Anatomia di un Genocidio
(Ci scusiamo con i lettori ma era stata precedentemente pubblicata una bozza dell’articolo non ancora corretto)
Prestate ben attenzione ad ogni singola parola di quello che avrete modo di leggere affinché non sia vano il messaggio posto in essere.
Come redattore di questo portale sono estremamente deluso dal comportamento della gente che vive una realtà parallela che pare soddisfare ogni sua voluttuosa necessità terrena, consentendo con il silenzio assenso il perpetuo genocidio che badate bene non si consuma solo in Palestina ma in ogni parte del mondo, Italia inclusa, agendo però in modo molto più sottile attraverso una lenta agonia pianificata da soggetti che in seno al governo (E non solo) stabiliscono le regole di un gioco mortale.
Le armi che circolano nei paesi in guerra sono finanziate da società private che in combutta con tutti i capi di stato (l’Italia ha un ruolo nevralgico e determinante considerata la sua posizione strategica) consentono lo smercio con cifre a Nove Zeri che non risultano contabilizzate da nessuna parte grazie alle connessioni politiche finanziarie ed agli stratagemmi molto ben consolidati dalla moneta digitale che filtra sino ad evaporare ogni sua possibile identificazione.
Tutte le armi in Ucraina, Congo, Liberia, Serbia, Siria, Haiti ,Burkina Faso, Egitto, Libia Mali, Mozambico, Nigeria, Sudan, o in un qualsiasi altro paese dove accadono colpi di stato, guerre fratricide, o rivoluzioni colorate come vanno di moda oggi, hanno tutte una matrice che paradossalmente viene supportata dalla stessa ONU che stila un resoconto che pare fatto da Madre Teresa di Calcutta come quello che avrete modo di leggere ora.
L’intelligence legata al traffico di armi viene gestito nella mite Svizzera con sede a Berna, li dove grazie ai paradisi fiscali e la connivenza dei colossi bancari con annesse le madame finanziarie Blackrock, Vanguard, State Street operano indisturbate e finanziano con miliardi di dollari le elezioni dei capi di governo posti nelle zone strategiche del pianeta (Giorgia Meloni, Javier Milei, Emmanuel Macron, Keir Starmer, Justin Trudeau, Olaf Scholz e Donald Trump, tutti rigorosamente membri dell’Aspen Institute, riconosciuta come una delle corporazioni criminali massoniche più spietate al mondo)
Le armi circolano indisturbate tra le imbarcazioni di migranti (che a milioni entrano nei paesi europei la cui funzione è destabilizzare ed impoverire i paesi sviluppati) e godono di un supporto logistico che si avvale di una capillare organizzazione il cui traffico include pure i pezzi di ricambio che non va dimenticato sono una miniera d’oro per chi le produce considerato il ruolo che hanno nelle zone di guerra.
(Gli armamenti passano da un paese all’altro e non vanno mai sprecati riciclandosi di continuo grazie ad organizzazioni private che godono della stretta collaborazione di tutti i capi di governo i quali predicano la pace del mondo e che operano li dove serve una manodopera specializzata la quale gestisca sul campo l’utilizzo di armi tecnologiche altamente avanzate)
Quando vi dicono che l’Italia ha mandato 60 milioni di euro per l’Ucraina in carri armati, significa che anonimi intermediari ( Si fa per dire) che lavorano per conto della varie istituzioni governative di tutto il mondo e che portano avanti le pratiche sotto la protezione dell’Unione Europea e la NATO, spediscono 100 e anche 1000 volte tanto il numero di armi li dove il capitale viene occultato attraverso società di comodo che filtrate nei meandri della finanza finiscono poi nei classici paradisi fiscali come Lussemburgo o le isole Caiman (Ma ne sorgono come funghi ultimamente) le stesse utilizzate dai maestri del crimine neoliberista come Joe Bezos, Elon Musk, Mark Zuckerberg o Bill Gates tanto per citare i più conosciuti.
Questa macchina infernale non è nata dall’oggi al domani, ma per poterla mettere in moto attualmente, necessita di una propaganda che incida in modo molto capillare in seno alle masse totalmente ignare del loro destino che li vede in balia di leader sociopatici travestiti da agnelli che fanno di loro tutto ciò che vogliono.
Il concetto di territorio, di libertà e di giustizia mettetele da parte una volta per tutte, il territorio se ha petrolio, minerali preziosi, o una via di transito per il commercio va conquistato, se produce solo erba gramigna invece non la tocca nessuno e la libertà è il palliativo degli aguzzini per indurre la gente a rivendicarla e poter cosí scatenare una guerra, non importa contro chi o per che cosa e la giustizia è una chimera ad uso e consumo dei vincitori per consolidare successivamente una perpetua dittatura.
Prossimamente verrà pubblicato un dettagliato resoconto di tutto quello che avete avuto modo di leggere ora, con nomi, cognomi e società di comodo con tutti i membri facenti parte di questa succulenta torta di miliardi e morte che vede l’Italia tra i primi posti tra gli aventi diritto al premio finale.
