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Calcio: Infortuni Muscolari la Punta dell’ Iceberg

Quando ero giovane per migliorare le mie prestazioni nel mondo dell’atletica, non mi sono sottratto pure io al desiderio di iscrivermi ad una palestra, mi guardavo mille volte allo specchio per vedere se le le mie masse si sviluppavano come un bronzo di Riace, ma contrariamente alle mie aspettative, ad aumentare non erano i risultati, ma gli infortuni che si  moltiplicavano  come conigli.

Una spiegazione logica e scientifica della cosa, e’ spiegata molto bene dal  professor Carlo Guidi, che con parole semplici fornisce tutte le spiegazioni  tecniche inerenti il problema, a cui  molti preparatori fisici si dono dovuti  confrontare non solo nel mondo del calcio ma in tutti gli sport.

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Infortuni Muscolari nel calcio

Premessa.

Durante  una partita di calcio troppo spesso assistiamo ad infortuni
muscolari
dove il calciatore riporta uno stiramento (durante
un’accelerazione in avanti o cambio di direzione repentino) senza contrasto
con l’avversario.


Quando un’atleta “si fa male da solo” sorgono numerosi interrogativi sulla qualità ed efficacia della preparazione fisica troppo spesso indirizzata ad uno sviluppo del trofismo muscolare e più difficilmente rivolta ad un esame obiettivo e piano di lavoro differenziato per ciascun calciatore.
In realtà l’infortunio muscolare rappresenta, a mio avviso, solo la punta dell’ iceberg poiché prima dell’infortunio quel calciatore, se valutato in maniera opportuna, avrebbe  probabilmente evidenziato alti parametri di stiffness (rigidità della muscolatura).

Lo sviluppo della Forza

In questi anni la preparazione fisica ha privilegiato troppo spesso
l’allenamento della Forza intesa come potenziamento dei  singoli gruppi
muscolari attraverso l’utilizzo delle macchine per la muscolazione

dimenticandosi che uno degli  obiettivi primari rimane lo sviluppo della
capacità di accelerazione.
Come ricorda Capanna queste macchine possono essere addirittura nocive per l’integrità della muscolatura in quanto obbligano l’atleta a lavorare
utilizzando una coordinazione intramuscolare ed intermuscolare non consona all’esigenze della corsa.

Le macchine agiscono parzialmente e settorialmente senza tener presente la chinesiologia delle catene muscolari che invece prevedono un lavoro globale.
Lo sviluppo della Forza dovrebbe, a mio avviso, tener ben presente il lavoro
e la funzione delle catene muscolari poiché si rischia altresì di ridurre in
modo sensibile l’estendibilità muscolare, correndo rischi di infortuni, ma
anche di incidere negativamente sulla mobilità articolare.

Le catene muscolari.

“Le catene muscolari rappresentano circuiti in continuità di direzione e di piano attraverso i quali si propagano le forze organizzatrici del corpo”
In pratica se si prende atto di come funzionano le catene muscolari
difficilmente  si possono proporre esercizi analitici e locali poiché il
corpo umano opera in perfetta sinergia ed integrazione.
Il nostro corpo è una struttura integrata dove i vari apparati e circuiti
comunicano tra loro influenzandosi a vicenda. Il sistema nervoso controlla le diverse parti e tutte le informazioni, pertanto i vari insiemi del corpo non sono mai indipendenti gli uni dagli altri ma si integrano a vicenda con feed-back continui e costanti.
La catena statica posteriore, le catene rette anteriori e posteriori
intervengono nei gesti tecnici ma anche nella vita quotidiana di ciascun
atleta. I compensi statici ed in particolare dinamici del calciatore, durante una partita amichevole o ufficiale, rappresentano dei dati inequivocabili  che il preparatore non deve trascurare.
L’occhio del tecnico che osserva la tattica si integra perfettamente con
quello del preparatore che sa osservare  la corsa e il gesto tecnico dal
punto di vista biomeccanico e chinesiologico.

Mobilità articolare.

