Doping Genetico il Marcio dello Sport già Presente e Occultato dalle Federazioni!
Come è possibile pensare che lo sport non potesse essere coinvolto in tutto quel marciume che permea la società in cui viviamo, la politica, la finanza, la scienza, l’economia e la medicina sono accomunate da un denominatore comune che fa seguito alla corruzione ed al malaffare come fattore preponderante della nostra cultura, a questo fanno seguito tutte le interferenze che non fanno che ricreare per filo e per segno ogni variabile posta in essere da un neoliberismo che non concede tregua in ogni ambito della nostra società.
Si passa dal calcio, dove un pallone colpisce il braccio di un giocatore scagliato a 150km orari a 5 metri di distanza e induce per regolamento l’arbitro ad assegnare un calcio di rigore come se una persona avesse la possibilista di tagliarsi un arto seduta stante onde evitarne il contatto, per non parlare che per un centimetro viene negato il gol per fuorigioco come se questa misura fosse determinante per sancire la regolarità dell’azione.
Si è voluto inserire una tecnologia come il VAR che ha moltiplicato al quadrato ogni dubbio sul regolare andamento di una partita e che spesso finisce anche 30′ oltre il limite regolamentare e che vede gol annullati per un fallo visto 5 minuti prima spesso per aver pestato i piedi del malcapitato che adesso che lo sa si mette 5 numeri di scarpa in più, onde evitare ulteriori fatiche per andare in gol.
Un tempo le discussioni avevano un referente come l’arbitro sugli eventuali errori di gioco, ora le trasmissioni televisive hanno come punto di riferimento una tecnologia che spesso ti induce a mettere in discussione ogni cosa relazionandosi con un robot in silicio e alluminio che ha amplificato a dismisura ogni interpretazione dei fatti.
E che dire di un atleta che si presenta alle olimpiadi e viene rispedito a casa per aver fatto un passo falso dopo il colpo dello starters, come se un po di tensione non gli fosse minimamente consentito dopo che si è fatto il culo lavorando per 4 anni ed essersi sottoposto a ore e ore al giorno di intensi allenamenti per essere presente alla griglia di partenza, per non parlare del tempo di reazione imposto agli atleti il cui il limite è posto a 100 millesimi, li dove la metà degli atleti del passato che hanno vinto le olimpiadi avrebbero dovuto dedicarsi allo sci nautico in virtù del fatto che questa tempistica in molti di loro era abbondantemente sotto questo valore, in quanto è un fattore prettamente genetico che nessuno può in alcun modo modificare.
Questo riflette lo stesso principio di chi passa davanti all’autovelox e viene multato di 150 euro di multa per aver infranto il limite di anche soli 5 km, come se questo incidesse sulla sicurezza stradale e mette in guardia chiunque, (come nel caso giocatore di calcio che tocca il pallone con la mano) sul fatto che ci si debba inchinare al dovere di non transigere alla legge stabilita da un autorità, per quanto lui sia totalmente impotente di fronte ad una situazione che lo vede impossibilitato a rispettare.
Il Doping genetico tra l’altro con l’avvento della nanotecnologia avanzata lo possono applicare anche a insaputa degli atleti, basta anche un tampone come quelli che da 4 anni circolano neanche fossero coriandoli e la complicità del solito tecnico in combutta con una federazione compiacente come ce ne sono tante attualmente.
Lo sport oramai non esiste più e lo hanno letteralmente rovinato con le loro leggi i loro principi e le sue contraddizioni che nessuno mette mai in discussione e che vede attori, registi e spettatori, artefici di una messa in scena che ricrea la stessa trama che ci ritroviamo ogni giorno davanti ai nostri occhi quando accediamo il televisore e ammirando l’ennesima bomba intelligente che scandisce a più riprese il ritmo della nostra vita.
Toba60
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Doping Genetico: Quando Scienza e Sport Olimpici si Incontrano
Dai virus agli sport agonistici. Anche se sono ancora agli albori, le tecniche di doping genetico minacciano già di penetrare negli sport e nei Giochi olimpici. Perché sono così temuti e perché alcuni vedono in loro una grande promessa?
Mentre i partecipanti ai Giochi Olimpici si preparano a prendere posto sulla linea di partenza, dietro le quinte si svolge una gara non meno significativa. I concorrenti: scienziati e medici che sviluppano nuovi metodi e nuovi farmaci per migliorare le prestazioni degli atleti si scontrano con autorità e medici che lottano per identificare questi interventi artificiali, a volte pericolosi per la salute degli atleti. L’attuale protagonista di questa corsa ai farmaci è il “doping genetico”, una tecnica progettata per potenziare le capacità naturali dell’organismo manipolando il materiale genetico stesso.