Calcoli alla mano in un giorno i capitali messi in circolazione attraverso il traffico di armi sarebbe in grado di porre fine alla fame nel mondo ed al risanamento dei debiti di ogni rispettivo paese e poi ciliegina sulla torta ……..gli stessi criminali che hanno imbastito questa follia sono stati capaci di imporre alle emittenti televisive di tutto il pianeta degli spot dove chiedono donazioni per i disabili e persone indigenti o soggette ad ogni tipo di malattia e indovinate un po chi c’è dietro questo slancio filantropico che commuove ogni giorno gli ignari destinatari che ancora credono agli asini che volano?……………. vi aspettiamo alla prossima puntata!
Toba60
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Anatomia di un Genocidio
Il rapporto nascosto delle Nazioni Unite, intitolato “Anatomia di un genocidio”, è stato presentato alla 55a sessione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra. Scritto da cinque organizzazioni internazionali in collaborazione con tre ONG israeliane, rivela una realtà abominevole e poco conosciuta in una serie di crimini di guerra, violazioni dei diritti umani e atrocità insopportabili commesse da Israele contro la popolazione palestinese.

Questo documento, inizialmente nascosto e sottoposto a pressioni internazionali per impedirne la pubblicazione, offre una visione agghiacciante delle pratiche barbare e disumane di Israele, tra cui la violenza sessuale, le esecuzioni extragiudiziali, la tortura sistematica e l’uso di armi di distruzione di massa, come l’uranio impoverito. E mette in luce le sofferenze inflitte a centinaia di migliaia di palestinesi, vittime di una guerra che mira ad annientare la loro esistenza e la loro dignità.
Ma più che esporre i fatti, questo rapporto rivela un sistema internazionale profondamente iniquo in cui Israele, pur essendo responsabile di queste atrocità, continua a godere di una vergognosa impunità grazie alla tacita complicità delle potenze mondiali, in particolare gli Stati Uniti e alcuni Paesi europei corrotti dal sionismo. Nonostante le numerose e ripetute risoluzioni delle Nazioni Unite, Israele continua a ignorare tutte le decisioni internazionali, sfidando così il diritto internazionale e perpetuando una politica di occupazione illegale e di abietta colonizzazione. Questo disprezzo per il diritto internazionale solleva la domanda cruciale: perché questi insediamenti sanguinari, nonostante i loro crimini sistematici e comprovati, sembrano essere protetti da qualsiasi forma di sanzione o giustizia?
Per questo motivo, è imperativo che la comunità internazionale smetta di chiudere gli occhi di fronte a questo ricatto dell’antisemitismo e dell’inversione accusatoria. Come i criminali di guerra nazisti processati a Norimberga dopo la Seconda guerra mondiale, i responsabili israeliani (discendenti della Shoah, secondo loro) devono essere processati per crimini contro l’umanità e crimini di guerra. L’impunità di cui gode Israele non può più essere tollerata. È ora che sia fatta giustizia, che i responsabili di queste atrocità siano chiamati a rispondere delle loro azioni e che la Palestina possa finalmente godere dei diritti fondamentali a cui aspira: pace, dignità e libertà.
In questo mondo nauseante in cui i rapporti delle Nazioni Unite sono considerati pietre miliari della verità internazionale, tranne che per i sanguinari governanti di Israele, ci sono tuttavia realtà che i leader internazionali preferiscono nascondere nell’ombra. Una di queste realtà, che cercano disperatamente di nascondere, è il contenuto di questo rapporto estremamente allarmante che denuncia molte delle atrocità commesse da Israele nelle carceri israeliane e nella Striscia di Gaza. Preparato in collaborazione da cinque organizzazioni internazionali e tre ONG israeliane, questo rapporto nauseante contiene rivelazioni che espongono chiaramente i crimini di guerra e le massicce violazioni dei diritti umani che vanno ben oltre gli orrori che siamo soliti immaginare.

Il rapporto intitolato “Anatomia di un genocidio”, ora noto come “Rapporto sugli imprigionati”, presenta fatti schiaccianti e la sua stessa esistenza è sotto pressione. La pubblicazione di questo documento è resa difficile dalle pressioni esercitate, in particolare dalle potenze occidentali, con l’evidente scopo di impedire che il mondo intero prenda coscienza di ciò che sta realmente accadendo nelle carceri israeliane e nei territori palestinesi occupati. Queste note forze giocano un ruolo nell’occultare verità spaventose, forse perché sarebbero troppo difficili da affrontare e, ancor più, perché porterebbero alla luce comportamenti di indicibile brutalità e la corruzione, se non il ricatto, che viene praticata sui membri di queste istituzioni.
