Anatomia del calcio italiano oggi
Il calcio italiano come non ve lo hanno mai posto alla vostra attenzione.
Toba60
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Anatomia del calcio italiano
Vi è un gran parlare di un calcio come quello italiano che a detta degli addetti ai lavori non ha più tra le sue fila campioni di valore che possono competere con le squadre straniere, ed è in un contesto simile che mi sono sentito in dovere di porre sul piatto della bilancia le molte variabili che sono entrate in gioco in questi ultimi 20 anni sulla questione e spero ognuno di voi al termine della lettura possa in qualche modo disporre di tutti gli strumenti utili per potere essere autonomo in un suo giudizio finale.

Nel momento in cui scrivo avevo appena visto la partita delle qualificazione ai mondiali contro la Norvegia che ci ha visto soccombere per 4 a 1, un risultato in sé che un tempo avrebbe fatto gridare allo scandalo un intera nazione, mentre oggi viene serenamente riconosciuta da tutti la superiorità di una squadra che annovera tra le sue file giocatori di indiscusso valore, un po’ quello che era consueto vedere da parte dell’Italia nei tempi passati.
Considerare i valori delle squadre attualmente senza tener conto di tutte le variabili politiche economiche e sociali che si sono verificate da inizio secolo, vuol dire trascurare l’essenza di un fenomeno che con l’estrema semplicità tipica dei nostalgici di un calcio che non c’è, tende a enfatizzare attraverso speculazioni vincolate a tutti quei fattori emotivi che la passione di questo sport comporta.
Palare di giovani che imbastivano terreni di gioco improvvisati in terra battuta nelle periferie o in quelle in cemento tra le strette strade di ogni singolo paese e dove si amplificava ogni gesto tecnico in virtù di tutte quelle difficolta a cui andavano incontro, è stata la base di un movimento calcistico che si autoalimentava senza alcuna ingerenza esterna, per non parlare poi del ruolo educativo che inevitabilmente comportava anche il solo mettersi d’accordo per dare seguito ad un perpetuo rituale che si ripeteva ogni giorno.
Questa comunque era una realtà non diversa in un qualsiasi paese d’Europa, ecco che viene meno una giustificazione condivisa dai nostalgici di una realtà che non era un tratto distintivo del calcio italiano, ma di un qualsiasi paese al mondo svincolato da tutte quelle variabili che ora avrete modo di conoscere.
La cultura, che sia sociale, politica o nel caso nostro sportiva, è strutturata sulla base di un sentire popolare che col tempo si consolida fino a dare un impronta la quale sancisce successivamente le caratteristiche degli abitanti che ci vivono, una delle peculiarità che da sempre contraddistingue il popolo italiano è la fantasia che a cominciare dal rinascimento ha via via amplificato ogni sua ingerenza sino ai giorni nostri coinvolgendo ogni sfera della vita pubblica e privata, sport compreso.
Naturalmente negli altri paesi si è verificato lo stesso fenomeno che ha preso forma in modo distinto attraverso tutte quelle caratteristiche fisiche e culturali che tutti ben conosciamo in relazione all’ambiente di provenienza.
Un tempo la distinzione tra il calcio inglese quello tedesco quello italiano o Sudamericano per fare un esempio era ben definito, all’interno di ogni paese vi erano pure li delle sostanziali differenze dettate dal clima e da tutte quella variabili annesse ad un determinato luogo, quando si parla di giocatori di calcio Brasiliani per esempio si deve fare una netta distinzione tra coloro che provengono dalla provincia di San Paolo o Quella di Rio, mentre i primi per carattere ed abitudine sono simili ai giocatori europei e si adattano meglio al nostro gioco, i secondi sono per definizione molto più attinenti a quello che è il modello che noi comunemente abbiamo attribuito loro di giocolieri del pallone, fatto di dribbling e giocate impossibili sotto l’aspetto squisitamente tecnico. (Sto semplificando molto la questione per darvi un idea di come si deve ragionare diversamente quando si parla di differenze in ambito calcistico)
Ed ora veniamo a noi che da un po’ di tempo cerchiamo di dare un senso al venir meno di una competitività che alla luce di come si è evoluta la società in cui viviamo è quanto di più normale possa essersi verificato. (Lo stesso problema a ben vedere lo hanno seppur in forma meno marcata i padri del bel calcio come il Brasile)
L’avvento di un neoliberismo condiviso unito ad una struttura sociale che ha imposto determinate regole ha fatto si che lo sport si sia adeguato di conseguenza, seguendo un corso che sempre più si è allontanato dalla sua funzione originaria che la vedeva portavoce di tutti quei valori che la contraddistinguevano e dove la linea di demarcazione che separava il gioco e la competizione era quasi inesistente.