L’idea del doping genico è stata concepita nel 1970, seguendo un approccio innovativo sviluppato in medicina e nella ricerca. L’idea era di trattare le malattie umane che hanno un background genetico inserendo la versione “sana” del gene difettoso nelle cellule del corpo, un metodo chiamato “terapia genica”.
Il campo della terapia genica si basa sull’idea che i geni difettosi e che causano malattie nel nostro corpo possano essere corretti. È sufficiente inserire il gene funzionale in un virus neutralizzato e lasciare che il virus faccia il suo dovere infettando le cellule del corpo e iniettandovi il gene sano. Per il resto, il corpo gestirà tutto da solo.
Anche se a prima vista sembra piuttosto semplice, in realtà si tratta di un processo molto complicato, che richiede una comprensione approfondita di tutte le possibili implicazioni dell’inserimento di un gene estraneo nel nostro corpo e dell’alterazione del suo equilibrio intracellulare. I tentativi falliti in passato, alcuni dei quali si sono persino conclusi con la morte dei pazienti durante gli studi clinici, hanno impedito a questo campo di fiorire e di diventare un metodo leader per la cura delle malattie umane.
Anche se la strada da percorrere perché la terapia genica offra qualche beneficio pratico è ancora lunga, il timore che gli atleti utilizzino tecniche di terapia genica per migliorare le proprie prestazioni è presente da tempo. Già nel 2003, l’Agenzia mondiale antidoping (WADA) ha emesso un divieto sul doping genico, dichiarandolo una manipolazione illegale negli sport competitivi, estendendo ulteriormente questo divieto nel 2018 per includere tutte le forme di editing genico;
Geni ricercati
Alcuni sostengono che tutte le forme di sport competitivo utilizzeranno il doping genico come parte integrante dell’allenamento di routine degli atleti entro meno di dieci anni. I geni che probabilmente saranno sotto i riflettori delle tecniche di doping genico sono quelli associati ad aree come la crescita e la contrazione muscolare, la resistenza al dolore, la produzione di sangue, la percezione del dolore e l’apporto di ossigeno ai muscoli.
I laboratori la cui ricerca si concentra sui geni associati a questi campi hanno già attirato l’attenzione di molti atleti. Uno di questi laboratori è quello del professor Lee Sweeney dell’Università della Pennsylvania negli Stati Uniti, la cui ricerca si concentra sulla distrofia muscolare di Duchenne (DMD), una malattia genetica che colpisce la funzionalità dei muscoli del corpo. Sweeney e i suoi colleghi hanno scoperto che il difetto genetico alla base dei pazienti comporta la disfunzione di un’importante proteina chiamata distrofina, essenziale per la funzione muscolare. Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che una proteina, chiamata IGF-1, può causare la crescita muscolare quando si lega alle cellule muscolari.
Utilizzando strumenti genetici, i ricercatori sono riusciti a inserire il gene che codifica per l’IGF-1 in topi che costituiscono un modello per lo studio della DMD, che presentavano sintomi simili alla Duchenne. Il risultato è stato la creazione di quelli che sono diventati noti come “topi Schwarzenegger” (dal nome del famoso culturista), con un aumento del 40% della massa muscolare. Sweeney ha dichiarato in un’intervista che “quando i topi sono diventati l’equivalente di anziani (che per i topi è circa 20 mesi di età), erano ancora forti e veloci come quando erano giovani”. Con questi risultati, non c’è da stupirsi che Sweeney abbia iniziato a ricevere richieste da parte di atleti per iniettare loro il “gene magico”.
Questa ricerca è solo un esempio tra i tanti. I ricercatori del Salk Institute for Biological Studies in California hanno iniettato nei topi un gene che codifica una proteina responsabile della combustione del grasso cellulare, che ha permesso loro di correre il doppio della distanza percorsa dai topi normali. Sebbene lo studio sia stato originariamente condotto per scopi medici, molti atleti hanno lo sguardo fisso su questo studio, sperando di entrare a far parte dei “topi maratoneti”.
Altri geni, come l’eritropoietina (EPO), responsabile della produzione di globuli rossi, o il VEGF, responsabile della produzione di nuovi vasi sanguigni nell’organismo, sono diventati candidati importanti per l’uso del doping genico. Considerando il rapido progresso della ricerca medica e biologica, questo elenco è destinato a crescere nel tempo.