Come ricordava Bosco la mobilità articolare rappresenta un prerequisito fondamentale ad una tecnica del tiro ottimale.
Allenatori professionisti mi facevano osservare come alcuni calciatori si
fanno male “da soli” calciando la palla
. Il punto è che bisogna iniziare un
lavoro di Ginnastica Posturale Globale prima che l’atleta si infortuni
poiché sono diversi i campanelli di allarme che talvolta non vengono presi
in considerazione.
I muscoli della catena posteriore, nella maggior parte dei calciatori che ho avuto modo di seguire, risultano troppo accorciati e pertanto riducono  la mobilità articolare nell’esecuzione di un tiro o di un traversone dal fondo.
 E’ evidente che muscoli rigidi possono subire infortuni poiché, dopo
diverse sollecitazioni, tendono a stirarsi in modo particolare dopo scatti e cambi di direzione.

Debolezza o rigidità ?

La patologia della muscolatura è da sempre stata riconosciuta ed
identificata con la debolezza.
Con i professionisti parlare di debolezza
della muscolatura può apparire paradossale in quanto questi calciatori sono impegnati tutto la stagione agonistica in un lavoro di rafforzamento che comporta evidenti masse muscolari ed un trofismo tuttavia non sempre
adeguato alla performance richiesta da questo tipo di sport.
Altresì osserviamo calciatori con un fisico piuttosto esile dotati di
un’ottima capacità di accelerazione e di un tiro estremamente potente.

In letteratura scientifica la coordinazione e la capacità di reclutamento
delle unità motorie da parte del sistema nervoso trovano un ampio spazio per giustificare una prodezza che comporta una tecnica notevole.
In questi anni di studio ho cercato di dimostrare come un ruolo determinante venga esercitato dall’estendibilità muscolare  che è inversamente proporzionale allo stiffness ( rigidità della muscolatura).
Calciatori poco flessibili difficilmente calciano e corrono in maniera
efficace
, quando compiono gesti tecnici evidenziano compensi dinamici
estremamente significativi.


Quando si parla di rafforzamento bisognerebbe pensare che se viene
trascurato lo stiffness si rischia di creare più danni che benefici sul
piano funzionale
(in quanto si limita la prestazione) e si incrementa la
possibilità di infortuni nell’arco non solo della stagione ma anche
dell’intera vita agonistica dell’atleta.
Alla  fine di una corsa i muscoli antagonisti si attivano per frenare l’arto accelerato dalla contrazione degli agonisti. Quando il calciatore sposta un carico producendo la massima potenza, la forza e la velocità del movimento saranno entrambe piuttosto elevate ragion per cui l’attività che gli antagonisti dovranno sviluppare sarà necessariamente elevata.
Quando il calciatore professionista subisce un  infortunio ai muscoli
posteriori della coscia credo che difficilmente si possa parla di
“debolezza” della muscolatura.

Gli ischo-crurali fanno parte della catena muscolare posteriore che, dalla
mia esperienza, risulta quasi sempre contratta e va allungata solo nella sua
interezza.

Limiti dello stretching classico.

Lo stretching classico non evita i compensi della muscolatura e in
letteratura scientifica è stato dimostrato che se viene effettuato prima di
una prestazione sportiva limita le potenzialità di forza esplosiva e non
previene i danni muscolari.

Senza addentrarmi in considerazioni fisiologiche, posso affermare che la didattica e la tecnica della “messa in tensione globale” della muscolatura  sono completamente differenti dallo stretching classico.
Anche i tempi e l’intensità del lavoro cambiano notevolmente.
Bisogna tuttavia riconoscere che lo stretching (proposto inizialmente negli
anni settanta) abbia contribuito in maniera concreta allo sviluppo di nuove
tecniche che stranamente appaiono, ancor oggi,  per  alcuni addetti ai
lavori una vera e propria rivoluzione.
Molti corsisti che hanno partecipato  ai miei seminari si sono concentrati
soprattutto sulla tecnica tuttavia  il vero salto di qualità iniziale
consiste, a mio avviso, nel passaggio (o cambiamento) dal lavoro analitico
al lavoro globale. Infatti ogni muscolo è indissociabile dalla catena
muscolare che lo coinvolge pertanto allungamenti analitici risultano poco
produttivi.