Il benessere unito ad uno sviluppo urbanistico ha limitato un ambiente che prima era favorevole ad un orientamento allo sport che per quanto disagevole forniva un approccio naturale e privo di regole che ne esaltavano le qualità, delegando a strutture precostituite,( Per non dire imposte) la valorizzazione di giocatori che ora dipendevano in tutto e per tutto da una organizzazione che si faceva carico di ogni sua esigenza.
E’ in questa fase che sono cominciati i problemi in quella che è stata per quasi un secolo una vera e propria potenza calcistica invidiata in tutto il mondo e che ha posto gli addetti ai lavori di fronte ad una situazione che vincolata a necessità prima ancora che sportive di natura economica, ha fatto si che venisse meno un punto di forza che per essere valorizzato doveva far fronte all’abbattimento di tutti quei paradigmi che sino a quel momento avevano fatto da capolino.
I regolamenti ed il flusso di denaro che ha posto in primo piano un profitto ha coinvolto ogni sfera del calcio stravolgendo ovunque l’organigramma societario (In certi paesi meno) che ora sopravvive solo in virtù di motivazioni un tempo estranee.
Ecco che la politica e la finanza si è sostituita allo sport ed ha monopolizzato il calcio che ora è un veicolo che va usato per logiche che non hanno nulla a che vedere con la disciplina in sé e solo i paesi che si sono organizzati in tale direzione ora possono far fronte ad alla sola cosa che conta, la vittoria ed il profitto.
L’immigrazione selvaggia ha reso possibile uno stravolgimento dei valori sul campo ampliando a dismisura il bacino d’utenza e selezione, il quale attraverso i paesi poveri può ora attingere li dove in origine lo stesso ambiente sollecitava in modo spontaneo i giovani presso ogni rispettivo paese e che ora si dedicano a ben altro che giocare al calcio preferendo vederlo in televisione.
Le nazionali e i rispettivi club negli ultimi 20 anni sono monopolizzati oramai da giocatori che con il luogo di origine non hanno nulla a che vedere, (Questo avviene in tutti gli sport) ecco che venendo meno una identità ben precisa riferita ad ogni singola nazione, è venuto totalmente a mancare ogni riferimento da cui eravamo partiti all’inizio, per cui questa omologazione comporta una inevitabile uniformità, che si ripercuote sempre più in ambito calcistico li dove le squadre giocano praticamente allo stesso modo seguendo logiche non più di natura culturale, ( Chi non ricorda i lanci lunghi del calcio inglese, o il catenaccio di Nereo Rocco per non parlare dei ripetuti dribbling funambolici che contraddistinguevano i giocatori brasiliani) ma standardizzate da un approccio sempre più scientifico dettato da tutte quelle innovazioni in possesso di tecnici che si trovano a lavorare con staff che in termini numerici possono arrivare sino ai 20 componenti.
I nuovi padroni del calcio. Come gas e petrolio, oligarchi e sceicchi controllano l’economia e la finanza del gioco più bello (In Italiano)
I-nuovi-padroni-del-calcio.-Come-gas-e-petrolio-oligarchi-e-sceicchi-controllano-leconomia-e-la-finanza-del-gioco-piu-bello…-Alessandro-Oliva-Z-Library_organizedI piccoli club ed i settori giovanili si trovano ad imporre una quota in chi vuole giocare che non tutti si possono permettere, ecco che gli stati che offrono delle garanzie economiche risultano essere avvantaggiati, (Vedi l’Olanda dove con 5 milioni di abitanti ha una federazione che sostiene economicamente società professionistiche e dilettantistiche nazionali)
L’avvento poi delle multinazionali fa si che a livello professionistico i club sono diventati un S.P.A. per cui la gestione viene delegata a persone che con il calcio non hanno nulla a che vedere, paradossalmente l’esonero di un allenatore frutta alla società il doppio di una vittoria in quanto la finanza ha regole che con lo sport dista anni luce, trattandosi di titoli azionari con il quale si guadagna attraverso delle prospettive che in borsa hanno un tornaconto immediato e se ne esonera due meglio ancora!
I tifosi di un tempo avevano tutti giocato a calcio ed erano a conoscenza di cosa significa battere un calcio di rigore, oggi a vederli in curva con la testa rasata sembrano Naziskin la cui funzione spesso è quella di scatenare l’inferno per cambiare il corso degli eventi societari per conto dei club di appartenenza che possono cosi defilarsi da ogni responsabilità una volta che le cose non vanno come si conviene.
E che dire di coloro che gestiscono il calcio a livello mondiale i quali lo hanno stravolto con delle regole (vedi il fallo di mano involontario) che lo hanno trasformato in un reality show dove alla fine si parla più di rigori negati e falli non concessi dimenticandosi che i giocatori hanno come priorità in campo quella di giocare.