Hackeraggio biologico
L’ingegneria genetica sta diventando sempre più economica e comune al giorno d’oggi, tanto che qualsiasi persona con conoscenze di base ed esperienza in biologia può ordinare su Internet qualsiasi sostanza desideri e scaricare il software necessario per effettuare esperimenti genetici indipendenti. Gli scienziati e gli “hacker biologici” affermano di ricevere molte richieste da parte di atleti o allenatori che desiderano acquisire strumenti per il doping genetico.
Sebbene finora non sia stato documentato un vero e proprio doping genico nello sport, esistono prove di tentativi preliminari intrapresi in questa direzione. Un allenatore di atleti in Germania è stato catturato e accusato di aver tentato di acquisire un elemento genetico che conteneva il gene dell’eritropoietina (EPO). Questo elemento è stato sviluppato per aumentare la produzione di cellule del sangue in pazienti con gravi malattie, come alcuni tipi di cancro e malattie renali croniche. Le prove degli sforzi dell’allenatore per acquisire questo elemento genetico sono state scoperte nel suo account di posta elettronica. Questo non è stato l’unico caso. Poco prima dei Giochi Olimpici di Pechino 2008, un’équipe investigativa tedesca ha trasmesso un programma televisivo su uno scienziato cinese che offriva servizi di manipolazione genetica agli atleti.
Adottare misure preventive
Se ci sono già stati tentativi di doping genetico, forse qualcuno ci è già riuscito? Ad oggi, non ci sono prove evidenti che il doping genico si sia infiltrato nel mondo dello sport agonistico, ma anche se così non fosse, è solo questione di tempo. L’Agenzia Mondiale Antidoping si è già rivolta agli scienziati e ha finanziato la ricerca scientifica sui metodi di rilevamento del doping genico, con l’obiettivo di trovare il modo di impedire che il doping genico diventi il prossimo grande successo degli atleti disposti a tutto pur di migliorare le proprie prestazioni.
Lo sviluppo di test per individuare l’uso illegale del doping genico non è affatto semplice e, di fatto, è diverso da qualsiasi altro test oggi esistente. Nel doping genico, un nuovo gene viene inserito nelle cellule del corpo, consentendo loro di produrre proteine e altre sostanze che potrebbero migliorare le prestazioni dell’atleta. Nella maggior parte dei casi sarà molto difficile distinguere tra le proteine prodotte naturalmente dall’organismo e quelle prodotte in seguito all’inserimento di un gene.
È opinione diffusa che i metodi per individuare il doping genetico debbano concentrarsi sul monitoraggio del metabolismo, della composizione genetica e proteica di ciascun atleta e cercare di individuare cambiamenti insoliti in essi. Tuttavia, è necessario considerare anche fattori diversi, che dipendono dall’età, dal sesso e dalle capacità fisiche, poiché anche gli esseri umani cambiano naturalmente. Inoltre, bisogna tenere presente che gli atleti di alto livello hanno una genetica eccezionale, abilità straordinarie e capacità fisiche eccezionali.
Uno studio pubblicato nel 2011 offre un nuovo metodo per individuare il doping genico. I ricercatori si sono concentrati sull’individuazione del componente genetico utilizzato per inserire il gene estraneo. Poiché la struttura di questo componente è diversa da quella del nostro DNA, i ricercatori sono riusciti a sviluppare un metodo sufficientemente sensibile per rilevare l’eventuale presenza di tale componente nel sangue di un atleta. Tuttavia, anche questo metodo ha i suoi limiti e non è sempre possibile garantire un tasso di successo del cento per cento.
La prossima grande novità dello sport?
Il mondo dello sport e della scienza non ha raggiunto un consenso sul doping genetico. Alcuni ritengono che sia meglio consentire le manipolazioni genetiche, in modo che gli atleti siano valutati in base alle loro capacità di prestazione, al loro spirito e alla loro perseveranza, e non solo in base alla massimizzazione del loro potenziale genetico innato. Julian Savulescu, professore di etica presso l’Università di Oxford nel Regno Unito, sostiene che “il miglioramento genetico non è contro lo spirito dello sport; è lo spirito dello sport”. Altri ritengono che si tratti di un problema etico, che perverte le capacità potenziali della medicina e della scienza e le sfrutta ingiustamente, oltre a conferire agli atleti trattati un vantaggio sleale rispetto ai loro coetanei.
