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A Cosa Serve Veramente l’Istruzione?

Una persona può anche essere tempestata da una infinita quantità’ di stimoli predisposti a modificare il proprio comportamento, ma se ha una base educativa stabile ed equilibrata, nulla potrà mai indurlo ad agire in modo indiscriminato e privo di autonomia.

L’essere umano non e’ predisposto per obbedire ciecamente al primo che capita e nemmeno a prevaricare i diritti di ogni membro della comunità, farlo significa alterare la naturale predisposizione di ognuno.

L”educazione ha un ruolo complementare a quello familiare e l’esito viene purtroppo scomposto come un mattoncino lego, creando quella divisione infernale che i manipolatori sociali sfruttano con sapienza, creando quella dipendenza che rende gli uomini dei burattini senza fili, legati tra loro dal solido cemento della passività’ che li priva di ogni libero pensiero

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A Cosa Serve l’Istruzione

La maggior parte di noi concepisce la scuola come cruciale per la salute degli individui e della società e accetta questa idea come una verità assoluta, per la quale non c’è alternativa e nessuna discussione possibile.

Come pappagalli ammaestrati ripetiamo continuamente gli stessi cliché sulla sacrosanta necessità della scolarizzazione dei bambini e associamo automaticamente nella nostra testa “niente scolarizzazione” allo sfruttamento infantile e all’esclusione sociale.

E una volta che abbiamo fatto queste associazioni automatiche e spesso semplicistiche, abilmente inoculate nella nostra mente, evitiamo di affrontare in profondità il funzionamento stesso delle scuole e il loro coinvolgimento nella distruzione della nostra identità individuale.

Dimentichiamo rapidamente i concetti fondamentali che dovrebbero riguardare noi esseri umani e li copriamo con elementi superficiali e circostanziali come l’alfabetizzazione, la formazione accademica e il successivo ottenimento di un lavoro ben retribuito e socialmente riconosciuto.

È triste, ma una questione così cruciale come la formazione degli individui non viene mai affrontata come qualcosa di trascendente.

Così, in paesi come la Spagna, si assiste, legislatura dopo legislatura, ad una continua e perenne lotta tra i due maggiori partiti per decidere quale legge sull’educazione si applica all’istruzione pubblica.

Ci immergiamo in sterili discussioni sul modello educativo concentrandoci su aspetti come l’educazione alla cittadinanza, la fottuta religione, l’educazione sessuale, le identità nazionali o se sia necessario o meno recuperare la lista dei Re Goti.

E mentre ci impantaniamo nella pestilenziale dialettica PP-PSOE, nella falsa e teatralizzata lotta tra presunti progressisti di sinistra e reazionari di destra e nei piccoli dettagli della discussione sotto forma di rapporti PISA, ottenimento di borse di studio e materie obbligatorie e opzionali, togliamo l’attenzione dal vero problema: e cioè che gli uni e gli altri litigano, letteralmente, su quale programma mentale debba essere installato nel cervello dei più giovani.

È come se due informatici stessero discutendo animatamente se installare Windows o Linux come sistema operativo su un computer.

Questo è ciò a cui abbiamo ridotto l’educazione delle persone: la mera programmazione di robot.

E sembra che nessuno voglia rendersi conto di questo o approfondire ciò che significa veramente mandare un bambino a scuola con questi modelli di insegnamento, non su scala ideologica o politica, che sono infatti aspetti inconsistenti, ma su scala umana.

Perché cosa facciamo quando portiamo i nostri figli a scuola?

Quello che facciamo è consegnarli nelle mani di estranei per essere programmati, per plasmare le loro menti e trasformarli in ingranaggi del sistema.

E una volta tagliata la loro individualità, una volta ridotta la loro possibile visione personale del mondo alla minima espressione, vengono classificati in pezzi di prima, seconda o terza categoria, secondo la loro funzione nella grande macchina e gli facciamo credere che nel fatto di essere classificati in questa o quella categoria sta il trionfo nella vita e la piena realizzazione come esseri umani.