Il rapporto inizia con una descrizione agghiacciante degli stupri e delle esecuzioni sommarie compiuti nelle carceri israeliane. Con 112 casi documentati che coinvolgono donne prigioniere di Gaza, la portata di questa violenza sembra essere stata superata dal silenzio complice della comunità internazionale. Tre di questi stupri hanno coinvolto vittime vergini, uno dei quali è stato commesso da più autori. Una di queste vittime è stata trasferita sotto la supervisione internazionale in una località segreta e abbiamo appreso che è attualmente incinta, un terribile simbolo della disumanità dei soldati dell’IDF che alcuni vogliono ignorare.
In un’altra dimensione di questo orrore, il rapporto documenta l’esecuzione sistematica di 87 prigionieri palestinesi, uccisi con un colpo di pistola alla testa nelle stesse prigioni israeliane. Queste esecuzioni sono avvenute in condizioni particolarmente crudeli, dove i corpi sono stati gettati come rifiuti nelle strade di Gaza, in un atto di flagrante disumanizzazione che ha scosso anche le più alte autorità per i diritti umani. Queste vittime sono gli “invisibili”, quelli che vogliamo cancellare dalla storia riducendoli a fatti e cifre isolate. Questo rapporto rivela i loro nomi, le loro sofferenze e la loro lotta silenziosa.
Ma non si accontenta di raccontare singoli eventi di brutalità e impunità di questi pazzi sanguinari. Ci immerge in un mondo in cui la tortura supera qualsiasi cosa vista in casi infami come Guantanamo Bay o la prigione di Abu Ghraib. In queste prigioni israeliane, le tecniche di tortura “barbare e insensate” sono utilizzate senza sosta. Le testimonianze che abbiamo raccolto rivelano scene di violenza fisica, ma anche di psiche spezzate, in un sistema israeliano abietto dove la sofferenza è istituzionalizzata. Ciò che viene rappresentato va oltre i limiti del sopportabile, eppure questi atti non solo sono tollerati, ma stanno addirittura diventando una politica dichiarata e sbandierata da ogni canale televisivo. Una politica che, secondo il rapporto, mira a distruggere l’essere umano, ad annientare ogni forma di resistenza, abbattendo chi osa resistere.
Una delle rivelazioni più sorprendenti è l’attacco deliberato a famiglie palestinesi innocenti. Molto più che semplici attacchi militari, si tratta di una strategia sistematica, approvata fin dai primi giorni del conflitto dal governo di Netanyahu, che prende di mira direttamente i civili. L’esercito israeliano ha infatti approvato un piano di sterminio delle famiglie dei militanti palestinesi, con l’obiettivo di eliminare fino a 150.000 civili nel tentativo di sradicare ogni opposizione. Questo piano non solo è di una crudeltà senza precedenti, ma dimostra anche l’intenzione di distruggere le fondamenta stesse della società palestinese, attaccando tutti coloro che non sono soldati o combattenti. Migliaia di bambini sono stati presi di mira e intere famiglie sono state spazzate via, con il sostegno delle autorità israeliane e la protezione degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.

Ma questo rapporto si spinge ancora più in là, svelando la posta in gioco economica di questa guerra. Non solo sono stati utilizzati mercenari in gran numero, ma sono stati anche inviati sul campo per combattere una guerra opaca. Ventidue compagnie militari private americane sono state ingaggiate per sostenere le operazioni israeliane e tra queste centinaia di mercenari hanno perso la vita, i cui corpi sono stati ammassati su una nave americana trasformata in un obitorio galleggiante. Le famiglie di questi mercenari sono ancora all’oscuro del tragico destino dei loro cari. In questa spregevole guerra condotta in nome del suprematismo ebraico e di un piano immobiliare chiamato “Grande Israele”, mascherato da un’ideologia messianica tanto fuorviante quanto arcaica, la vita umana sembra non avere più alcun valore.
Inoltre, le ricchezze rubate a Gaza dalle truppe israeliane sotto forma di oro e argento sono stimate in oltre 370 milioni di dollari, una cifra che rivela un altro aspetto spaventoso di questo conflitto, con la ricerca sistematica del profitto attraverso il crimine e il saccheggio delle risorse della regione. Per non parlare delle riserve di petrolio e gas al largo delle coste.
L’ONU rivela anche l’uso di armi particolarmente devastanti e illegali: gran parte delle bombe sganciate su Gaza sono state trattate con uranio impoverito. Oltre il 70% delle bombe sganciate su Gaza sono state trattate con questo materiale, devastando non solo la popolazione immediata, ma anche il suolo, l’acqua e l’aria. L’esposizione a queste radiazioni provoca tumori, difetti alla nascita e malattie croniche che colpiranno la popolazione palestinese per decenni.
Questo materiale, che ha effetti devastanti a lungo termine, ha contaminato il suolo e l’acqua, causando malattie e tumori. E l’inalazione di polvere di uranio, causata dalle esplosioni, rimane una minaccia per le future generazioni di gazesi. Non solo contribuisce alla sofferenza immediata, ma gli effetti a lungo termine sono probabilmente molto più gravi, causando una spirale di malattie che continuerà a perseguitare queste popolazioni per decenni a venire.