Al di là delle questioni etiche, il doping genico comporta anche rischi medici significativi. In un esperimento in cui i ricercatori hanno iniettato nelle scimmie il gene dell’EPO, la produzione di cellule del sangue è aumentata a tal punto che i ricercatori hanno dovuto prelevare costantemente sangue per evitare un ictus. Più avanti nell’esperimento, quando il sistema immunitario delle scimmie ha iniziato a funzionare, esse hanno sorprendentemente sviluppato anemia.
Queste sfide sono probabilmente il motivo per cui medici e scienziati non sono ancora in grado di portare la terapia genica all’uso pratico. Resta ancora molto lavoro da fare per sviluppare metodi coerenti per la manipolazione genetica degli esseri umani, nel rispetto degli standard etici internazionali. Fino a quel giorno, non vedremo probabilmente molti casi di doping genetico nello sport.
Genetica e atleta d’élite
Lo sport agonistico moderno si è evoluto a tal punto che gli atleti si spingono a grandi passi per diventare campioni; anche la medicina si è evoluta al punto che sono stati identificati molti elementi genetici associati a specifiche caratteristiche atletiche e sono possibili anche alterazioni genetiche. La presente rassegna esamina la letteratura pubblicata e prende in considerazione tre fattori importanti: il polimorfismo genetico che influenza la capacità sportiva, il doping genetico e la tendenza genetica agli infortuni. Il gene ACTN3 ha un’influenza sulle fibre muscolari di tipo II: l’allele R è vantaggioso per gli sport di potenza come lo sprint, mentre il genotipo XX è associato a una minore forza muscolare e capacità di sprint.
I polimorfismi del gene ACE sono associati all’efficienza cardio-respiratoria e potrebbero influenzare gli atleti di resistenza. Si stanno esaminando molti altri geni, con particolare attenzione a quelli potenzialmente correlati al miglioramento delle capacità atletiche. Il riconoscimento di questi polimorfismi genici specifici mette in gioco il concetto di ingegneria genetica negli atleti, che costituisce doping genetico ed è vietato. Il doping genetico potrebbe avere esiti pericolosi e persino fatali, dato che le conoscenze sulla terapia genica sono ancora agli albori.
Si sta identificando anche la predisposizione genetica alle lesioni; recenti pubblicazioni hanno aumentato la consapevolezza dei polimorfismi genici che predispongono alle lesioni di legamenti e tendini a causa dell’influenza sulla struttura del collagene e sulla matrice extracellulare. Il lavoro in corso sta cercando di identificare gli stessi geni in razze e sessi diversi per vedere se ci sono differenze quantitative razziali o sessuali. Tutto ciò ha portato a serie preoccupazioni etiche; nel ventunesimo secolo alcune associazioni sportive e alcuni Paesi stanno valutando la possibilità di effettuare test genetici per i propri giocatori. Purtroppo la scienza è ancora in fase di sviluppo e l’esperienza della sua applicazione è limitata a livello mondiale. Ciononostante, questo campo ha catturato l’immaginazione del pubblico e degli sportivi, e quindi i medici interessati dovrebbero essere consapevoli dei potenziali problemi e delle attuali questioni legate alla comprensione dei tratti genetici e dei polimorfismi, ai test genetici e all’ingegneria genetica.
Parole chiave: Genetica, polimorfismo genetico, doping genetico, test genetici
“Un tempo pensavamo che il nostro destino fosse nelle nostre stelle, ma ora sappiamo che, in larga misura, il nostro destino è nei nostri geni” – James Watson (co-scopritore della struttura del DNA).
Si ritiene generalmente che la prestazione atletica sia un tratto multifattoriale complesso, influenzato da fattori genetici e ambientali. Negli ultimi vent’anni si sono accumulate prove convincenti che mettono in relazione alcuni geni con le prestazioni sportive, in particolare la potenza, la resistenza e la velocità [1, 2]. Ad oggi, sono stati identificati più di 200 polimorfismi genici associati a tratti di prestazione sportiva; oltre 20 di questi polimorfismi sono stati correlati a prestazioni atletiche d’élite e il numero è destinato a crescere nel prossimo futuro [3, 4].