Perché l’obiettivo primario dell’educazione ufficiale è che non diventiamo mai quello che potremmo essere secondo i nostri criteri, ma che diventiamo quello che dovremmo essere secondo gli schemi preconcetti del Sistema.

Dopo tutto……

Qual’é la prima cosa che ti hanno insegnato a scuola?

Non te lo ricordi piú?

Non ti ricordi la prima cosa che hai imparato il tuo primo giorno di scuola?

La prima cosa che hai imparato è quella di OBBEDIRE.

Obbedire all’autorità senza ragione o giustificazione. Obbedire solo perché. Obbedire ciecamente a un estraneo con il quale non avevi alcun legame emotivo e accettare tutto quello che ti diceva come una verità assoluta e indiscutibile.

Questa è la prima e più importante “lezione” che abbiamo ricevuto il primo giorno di scuola.

Ed è impresso nella nostra mente per sempre.

Potete essere sicuri che il Sistema non rinuncerà mai a questo prezioso meccanismo, perché questa obbedienza obbligatoria allo straniero rappresenta il pilastro fondamentale su cui si basa ogni meccanismo di autorità nella società attuale.

Quel primo giorno di scuola, in cui molti bambini, tra lacrime e singhiozzi, si separano per la prima volta dai loro genitori e diventano soggetti alla tutela di un completo estraneo, a cui devono sottomettersi sotto la minaccia di una punizione, quel giorno in particolare, rappresenta il grande trionfo del sistema sull’individuo.

Quell’impatto emotivo, seguito dalla rassegnazione di essere sottomessi da un estraneo, rappresenta il meccanismo psicologico fondamentale che ci trasforma in schiavi del Sistema per il resto della nostra vita.

Perché una volta che la nostra psiche è segnata da questa forte impressione in un’età così tenera, impariamo ad obbedire ciecamente a qualsiasi tipo di autorità, senza mai chiederci perché dovremmo farlo.

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È pura programmazione mentale

Sicuramente ci sarà chi sosterrà che secoli fa, quando la popolazione non riceveva l’istruzione obbligatoria, esistevano anche i concetti di autorità e obbedienza.

Ma paragonare epoche così diverse tra loro in termini sociali, economici, culturali, tecnologici e persino psicologici è assurdo, poiché ogni epoca obbedisce ai propri meccanismi logici e le circostanze del sistema si evolvono adattandosi ad esse.

E al giorno d’oggi, che è quello in cui viviamo qui e ora, le scuole agiscono come catene di montaggio di cittadini obbedienti e programmati.

Fabbriche in cui i rozzi lavoratori vengono chiamati “insegnanti”, quando in realtà non sono altro che impiegati pubblici sacrificabili, che, come i bracci robotici, possono essere sostituiti da altri se non assemblano bene i pezzi, senza quasi notare la differenza.

Se qualche insegnante o professore sta leggendo questo e si sente ferito o insultato, forse dovrebbe prendersi del tempo per riflettere prima di reagire con rabbia.

Non siete obbligati a “istruire” i vostri studenti secondo un programma scolastico perfettamente segnato e stipulato dall’alto?

A cosa si riduce allora il suo intervento nel processo di insegnamento delle generazioni future?

Ripetere ciò che ti viene ordinato sotto la minaccia di perdere il lavoro?

Quanto tempo potete dedicare a stabilire legami affettivi con i vostri studenti ed esercitare un’influenza reale, profonda e positiva su di loro, da persona a persona e non da “funzionario” a “fascicolo scolastico numero tale e tale”?

Non siete voi le prime vittime di questi aberranti sistemi di insegnamento?

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Non siete trattati come operai completamente dispensabili e sostituibili?

Hai pensato profondamente a cosa significa veramente essere l’insegnante di qualcuno?

