Allenatori Vincenti, Ognuno la Sua Filosofia e il Suo Metodo
È doverosa una prefazione che renda un idea di come il calcio e la società in cui viviamo viaggia ad una velocità tale per cui ogni considerazione da fare in relazione al modo di intendere e interpretare il calcio da parte dei Grandi allenatori del presente e passato, vada vista considerando le molte diversità che si sono con il tempo verificate.
Campi di gioco, Palloni, Regolamento, Infrastrutture, Manager, Società per Azioni, Procuratori, Contratti Televisivi, Rapporti di lavoro, Collaboratori e potrei andare avanti ore, menzionando tutto ciò che condiziona l’operato di un tecnico oggi rispetto i tempi passati.
Rimane pur sempre il fatto che ogni epoca ha posto i tecnici di fronte a problematiche che non sono più difficili o più facili, sono solo differenti, a voi alla fine ogni considerazione.
Gli allenatori a cui farò riferimento sono quelli che secondo me hanno più di altri inciso nel panorama calcistico per le loro idee e principi di gioco, sicuramente ce ne saranno molti altri che meriterebbero la stessa attenzione e non e detto che in seguito non vi sia una seconda parte. Esporrò principi semplici ed essenziali per aiutare la comprensione di tutti
Nereo Rocco
Parlare di Nereo Rocco oggi ad una qualsiasi persona fa venire in mente, le vittorie in coppa campioni e i campionati vinti con il Milan ed un epoca in cui il calcio appariva, frutto di improvvisazione.
Nulla di tutto ciò, Nereo Rocco ha dato rigore ad un modo di giocare che ha fatto scuola in tutto il mondo, quello che Gianni Brera chiamava Maginot, era un modulo frutto di un lavoro certosino che per anni Rocco aveva portato avanti e non senza critiche da parte di chi il calcio lo gestiva in prima persona.
Vedete, non c’è nulla di più difficile per un tecnico che portare avanti le proprie idee contro l’opinione pubblica, tutti voi sapete quanto la parte più difficile per chi allena è dettata proprio da queste variabili e solo grazie ad una personalità forte e decisa come quella di Nereo Rocco che il calcio italiano ha vissuto uno dei momenti migliori di ogni epoca.
La tattica di gioco era quella classica a uomo, con un libero fisso in difesa che raddoppiava in tutta la zona difensiva.
A centrocampo c’era un giocatore che dettava i tempi, con a fianco due mediani di fatica che coprivano gli spazi, un ala era di ruolo ed una che gestiva sia la parte offensiva, che quella difensiva, le dinamiche di gioco non erano sempre collettive, pertanto la fatica fisica degli interni di centrocampo era molto gravosa.
La sua preparazione era fondata su cose semplici, tecnica individuale e collettiva su azioni predeterminate e lavori lattacidi e alattacidi con lavori svolti sempre in collettivo. (La figura del preparatore atletico era all’epoca monopolio dell’allenatore) Amava utilizzare strumenti all’epoca molto in voga, come le palle mediche, tutti erano sottoposti ad allenamenti intensi, soprattutto a corpo libero, per dare tono a tutta la muscolatura. (Un tempo gli allenatori erano molto preparati nel pianificare esercizi a corpo libero)
Contrariamente a quanto si pensi, il concetto di Stretching era già allora considerato, seppur in forma meno evoluta rispetto ad oggi, il punto forte di Rocco era la capacità di comunicare con gli atleti, ogni atleta per lui era disposto a tutto e la figura del Leader gli era riconosciuta da tutti.
Per gli atleti che lo hanno avuto come allenatore, egli poteva tranquillamente essere un punto di riferimento, non solo per quanto riguardava specificamente il Calcio, ma anche in quelle che erano le problematiche quotidiane che ogni atleta affrontava nella vita di tutti i giorni. Ho avuto la fortuna di incontrarlo in prima persona quando ero piccolo, era una partita amichevole di precampionato, mio padre era giornalista sportivo per conto di un giornale locale e mi fu consentito di entrare in spogliatoio, vidi Gianni Rivera appena entrato, ma la figura di questo grande uomo catalizzo tutta la mia attenzione, una volta incrociato lo sguardo, mi diede un buffetto sulla guancia, mi chiamò ‘’Bocia’’ (Ragazzino in dialetto Veneto) chiese se giocavo al pallone e gli risposi di Sì, la sua riposta fu …..Bravo! Grande Allenatore
Giovanni Trapattoni
Trapattoni è la storia del Calcio, un tecnico semplicemente straordinario, sempre ai vertici del calcio Mondiale.
