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Come l’Ecomafia Napoletana ha Causato l’Esplosione dei Casi di Cancro

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Come la mafia napoletana ha fatto esplodere i casi di cancro

Pochi giorni prima della mia visita all’ospedale Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta, i medici ricevettero un bambino di undici anni che lamentava mal di testa. Temevano il peggio e, in effetti, la diagnosi ha presto dato loro ragione: il bambino aveva un tumore al cervello.

Un altro. Era troppo presto per dare una prognosi, troppo presto per confortare i genitori, che furono completamente colti di sorpresa. In questa piccola città, dove i medici avevano raramente dovuto trattare bambini affetti da cancro – e tanto meno da tumore al cervello – questi casi tragici si ripetono mese dopo mese.

Troppi giovani pazienti stanno morendo. Alcuni sono neonati che, appena usciti dal grembo materno, sono già stati divorati dalla malattia. E poi ci sono tutte quelle donne che hanno sviluppato il cancro al seno troppo presto, e tutti quegli uomini con il cancro ai polmoni che non hanno mai fumato.

E tutti i bambini nati con la sindrome di Down, anche se le loro madri erano relativamente giovani. Piccole fumarole fuoriescono dal terreno

Cosa sta succedendo in questa regione della Campania, a nord di Napoli, ormai nota come “triangolo della morte”?

Per gli abitanti del luogo, la risposta si trova probabilmente a cinque chilometri di distanza, in una vecchia cava di pietra nei pressi del centro storico di Maddaloni. Enzo Tosti, un energico educatore di 57 anni, mi accompagna sul posto. Lui stesso è in cura da cinque mesi, mi spiega, perché le sue analisi del sangue hanno rivelato livelli anormalmente alti di diossina. “Ho pensato di trasferirmi altrove per la mia salute, ma dove volete che vada? Questa è la mia casa”, sospira. Mappa: Google Maps. Quando scendo dall’auto, si copre la bocca con una mano e mi ordina di sbrigarmi.

Con passi instabili, cerco di seguire al meglio la mia guida attraverso il terreno pieno di crepe e buche. Sotto di noi, un odore pungente di sostanze chimiche ci prendeva la gola e piccole fumarole fuoriuscivano dalla terra. Con un gesto della mano, Tosti interrompe le mie domande: “Ne parliamo in macchina! Sulla via del ritorno, mi racconta di come la mafia locale abbia scaricato qui enormi quantità di rifiuti industriali contaminati e poi, contro ogni aspettativa, abbia ottenuto l’autorizzazione allo scarico a posteriori. I rifiuti erano tossici e sono stati scaricati in mezzo a fertili terreni agricoli, vicino a una concessionaria di auto, a sale di lotteria e a negozi di mobili, e a poche centinaia di metri da una città di 39.000 abitanti.

Da 18 mesi è in corso un’inchiesta giudiziaria, ma nessuno si aspetta che si arrivi a una denuncia. Bevi Napoli e muori Perché questo caso è tutt’altro che isolato. In questa regione d’Italia, un tempo considerata un paradiso, ci sono migliaia di discariche abusive: nei canali e nelle grotte, nelle cave e nei pozzi, sotto i campi e le colline, sotto l’asfalto delle strade e negli scantinati delle case…

Secondo un insider della mafia, per anni le aziende del Nord industrializzato hanno preferito pagare somme irrisorie alla criminalità organizzata per sbarazzarsi dei loro rifiuti illegalmente, piuttosto che pagare il prezzo di mercato per farli trattare correttamente. La camorra, organizzazione mafiosa operante in tutta la Campania, ha contaminato gran parte del proprio feudo spargendo ovunque metalli pesanti, solventi e composti del cloro. Gli effetti drammatici della sua incoerenza cominciano solo ora a farsi sentire.

La storia di queste discariche illegali è una macchia sull’Italia e rivela il lato oscuro del capitalismo.

Medici e scienziati vedono in questo inquinamento un perfetto esempio di “exposomics”, una nuova disciplina che studia gli effetti deleteri dell’esposizione ambientale sulla salute. Tutto è iniziato nel 1980 Le origini di questa storia possono essere fatte risalire al terremoto del novembre 1980.

Ian Birrell

Fonte: aurepouliquen.fr

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