Cosa significa veramente insegnare?

Ti senti appagato dal lavoro che fai?

O c’è qualcosa che stride dentro di te, nel profondo, come un grido affogato dal bisogno del giorno per giorno che preferisci non sentire?

In un precedente articolo, intitolato PERCHE’ NON scoppia una rivoluzione, abbiamo esposto una delle principali cause che spiegano l’apatia generalizzata della società e la sua mancanza di risposta ai continui abusi ricevuti, e l’abbiamo attribuita all’eccessivo bombardamento di informazioni superficiali a cui siamo sottoposti nella società attuale.

Questo stato “interiore” di apatia, su scala psicologica, combinato con elementi esterni di natura economica, ovvi come la paura di perdere quel poco che si ha se ci si ribella, costituiscono la base logica per spiegare il conformismo e la sottomissione con cui la popolazione generale accetta tanti abusi e ingiustizie da parte dei più potenti.

Ma c’è un ulteriore elemento che non possiamo trascurare: l’incapacità generalizzata di concepire nuove strutture al di là del Sistema, di immaginare nuove alternative ad esso.

E questa incapacità creativa e intellettuale può essere attribuita in gran parte all’educazione che abbiamo ricevuto.

È stato in risposta al suddetto articolo che abbiamo ricevuto e-mail da due lettori del blog, che, poiché trattano il tema dell’educazione, rappresentano due testimonianze molto significative che ci invitano a riflettere profondamente sull’argomento.

Nella prima, una lettrice chiamata ‘Liberty’, una spagnola che vive in Svezia, ci ha dato il suo punto di vista sul problema dell’educazione in Spagna:

“…il grande problema che la Spagna ( E in gran parte del mondo) ha rispetto al resto dei paesi sviluppati ed europei è l’educazione, e so di cosa sto parlando.

Nel corso della mia vita, ho studiato in tre università diverse, in tre paesi diversi e ho il materiale per fare un confronto…. A scuola in Spagna, sia pubblica che privata, non ci hanno mai, assolutamente mai, insegnato a pensare.

La scuola in Spagna si basa su una serie di accumuli di dati, che impariamo a memorizzare con l’unico obiettivo di ottenere un buon voto all’esame”.

Non ti senti identificato con questo modus operandi degli studenti?

Ma il messaggio continua e diventa particolarmente rivelatore quando Liberty espone il caso di suo figlio:

“Ora sono madre di tre figli, che studiano in una scuola pubblica svedese, e nella quale il più grande di loro, che aveva ottimi voti in Spagna, è diventato uno degli ultimi della sua classe a soli 12 anni perché non sa pensare.

Non ha mai dovuto discutere, ragionare o gli è stato insegnato ad essere critico a scuola in Spagna”.

È davvero triste dover leggere una cosa del genere.

La vergogna del sistema educativo spagnolo è palese e persino dolorosa.

Ma al di là della specificità del caso spagnolo, il problema dell’educazione come strumento di programmazione e indottrinamento si trova in molti paesi.

Lo dimostra la risposta ricevuta, anche via e-mail, alla lettera di Liberty, che riproduciamo integralmente per il suo contenuto, molto rivelatore a questo proposito:

“Ciao, ho trovato molto interessante l’esperienza del lettore esiliato in Svezia che ti ha scritto via e-mail, che hai pubblicato nei commenti.

Prima di tutto vorrei dirvi che, come descrive questa lettrice, la mia esperienza con il sistema educativo spagnolo è terribile, forse perché a differenza di suo figlio, che lei descrive come ben adattato a questo sistema di memorizzazione e ripetizione, io sono sempre stato un bambino e adolescente estremamente curioso, critico e creativo, a cui piaceva pensare e approfondire tutte le questioni.

Per questo odiavo essere costretto a memorizzare fatti che erano lontani dal mio interesse, e ancora di più quando questo veniva fatto in modo meccanico e slegato.