Quando si parla di Trapattoni difensivista con le sue squadre di calcio, mi viene in mente la sua tesi sul calcio Ungherese che fece al corso di Coverciano.
E’ probabile che un po’ sia stato condizionato da quella esperienza. Era un calcio attendista, contraddistinto dalla particolarità di sfruttare al meglio i giocatori particolarmente dotati che all’epoca in Ungheria erano assai numerosi
La particolarità di questo tecnico infatti è quella di sfruttare al meglio i giocatori di talento e mettere attorno a loro giocatori funzionali non necessariamente belli o piacevoli da vedere.
Ebbi modo di vederlo allenare ai tempi di Michel Platini e di Altafini con il giovane Marco Tardelli e Antonio Cabrini alle prime Armi, mi trovavo a Torino e sempre grazie a mio padre che conosceva un dirigente della squadra, ebbi modo di accedere all’interno del campo di allenamento, Trapattoni quando lo vidi la prima volta avevo difficoltà a distinguerlo in mezzo a tutti i giocatori, giocava, si allenava, parlava con tutti come fosse uno di loro.
Al suo fischio però, avevi un idea concreta di chi comandava in campo. Una particolarità mi colpì all’epoca, (Ero giovanissimo) provai a bordo campo a calciare il pallone e quasi mi rompo il piede, domandai ad un accompagnatore di bordo campo come mai il pallone era così duro e mi rispose che Trapattoni voleva i palloni duri, per sensibilizzare i piedi dei giocatori quando calciano.
Che Platini’ era così bravo nei calci di punizione per questo? Non credo, ma Trapattoni, come tutti i grandi allenatori che hanno fatto la storia, curava molto i dettagli e questa è una costante di tutti i bravi tecnici.
Passano gli anni e Trascorro un po’ di ferie con mia moglie presso una città che amo moltissimo, Salisburgo, la squadra aveva un turno preliminare di Champions League e ne approfitto per andare a vedere la partita, il tecnico è Giovanni Trapattoni, il giorno dopo assisto all’allenamento defaticante della squadra, reduce da una meritata vittoria per 2 a 0. Tutto è curato nei minimi dettagli, la grinta è sempre la stessa, detta i tempi ed il ritmo per di chi non ha giocato, fa eseguire lavori con il pallone in movimento e corregge sempre gli errori anche minimi di natura tecnica.
Tutto quello che fanno i giocatori lo fa anche lui per dare l’esempio, ho avuto la netta sensazione di avere di fronte una persona che ama e vive intensamente tutto quello che fa e lo vuole fare sempre meglio.
Vive il momento e lo fa vivere, ed ora una considerazione rivolta a tutti gli allenatori. Giovanni Trapattoni è un tecnico che non in giovane età, ha avuto il coraggio di mettersi in discussione, trasferendosi in Germania per allenare il Bayer di Monaco, in un momento in cui gli allenatori italiani che andavano all’estero praticamente non esistevano e con tutti i problemi iniziali della lingua, considerato che sul dialogo e la comunicazione egli fondava gran parte del suo lavoro.
Si è ripetuto successivamente allenando sempre all’estero con esiti di altissimo livello. Un Tecnico semplicemente Fantastico a cui il calcio deve molto, come allenatore e come Uomo.
Udo Lattek
La bacheca di Lattek è piena di successi: otto titoli in Bundesliga; sua la prima Coppa dei Campioni conquistata dal Bayern Monaco (1974); è stato il primo allenatore ad aver vinto Coppa Uefa (nel 1979 con il Borussia Mönchengladbach), Coppa dei Campioni e Coppa delle Coppe (nel 1982 coi i catalani). Un allenatore di successo, che ha sempre lottato ad alto livello come testimoniano le due finali di Coppa dei Campioni raggiunte con il Borussia Mönchengladbach (sconfitta contro il Liverpool nel 1977) e ancora una volta con il Bayern (battuto dal Porto nel 1987).