Un atleta è considerato d’élite se ha praticato uno sport a livello nazionale o internazionale [5]. Per quanto riguarda la costituzione genetica, le prestazioni atletiche d’élite sono considerate per natura un tratto poligenico, con ogni polimorfismo o mutazione genica che contribuisce in modo variabile al fenotipo atletico unico. Pertanto, la probabilità teorica di essere un atleta d’élite aumenta proporzionalmente a un numero elevato di alleli legati all’atletica [6, 7]. Ad esempio, il famoso sciatore di fondo finlandese Eero Mäntyranta, che vinse due medaglie d’oro alle Olimpiadi invernali del 1964 e poi vinse un totale di sette medaglie olimpiche, aveva una mutazione nel gene dell’EPO che aumentava la capacità di trasporto dell’ossigeno da parte dei globuli rossi del 25-50% e gli offriva un netto vantaggio sugli avversari [8]. È sempre più evidente che gli atleti d’élite o di livello olimpico sono portatori di una serie minima di particolari mutazioni genetiche “che migliorano le prestazioni” [2, 5].
Non è possibile riassumere tutta la ricerca genetica relativa alla medicina dello sport in un unico articolo. In questa rassegna narrativa, ci concentriamo sulla ricerca relativa a due geni che sono stati i più studiati e sono stati costantemente associati alla resistenza, alla potenza e alla velocità negli atleti d’élite: il gene ACTN3 e il gene ACE. Discutiamo anche del ruolo sempre più importante dei test di screening genetico nella previsione del rischio di infortuni negli atleti e del crescente interesse per il doping genetico, che si prevede prima o poi farà il botto.
Potenza d’élite e prestazioni di sprint: Il gene ACTN3
Questo gene codifica la struttura di una proteina sarcomerica che si trova esclusivamente nelle fibre muscolari di tipo II (miofibre a contrazione rapida), l’α-actinina-3. Queste fibre sono responsabili della generazione di forze ad alta velocità durante attività esplosive o potenti. È stato identificato un polimorfismo a singolo nucleotide (SNP) che porta a un codone di stop prematuro (X) anziché a un’arginina (R) nella posizione 577. L’allele R è vantaggioso negli sport di potenza e il genotipo RR è risultato essere sovrarappresentato negli atleti di potenza d’élite [9]. D’altra parte, il genotipo XX è associato a una minore capacità di sprint e forza muscolare [10] (Tabella 1).
Tra i polimorfismi associati alle prestazioni di potenza e sprint d’élite, il polimorfismo α-actinina-3 R577X ha fornito i risultati più coerenti in diverse coorti di popolazione [11, 12]. ACTN3 è l’unico gene che mostra un’associazione tra genotipo e prestazioni in più coorti di atleti di potenza d’élite, e questa associazione è fortemente supportata dai dati di un modello murino ACTN3 knockout [13]. Quasi tutti i velocisti olimpici e gli atleti di potenza maschi testati sono portatori dell’allele 577R, una variante del gene ACTN3, noto anche come “gene della velocità”. [14].
La prima associazione tra il gene ACTN3 e le prestazioni atletiche d’élite è stata dimostrata nel 2003 da Yang et al. [9]. Nel loro studio caso-controllo, hanno genotipizzato 429 atleti bianchi d’élite (la definizione di atleta “d’élite” era applicata a un individuo solo se aveva rappresentato l’Australia a livello internazionale) di 14 sport diversi. Quattrocentotrentasei individui bianchi sani e non imparentati sono stati inclusi come controlli. Analizzando i risultati dei genotipi, si è notato che gli atleti di sprint avevano una frequenza inferiore del genotipo XX (alfa-actinina-3 nullo) (6% contro 18%). Inoltre, nessuno degli atleti olimpici di sprint è stato trovato con il genotipo XX, il che significa che ogni atleta di sprint di livello olimpico aveva almeno una copia del gene. Il gruppo di atleti di sprint aveva anche una maggiore frequenza del genotipo RR (50% contro 30%) e una minore frequenza del genotipo eterozigote RX (45% contro 52%), rispetto alla popolazione di controllo [9].
Chiu et al. [15] hanno rilevato frequenze significativamente più elevate dell’allele ACTN3 577R nelle atlete taiwanesi di nuoto sprint d’élite internazionale rispetto alla popolazione generale e anche rispetto alle atlete di livello nazionale. Nella popolazione greca, la frequenza del genotipo ACTN3 RR negli atleti di potenza (47,94%) era significativamente più alta rispetto alla popolazione generale (25,97%) [16]. Un’associazione simile tra gli alleli ACTN3 e le prestazioni atletiche è stata rilevata in uno studio con PCR in tempo reale nella popolazione italiana [17]. Nella popolazione spagnola, Santiago et al. [18] hanno osservato una correlazione certa tra i giocatori di calcio d’élite e il genotipo ACTN3 R577X. Macarthur e North hanno calcolato un valore p di < 0,5 × 1011 dell’effetto del genotipo ACTN3 sulle prestazioni di sprint in una meta-analisi dei dati pubblicati [19].