La terra di Gaza, già stremata da anni di blocco e guerra, è ora diventata un territorio irradiato, condannando i suoi abitanti a convivere con la minaccia invisibile del cancro. Questa dimensione dell’eredità tossica della guerra è raramente affrontata nel dibattito pubblico, ma è una realtà ineluttabile che non riguarderà solo Gaza, ma l’intera regione mediorientale, con implicazioni internazionali.
Infine, il rapporto traccia un quadro devastante del trauma psicologico inflitto ai civili di Gaza, in particolare alle donne e ai bambini. Il 90% delle donne e dei bambini della regione soffre di gravi traumi e sono stati registrati più di 5.000 casi di “pura follia”, cifre che sottolineano la portata e la disumanità di questo massacro a cielo aperto. Queste persone hanno perso i loro cari, la loro sicurezza e, ora per molti di loro, la loro salute mentale. Gli effetti di questi traumi si diffonderanno ben oltre la guerra stessa, facendo precipitare Gaza in una crisi di dimensioni inimmaginabili per un cervello normale.
Analizzando ulteriormente questo rapporto, diventa chiaro che la violenza scatenata a Gaza non è stata solo una risposta militare a un conflitto, ma una guerra sistematica e calcolata contro persone innocenti da parte di una banda di pazzi assetati di sangue. La strategia dei bombardamenti ha assunto proporzioni devastanti e l’attacco alle infrastrutture civili ne è un esempio lampante. Secondo le testimonianze raccolte dalle organizzazioni che hanno collaborato alla stesura di questo rapporto, una percentuale allarmante di attacchi israeliani ha deliberatamente preso di mira aree residenziali, ospedali, scuole e persino luoghi di culto cristiani e musulmani. Questi ultimi sono stati sistematicamente distrutti, con gusto da parte dei soldati che filmavano su TIK-TOK e senza alcun riguardo per le vite umane. Lo scopo non era solo quello di distruggere obiettivi militari, ma di uccidere l’essenza stessa della vita quotidiana della popolazione palestinese.
Questo reportage ci parla anche dell’attacco a un grattacielo residenziale a Tel al-Hawa. Un pilota israeliano descrive la sua coraggiosa decisione di rifiutarsi di bombardare questo obiettivo, che ospitava 48 bambini. Dopo un controllo visivo in aereo e la conferma che l’edificio conteneva molte vite umane, ha scelto di non obbedire agli ordini.

Tuttavia, i suoi superiori hanno insistito e 17 minuti dopo un altro pilota ha effettuato il bombardamento, uccidendo freddamente tutti gli occupanti, compresi i 48 bambini! Questo tipo di azione sembra rientrare in una logica militare deliberata di riduzione in cenere dell’esistenza civile, come messaggio alla popolazione di Gaza: “Non aspettatevi alcuna sicurezza, nemmeno a casa vostra”. Questa mentalità di terrore diffuso, degna dei più grandi psicopatici, ha alimentato la devastazione psicologica e la violenza fisica, facendo sì che ogni famiglia fosse sotto la costante minaccia di un attacco aereo che non aveva più nulla a che fare con la guerra ma con un genocidio preparato con mesi di anticipo.
Oltre alle bombe e alle armi, questa guerra è caratterizzata soprattutto dall’uso dei moderni mezzi di comunicazione per seminare confusione e paura tra la popolazione civile. I servizi segreti israeliani hanno condotto una campagna sistematica di molestie psicologiche, effettuando più di tre milioni di telefonate agli abitanti di Gaza. Queste telefonate erano minacce dirette in cui si affermava che se i residenti non avessero fornito informazioni su presunti obiettivi militari, le loro case sarebbero state bombardate e le loro famiglie uccise. Questa pratica è una forma di tortura mentale collettiva, un mezzo per costringere la popolazione a collaborare sotto la pressione di una minaccia di morte immediata. Persino il Terzo Reich di Hitler era più ragionevole e saggio di questi degenerati.
Si tratta anche dell’uso della disinformazione, del ricatto, della corruzione e della manipolazione dell’opinione pubblica su scala internazionale grazie ai media di propaganda asserviti a questa demoniaca entità sionista. Durante i bombardamenti di massa, le immagini e le storie sono state create o alterate da computer che utilizzano l’intelligenza artificiale per giustificare la violenza, camuffando la reale brutalità dell’operazione sotto uno strato di spregevole propaganda. Questo tipo di manipolazione ha portato anche parte della comunità internazionale a voltarsi dall’altra parte, cieca di fronte alle sofferenze inflitte ai gazesi.
Ma l’aspetto della relazione che merita particolare attenzione è quello che affronta la questione dello spostamento forzato delle popolazioni palestinesi. Il rapporto solleva un punto preoccupante con la creazione di un porto temporaneo a Gaza, un progetto che, secondo alcuni analisti, non è destinato a facilitare gli aiuti umanitari come si vorrebbe far credere, ma piuttosto a consentire il trasporto di massa dei palestinesi verso l’Europa.