Per questo, nonostante abbia superato tutto quello che mi ero prefissato in quegli anni basandomi su una legge di minimo sforzo e sulle mie buone capacità intellettuali, ricordo il mio tempo in classe come una lenta agonia di saturazione di dati e dati più inutili, di una disciplina quotidiana senza senso apparente, una competizione motivata dalla paura (studia se vuoi essere qualcosa nella vita) e una lotta costante contro la noia e la frustrazione.

Ma anche, con quello che so oggi e da una prospettiva adulta, vedo il mio passaggio attraverso il sistema scolastico come il più grande furto di tempo ed energia che abbia mai subito nella mia vita.

A volte penso che vorrei poter recuperare tutte le ore, i giorni, i mesi e gli anni che, contro la mia volontà, ho passato seduto in quelle gabbie per giovani umani, un tempo e uno sforzo che sento totalmente sprecato e inutile.

Penso a quanto mi sarebbe piaciuto dedicare tutta quell’energia alle mie vere passioni e interessi, di cui ero consapevole fin da bambino e che in quel sistema erano poco valorizzati.

Penso a dove sarei ora nel mio cammino, se non fossi stato soffocato da quella dottrina scolastica completamente alienante e devastante.

Ho sempre sentito che c’era qualcosa di tremendamente sbagliato nel sistema educativo, qualcosa che andava oltre le metodologie o gli sforzi, ma non è stato fino a pochi anni fa che questa intuizione è stata completata con prove.

La conferma che non ero io il problema.

A poco a poco mi sono imbattuto in pensatori contemporanei come l’inglese Ken Robinson, il cileno Claudio Naranjo o il brasiliano Rubem Alves, che hanno denunciato questi stessi difetti fondamentali del sistema educativo in ognuno dei loro paesi e a livello globale.

E curiosamente, erano tutti d’accordo che la ragione principale di questo “malfunzionamento” era il fatto che il sistema era stato progettato e realizzato non nell’interesse degli individui e del loro sviluppo umano, ma nell’interesse dell’industria economica che lo promuoveva.

Ma se dovessi parlare di un momento veramente rivelatore, una vera epifania che ha cambiato profondamente e per sempre la mia visione dell’educazione, è stato il mio incontro casuale o causale (dipende da come lo si guarda) con un libro specifico: “The Underground History of American Education – A School Teacher’s Intimate Investigation Into the Problem of Modern Schooling” di John Taylor Gatto.

Un ex insegnante dell’educazione pubblica americana che, come lui stesso spiega, dopo decenni di lotta dall’interno contro questo sistema alienante, e dopo una serie di indagini e scoperte, ha deciso di lasciarlo per sempre lo stesso giorno in cui è stato nominato insegnante dell’anno dello Stato di New York.

Probabilmente vi starete chiedendo cosa ha a che fare il sistema educativo americano con quello spagnolo, e la risposta è che fondamentalmente tutto ciò che viene spiegato nel libro può essere estrapolato alla nostra realtà educativa e a quella di quasi tutti i paesi del mondo.

Lo afferma anche lo stesso traduttore del libro, un insegnante di matematica spagnolo, che dopo aver scoperto l’edizione inglese, si è preso la briga di tradurre il libro e distribuirlo gratuitamente su Internet, dato che quest’opera non è pubblicata nella nostra lingua.

Così può essere facilmente trovato in qualsiasi motore di ricerca come Historia Secreta del Sistema Educativo.

Sarebbe troppo lungo per una e-mail spiegare tutto ciò che quest’opera tratta, perché è importante dire che non solo è piena di dati rigorosi e fatti verificabili, ma è scritta da un punto di vista profondamente umano che viene dall’intima esperienza personale dell’autore.