Insieme a Giovanni Trapattoni (che riuscì nell’impresa successivamente) è l’unico allenatore ad aver vinto le tre principali competizioni europee per squadre di club e l’unico ad essere riuscito in quest’impresa con tre squadre diverse.
Parlare di Udo Lattek in riferimento ai successi è facile, tutto il suo gioco era contraddistinto da una logica fondata sul movimento sincronizzato dei giocatori che in fase offensiva, attraverso un continuo cambio di posizione delle punte, creava il panico totale nelle squadre avversarie.
La priorità assoluta era giocare aggirando le difese avversarie con inserimenti a sorpresa sulle fasce laterali che si concludevano sistematicamente con cross al centro dell’area, era un requisito fondamentale essere bravi nel gioco aereo, a tal punto, che dedicava intere sedute di allenamento in funzione di questa prerogativa. Lo stesso Cruijff stizzito dai continui allenamenti in proposito manifestò a più riprese tutto il suo dissenso.
La velocità era il suo credo, il movimento continuo da parte della squadra, non offriva mai punti di riferimento, la cura della parte atletica era ossessiva, al punto che molti leader non gradivano molto il suo modo di lavorare.
Carattere fermo e determinato non guardava in faccia a nessuno, al Barcellona un giorno dette a Maradona due palle mediche da 5kg che doveva in tutta velocità portare da una parte all’altra del campo per una serie determinata.
Maradona dopo poco, prese i palloni e li buttò a terra imprecando, prima di uscire senza preavviso dal campo. Commentando l’episodio con i giornalisti disse che era venuto la per giocare al calcio e non per lavorare in un campo di concentramento. Bern Schuster ebbe lo stesso problema e passò momenti molto difficili con questo Stakanovista del calcio. Dovete sapere che sotto la sua guida, entrambi i giocatori, sottoposti al Test di Cooper coprirono la distanza di 3000m correndo sotto i 3’ a km
Un tecnico straordinario per capacità determinazione, competenze tecniche in ogni ambito del calcio, un tecnico vincente sotto i punti di vista
Rinus Michel
Diventò famoso per i numerosi successi conseguiti come allenatore (tra cui la Coppa dei Campioni con l’Ajax e il Campionato Spagnolo con il Barcellona) e per essere stato il CT della Nazionale olandese in quattro periodi distinti, durante i quali condusse la selezione oranje dapprima alla finale dei Campionati mondiali di Germania 1974 e poi al trionfo ai Campionati europei del 1988 , disputati sempre nella Germania Occidentale. Fu il padre del calcio totale, ma la peculiarità di questo tecnico è di aver stravolto tutti i paradigmi dell’epoca, terzini che fanno gli attaccanti, centrocampisti che aiutano in difesa e si propongono come prima punta, portieri che giocano con i piedi fino a metà campo, la tattica del fuorigioco, insomma tutti gli ingredienti che ancora oggi sono la base del calcio moderno, sviluppato tra l’altro da giocatori di enorme talento, e soprattutto di grande disponibilità al sacrificio.
I giocatori, grazie alla sua innovazione tattica, quando si dovevano proporre da una fase difensiva ad una offensiva, non dovevano fare più di 30 metri, considerata la squadra cortissima, in seguito della tattica del fuorigioco, un’autentica rivoluzione nel calcio.
Le corse in salita a velocità massimale con pendenze superiori al 20% lui le sviluppava con frequenza, già ai tempi dell’Ajax. Portò il numero degli allenamenti giornalieri a 2, veniva chiamato il Generale, per il suo rigore sul campo e fuori, ma il suo grande successo è dovuto alla semplicità del suo gioco.