Come non trascurare il dato di fatto che la rosa giocatori un tempo composta da 16 massimo 18 giocatori ora ha un parco atleti che supera abbondantemente le 30 unità li dove i club che si possono permettere una rosa simile si contano sulle dita di una mano.
Altra variabile fondamentale estremamente importante deriva dal ruolo che hanno le federazioni le quali sono di fatto una autentica corporazione che in Italia ha tra le fila persone che odiano lo sport per come lo hanno gestito in tutti questi anni, più presi a spartirsi le poltrone che ad assecondare una esigenza che va ben oltre l’aspetto sportivo.

I corsi allenatori dovrebbero essere aperti a chiunque e tutti dovrebbero avere pari opportunità per accedere ai corsi federali, un po’ come ho avuto modo io personalmente di fare in Argentina dove dopo due anni di studio con frequenza giornaliera di 4 ore al girono 5 giorni alla settimana (Primo anno per Allenare i Giovanili ed il secondo per i professionisti ) e la partecipazione sul campo prima degli esami scritti e pratici presso i club professionistici, si viene messi in condizione di poter dimostrare le proprie competenze senza dover passare attraverso selezioni assurde che vedono solo chi ha giocato al calcio ad alto livello il privilegio di poter svolgere questa professione.
Nel mio lavoro che spazia in ogni ambito del sapere attraverso la rete ho avuto modo di verificare di persona che chiunque attualmente è in grado di accedere ad un quantità di materiale didattico legato al gioco che farebbe impallidire anche una qualificata scuola calcio come per esempio quella di Coverciano in Italia.
Sul tema invito tutti a leggere attentamente questo servizio che da un idea di come le logiche poste in essere da coloro che amministrano il calcio in Italia e in molti paesi del mondo non hanno alcuna ragione di essere in virtù di una consolidata conoscenza legata alla moderna psicologia educativa ed ad una intelligenza artificiale che molto probabilmente trasformerà il ruolo di allenatore in quella che sarà una professione tutta da definire in un prossimo futuro.
E’ un calcio quello italiano come ebbi modo di esporre tempo fa, dove un allenatore come Masimiliano Allegri vince 5 scudetti, due Super Coppe, 5 Coppe Italia, gli viene assegnata la panchina d’oro per 8 volte, è stato premiato per ben 4 stagioni come miglior allenatore, viene Inserito nella Hall of Fame del calcio italiano e come ricompensa egli è stato esonerato non aver vinto una Champions League, li dove un tempo gli sarebbe stata dedicata una Piazza, un Monumento, il titolo di Cavaliere, le chiavi della città’ e un contratto a vita da li all’eternità, e questo la dice lunga su come si possono imbastire progetti di lunga durata li dove ogni logica meritocratica va scemando per motivazioni che come detto prima con il calcio contano poco.
Voglio ricordare a voi lettori un dialogo che ebbi con Roberto Ferrero campione mondiale per club negli anni 60 con l’indipendiente e mio professore come amministrazione Club Sportivi, una materia facente parte del corso allenatore che svolsi a Buenos Aires.
Si parlava del calcio italiano e mi fece notare quanto tutte le nazioni del mondo avessero un vero terrore nell’affrontare le squadre italiane per la loro camaleontica capacità di cambiare con estrema disinvoltura l’assetto tattico di gioco e sottolineò che pianificare una partita contro l’Italia era una cosa praticamente impossibile per la sua endemica imprevedibilità.
Gli stadi pieni di un tempo erano frutto di un tifo spontaneo che si accalcava sulle tribune con la passione di chi come tifoso dalla nascita viveva attivamente la partita, mentre oggi i record di incassi e le platee piene provengono da contratti stipulati attraverso agenzie di ogni parte del mondo che include la presenza allo stadio come valore aggiunto alla visita nel nostro paese, ecco che le inquadrature che immortalano il pubblico vede Giapponesi Cinesi ed Arabi con i souvenir di una squadra o un altra e che prima della partita si informano se il gioco del calcio implica la presenza di un pallone rotondo o ovale.