Questo piano di “migrazione forzata” sarebbe sostenuto da tre Paesi europei, Francia-Germania-Inghilterra, nel tentativo di svuotare completamente la Striscia di Gaza dalla sua popolazione e importare il conflitto nel nostro continente. Questo progetto sembra uscire direttamente da un incubo geopolitico in cui si cerca di dissociare Gaza dal suo popolo, di cancellare la storia e di cancellare ogni traccia dell’esistenza palestinese su questa terra. Sorge quindi inevitabile la domanda se si tratti di un progetto di pulizia etnica su larga scala, mascherato da una veste umanitaria e che consente agli agenti sionisti di distruggere anche l’Europa occidentale. Quell'”Edom” che tanto odiano!
Lo sfollamento forzato è un’arma insidiosa. Dove le armi non bastano più, lo spostamento di massa delle popolazioni permette di cancellare un’identità, una cultura e una storia con un’unica manovra. Questo fenomeno non può essere considerato come una semplice conseguenza della guerra, ma come un obiettivo militare volto a eliminare definitivamente ogni resistenza all’occupazione israeliana, illegale da oltre 70 anni, costringendo i palestinesi ad abbandonare la loro terra, a rinunciare alle loro case, a cancellare il loro passato e il loro futuro.
Un altro aspetto che risalta in questo rapporto è il coinvolgimento di potenze esterne nell’escalation di violenza per mezzo di mercenari già utilizzati in Ucraina. Non si tratta quindi solo di una guerra tra Israele e Gaza, ma di un conflitto globalista alimentato da attori esterni, in particolare Stati Uniti, Regno Unito, Francia e altri Paesi occidentali. L’incessante sostegno militare di Israele si è manifestato con forniture di armi, consulenti militari e operazioni congiunte con società militari private.

Il rapporto rivela quindi l’uso sfrenato di mercenari per condurre operazioni sul campo, in una guerra in cui la vita dei soldati regolari sembra non avere più valore di quella dei civili. Il ruolo di queste compagnie militari private è tanto più insidioso in quanto permette di nascondere il coinvolgimento diretto dei governi nelle attività di guerra, minimizzando i rischi politici e mediatici. Lontane dagli occhi, lontane dal cuore, queste società forniscono una copertura ai veri responsabili della guerra e delle sue atrocità.
Questo “rapporto imprigionato” è quindi un ultimo appello all’umanità affinché apra gli occhi sugli orrori che avvengono nelle carceri israeliane e nelle strade di Gaza, in nome di un’ideologia arcaica e dannosa per l’intero pianeta, che è giunto il momento di eliminare con lo stesso zelo con cui eliminano i loro avversari. Espone fatti che sono stati ignorati per troppo tempo, violazioni dei diritti umani e crimini di guerra che non solo devono essere resi noti al mondo intero, ma che richiedono azioni concrete per porre fine a questa impunità con il pretesto di una shoah che stanno riproducendo solo peggio! E l’inazione di fronte a queste atrocità non fa che consolidare un’ingiustizia che continua a diffondersi e a distruggere vite in nome di un gruppo etnico di comprovati psicopatici che non si è mai integrato con le nazioni reali in oltre 2000 anni.
È indispensabile che la comunità internazionale si assuma le proprie responsabilità e si impegni realmente a combattere le violazioni dei diritti umani di cui ha beneficiato fino a perpetrare l’indicibile. Il silenzio complice delle corrotte potenze occidentali e la manipolazione propagandistica dei media sono gli strumenti che permettono a questo ciclo di violenza di continuare. Come cittadini del mondo, abbiamo la responsabilità di sfidare queste narrazioni semplicistiche, di chiedere giustizia e risarcimenti per le sofferenze inflitte a Gaza e ai suoi abitanti, e soprattutto di punire i responsabili come meritano secondo i trattati di Norimberga.
Questo rapporto sul genocidio in corso deve essere ampiamente pubblicato e discusso in ogni forum internazionale, e i responsabili di queste atrocità devono essere chiamati a rispondere non solo dei crimini commessi in passato, ma anche delle devastanti conseguenze che continueranno ad affliggere questa regione, come il resto del mondo, per le generazioni a venire.
Una delle principali costanti del comportamento di Israele sulla scena internazionale è stato il suo sistematico disprezzo per le risoluzioni delle Nazioni Unite. Mentre le Nazioni Unite hanno ripetutamente parlato delle flagranti violazioni dei diritti umani commesse da questa colonia sanguinaria chiamata Israele, quest’ultima ha sempre ignorato impunemente questi appelli alla pace e alla giustizia. Per decenni, Israele ha perseguito una politica espansionistica barbara e crudele attraverso la colonizzazione illegale della terra palestinese, l’occupazione militare della Cisgiordania e ora di tutti i Paesi circostanti, violando i principi fondamentali del diritto internazionale umanitario e militare.