E’ un termine sbagliato dire che giocava a zona, tutto era focalizzato sui movimenti a catena tra i vari reparti, estremamente semplici, con poche direttive sul comportamento del singolo individuo, (Forse, anzi sicuramente è per questo che raramente Rinus Michels si alzava dalla panchina) Il pragmatismo era il suo credo, vedere le sue squadre giocare, dava l’impressione che tutto era fermo, mentre ogni cosa si muoveva
Eugenio Fascetti
Parlare di Eugenio Fascetti può apparire strano ai lettori, ma in quanto ad innovazione, ha rappresentato un punto di svolta epocale nel mondo del calcio. La scienza al servizio dello sport, è stato lui il primo ad applicarla in maniera sistematica e con modalità che esulavano totalmente dai canoni classici del calcio, Ispirato da Roberto Sassi ha sviluppato per primo metodologie che all’epoca facevano sorridere, ma il solo suo torto è stato di essere 20 anni avanti, rispetto a tutti.
Il suo gioco veniva definito, Disordine Organizzato, lavorava su principi non solo di natura tecnica, ma soprattutto psicologica, per primo sviluppò lavori psicotecnici in ogni forma e modo, per esaltare tutte le qualità sensoriali e percettive di ogni singolo giocatore, i blocchi difensivi organizzati è stato il primo a metterli in pratica ed è poi successivamente stato imitato da tutti gli altri.
Caratterialmente univa il bastone e la carota, grande studioso e pignolo nel pianificare ogni lavoro in campo, un autentico antesignano di tutto quello che oggi è consueto per i tecnici moderni.
Un Genio Incompreso sotto tutti i punti di vista.
Hernst Happel
Basta vedere il suo Palmares per Capire che stiamo parlando del più vincente tecnico di tutti i tempi.
Nella sua carriera come allenatore Happel lavorò per diversi club, tra i quali il Siviglia, il Bruges, con il quale vinse il campionato belga tre volte e raggiunse la finale di Coppa UEFA nel 1975-1976 e quella di Coppa dei Campioni nel 1977-1978, entrambe perse contro il Liverpool; e l’Amburgo, dal 1981 al 1987, vincendo la Bundesliga nel 1981-1982 e nel 1982-1983, la Coppa di Germania nel 1986-1987 e, nel 1982-1983, di nuovo la Coppa dei Campioni, 13 anni dopo il trionfo col Feyenoord. Nel 1987 Happel ritornò in Austria come allenatore dello Swarovski Tirol. Con questi vinse il campionato austriaco altre due volte (1989 e 1990) prima di diventare CT dell’Austria nel 1992; nello stesso anno, però, scomparve, stroncato da un cancro, all’età di 66 anni.
Era un tecnico che parlava pochissimo e si limitava al minimo indispensabile, pure lui al pari di Rinus Michels non si alzava mai dalla panchina, la sua particolarità, era la cura maniacale per la preparazione atletica, che gestiva e sviluppava sempre lui in prima persona, (Era laureato in Scienza dello Sport) persona molto carismatica, difficilmente i giocatori hanno mai avuto molto da ridire su quello che faceva, gli è sempre stata riconosciuta competenza e tutti lo rispettavano come tecnico e come uomo.
Va sottolineato che sotto la sua guida i giocatori avevano tutte le possibilità di esaltare ogni minima qualità in loro possesso, era in grado di massimizzare il loro rendimento, attraverso la giusta posizione, ed un lavoro estremamente impegnativo in allenamento.
Ha disputato tre finali di coppa campioni con 3 squadre differenti (Feyenoord, Bruges ed Amburgo) e tutte, non avevano molte credenziali, rispetto alle altre squadre molto più accreditate.
IL mio parere personale lo pone come il più completo, in assoluto, tra i tecnici di ogni epoca.
Arrigo Sacchi
Un tecnico straordinario che ha fatto la storia del calcio italiano e mondiale, parlare di lui e di come allenava significa uscire di casa e fare un resoconto di tutto quello che attualmente stanno sviluppando tutti gli allenatori che svolgono il calcio in epoca moderna.
Ha per primo concepito la squadra come un gruppo di lavoro, in cui ogni uno aveva un ruolo importante e con precise responsabilità, che uno fosse magazziniere, medico, o preparatore atletico, tutti avevano una voce in capitolo, e tutti dovevano adoperarsi per svolgere il lavoro al meglio, in funzione della squadra, i giocatori prima ancora di essere atleti, era fondamentale che fossero professionali, educati con i compagni e con chi li mette in condizione di entrare in campo e giocare.
