I Campi di Concentramento Skinneriani Sono Sulla Dirittura di Arrivo Grazie al Capitalismo Digitale
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Campi di concentramento skinneriani come orizzonte storico
Lo scrittore austriaco Ivan Illich, nella terza sezione dell’ultimo capitolo del suo celebre libro Tools for Conviviality (Convivialità in italiano), pronosticava che l’aspirazione delle società capitaliste post-industriali a una crescita infinita avrebbe inevitabilmente condotto a una crisi strutturale irreversibile—o, in alternativa, all’instaurazione di un sistema di controllo totalizzante. Tra le immagini più emblematiche utilizzate da Illich per descrivere questa possibilità spicca quella di un “campo di concentramento globale di B.F. Skinner, diretto da un T.E. Frazier”[1].

Questa potente metafora non si limita a una provocazione retorica, ma rappresenta un’analisi lucida del potenziale rischio che una società altamente tecnocratica e algoritmica possa organizzarsi come un’enorme Skinner Box, dove il comportamento umano è modellato attraverso un sistema rigorosamente controllato di stimoli e rinforzi. Il riferimento a Frazier, protagonista dell’opera Walden Two di Skinner, richiama l’immagine di un mondo dove l’efficienza e la pianificazione collettiva verticistica soppianta ogni aspirazione all’autonomia individuale. A distanza di più di cinquant’anni, l’intuizione di Illich appare non solo attuale, ma premonitrice[2].
Questo articolo esplora come il comportamentismo radicale abbia modellato approcci educativi, tecnologie digitali e politiche di controllo sociale fino alle moderne “smart city”, con un focus sull’eredità di Skinner, una delle figure più influenti della psicologia del XX secolo[3]. Ironicamente il suo progetto per l’esercito statunitense che prevedeva l’addestramento di piccioni bomba kamikaze fu un fallimento (a cui tagliarono i fondi), ma dopo la seconda guerra mondiale ottenne un riscatto che lo portò alla fama mondiale: le sue idee non solo hanno trasformato la psicologia sperimentale, ma hanno anche avuto un impatto profondo su campi come l’educazione, l’economia e le tecnologie emergenti.
Il comportamentismo radicale e la Skinner Box
A differenza del condizionamento classico, che si limita ad associare una risposta automatica a uno stimolo, il condizionamento operante richiede un’azione attiva da parte del soggetto, operando su scale temporali più estese. Skinner dimostrò che un comportamento può essere rafforzato o inibito mediante la somministrazione di rinforzi, in un processo che può essere calibrato con precisione per ottenere risultati specifici. Questo tipo di analisi comportamentale trovò una rappresentazione concreta nella Skinner Box, un dispositivo sperimentale che Skinner utilizzò per dimostrare i principi del condizionamento operante.
La Skinner Box è un ambiente isolato e controllato in cui un animale, solitamente un topo o un piccione, viene sottoposto a stimoli progettati per influenzarne il comportamento. Al suo interno, un manipolandum—una leva o un pulsante—permette all’animale di ottenere un rinforzo, come del cibo, o di evitare uno stimolo avversivo, come una scossa elettrica. Lo sperimentatore, attraverso un preciso controllo delle variabili ambientali, può analizzare come l’animale apprende a modificare il proprio comportamento. Uno dei risultati più significativi delle ricerche di Skinner riguarda l’efficacia dei programmi di rinforzo intermittente. In un esperimento emblematico, Skinner dimostrò che un piccione sottoposto a rinforzi erogati in modo intermittente continuava a eseguire il comportamento condizionato anche dopo migliaia di tentativi senza alcuna ricompensa. Questo tipo di condizionamento, particolarmente resistente all’estinzione, ha trovato applicazione in diversi ambiti, inclusi i giochi d’azzardo e le piattaforme digitali.
Estendendo il suo lavoro dal laboratorio alla società, Skinner concepì, con le stesse tecniche, la possibilità di plasmare intere comunità, come appunto racconta nel suo romanzo dell’utopia Walden Two,dove viene presentata una società tecnocratica, in cui il bene della comunità è nelle mani degli scienziati, in particolare dello scienziato “capo” Frazier, che sa perfettamente cosa sia giusto per la vita di tutti nella comunità. Qui l’organizzazione sociale si fonda su un condizionamento intensivo, iniziato fin dalla più tenera infanzia in un ambiente controllato: i bambini vengono cresciuti con tecniche di rinforzo positivo, mirate a favorire comportamenti cooperativi e socialmente utili. L’organizzazione politica della comunità si basa sull’assenza di autoritarismo: un gruppo di pianificatori e manager, scelti per la loro competenza, prende decisioni basandosi su dati scientifici, senza però esercitare potere personale.