Questa inosservanza delle risoluzioni internazionali non è un semplice errore di condotta, ma un sistema organizzato di spietata sfida al diritto internazionale, una sfida feroce che fa parte di una logica di dominio coloniale omicida. Eppure l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato numerose risoluzioni che condannano l’occupazione israeliana e chiedono il rispetto dei diritti dei palestinesi. Tra queste risoluzioni, l’Assemblea ha sempre chiesto la fine degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e il ritiro dai territori occupati dopo la guerra del 1967. Ma Israele non ha mai dato ascolto a queste decisioni, preferendo espandere incessantemente i suoi insediamenti, con il sostegno tacito o esplicito di alcune potenze occidentali, in particolare degli Stati Uniti attraverso l’AIPAC.
Diario di un genocidio 60 giorni sotto le Bombe di Gaza ( In Italiano)
Diario-di-un-genocidio-Unknown-Z-Library_organizedL’indifferenza di Israele a queste risoluzioni ha quindi creato un pericoloso precedente nel diritto internazionale che potrebbe ritorcersi contro i responsabili e anche oltre. Avendo dimostrato che se una colonia illegale può impunemente ignorare le decisioni delle Nazioni Unite, senza temere sanzioni o misure coercitive, altre nazioni potrebbero rapidamente seguirne l’esempio. Questo fatto ha contribuito in larga misura a rendere le Nazioni Unite un’istituzione sempre più screditata, invece di un’organizzazione che impone il rispetto della giustizia e dei diritti umani in tutto il mondo, come la Corte penale internazionale.
Il caso israeliano va ben oltre la semplice trasgressione di una o due risoluzioni isolate. Si tratta di una negazione sistematica dei principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale. Israele non solo ha ignorato le risoluzioni relative agli insediamenti e al riconoscimento dei diritti dei palestinesi, ma ha anche violato i principi stessi del diritto umanitario e militare, in particolare attraverso le sue politiche di deportazioni di massa, sfollamenti forzati e distruzione di proprietà civili. Ciò che è ancora più spaventoso è che queste violazioni non sono solo il risultato di atti isolati, ma di una politica ufficiale e pianificata, sostenuta da un governo, la maggior parte del quale non è nemmeno semita, in cui le decisioni sono deliberatamente volte a frammentare la Palestina, a spazzare via il suo popolo e a distruggere qualsiasi possibilità di autodeterminazione.

Gli abusi documentati nel “rapporto sugli imprigionati” rafforzano l’idea che lo Stato di Israele stia perseguendo una politica che è ben lontana da una risposta legittima agli attacchi di gruppi militanti come HAMAS. Al contrario, si tratta di una guerra sistematica, quasi genocida, contro una popolazione civile. Le violenze riportate non sono un incidente isolato o gli eccessi di alcuni soldati israeliani, ma un piano d’azione portato avanti da un governo che è ben consapevole della natura delle sue azioni. Si tratta di omicidi mirati, bombe all’uranio impoverito, torture sistematiche e guerra psicologica contro i civili di Gaza. Eppure, per il momento, non ci sono state conseguenze internazionali. Cosa bisogna fare, dunque?
Questo sistema di repressione, disumanizzazione e negazione dei diritti fondamentali dei palestinesi ricorda tristemente le peggiori ore della storia moderna, in particolare l’apartheid in Sudafrica o il tentativo del Terzo Reich di “purificare” la Terra. I parallelismi tra le politiche israeliane e il regime di segregazione razziale sudafricano, così come il regime di sterminio nazista, sono evidenti, e la portata della brutalità israeliana sembra addirittura superarli. La comunità internazionale ha posto fine all’apartheid sudafricano, non ignorando i crimini di questo regime, ma condannandolo con forza, imponendo sanzioni e sostenendo le lotte per la libertà e l’autodeterminazione del popolo nero. Il riconoscimento dell’Olocausto ha fatto lo stesso, ma sono i discendenti ebrei di questi martiri europei a fare peggio!
Il fatto che l’impunità israeliana sia durata per decenni, in barba alle norme internazionali, solleva una domanda scottante: perché questo doppio standard? Perché alcuni regimi, nonostante le loro sistematiche violazioni dei diritti umani, sembrano essere protetti dalla copertura internazionale, mentre altri sono rapidamente sottoposti a sanzioni e condanne?
È giunto il momento che il mondo chieda conto delle proprie azioni. Israele deve essere ostracizzato per i suoi crimini sistematici e le sue violazioni del diritto internazionale. L’impunità di cui ha goduto per troppo tempo non può più essere tollerata. I leader politici, militari e di altro tipo di Israele devono essere processati come i criminali di guerra nazisti furono processati dal Tribunale di Norimberga dopo la Seconda Guerra Mondiale. Così come i loro sostenitori in ogni Paese e i loro media di propaganda affiliati. Gli orrori di Gaza, i massacri di civili, le esecuzioni extragiudiziali, le torture e i genocidi culturali richiedono una risposta dello stesso calibro di quella data ai crimini contro l’umanità e ai crimini di guerra in Europa durante la Seconda guerra mondiale.