Prestazioni di resistenza e potenza d’élite: Il gene ACE
Il gene ACE codifica l’enzima convertitore dell’angiotensina-1. Il polimorfismo ACE I/D nell’introne 16 è stato storicamente il primo polimorfismo genetico associato all’atletismo [29]. Questo gene differenzia l’attività dell’ACE che regola la pressione sanguigna e quindi svolge un ruolo fondamentale nell’efficienza cardio-respiratoria [30-33]. L’allele I è stato associato a prestazioni sportive di resistenza, mentre l’allele D è stato associato a prestazioni di forza e potenza (Tabella 2). Jones et al. [34] hanno riportato una distribuzione dei genotipi II, ID e DD pari a circa il 25%, 50% e 25%, rispettivamente. Oh [35] ha riportato una distribuzione simile in una coorte di atleti maschi coreani d’élite (23%, 66% e 11%, rispettivamente, per i genotipi II, ID e DD).
L’allele I è un’inserzione di 287 bp associata a una minore attività ACE nel siero e nei tessuti. Questo porta a un corrispondente aumento dell’efficienza muscolare, osservato in atleti di resistenza come maratoneti d’élite, canottieri, alpinisti e nuotatori di lunga distanza [29, 36-40]. In uno studio caso-controllo, Cieszczyk et al. [37] hanno osservato un’espressione significativamente più elevata dell’allele I nei canottieri polacchi maschi (p = 0,038) rispetto ai volontari sani non imparentati. Ciò rafforza i risultati simili osservati da Gayagay et al. [36] in 64 canottieri australiani maschi che presentavano una sovraespressione dell’allele ACE 1 (p < 0,02) e dell’allele ACE II (p < 0,03). Myerson et al. [38] hanno condotto uno studio caso-controllo su 495 soggetti identificati dalla British Olympic Association.
Novantuno corridori olimpici standard che vanno dai corridori di sprint (100 m) agli ultramaratoneti (48 uomini e 43 donne; 79 caucasici) sono risultati portatori di un eccesso significativo sia dell’allele I (p = 0,01) sia del genotipo II (p = 0,019). Negli altri 404 atleti di livello olimpico provenienti da altri sport diversi, in cui la resistenza non era un requisito principale, non vi era alcuna differenza significativa nella distribuzione dell’allele I rispetto ai controlli (0,50 vs. 0,49; p = 0,526) [38]. Lo stesso gruppo di ricerca aveva precedentemente riportato l’associazione di questo allele I con una migliore resistenza in una coorte contenente reclute dell’esercito britannico e alpinisti di alta quota [29].
Tuttavia, ci sono stati alcuni rapporti contrastanti, con prestazioni sportive di resistenza legate all’allele D piuttosto che all’allele I in 121 atleti israeliani di resistenza d’élite [41]. Ma et al. [2], nella loro meta-analisi incentrata sull’associazione tra ACE e ACTN 3 e prestazioni sportive, non hanno osservato un’associazione statisticamente significativa tra l’allele ACE I e le prestazioni sportive di resistenza, ma era molto vicina ad esserlo (OR 1,13; 95% CI 0,89-1,44). Tuttavia, hanno osservato un’associazione significativa tra il genotipo ACE II e le prestazioni di resistenza (OR 1,35; 95% CI 1,17-1,55).
L’allele D (eliminato) è associato a una maggiore attività dell’ACE nel siero e nei tessuti e all’angiotensina II, che è un fattore di crescita [1, 30, 42]. Pertanto, questo genotipo è stato collegato all’aumento di forza legato alla potenza e alle prestazioni d’élite orientate alla potenza, come il sollevamento pesi.
Doping genico
Introdotto per la prima volta nel 2003 nella lista CIO/WADA, il doping genico o cellulare è stato inserito nel 2004 nella lista proibita dell’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA) come “l’uso non terapeutico di geni, elementi genetici e/o cellule che hanno la capacità di migliorare le prestazioni atletiche” [50]. L’ingegneria genetica, iniziata negli anni ’80 con la produzione in vitro di proteine fisiologiche attive come l’insulina, l’eritropoietina e il fattore di crescita, ha subito da allora una rapidissima evoluzione. Il Progetto Genoma ha svelato i codici genetici di diverse malattie, aprendo la possibilità di curare queste patologie. Il doping genico è un’inevitabile derivazione della terapia genica che prevede l’iniezione di DNA nell’organismo per il trattamento di malattie genetiche attraverso la sostituzione di geni mancanti o l’aumento o la riduzione dell’attività di alcuni geni carenti o dannosi, rispettivamente [8].