La forza di questa visione risiede nella convergenza tra una filosofia dell’educazione e una metodologia sperimentale, che sostituisce l’idea di “libertà e dignità umane” con un progetto di gestione tecnico-scientifica dei comportamenti: questa più ampia visione filosofica verrà sistematizzata da Skinner in Beyond Freedom and Dignity nel 1971. Numerose comunità si sono ispirate a questo modello (come Twin Oaks, Los Horcones), cercando di applicare in concreto la logica della “società pianificata” su base comportamentista. Sebbene queste idee possano risultare affascinanti, sul piano strettamente scientifico l’avvento del cognitivismo (e successivamente delle neuroscienze e della psicologia cognitiva) e nonostante il discredito intellettuale, il comportamentismo radicale ha continuato a trovare terreno fertile in campi applicativi come l’educazione, la terapia dei disturbi dello spettro autistico e, più di recente, il capitalismo digitale.
Educazione e disciplinamento
Durante la Guerra Fredda, gli Stati Uniti finanziarono attivamente queste tecnologie (ad esempio con il National Defense Education Act del 1958), ritenendo fondamentale il ruolo dell’istruzione per la difesa nazionale. Anche la CIA esplorò l’uso dell’istruzione programmata per l’addestramento del proprio personale, come emerge da un documento declassificato del 1962 che cita esplicitamente Skinner[4]. Negli anni Sessanta, numerose aziende (tra cui IBM) produssero o commercializzarono teaching machines, ma il movimento sfumò verso la fine del decennio.
Le promesse di un apprendimento più veloce non vennero mantenute pienamente, e il dibattito pubblico sollevò perplessità sull’idea di insegnare alle persone come si fa con i piccioni. Malgrado il fallimento del “movimento”, le intuizioni di Skinner scomporre i contenuti in unità, fornire feedback immediato, procedere per piccoli passi—hanno influenzato gli sviluppi successivi dell’istruzione mediata dal computer (CAI), aprendo la strada ad approcci e-learning e adaptive learning (Smuts, 2024, p. 337).

Nel campo dell’educazione l’approccio skinneriano non si è estinto e l’ABA (Applied Behavior Analysis) rappresenta una delle principali eredità del comportamentismo radicale. Si basa sull’idea di “modellare” il comportamento in base a rinforzi positivi e negativi, con tecniche come prompting, shaping, fading e chaining.
Viene spesso utilizzata per l’educazione e la terapia di disturbi dello spettro autistico: queste metodologie sono state criticate per il loro approccio meccanicistico, che spesso ignora le specificità culturali e personali dei soggetti coinvolti, concentrandosi sulla “soppressione” dei comportamenti ritenuti problematici piuttosto che sulla comprensione delle cause o sul rispetto delle peculiarità individuali. Nonostante le crescenti denunce, l’ABA rimane lo standard di trattamento per molte forme di autismo e individui neurodivergenti, testimonianza di come, nella pratica, il modello skinneriano si sia radicato e continui a essere usato. Questo si intreccia con altri aspetti della nostra modernità: la tendenza a vedere l’individuo come una sorta di “macchina difettosa” da correggere mediante protocolli, “metriche” e feedback.
Un modello per il digitale
Numerosi ricercatori (Shoshana Zuboff, Tristan Harris, Jaron Lanier, per citarne alcuni) hanno evidenziato come social network e app sfruttino i principi dei rinforzi variabili per catturare l’attenzione. Like, notifiche e premi virtuali arrivano in modo intermittente, provocando l’attivazione del circuito dopaminergico e inducendo l’utente a ripetere all’infinito il comportamento (scorrere il feed, postare, interagire). Uno studio del 2021 su Nature Communications (Lindström et al., 2021) ha mostrato che l’engagement sulle piattaforme social può essere descritto secondo modelli ispirati a quelli sperimentati nelle Skinner Box.
Siamo di fronte a un immenso esperimento di condizionamento operante “a cielo aperto”, in cui i confini tra libertà e manipolazione diventano sottili. Il parallelo con i “campi di concentramento skinneriani” di cui parla Illich e con le “scatole” di Skinner si fa più cupo se consideriamo che, a differenza dei laboratori di metà Novecento, le odierne “gabbie” sono integrate nell’intero tessuto sociale e tecnologico e integrate in routine quotidiane che le rendono invisibili.L’ambito più evidente in cui si manifesta il “campo di concentramento skinneriano” è quello della cosiddetta “economia dell’attenzione”. Sempre più studiosi sottolineano come l’utente, “cavia” di un ambiente ricco di stimoli intermittenti, sia portato a spendere tempo ed energie in azioni ripetitive e ad alta “ingaggività“ e assuefazione (gamification, scorrimento infinito dei feed social, like, notifiche, ecc.).