Per me, ciò che è più avvincente di questo libro (oltre alle esperienze di vita e professionali di Taylor Gatto all’interno del sistema educativo) è che il risultato delle sue indagini non si limita a una mera serie di speculazioni più o meno infilate, a cui siamo così abituati nel campo della denuncia cospirativa.

In questo libro, l’autore non espone ciò che crede, ma fatti e dati che esorta in ogni momento a cercare e contrastare nelle sue fonti (di cui dà riferimenti millimetrici per renderne possibile la consultazione) in ognuno degli eventi e dati esposti.

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Su ciò che ha significato per me e su ciò che penso possa significare per molte persone conoscere quest’opera e ciò che rivela, esporrò questo esempio come aneddoto personale:

Nel 2012 sono in un soggiorno di diversi mesi in Brasile. È lì che trovo questo libro in rete e comincio a leggerlo, mi cattura all’istante.

Una delle prime rivelazioni che mi sorprende e mi scuote è l’esposizione dettagliata, con fatti, citazioni verificabili e date, che l’autore fa sulla manipolazione che la pedagogia moderna subisce dalle sue origini da parte delle élite finanziarie. Un sistema educativo che è diventato universale e obbligatorio sotto la protezione di questi grandi capitali, che non solo lo hanno promosso, ma lo hanno anche creato e finanziato per perseguire i propri interessi.

Tra tutti i fatti che l’autore espone, mi colpisce particolarmente il modo in cui descrive l’introduzione di una sorta di “metodo difettoso” nell’insegnamento della lingua.

Un cambiamento nella pedagogia della lettura e del linguaggio il cui scopo (nascosto) è quello di ostacolare (e indirettamente dissuadere) gli individui scolarizzati dalla lettura e dalla scrittura piacevoli.

All’inizio lo trovo incredibile, quasi insensato, ma man mano che leggo i dati e le spiegazioni tutto ha sempre più senso.

Facendo un riassunto schematico di ciò che l’autore espone, arriva a rivelare che di fronte al metodo tradizionale utilizzato fino ad oggi (e praticamente durante tutta la storia della nostra cultura occidentale) per insegnare a leggere e scrivere, viene improvvisamente introdotto un nuovo metodo, insieme alla scuola dell’obbligo, sostenuto da moderni pedagogisti ed esperti delle fondazioni private create, tra i tanti, da Henry Ford, Andrew Carnegie o il clan Rockefeller.

Henry Ford, Andrew Carnegie Rockefeller.

Un sistema che doveva facilitare e migliorare l’apprendimento della lingua, ma che in realtà lo rendeva difficile e lo rallentava enormemente.

Tutto per rifornire l’enorme e crescente industria di manodopera docile e illetterata, o ciò che è lo stesso di indifesa e sottomessa.

Come ho detto all’inizio di questo testo, sono sempre stato critico e osservatore, e non credo in qualcosa solo perché è scritto in un libro, ma ciò che era descritto lì era esposto in un modo tale e con così tante prove schiaccianti che onestamente ho lasciato aperta la possibilità che fosse reale.

Ma fu per una di quelle meravigliose sincronicità descritte da Carl Jung, per quanto sorprendente possa sembrare, che la realtà mi offrì immediatamente la conferma di ciò che avevo appena letto.

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Non ricordo se quello stesso pomeriggio o il giorno dopo la lettura, ricevetti la visita di un insegnante locale di una scuola elementare, amico del proprietario di casa, nell’appartamento dove alloggiavo.

Ha cominciato a parlare delle cose più quotidiane fino a quando, senza che io facessi domande e senza nemmeno aver collegato l’argomento, ha cominciato a parlare del suo lavoro nella scuola.

Improvvisamente, ha detto qualcosa che ha catturato completamente la mia attenzione:

(Trascrivo approssimativamente le sue parole, tradotte dal portoghese). – Beh, i miei figli leggono già bene.

La direttrice si è congratulata con me questa settimana, perché la mia classe è l’unica in tutto l’anno in cui tutti i bambini hanno già imparato a leggere perfettamente.