Proposte operative.

Prima di iniziare una programmazione di preparazione fisica è necessario soffermarsi a lungo sull’esame obiettivo del singolo calciatore.
La rigidità di alcune catene muscolari può essere evidenziata sia sul piano
statico che su quello dinamico (durante la partita) per valutare i compensi
del tiro e della corsa in accelerazione.
Lavorare sulla potenza dei singoli muscoli (almeno teoricamente) senza considerare la globalità del corpo umano è come aumentare la potenza di un’autovettura lasciando il freno a mano tirato.
E’ difficile individuare ed incrementare le potenzialità di un calciatore
lasciando questi limiti. La misurazione che avviene con macchine, pedane  e congegni elettronici può interessare fino ad un certo punto poiché bisogna
considerare i livelli di partenza  di ciascun atleta che sono strettamente
collegati col vissuto di ogni singolo calciatore oltre che, naturalmente,
dal patrimonio congenito individuale.
Le capacità di Forza, Resistenza e Velocità specifici e strettamente
funzionali al gioco del calcio devono passare da un perfetto equilibrio tra trofismo ed estendibilità muscolare in modo da farci raggiungere una performance ottimale.


Le proposte operative di allungamento globale devono tener conto di alcuni aspetti metodologici:

1) esame posturale individuale
2) lavoro singolo o a piccoli gruppi omogenei
3) valutazione costante della risposta del singolo (modulazione dell’intervento secondo il feed-back)
4) valutazione dell’ appoggio del piede e lavoro del piede
5) posture in fase passiva dai 10 ai 30 minuti
6) scelta delle posture e dell’intensità delle stesse  anche attraverso test e foto oltre che a valutazioni  

   obiettivi:

1) passaggio lento e graduale da posture “passive” a posture attivo-passive
2) posture attive solo per calciatori con una buona estendibilità muscolare
3) posture antalgiche quotidiane  per i soggetti con elevato grado di stiffness
4) presa di coscienza e coinvolgimento dell’atleta in tutte le posture
5) respirazione diaframmatica   e diversa a seconda le fasi del lavoro.
6) dimostrazione al calciatore dei risultati ottenuti attraverso test e foto

Conclusioni

La mia pubblicazione desidera essere un suggerimento per tutti i preparatori che si limitano ad inserire le posture di allungamento globale nel programma di allenamento senza trovare un collegamento funzionale e metodologico con il rimanente piano di lavoro.
I principi metodologici e scientifici a cui si ispira la scuola francese (F.
Mézières su tutti) mette in discussione  la preparazione fisica
“tradizionale” ed  in modo particolare le modalità di rafforzamento della muscolatura.

Ritengo che il lavoro analitico (attraverso le macchine e l’ultilizzo dello
stretching classico) diventi inconciliabile con la teoria e la didattica
della Ginnastica Posturale Globale.

Le rigidità della muscolatura del calciatore ed i compensi si evidenziano
particolarmente durante il lavoro di “messa in tensione globale” dove
l’atleta compie uno sforzo decisamente elevato per raggiungere buoni livelli di estendibilità muscolare.


Il calciatore diventa estremamente collaborativo quando si infortuna, mentre quando è “integro” la proposta operativa viene accettata con difficoltà se non si è spiegato l’importanza di questo lavoro.
L’infortunio (dal latino Infortunium nel senso di sorte avversa o disgrazia)
ancora oggi purtroppo viene considerato, da molti addetti ai lavori, un
evento del tutto incontrollabile, dovuto al caso avverso o alla sfortuna.
In realtà i limiti e le potenzialità della performance sportiva in questi
anni sono stati indagati e definiti,
pertanto l’infortunio  trova (molto
spesso) una spiegazione scientifica.
La ginnastica posturale globale ha come obiettivo principale quello di
migliorare un gesto tecnico fondamentale come il tiro, la capacità di
accelerazione e di conseguenza quello di ridurre infortuni muscolari
determinati da un’eccessiva rigidità muscolare.

Carlo Guidi Fabbri
Docente di Educazione Fisica, Chinesiologo, Allenatore Giovani Calciatori.

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