I veri padroni del calcio: Così il potere e la finanza hanno conquistato il calcio mondiale (In italiano)
I-veri-padroni-del-calcio-Cosi-il-potere-e-la-finanza-hanno-conquistato-il-calcio-mondiale-Marco-Bellinazzo-Z-Library_organizedUn altro fattore fondamentale che viene trascurato è, come riferito da me tempo fa, le conoscenze didattiche in ambito tattico, fisico, psicologico e gestionale non sono più un segreto per nessuno, ed anche piccole nazioni sono in grado con i dovuti accorgimenti di porre sul piatto della bilancia una formazione organizzata in grado di mettere chiunque in difficoltà, unitamente al fatto che la flessibilità con cui molti giocatori si prestano a fare un esperienza all’estero, offre loro l’opportunità di giocare ad alto livello con club prestigiosi, per cui non è scontato che anche giocando per esempio contro la Macedonia o l’Islanda, una nazione di 200 mila abitanti sia cosi prevedibile il risultato finale.
Oggi non si deve più ragionare con il metro di giudizio di un tempo, per cui ogni soluzione va posta considerando tutti i fattori posti in essere attraverso quanto avete letto, o si rifonda il calcio dando il ruolo che gli compete in ogni contesto o ci si rassegna all’idea che l’inevitabile corso degli eventi farà si che le discrepanze che via via si stanno accumulando stravolgeranno un gioco che finirà per perdere tutto quel fascino che i nostalgici di un tempo passato rivendicano a ragione.

Detto questo il nostro calcio è il riflesso di una società che è totalmente cambiata e che non potrà mai più tornare indietro con i presupposti che ci sono ora, i campetti di periferia sono stati sostituiti da edifici in cemento e le motivazioni a giocare non sono più le stesse, io stesso che ho un diploma come tecnico professionista UEFA e FIFA abilitato ad allenare la massima divisione e nazionali, se decidessi di farmi carico di una squadra di dilettanti o di un settore giovanile mi troverei di fronte ad uno scoglio insormontabile di cui è intriso un mondo che valorizza il risultato ad ogni livello a scapito di una sana pratica sportiva che paradossalmente ha un significato educativo proprio nel momento in cui perdi.
L’evoluzione dei giocatori va poi pianificata per gradi e non potendo fare affidamento sulla sola spontanea maturazione dei giocatori di un tempo, è giocoforza che per un ottimale sviluppo di coloro che un giorno possono essere giocatori di vertice, strutturare i club attraverso una lineare e pianificata organizzazione didattica che oggettivamente ben pochi club si possono permettere di svolgere in Italia.
Alla luce di questo stato di cose inevitabilmente vengono meno i presupposti affinché vi sia una certa continuità di risultati che può scaturire solo da una gestione ottimale dei settori giovanili spesso nelle mani di un volontariato inadeguato che crea oggettivamente solo danni.
In difesa dei nostri giocatori che con difficolta trovano posto in prima squadra nella massima divisione, voglio evidenziare un aspetto tecnico (che teoricamente mi compete) che non li vede poi cosi penalizzati nei confronti di altre nazioni, voglio ricordare che l’europeo che ci ha visti vincitori in Inghilterra aveva tra le sue file una squadra giovanissima che ha messo in mostra un gioco di alto livello e contro i pronostici ha messo in scacco fior di giocatori titolati che sulla carta dovevano vincere a piene mani, (In barba ai settori giovanili privi di talenti) e che dire del mondiale vinto in Spagna nell’82 che ci vedeva destinati al macello di fronte a club prestigiosi come quelli affrontati che voi ben conoscete come l’argentina di Maradona e il Brasile di Zico. Per non parlare poi della competizione in Germania che ci ha visti campioni del mondo e che la stampa voleva subito a casa per le loro pessime prestazioni ottenute in fase di avvicinamento.
Va sottolineato che giocatori come Donnarumma, Di Lorenzo, Mancini, Bastoni; Politano, Barella, Locatelli, Frattesi, Dimarco; Retegui, Esposito e il complesso di coloro che erano in panchina, non sono poi così scarsi come vogliono darci a credere, ma degli eccellenti interpreti di un calcio alla ricerca di una sua identità, questo gioco non va dimenticato ruota attorno a situazioni che spesso esulano dalla prestazione in se dei giocatori, per cui un tiro deviato accidentalmente da un difensore (come è capitato proprio nell’ultima partita) o un gol su palla inattiva, un errata interpretazione dell’arbitro o del VAR, finiscono per incidere in quella che è l’opinione pubblica che gode della credenziale di chi il calcio lo ha seguito solo alla playstation e che considera solo il risultato.
Devo dire che svincolato da ogni pregiudizio ho visto un ottima Italia che grazie a Rino Gattuso ha giocato alla pari contro una eccellente squadra che in questo momento risulta essere nel ranking mondiale tra le prima 4 al mondo e considerato questo stato di cose dobbiamo entrare nell’ordine delle idee che nello sport si può anche perdere e non è la fine del mondo, perché abbiamo tutte le carte in regola per migliorare.
In fin dei conti siamo sempre L’Italia e questo non ce lo dobbiamo mai dimenticare!
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