Esperienza e Consapevolezza
Esperienza e consapevolezza.
Tutti abbiamo vissuto una serie di esperienze durante la vita, ma di quante di quelle esperienze, abbiamo davvero “fatto esperienza”?
Crediamo che, (per esempio) l’aver passato una notte al freddo sia stata una esperienza vissuta, ma, di quell’evento, quanto abbiamo “colto” (e raccolto)?
Quello che sto per proporre potrebbe sembrare paradossale, ma se segui fino in fondo e se lo fai correttamente, potrebbe cambiare la vita.
Abbiamo fatto l’esempio del freddo, ma la stessa cosa vale per qualunque situazione, per qualunque “esperienza”, di qualunque genere e a qualunque livello.
Lo scopo dell’anima è “fare esperienza” e fino a quando non avrà fatto tutte le esperienze che ha scelto di fare nel corso di questa vita, continuerà a cercare situazioni in cui quella esperienza potrà essere “vissuta pienamente”.
Ce ne possiamo accorgere per esempio quando ci rendiamo conto che certe situazioni continuano a ripetersi, nonostante abbiamo cambiato perfino il contesto sociale e fisico nel quale viviamo.
Quando ci accorgiamo che, indipendentemente dal contesto, dal luogo e dalle persone, in noi continua a persistere un certo tipo di emotività, ci accorgiamo che abbiamo proprio una specie di “calamita” per certe situazioni, allora capiamo che qualcosa in noi praticamente “ne sente il bisogno”.
Questo sembra assurdo, ma se vediamo come spesso si svolge la vita in certe circostanze, non si può più avere dubbi.
Perché ripetiamo sempre le stesse esperienze?
Perché ci troviamo tanto frequentemente nelle stesse circostanze e condizioni emotive?
Perché ce le cerchiamo?
Perché siamo una calamita per certe condizioni emotive?
Ah, dimenticavo, molto spesso non ci accorgiamo nemmeno dell’aspetto emotivo, ci fermiamo all’aspetto materiale e magari vediamo “solo” che un certo tipo di persone ce le troviamo sempre davanti, oppure che una certa circostanza si ripete troppo frequentemente ma raramente riusciamo a vedere l’aspetto emotivo che sta alla base.
Se riuscissimo a vedere l’aspetto emotivo, molto probabilmente riusciremmo a vedere anche che, quella emotività profonda, si sta manifestando in molte altre aree della vita quotidiana.
Ma, se lo scopo dell’anima è fare esperienza e se una certa emotività
profonda è così tanto presente nella nostra vita quotidiana, se
l’abbiamo vissuta già tantissime volte, perché non è ancora stato
soddisfatto questo bisogno animico?
Quanti altri anni dobbiamo continuare a vivere questa emotività profonda?
Quanti altri anni di esperienza le serviranno?
Possibile che l’anima, dall’alto del suo infinito potenziale non è ancora riuscita a vedere tutto “quello che le serve”?
Forse ci è sfuggito qualcosa, forse, l’esperienza deve essere vissuta in un altro modo.
Pensiamoci un po’…
Quante brutte esperienze abbiamo già portato a risoluzione e non abbiamo più vissuto con la solita sofferenza?
Quante volte abbiamo sostanzialmente già guarito “spontaneamente” delle situazioni ripetitive della vita quotidiana passata?
Se fai un piccolo sforzo la troverai sicuramente qualche esperienza guarita quasi “miracolosamente”, è già successo a tutti.
Cosa ha permesso la guarigione durante quella ennesima sofferenza?
Semplice.
Praticamente è successa una cosa “anomala”, che in realtà non è
esattamente una anomalia ma qualcosa di assolutamente naturale, però la
percepiamo come anomalia perché non siamo abituati a lasciar scorrere le
energie nel silenzio della mente.
Ciò che è sempre successo quando è arrivata una guarigione è il silenzio della mente.
Ma non un silenzio qualunque, è accaduto un “silenzio in presenza e consapevolezza”.
È una cosa molto difficile da capire all’inizio, ma questo è tutto quello che serve capire e fare.
Dicevamo che l’anima vuole “semplicemente” fare esperienza ma l’esperienza che vuole fare non è materiale, è una esperienza emotiva e sensoriale, attraverso la materia.
Le situazioni materiali sono cambiate tante volte ma la sensazione di fondo che inconsapevolmente abbiamo cercato è rimasta sempre la stessa, questo dovrebbe bastare per capire che il fatto materiale non ha nessun valore se non quello di suscitare in noi qualcosa.