Naturalmente, quello fu come una lampadina per me, le chiesi immediatamente il metodo che usava per insegnare a leggere, quasi sentendo che ero magicamente di fronte alla conferma di ciò che avevo scoperto così recentemente.

E sicuramente mi ha confessato che non usava il metodo pedagogico ufficiale per insegnare a leggere.

Mi disse che sebbene sapesse che era quello che doveva usare e quello che usavano tutti gli altri studenti della scuola, usava il “vecchio metodo” perché, istintivamente, sapeva che era migliore. Il metodo con cui lei stessa ha imparato a leggere a casa.

Eccitato, le ho chiesto in dettaglio la differenza tra i due metodi, e potete immaginare il mio stupore quando me li ha descritti, e tutto corrispondeva esattamente a ciò che il libro spiegava su quei metodi di apprendimento e la loro logica interna.

Ho divorato il resto del libro con vera avidità e posso dire che solo dopo averlo letto ho capito completamente e nella sua vera grandezza, il livello di manipolazione a cui questa fattoria umana che è la nostra società, sottomette le “caste inferiori”.

E non sto parlando dei media, qualcosa di molto più evidente, ma della loro formazione come individui.

Per questo considero che questo “sistema di indottrinamento obbligatorio” è il pilastro senza il quale il resto del processo manipolativo che si svolge durante l’età adulta (già senza capacità di discernimento e con la fiducia in se stessi totalmente minata) non potrebbe penetrare nel modo in cui lo fa.

Personalmente, da quando questa scoperta mi ha raggiunto, non ho perso l’occasione di diffondere questo lavoro, che considero non solo necessario, ma vitale.

Perché, come viene spiegato il metodo indù per l’addestramento degli elefanti:

Basta che il piccolo elefante, appena nato, sia legato quotidianamente ad una corda sottile alla sua gamba (dalla quale, a causa delle sue dimensioni, non può ancora liberarsi) in modo che quando raggiunge l’età adulta la sua mente si sia assimilata in modo tale da essere incapace di farlo, da non tentare più nemmeno di farlo.

Ecco perché gli elefanti adulti in India sono legati con la stessa corda della loro infanzia a un ramo debole e rimangono lì prigionieri dei loro stessi limiti mentali.

Anche se anche se fossero legati con una catena spessa attaccata ad un albero robusto, sarebbero in grado di romperla senza difficoltà.


Comunque, forse conoscete già il libro o l’argomento, ma se non lo conoscete e siete interessati ad approfondirlo, vorrei consigliarvi anche un altro libro (molto meno denso però) che è un’ottima lettura complementare a quello di Taylor Gatto. Forse perché, nonostante denunci lo stesso tema in modo meno dettagliato e forte, è più concentrato nel fornire una vasta gamma di esempi reali ispiratori contro questa terribile macchina di indottrinamento.

Forse perché, pur denunciando la stessa questione in modo meno dettagliato e forte, è più concentrato nel fornire una vasta gamma di esempi reali ispiratori contro questa terribile macchina di indottrinamento.

Il libro si chiama ‘The Element’ dell’educatore inglese Ken Robinson, che si può trovare pubblicato nella nostra lingua”.

Almeno queste testimonianze danno da pensare, no?

Nessun tentativo di migliorare il mondo in cui viviamo metterà radici se non siamo capaci di trasformare profondamente il modo in cui educhiamo gli uomini di domani.

È urgente affrontare la questione dell’educazione con coraggio, al di là delle superficiali sciocchezze ideologiche a cui ci hanno abituato i partiti politici del momento.

E questa è la responsabilità di tutti noi, anche se sono gli stessi insegnanti che dovrebbero guidare questo processo, per dignità personale e professionale. E per l’enorme responsabilità che ricade sulle loro spalle.

È arrivato il momento che questo accada.

Fonte: gazzettadelapocalipsis

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