La giustizia non deve essere solo un principio morale, ma una necessità storica. I crimini israeliani in Palestina non possono essere liquidati o giustificati su basi politiche o messianiche, tanto meno dai discendenti di coloro che si sono salvati dall’Olocausto. La persistenza di questi crimini, non solo sul terreno ma anche nel discorso diplomatico, rende l’impunità israeliana una vera e propria macchia sulla coscienza internazionale e potrebbe risvegliare il ritorno di ideologie hitleriane arcaiche come il messianismo ebraico.
Il Tribunale di Norimberga ha stabilito un precedente ed è perfettamente possibile processare i criminali di guerra, indipendentemente dal loro status, dal Paese di origine o dal potere. La stessa giustizia deve ora essere applicata ai funzionari israeliani e ai loro alleati. L’Unione Europea, le Nazioni Unite e tutte le potenze che pretendono di difendere i diritti umani devono alzarsi in piedi e chiedere che i responsabili siano processati per le loro azioni, cominciando con l’imprigionare i loro sostenitori in questi Paesi. Non si tratta di una rivendicazione teorica o di principi astratti, ma di fare giustizia a centinaia di milioni di palestinesi, veri e propri sèmites quant’eux, che sono stati costretti al silenzio, all’oppressione e al genocidio culturale da un gruppo di barbari impenitenti che si sono nascosti dietro un diritto di protezione, ma che hanno sempre ignorato.
È dovere di ogni nazione, di ogni individuo della comunità internazionale, sfidare questa abissale impunità e sostenere coloro che chiedono giustizia per il popolo palestinese. È imperativo rafforzare i meccanismi legali per garantire che i responsabili di questi crimini siano portati davanti ai tribunali internazionali, sia che si tratti della Corte penale internazionale che di qualsiasi altro tribunale competente.
È una lotta per la dignità umana, per la giustizia, per l’uguaglianza. Non c’è spazio per l’oblio, né per giustificare le atrocità con il pretesto della sicurezza, della legittimità politica o del suprematismo messianico. I responsabili in Israele devono essere chiamati a rispondere delle loro azioni, come lo furono i nazisti a suo tempo e per le stesse ragioni. La comunità internazionale deve agire affinché la Palestina, come qualsiasi altro popolo, possa finalmente vivere nella libertà, nella pace e nella dignità che merita.
Proprio come i nazisti responsabili dell’Olocausto furono processati a Norimberga, coloro che orchestrano i crimini di Israele devono essere processati per tutti i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità e le politiche di apartheid che impongono al popolo palestinese. Solo così si potrà ristabilire la giustizia globale.In caso contrario, la legge del più forte dovrà ricominciare ad essere applicata, e molti saranno sorpresi dal contraccolpo…
Rapporto sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967.
a-hrc-55-73-auvAnatomia di un genocidio
Riepilogo
Dopo cinque mesi di operazioni militari, Israele ha distrutto Gaza. Sono stati uccisi oltre 30.000 palestinesi, tra cui oltre 13.000 bambini. Oltre 12.000 sono presunti morti e 71.000 feriti, molti con mutilazioni che cambiano la vita. Il settanta percento delle aree residenziali è stato distrutto. L’ottanta per cento dell’intera popolazione è stato sfollato forzatamente. Migliaia di famiglie hanno perso i propri cari o sono state spazzate via. Molti non potevano seppellire e piangere i loro parenti, costretti invece a lasciare i loro corpi in decomposizione nelle case, in strada o sotto le macerie. Migliaia di persone sono state detenute e sistematicamente sottoposte a trattamento disumano e degradante. L’incalcolabile trauma collettivo sarà sperimentato per le generazioni a venire.
Analizzando i modelli di violenza e le politiche di Israele nel suo assalto su Gaza, questo rapporto conclude che ci sono motivi ragionevoli per credere che la soglia che indica la commissione di genocidio israeliana è soddisfatta. Uno dei risultati chiave è che la leadership e i soldati di Israele hanno intenzionalmente distorto i JU nei principi Bello, sovvertendo le loro funzioni protettive, nel tentativo di legittimare la violenza genocida contro il popolo palestinese.
Conclusioni
93. La natura schiacciante e la scala dell’assalto di Israele a Gaza e le condizioni distruttive della vita che ha inflitto rivela l’intenzione di distruggere fisicamente i palestinesi come gruppo. Questo rapporto rileva che ci sono motivi ragionevoli per credere che la soglia che indica la commissione dei seguenti atti di genocidio contro i palestinesi a Gaza sia stata soddisfatta: uccidere i membri del gruppo; causando gravi danni corporee o mentali ai membri dei gruppi; e infliggendo deliberatamente le condizioni di gruppo di gruppo calcolate per provocare la sua distruzione fisica in tutto o in parte. Gli atti genocidi sono stati approvati e hanno avuto effetto a seguito di dichiarazioni di intenti genocidali emessi da alti funzionari militari e governativi.