La tattica, è espressione di un compendio di azioni, che partono da un principio basilare, racchiuso in tutto quanto detto ora.
Da lì, si è potuta realizzare una squadra che ha fatto la storia del calcio mondiale, solitamente giocava con un 4-4.2, ma è riduttivo parlare di un tecnico, facendo riferimento al modulo di gioco, va messo in evidenza che il gioco a zona prima di lui era praticamente inesistente, nel modo e nella mentalità di allora del calcio Italiano, fatta eccezione di Nils Liedholm, che la applico con grande maestria in modo molto accademico. Sacchi, contro tutti i principi allora in vigore, ha dato input ad un gioco aggressivo, con uso costante della tattica del fuorigioco, svolto da interpreti straordinari come Franco Baresi, Costacurta e Tassotti, per citarne solo alcuni, le distanze tra i giocatori non dovevano mai essere superiori agli 8 metri in fase difensiva e le distanze tra le linee non sopra, i 10-15m, interessate l’accorgimento di tenere l’ultimo uomo della diagonale difensiva sempre in linea del penultimo uomo, (anche sulla linea di centrocampo ) espediente geniale per la trappola del fuorigioco e per anticipare la fase offensiva una volta conquistata palla.
Nel momento in cui gli avversari percepivano l’azione, erano costantemente in ritardo, grazie al movimento senza palla preordinato, autentico segreto di questo tecnico, svolto da interpreti straordinari dotati di grande scelta di tempo, forza fisica e capacità tecniche funzionali.
Va sottolineata una cosa, in 10 anni al Milan nonostante i grandi successi con la conquista di due Champions League e due coppe Intercontinentali, ha vinto solo uno scudetto, la cosa appare incredibile, ma ha una sua base logica.
Il numero relativamente ridotto di giocatori a disposizione ed un calcio molto dispendioso ( Guardiola in media ha ruotato non più di 18 giocatori a stagione, vincendo su tutti i fronti e con un numero molto maggiore di partite, c’e da dire che il loro gioco di posizione consentiva un minor dispendio di energie) ma soprattutto di aver pianificato la squadra, sempre in funzione di periodi prestabiliti, dettati dalle partite di Coppa.
Sacchi ha fatto la storia del calcio, ma tutti gli dobbiamo qualcosa per come ha vissuto e fatto vivere uno sport, che lo ha reso, non solo piacevole, ma anche da Amare.
Zdeněk Zeman
Devo un po’ ripetere tutto quanto detto su Eugenio Fascetti, mai tecnico avrebbe meritato maggior esito per quello che ha fatto, sotto tutti i punti di vista. Riduttivo parlare di mister 4-3-3 i numeri non dicono tutto quello che ha fatto questo allenatore.
Lui voleva da tutti i suoi giocatori velocità tecnica voglia di vincere, sacrificio, rispetto educazione e voglia di mettersi in gioco.
Detto a parole tutti gli allenatori vogliono queste cose, ciò che lui aveva di diverso, rispetto a tutti gli altri allenatori, è stata la ferma determinazione nel portare avanti le sue idee, senza considerare tutte le variabili che con il calcio non hanno nulla a che vedere.
Un giocatore di calcio, una volta riuscito a portare una stagione a termine con lui, sicuramente aveva tutte le credenziali per poter lasciare il calcio, ed essere autonomo in tutto e per tutto, nella vita reale di tutti i giorni.
Non voglio parlare di tattica o di preparazione facendo riferimento a Zeman, desidero solo evidenziare che nella vita come nello sport essere autentici e coerenti con le proprie idee, può alle volte rendere vano un lavoro straordinario, come quello fatto in carriera da questo Straordinario Tecnico
Cesar Menotti
Essendomi diplomato a Buenos Aires in Argentina come allenatore Professionista, non potevo dimenticare questo tecnico semplicemente fantastico e geniale nelle idee e nel lavoro.
Lui voleva sì o si, giocatori veloci con la palla e senza, era una sua prerogativa che ha portato avanti nell’arco di tutta la sua attività come allenatore. Cesar Menotti ebbe un esperienza in Italia con la Sampdoria e sorprese tutti in quell’epoca, in quanto non volle un preparatore atletico a suo fianco, lo riteneva inutile.
