prendere atto di una lotta senza esclusione di colpi, tra di loro, per accedere alle briciole che lasciavano i più ricchi. L’accettare la corruzione per ottenere qualche beneficio, l’accettare la batteria dell’auto gratuita contro una verità incompleta. L’accontentarsi della libertà consentita agli schiavi.
Abbiamo constatato che promuovere le radici religiose e culturali del paese, non è stato altro che uno stratagemma per nascondere la deriva morale, la diffusione della cultura consumistica, il denaro come valore supremo, lo strapotere del capitale e della finanza e l’arroganza del potere. Di fatto si assiste a una estromissione dei veri valori religiosi e a una secolarizzazione della società funzionale agli interessi dell’élite. Il sistema permane feudale e si propaganda una religione attentissima agli aspetti formali, teologici, ma che ha smarrito i valori della solidarietà e della misericordia. È una religione che vuole rendere il popolo vittima di un delirio collettivo: se si aderirà acriticamente ai dogmi religiosi propagandati si dominerà il mondo.

Dal racconto di Driss se ne deduce che i veri vincitori sono stati, oltre all’élite dominante, tutti coloro che hanno accettato il potere, anche se inumano, ed hanno cercato finanche di averne dei benefici e quando li hanno ottenuti non sono stati neanche costretti a emigrare.
Tutto ciò ricorda molto quello che diceva Leonardo Sciascia di noi italiani, diceva che il nostro eroe nazionale è don Abbondio, che resta lì dov’è sopravvivendo a tutto e a tutti. Sopravvive a don Rodrigo, all’Innominato e persino alla peste. Ossia, il nostro eroe è chi si adegua a tutto, anche al male peggiore, che non cerca neanche minimamente di rifiutare ma tenta, invece, di trarne finanche dei benefici e considera stupidi coloro che desiderano ribellarsi. Nulla sembra cambiato nel nostro paese dall’epoca di Manzoni, basti osservare gli innumerevoli porta parola che si fanno passare per giornalisti od opinionisti indipendenti. Pertanto, il racconto di Driss, può essere utile anche a noi italiani, tutto ciò, mutatis mutandis, non accade anche in Italia e soprattutto nel nostro Mezzogiorno?
Anche da noi è accaduto che con la Resistenza tanti nostri connazionali hanno combattuto ed hanno vinto, ma si sono ritrovati in un paese molto diverso da quello sperato. Anche da noi, diceva Pasolini, si è avuto un mutamento antropologico. Anche da noi è stato promosso l’emigrare. Riporto, a titolo di esempio, ciò che fa dire Giuseppe Tornatore, nel capolavoro cinematografico Nuovo cinema paradiso (1988), ad Alfredo per convincere Salvatore a emigrare dalla Sicilia. La storia è ambientata nel secondo dopoguerra.
Non tornare più, non ci pensare mai a noi, non ti voltare, non scrivere. Non ti fare fottere dalla nostalgia, dimenticaci tutti. Se non resisti e torni indietro, non venirmi a trovare, non ti faccio entrare a casa mia. O’ capisti? Qualunque cosa farai, amala, come amavi la cabina del paradiso quando eri picciriddu. Vattinni! Chista è terra maligna.
Tutto ciò continua ad accadere ancora adesso e tutti i giorni.
Dal racconto, inoltre, si evidenzia un tema ricorrente: il ruolo della cultura della violenza nella storia dell’umanità e del come sia arduo intaccare questa cultura. L’esercizio della violenza concorre fortemente alla produzione e soprattutto alla concentrazione delle ricchezze nelle mani di pochi soggetti. Concorre quindi a promuovere le strutture del potere o meglio dei poteri: militare, economico, politico. Questi poteri inoltre controllano il potere mediatico, ossia gli organi di informazione, ed è soprattutto attraverso questo potere che si trasmettono i modelli culturali: ideologie, ostilità, odi razziali ecc.
Possiamo ancora aggiungere al racconto, che il potere militare non è utile solo per difendersi ma anche per imporre la propria supremazia sugli altri. Creare un nuovo ordine, una nuova società con nuove regole. Questo nuovo ordine cercherà poi di imporre la sua pace. Pertanto l’assenza di guerra non è necessariamente vera pace. Se questa è imposta in un clima di forte ingiustizia, non può che essere garantita da continui finanziamenti in armi e violenza. Questi impediscono i finanziamenti per alleviare le sofferenze della parte più povera della popolazione e quindi determineranno altra morte, disperazione, flussi migratori. Per tale ragione ancora adesso più di un miliardo di persone nel mondo continuano a essere private del necessario per vivere.
Giuseppe Spedicato
Fonte: sinistrainrete.info
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