94. Israele ha cercato di nascondere la sua condotta di eliminazione di ostilità sanzionando la Commissione per i crimini internazionali come rispettoso dell’IHL. Distorcendo le regole consuetudinarie IHL, tra cui distinzione, proporzionalità e precauzioni, Israele ha trattato di fatto un intero gruppo protetto e la sua infrastruttura di sostentamento della vita come “terrorista” o “supporto terroristico”, trasformando così tutto e tutti in un bersaglio o in un danno al bersaglio o collaterale , quindi killabili o distruttibili. In questo modo, nessun palestinese a Gaza è sicuro per definizione. Ciò ha avuto effetti devastanti e intenzionali, costando la vita di decine di migliaia di palestinesi, distruggendo il tessuto della vita a Gaza e causando danni irreparabili a tutta la sua popolazione.

95. Il genocidio di Israele sui palestinesi di Gaza è una fase escalatoria di un processo coloniale coloniale di lunga data dei coloni. Per oltre sette decenni questo processo ha soffocato il popolo palestinese come gruppo – demograficamente, culturalmente, economicamente e politicamente -, cercando di spostarlo, espropriare e controllare la sua terra e le sue risorse. Il Nakba in corso deve essere fermato e risolto una volta per tutte. Questo è un imperativo dovuto alle vittime di questa tragedia altamente prevedibile e alle generazioni future in quella terra.
Viii. Raccomandazioni
96. Il relatore speciale esorta gli Stati membri a far valere il divieto di genocidio in conformità con i loro obblighi non derivanti. 309 Israele e quegli stati che sono stati complici in ciò che può essere ragionevolmente concluso per costituire il genocidio devono essere ritenuti responsabili e consegnare le riparazioni commisurate La distruzione, la morte e il danno inflitto al popolo palestinese.
97. Il relatore speciale raccomanda agli Stati membri:
(a) Implementa immediatamente un embargo di armi su Israele, poiché sembra non essere riuscito a rispettare le misure vincolanti ordinate dall’ICJ il 26 gennaio 2024, nonché altre misure economiche e politiche necessarie per garantire un cessate il fuoco immediato e duraturo e ripristinare il rispetto per il diritto internazionale, comprese le sanzioni;
(b) Supportare il Sudafrica che ha ricorso all’UNSC ai sensi dell’articolo 94, paragrafo 2, della Carta delle Nazioni Unite in seguito alla non conformità di Israele con l’ICJ sopra menzionatomisure;
(c) Atto per garantire un’indagine approfondita, indipendente e trasparente su tutte le violazioni del diritto internazionale commesse da tutti gli attori, compresi quelli che ammontano a crimini di guerra, crimini contro l’umanità e crimine del genocidio, tra cui:
(i) cooperazione con meccanismi internazionali di ricerca/ investigativa e responsabilità indipendenti;
(ii) riferendo immediatamente la situazione in Palestina all’ICC, a sostegno delle sue indagini in corso;
(iii) scaricare i propri obblighi ai sensi dei principi della giurisdizione universale, garantendo indagini autentiche e procedimenti giudiziari su persone sospettate di aver commesso o assistito o favorito, nella commissione di crimini internazionali, incluso il genocidio, a partire dai propri cittadini;
(d) Assicurarsi che Israele, così come gli stati che sono stati complici del genocidio di Gaza, riconoscono il colossale danno fatto, si impegnino per la non ripetizione, con misure di prevenzione, riparazioni complete, incluso l’intero costo della ricostruzione di Gaza, per il quale si raccomanda l’istituzione di un registro dei danni con una verifica di accompagnamento e un processo di reclamo di massa;
(e) All’interno dell’Assemblea Generale, sviluppare un piano per porre fine allo status quo illegale e insostenibile che costituisce la causa principale dell’ultima escalation, che alla fine è culminata nel genocidio di Gaza, anche attraverso la ricostituzione del comitato speciale delle Nazioni Unite contro l’apartheid per affrontare in modo completo la situazione in Palestina e sono pronti ad attuare misure diplomatiche, economiche e politiche fornite nell’ambito della Carta delle Nazioni Unite in caso di non conformità da parte di Israele;
(f) A breve termine e come misura temporanea, in consultazione con lo stato della Palestina, dispiega una presenza protettiva internazionale per limitare la violenza abitualmente utilizzata contro i palestinesi nel territorio palestinese occupato;
(g) Garantire che l’UNRWA sia adeguatamente finanziato per consentirgli di soddisfare le maggiori esigenze dei palestinesi a Gaza.
98. Il relatore speciale chiede all’ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani di migliorare i suoi sforzi per porre fine alle attuali atrocità a Gaza, anche promuovendo e applicando accuratamente il diritto internazionale, in particolare la Convenzione del Genocidio, nel contesto dell’Opt come A Totale
Phil BROQ & Toba60
Fonte: jevousauraisprevenu.blogspot.com NB: il link al rapporto & DeepWeb
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