Per lui tutto doveva essere fatto con il pallone, sempre presente e sempre davanti agli occhi di chi si allenava sotto le sue dipendenze.
Aveva anticipato di 30 anni il principio di gioco, che ora è all’avanguardia del nuovo che avanza.
Venne esonerato dopo 5 pareggi consecutivi e rispedito a casa, tra la disperazione di tutti coloro che gli erano vicini, è stata un apparizione troppo breve, ma ritornato in Patria ha letteralmente vinto tutto quello che c’era da vincere, con una particolarità.
Tutti si divertivano e non solo a vincere ma soprattutto a giocare. A 80 anni è appena stato messo a supporto di Scaloni nella Nazionale Argentina.
Se avessi fatto il giocatore di Calcio sicuramente avrei voluto lui come allenatore.
Josep Guardiola
Stiamo parlando di un tecnico che rappresenta il passato il presente ed il futuro del calcio, a differenza degli allenatori del passato va fatta una doverosa precisazione.
Un allenatore in passato aveva un ruolo completamente differente rispetto ai giorni nostri, la grande disponibilità economica di tutti i club fa sì che un tecnico attualmente è una via di mezzo tra un selezionatore ed un allenatore. Non è insolito che dopo 3 mesi un terzo della squadra sia completamente diversa, la pianificazione non è mai lineare, sia in ambito tecnico che fisico, i numerosi impegni di club, di coppa, o di immagine, implica un numero notevole di partite da disputare, che comporta allo stesso tempo la necessità di disporre di un numero molto maggiore di giocatori.
Un tecnico oggi lavora con molte persone al suo fianco e le scelte da operare comportano un ulteriore difficoltà nel pianificare e soprattutto gestire, un gruppo di persone, che si somma poi a coloro che devono scendere sul campo di gioco.
Diciamolo pure …la Globalizzazione e la Burocrazia si è trasferita sul campo di gioco, con i vantaggi e tutti i suoi inconvenienti. Meglio di ogni altro ha saputo unire le capacità tecniche a quelle gestionali, oggi fattori fondamentali per svolgere questo ruolo, lo ha realizzato al meglio in Spagna, dove ha coniugato gioco e cultura, di un paese sempre alla ricerca di una sua identità in ambito calcistico, esaltando al meglio giocatori con capacità immense, che da sole, senza un tecnico come Guardiola, non avrebbero mai avuto modo di esprimersi ai livelli che tutti conosciamo.
Lo ha fatto attraverso un gioco, il cui fine non era il possesso di palla in se’, ma la ricerca continua degli spazi, senza la frenesia di arrivare subito a rete, la vera innovazione è stato il gioco di posizione dato alla squadra che conferiva un costante equilibrio tra i reparti, e la non specificità data a chi si trovava in una determinata posizione del campo, ecco che se un difensore si trova momentaneamente in attacco, assume il ruolo di difensore, operando lì dove si trova in quel momento. La sua grande bravura è stata quella di creare reparto, variando continuamente la posizione dei giocatori.
La sua preparazione è poi sempre stata improntata su un continuo coinvolgimento di tutti i giocatori, in quello che un tempo era un gioco ricreativo, come i rondo’ e che lui ha affinato, sino a rendere questa modalità di lavorare una vera scienza.
Semplicemente geniale sotto tutti i punti di vista. Grande Psicologo Forte Personalità e una Determinazione senza limiti hanno contribuito a fare di lui uno dei più bravi tecnici della storia.
Una considerazione trovo doverosa farla, al suo ingaggio a Barcellona, ha avuto tutti gli strumenti per realizzare le idee che aveva in mente, anche e soprattutto grazie ad un club molto aperto alle innovazioni, ci tengo a sottolineare che i 5 manager americani venuti in Europa per creare quello che è diventato il miglior club in assoluto in questi ultimi 15 anni, di calcio non ne sapevano nulla, solo uno di loro aveva esperienza nel baseball professionistico.
La gande libertà di azione e la totale fiducia concessogli, rende merito alla società, che non ha mai interferito nelle scelte tecniche dell’allenatore, anche nei momenti di difficoltà.