L’attenzione diventa così la materia prima di cui si nutrono i colossi del Web (Facebook/Meta, Google, Twitter, TikTok, ecc.), i quali ne ricavano dati preziosi per: profilare gli utenti, prevedendo gusti, desideri e comportamenti futuri; vendere spazi pubblicitari mirati o servizi di analisi a terzi; condizionare in modo sempre più personalizzato l’esperienza online, per aumentare il “tempo di permanenza” sul dispositivo. Il meccanismo di fondo si basa su un feedback tra le piattaforme (che creano ambienti “a rinforzo variabile”) e i soggetti (che, catturati dai premi intermittenti, generano dati comportamentali e rimangono connessi). In tal senso, l’ambiente è “costruito” a misura di condizionamento, e i costruttori delle piattaforme digitali si sforzano di ridurre la complessità, ingabbiando gli utenti in un sistema di scelte “predefinite” o altamente suggerite.
Una critica emergente punta il dito proprio sulla riduzione dell’individuo a risorsa da sfruttare. Jaron Lanier, in diverse interviste e saggi, denuncia la cultura pop del comportamentismo, secondo la quale un “tweet” può farti guadagnare un surplus di attenzione immediato (una sorta di scarica dopaminica), mentre Shoshana Zuboff sottolinea come il “capitalismo della sorveglianza” si fondi sulla manipolazione dell’attenzione degli utenti, intrappolandoli in un sistema “estrattivo”. Justin Rosenstein, ex Product Manager di Google e co-fondatore di Asana, ha descritto lucidamente il meccanismo.
Questa una sua citazione dal film The Social Dilemma del 2020: «Viviamo in un mondo in cui da un punto di vista finanziario un albero vale più da morto che da vivo, e una balena vale più morta che viva […] Ora noi siamo l’albero, noi siamo la balena.». Il potenziale distruttivo di questo modello risiede nel fatto che noi stessi – e non solo la natura – diventiamo merce: più siamo connessi, più tempo ed energia spendiamo in piattaforme digitali, più “produttivi” siamo nel generare dati comportamentali. Si genera così una dinamica che spinge a costruire ambienti sempre più seducenti e totalizzanti, veri e propri “ecosistemi di cattura”, in cui le regole del condizionamento operante sono la chiave di volta.
Oltre il bastone e la carota: il “nudging” e il paternalismo soft
Uno degli aspetti più controversi del controllo tecnologico è il suo carattere paternalistico. Questo non è tipico solo del comportamentismo radicale, ma è una discussione che sconfina oggigiorno in ambiti anche più soft, come quello del “nudging”, la “spinta gentile” che da diversi anni ispira l’azione dei governi di varie parti del mondo. Il grande pubblico è venuto a conoscenza delle “spinte gentili” ai tempi del COVID-19, quando politiche come quelle del Green Pass sono state legittimate ideologicamente da questo genere di approcci: i sostenitori del “nudging” e delle tecnologie comportamentali spesso giustificano l’uso di meccanismi manipolativi con l’argomento che essi migliorano il benessere degli individui, indirizzandoli verso scelte più razionali e benefiche[5].
Walden Two – Un testo da Leggere Imperdibile! (In Inglese)
Walden-Two-including-Walden-Two-Revisited-B.-F.-Skinner-Z-Library_organizedÈ bene chiarire che il nudging non è direttamente condizionamento operante e si basa su più sottili trigger e architetture della scelta. Nelle “spinte gentili”, il focus non è condizionare il soggetto a fare determinate scelte, ma, semplificando, metterlo nelle condizioni di avere solo determinate scelte o inconsciamente portarlo a fare determinate scelte. Tolto il Green Pass che spinta gentile non è, ma è probabilmente una incarnazione della vecchia politica del “piccione in gabbia”, l’esempio più famoso nel campo dei nudge è quello della mosca disegnata nell’orinatoio dei bagni dell’aeroporto di Schiphol di Amsterdam, che ha fatto in modo che molti meno uomini urinassero “fuori dal vaso” perché spinti a colpire il disegno collocato all’interno del vaso.