Se (per esempio) siamo fondamentalmente freddi o abbiamo frequentemente rapporti con persone fredde ed è la freddezza il tema di cui l’anima vuole fare esperienza, ci troveremo frequentemente in ambienti freddi, sia di temperatura che di sentimenti ed emotività.
Fino a quando l’anima (e l’inconscio) non avranno vissuto in modo pieno l’esperienza del freddo o della freddezza, continueranno a portarci in situazioni che ce la faranno sentire.
Ma come si vive in modo pieno un’esperienza?
Cosa significa “vivere pienamente una esperienza”?
L’aver sofferto il freddo in una situazione inevitabile, magari anche con qualche rischio, possibile che non è bastata?
Perché non è bastata tutta l’esperienza vissuta in tanti anni e in tante occasioni ripetute?
Il “problema” è tutto nel “come” abbiamo vissuto.
Quando c’è una sofferenza, di qualunque genere, abbiamo tutti la tendenza a distrarci da quella sofferenza.
Lo facciamo in milioni di modi diversi ma ogni modo ci porta lontano dalla sofferenza del momento.
Ci distraiamo a volte proprio di proposito, anzi siamo (stati) convinti addirittura che se ci fa male qualcosa, è bene pensare a qualcos’altro che ci distrae.
Ma ci distraiamo anche in modi più subdoli, per esempio dando la colpa della nostra sofferenza a qualcuno che ci ha messi in questo casino oppure agli eventi, o al governo o al maltempo.
Insomma, viviamo nell’esperienza ma non vediamo l’esperienza stessa dal “giusto punto di vista” e soprattutto non la vediamo in modo completo.
Non ci accorgiamo che stiamo (con l’attenzione) al di fuori del mondo nel quale ci troviamo, facciamo di tutto per uscire dal contesto emotivo e sensoriale nel quale ci troviamo.
Quando una parte di noi non è presente all’esperienza del momento, l’esperienza stessa sarà nulla.
Nulla di fatto per l’anima e l’inconscio che dovranno fare nuovi sforzi
per portarci in nuove situazioni dove questa esperienza emotiva e
sensoriale potrà di nuovo ricrearsi.
Quindi qual è “il problema”?
Il “problema” è la nostra attenzione.
C’è una parte di noi che si assenta durante l’esperienza e che “non
raccoglie” il “materiale emotivo e sensoriale” che si sta producendo,
anzi, spesso lo falsa spostando responsabilità e attenzione su contesti o
responsabili esterni a noi stessi.
Se sentiamo freddo oppure la freddezza di una persona o di una
circostanza, riusciamo a “stare” pienamente nell’insieme di sensazioni
ed emozioni che stiamo vivendo?
Riusciamo a stare con l’attenzione tutta in noi stessi e in quello che sta succedendo IN NOI?
Riusciamo a vivere pienamente questa esperienza del momento senza
distrazioni da noi stessi e da tutto quello che sta succedendo in noi
stessi e SOLO IN NOI STESSI?
Riusciamo a stare con la mente ferma e attenta solo a noi stessi, senza cercare vie di fuga o senza scaricare la responsabilità, e con essa l’attenzione altrove?
Tutto quello che accade è il risultato di una serie di circostanze ed eventi che inconsapevolmente abbiamo cercato, proprio per creare situazioni adatte a vivere e sentire una certa esperienza, se non la vivremo pienamente, coscientemente e con “matura responsabilità”, saremo costretti dal nostro inconscio e dalla nostra anima a ricrearle all’infinito, perfino somatizzandole nel nostro corpo in forma di malattia.
Per questo, anche in una malattia, il sentirla pienamente, il viverla pienamente, in tutte le sensazioni ed emotività che ci propone, con fiducia che è sicuramente il risultato di troppo tempo di non ascolto, anche la malattia può guarire, a volte semplicemente vivendola pienamente in tutte le informazioni interiori che ci trasmette, informazioni non da capire, ma da sentire dentro, dove la mente deve solo essere presente.
Nella malattia può avvenire una guarigione immediata oppure graduale o come minimo ci porterà verso un percorso di guarigione anche attraverso medicine che però, finalmente faranno velocemente l’effetto desiderato, quasi sempre senza le “classiche controindicazioni”.
L’effetto”miracolo”, in qualche modo si farà sempre vedere.
Per questo motivo tutti i Maestri del passato hanno sempre insistito sull’importanza del Qui&Ora, l’importanza della presenza totale al momento presente.
Ancora una volta, buona AutoOsservazione, consapevolmente.
Con il cuore aperto, da Giuseppe Lembo.
Fonte: Osservazione Quantica