José Mourinho
Di lui si è detto tutto, ma quello che ora avrete modo di conoscere su di lui cambierà sicuramente il vostro modo di giudicarlo. Ho voluto lasciarlo per ultimo in quanto da tecnico è, diciamolo pure, il più singolare e interessante sotto tutti i punti di vista.
Nato come interprete e Scouting di Bobby Robson al Barcellona, nessuno avrebbe mai immaginato potesse vincere tutto l’inimmaginabile e per un tempo tanto lungo, con squadre sempre differenti, io personalmente penso che il suo segreto sta’ tutto nel non ragionare come un allenatore, ma come un regista.
Parlare di gioco riferendosi a Mourinho è un eufemismo, il solo concetto che può fare riferimento a lui è vincere, l’estetica non e’ nel suo vocabolario, partendo da questa prerogativa, ora andiamo a vedere cosa ha reso grande questo allenatore.
Prima ancora di fare riferimento al suo operato, devo premettere che parlare di Mourinho non va mai fatto a prescindere dal suo collaboratore Victor Frade, personaggio singolare e sempre in ombra, ma che ha inciso in modo fondamentale in tutto l’operato dello Special One.
I Principi di gioco da lui applicati, hanno come base la periodizzazione tattica, termine assai inflazionato e direi pure che molte volte la sua interpretazione era un misto di fantasia e molta confusione.
La prima considerazione da fare è che Mourinho non concede a nessuna telecamera di riprendere i suoi allenamenti, solo gli addetti ai lavori possono stare in campo, e qua le cose si complicano, in quanto i pochi resoconti a disposizione del grande pubblico si prestano come dicevo prima a molte speculazioni in proposito.
Quando anni fa andai in Spagna cercai in tutti i negozi, di libri di testo tecnici, che parlassero del suo modo di allenare, trovai un testo di Xavier Tamarit, secondo di Mauricio Pelegrino e un testo molto sintetico scritto da Victor Frade, in rete trovai la tesi di laurea di Mourinho reperibile nel sito dell’ università da lui frequentata e già si capiva quanto fosse una persona veramente fuori dagli schemi.
Presso un portale Argentino, successivamente ebbi modo di leggere un intervista a Victor Frade, sulla sua filosofia e i principi di lavoro e devo dire che più di un trattato di fisiologia sembrava un trattato di psicologia e fisica quantistica. Non intendo soffermarmi sui dettagli ora, lo farò in un prossimo momento, ma elenco i principi base su cui è fondata la sua metodologia di lavoro.
L’unità del lavoro è imprescindibile. (Tutte le qualità degli atleti vengono sviluppate in maniera estesa e non più lineare) Praticamente ogni lavoro svolto nell’arco dell’anno viene eseguito senza suddividere le diverse funzioni (Gioco aereo, tecnica individuale, collettiva, velocità, resistenza.) Tutto e’ uno. Tutte le capacita’ condizionali sono sempre allenate.
Da questo deriva l’utilizzo di un terreno di allenamento sempre molto esteso, con solitamente 2 o 3 campi di gioco uniti, per sviluppare tutte le qualità degli atleti.
Il preparatore atletico viene utilizzato solo per il recupero degli atleti infortunati. Il principio di recupero, non è inteso come recupero solo fisico ma viene esteso al concetto di recupero mentale.
Ogni allenamento viene svolto sempre, nell’arco di tutto l’anno a ritmi elevati, con la costante che viene gestito il fattore psicofisico, attraverso un lavoro ridotto e frazionato nei tempi per ridurre allo stesso tempo il dispendio psicologico, (Riassumendo, impegno mentale elevato, impegno fisico elevato, ma tutto svolto su distanze brevi e frequenti recuperi tra le prove, piu’ lunghi in fase di recupero e piu’ brevi con l’avvicinarsi della partita) Chi si allena con Mourinho, non sa cosa vuol dire correre attorno una pista di atletica.
In ambito tattico interessantissima la gestione della partita, per come da lui viene sviluppata.