Il doping genico è considerato la prossima grande minaccia per il mondo dello sport. Sebbene finora non sia stato dimostrato alcun caso di doping genico, è recente il caso di un allenatore tedesco di atletica leggera che è stato processato in tribunale perché sospettato di aver fornito il gene rEPO (Repoxygen) a diversi suoi atleti [51, 52]. La minaccia della terapia genica incombe soprattutto in occasione di eventi d’élite come le Olimpiadi. È in fase di sviluppo una nuova tecnologia per rilevare l’imbroglio genico alle Olimpiadi di Tokyo 2020, ma finora è stato quasi impossibile identificare gli atleti che potrebbero aver fatto ricorso al doping genico [53].
Il doping genico non solo può migliorare le prestazioni oltre il livello del doping farmacologico, ma potrebbe essere quasi impossibile da rilevare con la tecnologia attuale. Le proteine comuni che potrebbero essere bersaglio del doping genico sulla base di modelli animali sono l’eritropoietina (EPO), il fattore di crescita insulino-simile 1 (IGF-1), la leptina, la miostatina e il fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF) [50].
L’ormone EPO, secreto principalmente dai reni, aumenta l’eritropoiesi nell’organismo con conseguente aumento della capacità di trasporto dell’ossigeno nel sangue che porta a un miglioramento delle prestazioni atletiche di resistenza [54, 55]. La delezione/regolazione verso il basso del gene della miostatina o l’inserimento/regolazione verso l’alto del gene dell’IGF-1 possono portare a un aumento delle dimensioni e della potenza muscolare, come dimostrato in numerosi studi sugli animali [56, 57]. La leptina è un ormone che induce la sazietà e può essere utilizzato per ridurre la fame e aumentare il tasso di perdita di peso [58]. Il VEGF può essere manipolato per aumentare l’apporto di sangue a cuore, polmoni, muscoli, ecc. con un concomitante aumento della resistenza e della forza. È interessante notare che il virus del raffreddore comune viene utilizzato come vettore per veicolare questo gene; pertanto, anche il rilevamento del virus nell’organismo non può essere utilizzato come prova del doping cellulare [59].
La ricerca nel campo della terapia genica e, per estensione, del doping genico, è ancora in fase sperimentale. Il doping genico può essere pericoloso, con fattori di rischio noti e sconosciuti, e potrebbe persino essere fatale. Ad esempio, l’aumento dei livelli di EPO provoca un aumento della viscosità del sangue, con conseguente aumento del rischio di ictus, arresto cardiaco, ecc. Inoltre, la semplice up-regulation del gene dell’EPO non affronta la necessità fisiologica di down-regulation dello stesso gene quando se ne presenta la necessità.
Doping Genetico ( In Inglese)
Gene-Doping-–-The-Future-of-Doping-Teaching-Unit-–-Gene-Doping-in-Competitive-Sports-Swen-Korner-Stefanie-Schardien-etc.-Z-Library_organizedSebbene la stessa preoccupazione esista con il doping farmacologico dell’EPO, il farmaco viene alla fine metabolizzato dall’organismo, ripristinando i normali livelli di EPO, a differenza del doping genico, per il quale non esiste un meccanismo di controllo intrinseco che riporti i livelli di EPO al livello di base [50, 60]. Analogamente, la rimozione del gene della miostatina o l’aggiunta del gene IGF-1 possono portare a muscoli sproporzionatamente forti, aumentando la probabilità di rotture dei tendini e/o fratture [56]. L’uso di vettori virali per introdurre geni nelle cellule comporta il rischio teorico di mutagenesi inserzionale, con la conseguente possibilità di una crescita cellulare incontrollata a causa della scarsa regolazione, della sovraespressione di fattori di crescita e citochine, che può sfociare in tumori maligni [50].
Predisposizione genetica alle lesioni
I test genetici per lo screening del rischio di lesioni negli atleti sono già una realtà. Negli ultimi vent’anni sono stati identificati diversi SNP che sono stati collegati a lesioni dei tendini e dei legamenti [61]. In particolare, il polimorfismo rs1800012 del gene COL1A1 è stato associato a un rischio ridotto di lesioni tendinee o legamentose legate allo sport, soprattutto per quanto riguarda le lesioni del legamento crociato anteriore in diverse coorti di popolazione. In questa posizione polimorfica, normalmente occupata da un nucleotide G nella maggioranza e da un nucleotide T nel 20% della popolazione, può verificarsi una transizione da G a T che porta a un genotipo TT. Il genotipo T porta a fibre di collagene di tipo 1 qualitativamente superiori. Pertanto, il genotipo TT è considerato protettivo ed è associato a un minor rischio di lacerazioni del legamento crociato anteriore e di tendinopatia di Achille [62-64]. Sono state identificate altre varianti nei geni del collagene e delle proteine della matrice extracellulare che portano a una riduzione del rischio di rotture dei tendini, lussazioni della spalla e della gravità degli strappi muscolari [63, 65-71].