La Skinner Box nei luoghi di lavoro
Teorie del nudge e più ampiamente di condizionamento comportamentale hanno trovato nuova linfa vitale, oltre che nel mondo digitale, in quello del lavoro, o meglio, del “managing” del lavoro. Questi approcci trovano applicazione attraverso sistemi di gestione algoritmica tramite il monitoraggio continuo dei dipendenti attraverso wearable e sensori di vario tipo collegati a piattaforme di apprendimento automatico. L’“algorithmic management” e pratiche di nudging a base digitale da un lato promettono benessere (per esempio ricordando di fare pause o esercizi fisici), ma dall’altro rischiano di ridurre ulteriormente la spontaneità e l’autonomia decisionale, applicando in modo più efficiente il modello del condizionamento operante in azienda. Critiche significative sottolineano come gli AI-nudges riflettano un’etica lavorativa neoliberista e sfruttatrice, oltre a introdurre problemi di discriminazione e mancanza di trasparenza.
Un esempio pratico è Microsoft MyAnalytics, che aiuta i lavoratori a bilanciare produttività e benessere; oppure McKinsey evidenzia come l’uso di nudges offre un’opportunità significativa per migliorare le prestazioni organizzative e affrontare le sfide aziendali, ad esempio la compagnia aerea Virgin Atlantic ha ridotto il consumo di carburante. Anche aziende come Google hanno sfruttato questa tecnica per migliorare la sicurezza e le abitudini di vita dei dipendenti e degli utenti. L’implementazione di strumenti come i wearable o le piattaforme di apprendimento automatico dimostra come l’IA possa incorporare dati dinamici per generare raccomandazioni personalizzate. Questi approcci si basano sull’assunzione che gli individui non siano in grado di prendere decisioni autonome e razionali, legittimando un controllo esterno che limita la libertà di scelta e “apparecchia” le possibilità della vita politica, personale e lavorativa.
L’orizzonte delle “smart city”
È in questo contesto che il richiamo ai “campi di concentramento skinneriani” si fa ancora più attuale. Se, nella visione di Skinner, Walden Two costituiva uno spazio circoscritto – una comunità di poche migliaia di persone, plasmata secondo i principi comportamentisti – oggi si profila il rischio di un controllo su scala urbana o perfino globale. Le cosiddette “smart city” ne sono un esempio: città iperconnesse, dotate di sensori e sistemi intelligenti di gestione del traffico, dell’energia, della mobilità e della sicurezza, capaci di “leggere” in tempo reale i flussi urbani e di indirizzare i comportamenti dei cittadini.
La retorica che circonda queste città intelligenti è perlopiù positiva: maggiore efficienza, sostenibilità ambientale, comodità. Tuttavia, la loro realizzazione concreta pone interrogativi cruciali: in che misura la gestione algoritmica dei servizi e delle interazioni urbane rispetta le libertà fondamentali delle persone? Se – come sostengono gli entusiasti – la smart city “anticipa” i bisogni degli abitanti, non finisce col plasmare quegli stessi bisogni, legandoli a un modello di “cittadino performante” e continuamente monitorato?
La domanda diventa, in definitiva, la stessa che emergeva dal monito di Illich: desideriamo vivere in un contesto che moltiplica le opportunità di crescita comune, di convivialità e di scambio reale, oppure accettiamo, per comodità o ingenuità, l’evoluzione di un ambiente che “prende decisioni per noi” e assume sempre più le caratteristiche di una “gabbia” – per quanto dorata e perfettamente progettata – dove i nostri comportamenti sono oggetto di manipolazione costante, in cui la smart city diventa il compimento della Skinner Box su scala planetaria?
Norberto Albano
Fonte: lafionda.org & DeepWeb
Note
[1] Il passaggio si trova solo nell’edizione inglese e l’autore l’ha rimossa nella versione dedicata al pubblico italiano tratta dall’edizione francese. Questo probabilmente perché il comportamentismo non aveva al tempo la stessa diffusione in Italia e negli Stati Uniti. L’originale è: “The inevitable catastrophic event could be either a crisis in civilization or its end: end by annihilation or end in B. F. Skinner’s world – wide concentration camp run by a T. E. Frazier” (p.120 dell’edizione Fontana del 1975).
[2] Prima ancora di Ivan Illich, Hannah Arendt aveva già criticato l’ideologia politica derivata dal comportamentismo, evidenziando le sue implicazioni totalitarie nella sua opera, ad esempio, nel penultimo capitolo de Le origini del totalitarismo.
[3] Nel 1971, il Time lo definì “il più influente psicologo vivente”.
[4] Riportato in Smuts, C. (2024). The myth of being modern: Digital machines and the loss of discovery. Curator: The Museum Journal, 67(1), 329–351. https://doi.org/10.1111/cura.12598
[5] L’opera che ha consacrato questo approccio è Thaler, R. H., & Sunstein, C. (2009). Nudge Improving Decisions about Health, Wealth, and Happiness. New York Penguin.
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