Pianifica fasi di gioco in cui la squadra si prende fiato e lo fa con un gioco di posizione che ne rallenta il ritmo e permette di gestire il pallone. (Uno dei Motivi per cui gran parte delle sue vittorie avvenivano agli ultimi minuti) I suoi allenamenti durano relativamente poco in quanto non ci sono lunghe pause tra un esercitazione ed un’altra, direi quasi che non esistono.
Mi fermo qua per ora, non basterebbero mille pagine per descrivere questo tecnico veramente unico nel suo genere. Nota particolare, molti esercizi fisici sono per originalità veramente strani, ma hanno sempre una logica didattica, io penso che un contributo lo abbia dato anche sua moglie, psicologa molto nota nel suo settore.
Per finire alcune caratteristiche tecniche veloci che caratterizzano due tecnici di vertice attualmente.
Massimiliano Allegri
Pressing molto alto con la stessa modalità descritta precedentemente di Pep Guardiola. (Bravissimo a farlo con tutte le squadre che ha avuto)
Allegri nelle sue squadre preferisce sempre giocatori alti e fisicamente forti, la sola eccezione la potrebbe avere con un Lionel Messi ……ma senza lui, state certi che se un giocatore non si avvicina ad 1m80, nelle sue squadre, difficilmente troverà posto.
Roberto Mancini
Ha una particolarità pressoché unica nel suo genere. Scuola Sven-Göran Eriksson ha assimilato un gioco estremamente fluido e lineare e nello stesso tempo economico, questo fa sì che statisticamente parlando, tutte le sue squadre hanno sempre avuto un rendimento altissimo, pur faticando meno di tutte le altre.
Questo ha sempre posto le sue squadre in condizione di essere sempre competitive nell’arco di tutta la stagione.
A mio giudizio personale è un tecnico la cui più grande capacità, sia quella di scegliere e gestire al meglio i propri collaboratori e giocatori di cui dispone. Il suo ruolo in Nazionale gli si addice in pieno.
Ed ora una nota conclusiva finale, per dare un significato a tutto quello che hanno sviluppato questi bravissimi tecnici.
A Te allenatore, presta molto bene attenzione.
I punti in comune fra loro sono tutti concentrati in un unico denominatore comune.
Hanno sviluppato quello che nessuno in quel momento aveva mai fatto. Pensate a Rinus Michels che al mondiale in Olanda, schiero come titolare Jan Jongbloedun un portiere dilettante titolare di una tabaccheria che in carriera spesso militava in categorie inferiori, la cui particolarità era di saper giocare bene con i piedi, requisito dato dal fatto che nelle giovanili, giocava per metà stagione come portiere e nell’altra come ala destra.
Questo a lui serviva, per svolgere la tattica del fuori gioco e non ha guardato in faccia a nessuno, per realizzare quanto aveva in mente.
Venne coperto di ridicolo all’epoca, oggi una commissione Fifa lo ha nominato miglior tecnico di tutti i tempi.
Arrigo sacchi aveva in squadra un giocatore acclamato come il miglior centrocampista del mondo, Claudio Borghi, ma non ebbe dubbi nel lasciarlo in panchina e successivamente cederlo, contro l’opinione pubblica e della dirigenza, che lo aveva acquistato per una cifra considerevole
Lui scelse Angelo Colombo un giocatore con i piedi quadrati, ma un cuore immenso che assolveva perfettamente nella sua funzione, al suo modo di intendere e volere il gioco del calcio.
Vinse tutto e lo fece a modo suo.
Menotti venendo in Italia uscì dagli schemi e sviluppo’ il gioco in cui credeva, nessuno volle credergli, lui continuò e i risultati hanno fatto di lui uno dei tecnici più vincenti della storia.
Che dire di Udo Lattek con il suo gioco geometrico, criticato contestato odiato, non si è mai lasciato condizionare dai luoghi comuni, ed è sempre andato avanti per la sua strada.
La lezione finale è facile da capire, ma difficilissima da sviluppare, in quanto il lavoro maggiore da svolgere, per ottenere il massimo, non è dato dalla conoscenza del calcio, ma dall’ unica ed autentica conoscenza, che realmente può fare la differenza
Quella di se stessi.
E’ quella che ti fa andare oltre il conosciuto e ti porta ad esplorare l’Ignoto.
Questo è il loro messaggio.
A te la scelta
Toba60