Test genetici
Nell’ultimo decennio si sono visti numerosi esempi di test genetici negli atleti [69]. Due squadre di calcio della Premier League inglese hanno introdotto test genetici per i loro giocatori. L’Uzbekistan sta introducendo i test genetici nel suo programma di identificazione dei talenti olimpici. L’Istituto dello sport inglese ha espresso interesse a fornire test genetici agli atleti olimpici britannici nel 2012. Negli Stati Uniti, tutti gli atleti collegiali della NCAA si sottopongono a esami del sangue per verificare la presenza del tratto falciforme. I giocatori della nazionale australiana di rugby utilizzano il test del DNA per adattare gli allenamenti allo sprint o al sollevamento di potenza esplosiva [69, 72-74].
Il campo dei test genetici negli atleti ha purtroppo ricevuto più attenzione dai media popolari che dal mondo della ricerca [73]. Attualmente non esistono linee guida chiare sui test genetici negli atleti. Poiché i test genetici stanno diventando sempre più popolari e commercialmente redditizi, è importante stabilire norme e regolamenti per proteggere i diritti degli atleti. Questo entusiasmante campo di ricerca ha un enorme potenziale per la prevenzione degli infortuni negli atleti (Tabella 3).
Problemi etici
I rapidi sviluppi nel campo della genetica sportiva hanno fatto emergere alcune domande molto pertinenti che al momento non trovano risposte chiare. In uno sport che è già segregato da un gene, il cromosoma Y, dovrebbe essere consentita un’ulteriore segregazione in base ai profili genetici degli atleti? Gli atleti “sovrumani” dovrebbero essere inseriti in un pool diverso dagli altri? Oppure gli atleti geneticamente più forti dovrebbero ricevere un “handicap” per livellare il campo di gioco? Si tratta di domande intriganti che hanno suscitato un dibattito molto acceso, senza che vi sia stato un chiaro vincitore nel recente passato. La ricerca sul doping genetico è ancora agli inizi e un suo uso diffuso è improbabile nel prossimo futuro.
Tuttavia, con il passare del tempo, la questione se il doping genetico debba essere completamente proibito o se debba essere accettato dalle autorità sportive sarà sempre più pertinente. Si discute molto se gli atleti privi di polimorfismi o mutazioni genetiche debbano essere autorizzati a “migliorarsi” geneticamente per avere una chance di competere contro gli atleti con un profilo genetico migliore [14, 87, 88]. L’effetto psicologico dei test genetici su un atleta è un altro incubo etico. Che siano “buoni” o “cattivi”, i risultati di un test di screening genetico possono esercitare un’inutile pressione sull’atleta: la “pressione per la prestazione” in un atleta con mutazioni e la “demotivazione” in un atleta senza mutazioni che potrebbe benissimo abbandonare lo sport nonostante la possibilità di essere un campione anche senza i tratti genetici “ideali”.
Conclusioni
È ormai chiaramente stabilito che i polimorfismi genici raramente agiscono da soli; l’ideologia del “singolo gene come proiettile magico” è ormai ampiamente screditata. Per dirla in termini più semplici, la sola presenza di un gene della “velocità” o della “resistenza” non rende un atleta più veloce o più forte. Spesso è un insieme di complesse interazioni multifattoriali tra diversi geni e fattori ambientali a influenzare il risultato finale. Tuttavia, man mano che la ricerca sui test genetici e sulla terapia genica migliora, le autorità sportive dovrebbero essere proattive e predisporre un quadro di regole per gestire potenziali questioni legali ed etiche.
Conformità agli standard etici
Gli autori dichiarano di non avere conflitti di interesse. Questo articolo non contiene studi su soggetti umani o animali condotti da nessuno degli autori. Per questo tipo di studio non è richiesto il consenso informato.
Yael Gruper & Rakesh John & Mandeep Singh Dhillon & Sidak Dhillon
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Fonti: davidson.weizmann.ac.il & ncbi.nlm.nih.gov
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